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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-02-26 ad oggi 2010-03-28

2010-03-28 elezioni 2010 Oltre 41 milioni di italiani al voto

Si rinnovano le giunte e i consigli di 13 regioni, 4 province e 462 comuni

2010-03-27 "La sinistra vuole abolire la moneta vietando i pagamenti da 100 euro in su"

Il premier fa il pieno in tv: intervista a sei tg, al Gr1 e su Sky.

Berlusconi a Roma: "Vinceremo" Attacco a sinistra e all'Udc: "Casini schizofrenico"

2010-03-23 TORINO BERLUSCONI - Silvio Berlusconi, al Lingotto di Torino, inizia con una battuta il suo comizio elettorale in favore del candidato di centrodestra per le regionali piemontesi, il leghista Roberto Cota.

Dopodiché torna ad accusare quella che definisce "magistratura politicizzata".

L'ATTACCO AI MAGISTRATI - "C'è un partito dei giudici -sostiene il premier - che interviene nella politica con il fine di cambiare i governi voluti e votati dagli elettori". Per questo, dichiara, "siamo di fronte a una malattia della democrazia, ad una vera patologia". E allora, afferma Berlusconi, "la sovranità nei fatti appartiene non più al Parlamento ma ai giudici di sinistra". "Se a questi giudici le leggi non vanno bene - spiega ancora - fanno eccezione di costituzionalità e fanno ricorso alla Corte costituzionale che è composta da 11 membri della sinistra e da quattro di centrodestra e così ottengono che tutte le volte la Corte abroghi la legge fatta del Parlamento.

ROMA - È stata respinta dal Tribunale di Roma l'istanza presentata dal Pdl per l'accoglimento della lista provinciale di Roma dei candidati alle elezioni regionali. Sarebbe stato il ritardo nella consegna della documentazione necessaria a causare, secondo quanto si apprende, la mancata ammissione del logo e l'esclusione della lista elettorale del Pdl. Il Pdl aveva quindi presentato ricorso all'ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Roma che ha respinto stamane l'istanza.

Regionali, Berlusconi: contano i voti La vittoria alle regionali si potrà stabilire "contando gli elettori", nel nostro caso avendo una "forte maggioranza di elettori rispetto alla sinistra: il numero di regioni è meno importante rispetto al risultato globale", dice Silvio Berlusconi a Torino, dove è arrivato per sostenere la candidatura di Cota.

Vendola: "Il premier vuole depistare e parla al basso ventre" Sì, se dovesse vincere le elezioni, la prima cosa che farà sarà andare a Roma a chiedere la "restituzione del maltolto". Dobbiamo riavere indietro, spiega, le risorse che ci sono state sottratte.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

dal Sito del CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2010-02-28

Dal Sito Internet de il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com

2010-03-11

sondaggio elettorale:

AVVENIRE

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http://www.avvenire.it

2010-03-28

 

 

 

 

2010-03-27

27 Marzo 2010

MILANO

Proiettile spedito a Berlusconi

Busta esplosiva per la Lega

Una busta esplosiva indirizzata alla sede della Lega Nord ha ferito stamane un impiegato in un centro di smistamento postale di Milano. Lo riferisce la Questura del capoluogo lombardo, aggiungendo che le condizioni del dipendente delle Poste non sono gravi e che gli investigatori ritengono che la matrice del gesto sia anarchica.

Sempre oggi i carabinieri hanno poi comunicato che ieri sera attorno alle 20, nel centro di smistamento postale milanese di Linate, è stato bloccato un plico con all'interno un proiettile e un messaggio intimidatorio indirizzato al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

L'episodio di stamane è avvenuto alle 5.40, al centro di smistamento milanese delle Poste di via Lugano, quando uno degli operatori impegnati a smistare la corrispondenza ha notato una busta, definita sospetta dalla polizia, ma non ha fatto in tempo ad analizzarla che è esplosa, provocando una fiammata che lo ha ferito in modo non grave alle mani. La busta, ha detto la Questura, conteneva polvere pirica ed era destinata alla sede nazionale della Lega Nord, in via Bellerio, a Milano.

All'interno della busta c'era anche un foglio di rivendicazione. "La Digos ci ha comunicato che verosimilmente c'è una matrice anarchica - ha detto al telefono un funzionario dell'ufficio stampa della Questura - Anche se, a quanto pare, non ci sono sigle".

L'impiegato postale è stato ricoverato al Policlinico di Milano con ustioni alle mani.

Per quel che riguarda la missiva con proiettile al premier, hanno detto i carabinieri, è stata scoperta grazie al rilevatore di metalli del centro postale di Linate. All'interno della busta, oltre al proiettile, un foglio con la scritta "farai la fine del topo" e una serie di disegni fatti a matita. Oltre a quello del premier, sotto a uno dei disegni, c'erano anche i nomi di alcuni dei dirigenti del Pdl: Paolo Bonaiuti, Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto.

 

 

 

27 Marzo 2010

LA VIGILIA DELLA SFIDA

L'Italia va al voto,

duello in 13 regioni

Oggi tace la campagna elettorale. Ma alla vigilia di un voto quanto mai incerto si rincorrono le ipotesi sul risultato finale. Il centrodestra, dalla consultazione di domani e dopodomani, spera esca un risultato che ribalti, o almeno ridimensioni, il dato di partenza, che vede gli avversari del centrosinistra al governo di 11 delle 13 regioni interessate dal voto. Tutte, tranne Veneto e Lombardia. Si vota anche per quattro province e 463 comuni tra cui Venezia.

Le previsioni. Quasi fossero goleade calcistiche, si alternano ipotesi numeriche. Parecchi osservatori concordano sul fatto che in alcune regioni il risultato pare prevedibile e il primo tabellino suonerebbe come un secco 6-3 per Pd e alleati. Risultato in bilico, invece, in altre 4 Regioni: Lazio, Campania, Liguria e Piemonte. E, chissà, un poker potrebbe portare una clamorosa rimonta e sorpasso per 7-6. O far pendere la bilancia a sinistra per un secco 10-3. Ma al di là della numerologia, il pragmatico Roberto Maroni mette le mani avanti e dichiara che "ogni regione in più conquistata è un successo". Il candidato governatore della Puglia Nichi Vendola, ospite di RadioDue, si lancia in un pronostico: 9-2. E quando i conduttori gli fanno notare che non fa tredici, ricalibra: 10-3, appunto.

I duelli. Parecchie le sfide al cardiopalma: quella tra Bresso e Cota per il Piemonte, tra Caldoro e De Luca per la Campania e la riedizione dello scontro per la Liguria tra Burlando e Biasotti. Particolare quella di scena nel Lazio, dove il Pd ha recuperato il colpo del caso Marrazzo con il pasticcio liste che ha portato all’esclusione del Pdl a Roma e provincia. Emma Bonino parla di "fotofinish". Mentre Pier Ferdinando Casini si dice sicuro che lo smarrimento è stato superato. "Siamo in grande recupero e se la campagna elettorale durasse una settimana di più non ci sarebbe partita", ha detto in una conferenza congiunta con l’alleata Renata Polverini, per la quale si avvicina "una straordinaria vittoria".

L’Udc in solitaria. Trionfo che con tutta probabilità non arriderà a nessuno dei candidati che l’Udc ha lanciato nelle zone dove non ha ravvisato condizioni per allearsi con Pdl o Pd. Scelta "a macchia di leopardo", ancora ieri criticata da Fabrizio Cicchitto (Pdl). Ma non sono certo solo di bandiera le sfide di Pezzotta in Lombardia, De Poli in Veneto, Galletti in Emilia Romagna, Bosi in Toscana, Poli Bortone in Puglia e Binetti in Umbria. In particolare quest’ultima candidatura, coraggiosa perché la deputata è appena uscita dal Pd, è l’emblema della volontà di misurarsi per incidere in territori dove centrodestra (lombardo-veneto) e centrosinistra (sul versante appenninico) sono fortissimi.

I conti interni. Ma, oltre che tra schieramenti, la competizione è anche interna agli stessi. Come quella che percorre il centrodestra e si cristallizza nell’espressione di Bossi: sorpasso della Lega sul Pdl al Nord. "È un processo in atto", assicura Maroni. Anche se, aggiunge, "non sarà questa volta, ma la prossima". Malessere di cui sono specchio le critiche reiterate dal leghista Matteo Salvini al sindaco di Milano Letizia Moratti. In vista del desiderato ritorno alla poltrona di Palazzo Marino, mai più occupata dai tempi di Formentini. Getta acqua sul fuoco, comunque, un big del Pdl, il presidente del Senato Renato Schifani: "Non sono assolutamente preoccupato dalla competizione con la Lega". Più goliardico il confronto tra il leader del Carroccio e La Russa. Il primo, l’altroieri, aveva risposto con una pernacchia alla scommessa-boutade del secondo che si è detto disposto a "mangiare un asino vivo" in caso di sorpasso. Allora l’ex-An è tornato ieri a provocare l’alleato e "amico": "Le pernacchie si fanno quando mancano le parole". Ma più che di parole (e pernacchie) ora è questione di contare i voti.

Gianni Santamaria

 

 

 

2010-03-23

23 Marzo 2010

GIUSTIZIA E POLITICA

Anm a premier: "Sconcertante

aggressione a magistrati"

"È sconcertante che in campagnaelettorale venga aggredita quotidianamente un'istituzione dello Stato". Così il presidente dell'Associazione nazionalemagistrati, Luca Palamara, replica al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ieri aveva definito la magistratura "la peggiore patologia".

"Noi non siamo un partito - dice Palamara - ma in uno Stato di diritto il nostro compito è quello di applicare la legge".

Ieri l'ultimo attacco di Silvio Berlusconi alla magistratura. Sarà il popolo a decidere sul presidenzialismo mentre la magistratura è "pesantemente in campo" per influenzare il voto nelle prossime elezioni regionali, dice chiudendo al dialogo con l'opposizione "da cui abbiamo ricevuto solo minacce" e rispondendo indirettamente anche a Gianfranco Fini.

 

 

 

 

23 Marzo 2010

VERSO LE URNE

Lazio, disagio del Pd: sale

la tentazione del "voto disgiunto"

C’è chi fa già i conti e chi prepara il conto agli alleati. Nel Lazio, archiviata l’era degli esodi per la candidatura di Emma Bonino, nel centrosinistra ci si avvicina al voto senza più conflitti, ma resta latente la tensione tra Pd, Italia dei valori e radicali. Tra i democratici l’ordine di scuderia di andare avanti compatti funziona. Il segretario Bersani non sente neanche il "bisogno di dire che cos’è per l’Italia il risultato del Lazio", dove "si può realizzare il fatto politico più rilevante".

E la lettera del premier agli elettori laziali pare confermare. Perciò nel Pd si procede senza più levate di scudi. "Anche grazie al duro sforzo fatto con il programma, in cui abbiamo cercato di mantenere un equilibrio", spiega l’estensore del manifesto pro-"Emmatar" Lucio D’Ubaldo. "Ma è giusto – concede il senatore piddì – comprendere il disagio di chi non intende rinunciare ai propri valori" e che, non potendo per questo votare Bonino, "finirà per ricorrere al voto disgiunto. Non è la pienezza del consenso – ragiona – ma per noi va bene".

Non per tutti, visto che i più recalcitranti hanno smesso di lavorare alla campagna per la regione che fu di Marrazzo e si sono diretti altrove. Da Castagnetti, a Bindi a Franceschini, nessuno torna a riaprire il dolente capitolo e si dirige fuori dal Lazio. La legge regionale, comunque, consente agli elettori di votare il candidato di uno schieramento e la lista di una coalizione diversa. Un rischio che molti non credono di correre, dopo la bocciatura della lista del Pdl e il "matrimonio" ormai consolidato tra Renata Polverini e Silvio Berlusconi.

Il problema dei valori, però, esiste. E pare destinato a non chiudersi con il voto, viste le forzature che già oggi sono cominciate riguardo alle caselle da riempire e a quella considerata chiave, che è l’assessorato alla Sanità. Per ora, la poltrona è occupata dal commissario straordinario, ma ad aspirarvi sono in tanti. Pronta ad alzare la voce è l’Italia dei Valori, che ha già fatto il suo piano d’attacco: se il partito dell’ex pm dovesse avere il 5 per cento dei consensi, "chiederemo due assessori. Tra il 6 e l’8 per cento dei voti, saliremo a tre, di cui uno dovrà essere alla Sanità e un altro ai Lavori pubblici, dove serve un partito pulito", spiega Stefano Pedica, responsabile laziale dell’Idv. L’unico caso in cui Di Pietro potrebbe rinunciare alla sanità, è quello in cui la stessa Bonino decidesse di tenere la delega.

Discorsi "fuori tempo e fuori luogo", taglia corto l’ex ppi Beppe Fioroni, certo che quello che conterà al momento giusto, saranno le percentuali dei partiti. A oggi i "dibattiti sono inutili, non concertati con trattative del gruppo di rappresentanza", dice Fioroni, convinto soprattutto che "prima di dividersi la pelle dell’orso bisogna averlo". Le poltrone "sono da sempre ripartite sulla base delle percentuali". Quanto alla Sanità, è ancora commissariata. Anche se D’Ubaldo spiega che un assessore nella "più delicata" casella potrebbe "governare l’aspetto politico del processo che porta fuori dal commissariamento".

 

2010-03-20

20 Marzo 2010

REGIONALI

Consiglio di Stato: "No alla lista Pdl nel Lazio"

Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello presentato dal Pdl contro la mancata ammissione della lista provinciale di Roma. In base a questa decisione la lista provinciale del partito è esclusa dalle prossime elezioni regionali. I legali del centrodestra avevano impugnato l'ordinanza emessa mercoledì scorso dal Tar del Lazio, con la quale i giudici amministrativi avevano respinto la richiesta di sospendere il provvedimento di mancata ammissione alla competizione elettorale della lista Pdl provinciale di Roma - lista ripresentata lo scorso 8 marzo a seguito del decreto legge interpretativo - da parte dell'ufficio elettorale centrale presso la Corte di Appello.

Bocciato anche l'eventuale rinvio delle elezioni nel Lazio: si vota il 28 r 29 marzo. La regione Lazio ha infatti respinto la richiesta avanzata da Vittorio Sgarbi di rinviare le elezioni regionali

 

 

 

 

2010-03-17

17 Marzo 2010

RAI-AGCOM

Inchiesta Trani, Capristo: "Leale incontro con ispettori"

"Perchè non si alimentino fantasie, tengo a precisare che l'audizione di ieri sera si è svolta in un clima di grande serenità e di leale collaborazione: non c'è nessuna contrapposizione". Lo ha detto al suo arrivo al Palazzo di Giustizia di Trani il procuratore della Repubblica Carlo Maria Capristo. "Leale collaborazione - ha sottolineato Capristo rispondendo a una domanda - significa rispetto delle regole da parte di tutti". In giornata si attende l'arrivo degli avvocati del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Filiberto Palumbo.

Una cosa è certa: "Tutto ciò che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori". Prima di accomodarsi per il lungo confronto con il capo dell’Ispettorato generale del ministero della Giuistizia Arcibaldo Miller e con la collega che lo affianca nella delicata missione disposta dal Guardasigilli Angelino Alfano, il sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero ha voluto precisare questo punto. Insomma, esiste il segreto istruttorio e il fascicolo d’indagini è blindato. In teoria, perché lo stesso segreto è stato largamente violato quando il contenuto delle telefonate, intercettate, tra Silvio Berlusconi, Augusto Minzolini e Giancarlo Innocenzi è finito su un quotidiano. E proprio intorno a quel segreto violato si è scatenato, ieri, lo scontro tra il ministro della Giustizia e il Consiglio superiore della magistratura.

Per quel motivo, ha spiegato Alfano, gli ispettori sono partiti da Roma: "Il loro scopo, senza interferire nell’inchiesta, è quello di contribuire ad accertare quanto è accaduto, principalmente in riferimento alla presenza di "talpe", che ci auguriamo vengano immediatamente individuate e punite". Del resto, al momento della pubblicazione, il presidente del Consiglio, il direttore del Tg1 e il commissario dell’Autorità garante per le Comunicazioni non sapevano di essere indagati, il primo per concussione e "minacce a un corpo amministrativo", il secondo proprio per "rivelazione di segreti inerenti a procedimento penale" e l’altro per favoreggiamento. Lo hanno appreso solo lunedì sera, a mezzo stampa.

Questo, per il ministro, è inammissibile. Così come "è inaccettabile e viola la Costituzione", in particolare l’articolo 107 (che attribuisce al Guardasigilli il potere di promuovere l’azione disciplinare), la decisione del Csm di "indagare" a sua volta sulla condotta che terranno gli ispettori: "È quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo", ha affermato Alfano, convinto che il Csm avrebbe dovuto invece "aprire una pratica per controllare perché presso un ufficio giudiziario vi sia stata una gravissima violazione del segreto d’indagine", verificare "come e perché" Berlusconi e gli altri siano stati intercettati, "investigare su come sia possibile che la competenza di questi fatti sia ancora oggi mantenuta a Trani in palese violazione di legge", accertare come "un’accusa sortisca contro il premier a pochi giorni dalle elezioni".

Al contrario, secondo Alfano dovrebbe essere "un elemento di serenità e di garanzia per tutti i cittadini essere consapevoli che quando c’è qualcuno che rivela segreti d’ufficio e fa la "talpa" negli uffici giudiziari, sono i magistrati stessi a occuparsene, anche con il sostegno di altri magistrati".

Tali sono, infatti, gli ispettori ministeriali che ieri pomeriggio hanno cominciato a indagare sull’operato del procuratore capo di Trani Carlo Maria Capristo e su quello del suo sostituto Ruggiero. Ma la cordialità che talvolta deriva dalla colleganza, se c’è stata, non è emersa. Almeno, non quanto il gelo delle parole di Ruggiero.

I colloqui, durati complessivamente cinque ore e definiti "molto corretti" da quest’ultimo, si sono svolti nel palazzo di giustizia di Bari, al terzo piano, dove si trovano gli uffici della Corte d’appello e della Procura generale. Non c’erano gli altri tre magistrati che lavorano all’inchiesta finita sotto la lente ministeriale. "Non sono venuti perché io sono il titolare del fascicolo", ha spiegato Ruggiero, dicendosi comunque "sereno e tranquillo". La stessa serenità professata nei giorni scorsi dal capo della procura, il primo a essere sentito dagli ispettori. L’ispezione disposta da Alfano è stata attaccata duramente dall’Italia dei valori. Per Antonio Di Pietro, il ministro e il premier Berlusconi "si stanno comportando in perfetto stile mafioso, minacciando e denigrando i magistrati che cercano di fare il proprio dovere: quelli di Trani sono gli ultimi di una catena".

Danilo Paolini

 

 

 

20 Marzo 2010

ROMA

In piazza per l'acqua pubblica

"Fermiamo la privatizzazione"

Migliaia di persone, 200.000 secondo gli organizzatori, manifestano oggi a Roma contro la privatizzazione del servizio idrico, introdotta dal governo con una legge del novembre scorso.

La manifestazione è stata indetta dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua "per bloccare le politiche di privatizzazione della gestione dell'acqua, per riaffermarne il valore di bene comune e diritto umano universale, per rivendicarne una gestione pubblica e partecipativa, per chiedere l'approvazione della nostra legge d'iniziativa popolare, per dire tutte e tutti assieme "L'acqua fuori dal mercato!"", come spiega il movimento sul sito.

Alla manifestazione, organizzata in concomitanza della Giornata mondiale dell'acqua che ogni anno l'Onu indice per il 22 marzo, hanno aderito diversi comuni da tutta Italia e moltissimi enti, oltre a partiti della sinistra -- Rifondazione Comunista, i Verdi, Sinistra Democratica, Comunisti Italiani e Partito Comunista dei lavoratori -- e movimenti.

Dopo il concentramento a Piazza della Repubblica, i manifestanti hanno sfilato per le vie di Roma al grido di slogan come "Si scrive acqua si legge democrazia" per radunarsi poi in Piazza Navona, dove fino alle 19.30 sono previsti gli interventi delle realtà aderenti alla manifestazione

 

 

 

17 Marzo 2010

BERLUSCONI

La sfida del premier:

"Libertà mutilata. In massa alle urne"

"La vicenda della procura di Trani che controlla il presidente del Consiglio che parla al telefono è un grave segno di libertà mutilata e offesa". Silvio Berlusconi si sofferma su quelle ultime due parole: mutilata e offesa. Le ripete. Anche nelle conversazioni più private. Poi, senza cambiare tono di voce, allarga il ragionamento e sferra l’ultimo atto d’accusa contro quei magistrati che "spendono il denaro del contribuente per fare costose intercettazioni a tappeto e cercare delle ipotesi di reato in ciò che il presidente del Consiglio dice da mesi in tutte le sedi, sia in privato sia in pubblico". Prende fiato il premier prima di scandire l’affondo finale. "... Il tutto in violazione della competenza territoriale e dell’intero codice di procedura".

Chiuso quasi tutto il giorno nella roccaforte romana di palazzo Grazioli, Berlusconi riflette silenzioso. Pensa alla grande manifestazione di sabato. Al voto di fine mese. E all’ultima offensiva della magistratura. Poi ripete: "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l’alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente per influenzare il voto dei cittadini". Attacchi a orologeria? Il premier annuisce. "Sì, attacchi a orologeria... Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste ed hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati...". Una pausa. Lunga. Per pensare. Poi ancora un colpo. "Ci provano anche con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti... Di fronte a questo ultimo attacco, però, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire".

Reagire? "Andremo in piazza: non lo facciamo mai, ma a Roma dicono "quando ci vuole ci vuole"... Lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati". È l’ennesimo affondo contro la "magistratura politicizzata". Berlusconi alza la voce contro le ultime offensive delle toghe. "Mosse pensate per sottrarre molto tempo all’attività di governo e c’è da chiedersi – confida il Cavaliere – se una delle finalità sia proprio impedire al presidente del Consiglio di lavorare". Bisogna reagire, ripetono ai piani alti di Palazzo Grazioli. Con la manifestazione di sabato. Ma anche con una "riforma radicale" della giustizia che non è più rinviabile.

È un momento complicato. Ma nonostante tutto il premier prova a guardare avanti con ottimismo. "Vedrete a piazza San Giovanni saremo in 500 mila", ripete il premier ai suoi collaboratori più stretti. Poi con la testa al voto regionale esorcizza il rischio astensione. "Oltre ad insultare e demonizzare l’avversario la sinistra cerca di seminare il dubbio dell’astensione per spingere i moderati a non votare". Ma non sarà così. "Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra che è sempre più scoperto e sempre più pericoloso... Sono sicuro che tutti i moderati e i riformisti reagiranno a questa tendenza e andranno in massa alle urne per difendere legalità e democrazia".

Arturo Celletti

 

 

 

 

 

17 Marzo 2010

CSM

Mancino: non si può comprimere l'indagine

La pratica sull’ispezione ministeriale a Trani sarà aperta, mentre per il momento resta in sospeso la possibilità di un intervento sul caso di Cosimo Maria Ferri, il consigliere finito nella rete delle intercettazioni della procura pugliese mentre parlava al telefono con il commissario di Agcom Giancarlo Innocenzi. "Io sono tranquillo, la mia posizione è chiarissima e continuo a camminare a testa alta", ha ripetuto ieri Ferri.

La decisione del comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura di vigilare sull’operato degli 007 di Alfano, invece, è stata così illustrata dal vicepresidente Nicola Mancino: "Abbiamo affidato alla sesta commissione il compito di ribadire quali siano i confini tra ispezione e indagine giudiziaria – ha precisato –. L’indagine giudiziaria non può essere compressa dall’ispezione, bisogna rispettare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura requirente".

Contrario il "laico" del Pdl Michele Saponara: "Il Csm ha perso una buona occasione per dimostrarsi al di sopra delle parti". Ma questa è una linea "di data antica", ha ricordato Mancino. In effetti, non è la prima volta che l’organo di autogoverno delle toghe si occupa della materia: nel 2003 si tenne anche un plenum con l’allora Guardasigilli Roberto Castelli sul rapporto tra segreto investigativo e ispezioni, dopo che la procura di Milano si era rifiutata di aprire agli inviati ministeriali il famoso fascicolo 9520, dal quale vennero stralciati i processi Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme ma che continuò a esistere senza indagati e con un contenuto misterioso.

Come accadde allora, la palla passa adesso alla sesta commissione. Bocce ferme, invece, sulla vicenda di Ferri. Ieri il consigliere di Magistratura indipendente (la corrente moderata dell’Anm, la sola attualmente all’opposizione della giunta esecutiva del sindacato dei magistrati) è stato ascoltato per un quarantina di minuti dal comitato di presidenza, formato da Mancino, dal primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone e dal procuratore generale Vitaliano Esposito. Sulla testa del consigliere pende la richiesta, avanzata da 15 colleghi, di un intervento per "scongiurare che il Csm venga, anche solo strumentalmente, coinvolto nelle polemiche in atto".

Ferri esclude che ciò possa accadere: "Non credo assolutamente di aver messo in imbarazzo il Csm. Io sono una cosa, il Csm un’altra". Analoga la dichiarazione di Mancino in proposito: "Non sono imbarazzato. Abbiamo ascoltato Ferri, che ci ha consegnato una buona memoria scritta, ora dobbiamo approfondire. Non so quando decideremo, penso nelle prossime riunioni del comitato di presidenza".

Danilo Paolini

 

 

 

16 Marzo 2010

PAR CONDICIO

La vigilanza Rai conferma

lo stop ai talk show

Nessuna marcia indietro in Commissione di Vigilanza sul regolamento sulla par condicio: è l'orientamento emerso oggi nel corso dell'audizione del direttore generale della Rai Mauro Masi. Il dg, su mandato del Cda, chiedeva una nuova determinazione della commissione sulle norme relative ai talk show. Ma la maggioranza della bicamerale ha ritenuto di confermare l'attuale formulazione del regolamento.

Zavoli. "L'opinione pubblica giudica un pò stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla". In apertura dei lavori della Vigilanza il presidente della Commissione, Sergio Zavoli, ha stigmatizzato in questi termini il rimbalzo di responsabilità con l'azienda di questi giorni.

Zavoli ha ribadito che in ogni caso "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico", e replicando alle osservazioni del presidente della Rai Paolo Garimberti, ha ricordato che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

 

 

 

 

2010-03-09

9 MArzo 2010

REGIONALI

Lista Pdl Roma non ammessa

Disco verde per Formigoni

L'Ufficio elettorale del Tribunale di Roma ha respinto la lista del Pdl di Roma. Una delegazione del Pdl, composto dal deputato Marco Marsilio, dal presidente del XIX municipio Alfredo Milioni e il coordinatore romano del Pdl Gianni Sammarco hanno lasciato il Tribunale di Roma, dopo che l'ufficio elettorale ha notificato loro la decisione in merito alla lista provinciale del Pdl di Roma, senza lasciare alcuna dichiarazione.

"La Quarta sezione, presidente-relatore, dottor Adriano Leo - è scritto in un comunicato del Tar Lombardia - ha accolto i ricorsi e annullato gli atti impugnati, dichiarando 'ammessà la lista "Per la Lombardia" alla competizione elettorale del 28-29 marzo 2010".

Entrando nel merito il collegio del Tar ha ritenuto che "nel caso della lista "Per la Lombardia" che era già stata ammessa alla competizione elettorale del 28 marzo 2010, l'ufficio centrale aveva ormai esaurito i suoi poteri di controllo e di decisione. Per il collegio non può ritenersi, in contrario, sussistere un generale potere di autotutela in capo all'ufficio centrale".

In sostanza "il collegio ha ritenuto che l'articolo 10 contiene la previsione di una tempistica ben precisa per le singole attività dell'ufficio centrale, attività che vanno espletate ciascuna entro un termine perentorio. La norma - spiega il Tar - regola altresì in modo preciso e puntuale i termini per gli eventuali ricorsi contro le sole eliminazioni di liste o candidati, che i delegati delle liste o dei candidati esclusi possono effettuare entro e non oltre le 24 ore. Consumati tali termini, anche l'ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere ad un riesame di profili già fatti oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati (delegati di liste o di candidati eliminati)".

Le reazioni. "Giustizia è fatta: hanno provato a tenerci fuori, ora seppelliamoli con una messe di schede elettorali per Formigoni". Lo ha affermato il vice coordinatore regionale lombardo e deputato Pdl, Massimo Corsaro, dopo la decisione del Tar della Lombardia che ha riammesso la lista di Roberto Formigoni.

 

 

 

 

9 MArzo 2010

REGIONALI

Il Tar della Lombardia accoglie

il ricorso della lista Formigoni

"La Quarta sezione, presidente-relatore, dottor Adriano Leo - è scritto in un comunicato del Tar Lombardia - ha accolto i ricorsi e annullato gli atti impugnati, dichiarando 'ammessà la lista "Per la Lombardia" alla competizione elettorale del 28-29 marzo 2010".

Entrando nel merito il collegio del Tar ha ritenuto che "nel caso della lista "Per la Lombardia" che era già stata ammessa alla competizione elettorale del 28 marzo 2010, l'ufficio centrale aveva ormai esaurito i suoi poteri di controllo e di decisione. Per il collegio non può ritenersi, in contrario, sussistere un generale potere di autotutela in capo all'ufficio centrale".

In sostanza "il collegio ha ritenuto che l'articolo 10 contiene la previsione di una tempistica ben precisa per le singole attività dell'ufficio centrale, attività che vanno espletate ciascuna entro un termine perentorio. La norma - spiega il Tar - regola altresì in modo preciso e puntuale i termini per gli eventuali ricorsi contro le sole eliminazioni di liste o candidati, che i delegati delle liste o dei candidati esclusi possono effettuare entro e non oltre le 24 ore. Consumati tali termini, anche l'ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere ad un riesame di profili già fatti oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati (delegati di liste o di candidati eliminati)".

Le reazioni. "Giustizia è fatta: hanno provato a tenerci fuori, ora seppelliamoli con una messe di schede elettorali per Formigoni". Lo ha affermato il vice coordinatore regionale lombardo e deputato Pdl, Massimo Corsaro, dopo la decisione del Tar della Lombardia che ha riammesso la lista di Roberto Formigoni.

 

 

 

dice no a Pannella

Interni

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9 Marzo 2010

REGIONALI

Rinvio elezioni, Bersani

dice no a Pannella

Pier Luigi Bersani dice no all'ipotesi di rinviare di un mese il voto delle regionali, come proposto oggi da Marco Pannella e Emma Bonino. Per convincere gli esponenti della lista Bonino-Pannella il leader del Pd si è presentato di fronte all'assemblea radicale riunita da questa mattina in un teatro nel centro storico della capitale e Bersani, senza giri di parole, ha detto la sua con fermezza: "Si parla dell'ipotesi di un rinvio e su questo, lo dico con chiarezza, mantengo un'obiezione e una riserva". Non ci sono solo ragioni politiche alla base della convinzione esplicitata da Bersani ma anche aspetti di carattere giuridico e legislativo che potrebbero rendere impraticabile la proposta di un rinvio.

 

 

 

8 Marzo 2010

ELEZIONI

Lazio, il Tar dice no al Pdl

Ricorso al Consiglio di Stato

Si ingarbuglia ulteriormente la corsa per il rinnovo del Consiglio regionale del Lazio. Il Tar ha respinto la richiesta di sospensiva del provvedimento della Corte di Appello con cui non era stata ammessa la lista provinciale di Roma del Pdl. Un giudizio pesante basato su due argomentazioni. In primo luogo il Tar del Lazio ha ritenuto che il decreto legge varato in via interpretativa dal governo non debba applicarsi alla Regione Lazio, il cui processo elettorale è regolato dalla legge regionale 2 del 2005. In altre parole l’interpretazione "autentica" (altrimenti detta "autointerpretazione") non potrebbe essere effettuata che dallo stesso organo che ha legiferato, in questo caso la Regione Lazio (e non a caso era questo l’argomento su cui la giunta regionale ha deciso il ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto salva liste). Inoltre, tornando alla decisione del Tar Lazio, anche se venisse dimostrato che i delegati del Pdl si trovavano nell’area giudiziaria prima delle 12 - come sostenuto dei ricorrenti del Pdl - non è stato giudicato dimostrabile che avessero con sé tutta la documentazione necessaria per depositare la lista.

Un bel groviglio, quindi. Ma il caso non è chiuso. E non solo perché resta aperta la strada del ricorso al secondo grado di giurisdizione amministrativa, al Consiglio di Stato, come conferma il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso in attesa di leggere le motivazioni. Strada cui starebbe pensando anche Silvio Berlusconi, che segue l’evolversi della convulsa situazione da Arcore, convinto della bontà del decreto interpretativo adottato. Ma le rinnovate speranze del Pdl sono affidate anche al tentativo di perfezionamento tardivo della pratica avvenuto ieri mattina, intorno alle 12,30, quando la delegazione del partito ha consegnato alla postazione dei carabinieri presso il Tribunale un plico rosso contenente le firme. Sul presupposto - evidentemente - di avere titolo per farlo, sia pur in ritardo, in base al decreto del governo. "Il decreto interpretativo ha consentito al Pdl di depositare la lista che nella fase precedente della procedura non era stata presentata", sostiene Cesare Mirabelli. "La lista – spiega il presidente emerito della Consulta – è stata depositata secondo quanto prevede la nuova legge interpretativa, e quindi deciderà l’ufficio elettorale della Corte d’Appello. Poi di nuovo in seconda battuta il Tribunale amministrativo".

Si tratta, in ogni caso, come spiega lo stesso professor Mirabelli, di documentare la presenza negli uffici giudiziari dei dirigenti del Pdl al momento della chiusura dei termini. Ma i costituzionalisti del Pd promettono battaglia in tutte le sedi. Sono pronti, innanzitutto, a ricorrere al Tar contro l’eventuale accoglimento (ai tempi supplementari) delle firme del Pdl da parte dell’ufficio elettorale di Roma, che deve pronunciarsi entro 24 ore, entro le 12,30 di oggi, quindi. L’argomento su cui poggia la strategia del Pd era e resta però la non applicabilità al Lazio del decreto salvaliste, e su questo - come detto - la giunta del Lazio al pari del Piemonte e della Toscana ha già deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale.

Era stato, nel pomeriggio, lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni, auspicando un "rapido pronunciamento" dei Tar. a ricordare che "il cosiddetto decreto "salva-liste" non salva alcuna lista, perché la decisione spetta sempre ai giudici". Appunto. Ma i tempi sono quelli che sono. E, ad aggrovigliare ulteriormente la matassa, anche in caso di accoglimento del ricorso del Pdl al Consiglio di Stato, resta l’attesa per la decisione di merito del Tar che lo stesso Tribunale si riserva di adottare addirittura a maggio. Cosicché, per bene che vada, il voto del Lazio rischierebbe di essere "sub iudice". A rischio di annullamento, insomma. Per cui c’era chi, in serata, iniziava a valutare anche l’ipotesi di un rinvio del voto, nel Lazio, almeno.

Angelo Picariello

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-05

4 Marzo 2010

PASTICCIO ELEZIONI

Voto, caos da scongiurare:

termini riaperti o rinvio parziale

22.50 - Dubbi del Quirinale. Secondo quanto spiegano fonti governative il presidente della Repubblica nell'incontro con il premier Silvio Berlusconi avrebbe espresso perplessità sulla strada del decreto legge per risolvere la questione delle liste regionali. Berlusconi sarebbe andato al Colle con un pacchetto di ipotesi. Tra queste la proposta di prorogare i termini della presentazione delle liste o anche di un possibile slittamento del voto in Lombardia e Lazio.

22.20 - "No comment" del Quirinale. Fonti del Quirinale rispondono con un secco 'no comment' alla domanda su come fosse stata accolta dal presidente della Repubblica le proposte formulate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in merito alle liste per le regionali, proposte che contemplano anche il riscorso ad un decreto legge.

22.15 - Cdm rinviato a domani. Non si terrà questa sera il Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto affrontare la questione del voto alle regionali. Nel pomeriggio era stata chiesta ai ministri la

disponibilità per le 22 di questa sera. Il premier Silvio Berlusconi, dopo un ora di colloquio con il Capo dello Stato, è tutt'ora a Palazzo Chigi.

21.50 - Berlusconi torna a Palazzo Chigi, tra poco Cdm. Il premier Silvio Belusconi è rientrato a Palazzo Chigi dopo un incontro durato più di un'ora al Quirinale con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. A breve, dovrebbe iniziare un consiglio dei ministri straordinario

21.00 - Berlusconi al Quirinale. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è giunto al Quirinale. Insieme a lui i ministri Roberto Maroni, Ignazio La Russa e Roberto Calderoli

L'ipotesi più probabile. Rinviare le elezioni in Lombardia e nel Lazio e far votare i cittadini bolognesi nello stesso periodo, ovvero tra aprile e giugno, in modo da evitare il commissariamento. Sarebbe questa l'ipotesi principale che il presidente del Consiglio starebbe sottoponendo all'attenzione del presidente della Repubblica. Il premier in realtà al Quirinale dovrebbe presentare una serie di proposte, tra cui anche la proroga dei termini per la presentazione delle liste, ma al momento starebbe puntando su questa strada. In ogni caso il presidente del Consiglio ha intenzione di percorrere la strada del decreto e spera di avere il via libera del Colle. Nella maggioranza si sarebbero registrati segnali positivi ma naturalmente - viene fatto notare - dipenderà dalla decisione del Capo dello Stato che vaglierà il testo del decreto per poi decidere il da farsi.

Giornata convulsa.

Subito dopo l'incontro al Quirinale dovrebbe riunirsi un Consiglio dei ministri straordinario e non si esclude che possa essere varato un decreto legge per sanare la situazione. È quanto emerso al termine di una serie di riunioni a palazzo Grazioli presiedute da Berlusconi, prima con la Lega e poi con i vertici del Pdl.

L'ufficio di presidenza del Pdl "ha dato mandato a Berlusconi di verificare con le istituzioni e le forze politiche le soluzioni al problema liste", ha riferito il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, al termine della riunione dell'ufficio di presidenza del partito. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha precisato: "Berlusconi stasera sale al Quirinale e poi ci sarà un Consiglio dei ministri". "Si valuta anche un possibile rinvio delle elezioni", ha riferito una fonte politica che ha preferito rimanere anonima.

Ma il leader del Partito democratico Pierluigi Bersani per il momento non sembra disponibile all'ipotesi di un decreto. "Qualsiasi intervento d'urgenza in materia elettorale in corso d'opera sarebbe totalmente inaccettabile", ha detto Bersani a Napoli. "Abbiamo cinque gradi di giudizio - ha aggiunto - lasciamoli lavorare. Non si permettano di fare minacce, perché se la sono cercata da soli".

Ieri la Corte d'Appello ha confermato l'esclusione del listino del presidente uscente della Lombardia Roberto Formigoni e della lista del Pdl della provincia di Roma alle elezioni regionali. C'è tempo fino a domattina per la decisione sulla possibile bocciatura del "listino" della candidata del Pdl nel Lazio Renata Polverini.

Questa situazione, sebbene siano stati presentati i ricorsi al tribunale amministrativo, ha fatto tornare in auge già da ieri sera l'ipotesi di un intervento legislativo per "bonificare" la situazione consentendo lo spostamento dei termini per la presentazione delle liste.

PER VIA LIBERA A DECRETO, DECISIVO PARERE NAPOLITANO

"Abbiamo messo in allarme i ministri per una riunione del Consiglio dei ministri entro domani", ha detto l'altro coordinatore del Pdl e ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Alla domanda se il governo pensi di ricorrere alla decretazione d'urgenza il coordinatore del Pdl ha risposto: "Solo se necessario".

La Russa ha aggiunto che il mandato a Berlusconi a trattare con il Quirinale e l'opposizione è arrivato non solo dal Pdl ma "anche dalla Lega".

L'apertura della Lega rappresenta un cambiamento di posizione del Carroccio. Il ministro dell'Interno e leader della Lega, Roberto Maroni, aveva infatti escluso la possibilità di un decreto fino a qualche giorno fa quando il rischio di esclusione dalla competizione elettorale sembrava riguardare solo il Pdl in Lazio. Il nodo liste coinvolge però ora anche la Lombardia dove la situazione potrebbe essere ancora più complicata qualora l'esclusione fosse confermata perché riguarda il listino del governatore, senza il quale la candidatura stessa di Formigoni decadrebbe.

Il presidente della Repubblica, che tornerà stasera da una visita di Stato in Belgio, ha commentato che riguardo al problema delle liste Pdl non c'è ancora nulla di definito e che attende spiegazioni su un'eventuale soluzione prospettata dal governo. "Ancora non c'é nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma stasera, vedrò", ha detto il capo dello Stato interpellato dai cronisti a Bruxelles. "La situazione è molto fluida. Non abbiamo ancora notizie definite di che cosa si propone e da parte di chi", ha sottolineato il presidente.

Il parere di Napolitano è importante perché il presidente si troverà a controfirmare l'eventuale decreto e un suo parere negativo creerebbe una frizione istituzionale della quale il governo non ha bisogno in un momento di tale caos.

In queste ore nella maggioranza si cita il precedente storico di un decreto legge varato dal governo Dini nel 1995 che consentì di prorogare di 56 ore i termini per la presentazione delle liste per le elezioni regionali.

C'è poi da considerare l'atteggiamento dei partiti di opposizione. Il centrodestra, dicono gli osservatori, ha i numeri per approvare a maggioranza in Parlamento un provvedimento d'urgenza che consenta in qualche modo di far rientrare in gara le liste escluse ma farlo a colpi di maggioranza potrebbe essere un boomerang in campagna elettorale.

 

 

 

 

 

4 Marzo 2010

Il rigore sulle regole non può far gridare al "complotto"

Il pasticcio delle liste specchio di un Pdl confuso

Le decisioni degli organismi giurisdizionali competenti hanno sancito, per ora, che nelle due regioni più popolose – Lombardia e Lazio – i "listini" capitanati dai candidati alla presidenza non possono essere ammessi al voto. Nel Lazio, allo stato delle cose, è fuori anche la lista del Popolo della libertà nella importantissima circoscrizione che corrisponde alla provincia di Roma. Può darsi che l’esame degli uffici sia stato particolarmente minuzioso e addirittura pignolo, ma dovrebbe essere chiaro che anche le formalità debbono essere rispettate, specialmente da chi non può attendersi nessuna tolleranza compiacente da un ordine giudiziario, col quale – a torto o a ragione – è notoriamente in conflitto.

Quel che non ha funzionato in modo clamoroso è l’organizzazione elettorale del Pdl, che non ha messo insieme in modo preciso le firme necessarie proprio in due città, Milano e Roma, nelle quali il primo partito italiano può contare anche sul niente affatto trascurabile seguito personale di cui godono il governatore Roberto Formigoni e il sindaco Gianni Alemanno. Si vedrà come andrà a finire con gli ulteriori ricorsi, ma tutti dovrebbero sperare che il confronto elettorale avvenga alla fine tra schieramenti in grado di scendere in campo e di confrontarsi con tutti i candidati che hanno scelto, ma se ciò non accadesse è chiaro che la responsabilità sarebbe di chi ha commesso errori e affastellato pasticci e improvvisazioni, non di chi ha deciso di sanzionarli con rigore.

L’evidente disastro organizzativo del partito di maggioranza relativa inevitabilmente acuisce i problemi politici di cui è insieme effetto e causa. Un partito che così com’è non piace ai suoi stessi fondatori, come ha detto esplicitamente Gianfranco Fini e fa capire fin troppo chiaramente Silvio Berlusconi, che infatti ha annunciato al creazione di una rete di "promotori della libertà" che ha l’aspetto di un’organizzazione correntizia di maggioranza da opporre a una che punta a nuovi equilibri interni.

È sempre un guaio quando in una struttura complessa non si riesce a unirsi nella definizione delle forme per la decisione e la selezione del personale politico, poi dividendosi com’è fisiologico su scelte e orientamenti politici che riguardano temi specifici. L’incrocio opaco tra tensioni politiche e aggregazioni personali ha creato uno stato di marasma nel quale anche gli aderenti e i simpatizzanti non riescono a raccapezzarsi. Il fatto che i problemi più clamorosi siano esplosi proprio in situazioni nelle quali esiste – o almeno esisteva – una forte rete organizzativa, com’è dimostrato dall’ampiezza del consenso elettorale ricevuto anche in recentissime consultazioni, dimostra che non c’è un deficit di partecipazione o come si diceva una volta di militanza, ma un’incapacità di dare a queste energie una espressione organizzata coerente e sufficientemente unitaria.

Comunque vada a finire si è scoperchiata una pentola e si è visto che la più forte formazione politica italiana è attraversata da crepe e fratture che ne rendono l’azione sul territorio confusa e l’orientamento generale incerto. È più di un campanello d’allarme, ma non è ancora una campana a morto: tutti i problemi si possono affrontare se li si guarda con l’attenzione e la preoccupazione che meritano, senza cercare la facile via di fuga della denuncia del solito "complotto" altrui.

Sergio Soave

 

 

 

 

 

2010-03-03

 

3 Marzo 2010

CAOS REGIONALI

Polverini riammessa, Pdl no

E Formigoni resta fuori

Elezioni regionali, giornata di verdetti. L'ultimo in ordine di tempo riguarda la lista Pdl di Roma: "La lista Pdl Roma è fuori dalle elezioni. Il ricorso è stato respinto". Lo ha dichiarato il coordinatore regionale Pdl Lazio Vincenzo Piso. In precedenza, la lista civica regionale per il Lazio di Renata Polverini, esclusa ieri, è stata riammessa dalla Corte d'appello di Roma. Il problema che i giudici ancora devono chiarire è legato alla documentazione anagrafica di tre dei candidati in lizza. Per il 'listino' della candidata governatrice (a cui mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl) bisognerà invece attendere 48 ore per un pronunciamento della Corte.

La Corte d'Appello di Milano ha invece respinto il ricorso della lista Formigoni contro l'esclusione dalle elezioni regionali del 28 marzo. In particolare la Corte d'appello di Milano ha bocciato l'istanza di rimissione in termini presentata per il listino cappeggiato da Formigomi poichè "i termini per la presentazione delle liste previsti dal legislatore sono all'evidenza perentori".

Formigoni: si ricontino le firme di tutte le liste. "Chiediamo che il riconteggio delle firme sia fatto su tutte le liste e i listini". Lo ha detto il presidente della Regione Roberto Formigoni nel corso dell'incontro con la stampa al Pirellone dopo che e' stato respinto il ricorso presentato dal Pdl per la riammissione della lista di Formigoni, esclusa dalla prossima competizione elettorale per irregolarita' nelle firme. Formigoni ha poi aggiunto di aver gia' chiesto e ottenuto l'accesso agli atti "perche' anche noi possiamo fare le verifiche" "La legge - ha detto - e' uguale per tutti e deve essere applicata nello stesso modo".

Reazioni e polemiche. La situazione resta tesissima. Il capogruppo del Pdl a Montecitorio Fabrizio Cicchitto ha parlato di "violazione dei principi della democrazia", dovuta "all'azione provocatoria di alcuni rappresentanti di lista di altri partiti che hanno fatto ostruzionismo e dall'inaccettabile ordine dato dal magistrato di impedire la consegna delle liste Pdl".

"Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?". È quanto ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, dopo l'esclusione della lista di Roberto Formigoni in Lombardia e di quella del Pdl provinciale nel Lazio.

 

 

 

 

 

2010-03-01

1 Marzo 2010

REGIONALI

Lazio, fuori la lista Pdl

Il Colle: "Decidono i magistrati"

La situazione che si è venuta a creare con la mancata presentazione della lista del Pdl per le prossime elezioni regionali turba il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi - si legge in una nota del Quirinale -, non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica". Tuttavia, fa notare il Colle in quella che viene diventa la posizione ufficiale della massima autorità italiana sulla vicenda, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge". Insomma, nonostante la decisione dei vertici del Pdl e della stessa candidata Renata Polverini di fare appello affinché Napolitano intervenga per dirimere la questione, il Quirinale ribadisce la necessità di rispettare le competenze costituzionali di ciascun soggetto. E rimanda di conseguenza al Tar ogni decisione in amteria.

A Napolitano ha scritto una lettera anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che a sua volta parla di "profonda preoccupazione". "Poichè il Popolo della Libertà - si legge nella missiva del sindaco, già esponente di primo piano di An - è il partito che riscuote più consensi a Roma e nel Lazio, la sua esclusione determinerebbe l'impossibilità per un numero elevatissimo di cittadini della Capitale di esprimere compiutamente la propria scelta elettorale. L'esclusione di quarantuno candidati, rappresentativi di un partito in grado di raccogliere almeno il quaranta per cento dell'elettorato, rischia di generare un vertiginoso aumento dell'astensionismo e una distorsione irrimediabile della composizione del Consiglio regionale del Lazio". Secondo Alemanno la Regione Lazio "è una istituzione democratica troppo importante per essere guidata da un presidente, chiunque esso sia, eletto senza la piena partecipazione di tutti i cittadini. Anche il Consiglio di Stato, che è il massimo organo giudicante in materia, ha stabilito in più occasioni che il diritto costituzionalmente garantito di poter esprimere liberamente il proprio voto, debba prevalere su ogni eventuale problematica formale o burocratica". "Non con spirito di parte, ma come sindaco della città di Roma - è in fine l'appello di Alemanno - La prego pertanto di intervenire con l'autorità morale che deriva dal Suo alto incarico per evitare questo grave danno per la nostra vita democratica".

La denuncia del Pdl ai Radicali. Intanto il Pdl ha presentato una denuncia-querela contro alcuni militanti dei Radicali per violenza privata e contro i componenti dell'Ufficio Centrale per abuso d'ufficio. La denuncia è stata allegata al ricorso all'Ufficio Centrale presso la Corte d'Appello contro l'esclusione della lista Pdl per Roma. Ma il Pd non ci sta: "I disperati tentativi dei maggiori esponenti del Pdl di giustificare una grave inadempienza di legge accusando i rappresentanti dei partiti prima, e il tribunale poi, di averne impedito l'esercizio - commenta la deputata Ileana Argentin - , trovano importanti e significative smentite nelle dichiarazioni del delegato alla presentazione della lista, Alfredo Milioni, che oggi si contraddice in maniera evidente fornendo tre versioni differenti dei fatti ad altrettanti quotidiani nazionali". "Prima di montare ad arte la tesi del complotto - ha aggiunto -, i dirigenti del Pdl romano e nazionale cerchino di capire quali problemi oggettivi si sono verificati concordando magari una versione dei fatti con Milioni, presidente del Municipio in cui risiedo e la cui spontaneità e trasparenza sono ben conosciute, le cui dichiarazioni potrebbero diventare la pistola fumante di un pasticcio tutto interno al partito di Berlusconi".

 

 

 

 

2010-02-27

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2010-03-28

ITALIA

Percentuale votanti: 47.08% (ore 22.00 della Domenica) 5068 enti su 5068

percentuale elezioni precedenti: 55.96%

 

Astensionismo, rischio febbre

"francese" sotto soglia 70,5%

Gli esperti: campagna troppo "negativa"

DAL NOSTRO INVIATO

BOLOGNA — C'è un numero chiave per capire se la febbre dell'astensionismo, alle Regionali di oggi e domani, sarà bassa, media o alta, fisiologica o patologica, in linea con la tendenza italiana al calo dei votanti degli ultimi 20 anni o invece amplificata dalla recente "sindrome francese". Quel numero è una percentuale: il 70,5 per cento di coloro che si recheranno alle urne. "Se la media dell'affluenza al voto nelle 13 Regioni interessate sarà inferiore a questa soglia, allora si potrà parlare di onda anomala, di un astensionismo al di sopra delle attese com'è avvenuto in Francia" afferma Piergiorgio Corbetta che, affiancato da Pasquale Colloca, ha elaborato per conto dell'istituto di ricerca bolognese "Carlo Cattaneo" una sorta di guida alla lettura per decodificare il dato dell'affluenza e coglierne la valenza politica.

Incubo per partiti e candidati, il fantasma della disaffezione (con conseguente delegittimazione degli eletti) incombe come non mai sul voto di oggi, dopo una campagna elettorale sfregiata da scandali, strappi istituzionali, liste non presentate, teoria di ricorsi ai Tar: "Studi condotti in altri Paesi — prosegue Corbetta — dimostrano che le cosiddette campagne elettorali negative, volte a delegittimare l'avversario, hanno per effetto principale non tanto l'indebolimento della controparte, quanto un indebolimento generalizzato di tutti i contendenti provocato da una perdita di fiducia degli elettori nei confronti della classe politica nel suo insieme. Vista così, il rischio oggi in Italia è forte". Anche perché si inserisce in un trend tutt'altro che incoraggiante. È infatti dai primi anni Novanta, subito dopo Tangentopoli, che il partito dell'astensione punta verso l'alto. E se alle Politiche il calo dei votanti, pur consistente, è stato tutto sommato in linea con quanto avvenuto in altri Paesi (dal 94,2% del 1972 si è passati all'81,1 del 2008), alle Regionali la discesa è stata decisamente più rapida (92,8% nel 1970 contro il 71,5% del 2005: con un vero e proprio crollo dell'affluenza a cavallo tra il '90 e il '94). "Anche nei momenti di maggiore sfiducia — aggiunge Corbetta — le Politiche vengono vissute dagli elettori come il test per eccellenza, mentre le Regionali sono spesso lo specchio della disaffezione".

Partendo quindi dal presupposto che anche quest'anno vi sarà un calo dei votanti, i ricercatori del "Cattaneo" hanno provato a fissare delle soglie di allarme: "La domanda che ci siamo posti — ancora Corbetta — è la seguente: se avessimo ora, nel 2010, lo stesso livello di partecipazione al voto che si ebbe alle Politiche 2008 e lo stesso aumento dell'astensionismo alle Regionali rispetto alle Politiche che si ebbe nel 2000 e nel 2005, quale tasso d'affluenza alle urne dovremmo avere?". La risposta, appunto, è il 70,5% come valore medio tra le 13 Regioni interessate alle consultazione. Una stima che, rispetto al 71,5% delle Regionali 2005, rappresenterebbe, sì, un aumento dell'astensionismo, ma fisiologico. Il quadro cambia a livello delle singole regioni. Dato che i tassi di partecipazione sono diversi nelle varie aree del Paese, le soglie d'allarme variano da regione a regione. Lasciando da parte il Lazio, dove il pasticcio delle liste rischia seriamente di pregiudicare l'affluenza al voto ("È lecito attendersi — dice Corbetta — un astensionismo fuori norma per effetto della mancata presenza sulla scheda elettorale del Popolo della libertà"), vi sono regioni tradizionalmente fedeli alle urne nelle quali, per poter parlare di astensionismo fisiologico e non di onda anomala, la soglia dell'affluenza dovrà essere più alta del 70,5%: è il caso dell'Emilia-Romagna (75%), Umbria (73,1%), Veneto (72,3%), Lombardia (71,8%). Situazione capovolta invece in Calabria, Puglia, Campania, dove basterà un'affluenza tra il 63 e il 67% per non dover scomodare la sindrome francese.

Francesco Alberti

28 marzo 2010

 

 

 

DOPO UNA CAMPAGNA DI ERRORI E VELENI

Il valore di un voto

DOPO UNA CAMPAGNA DI ERRORI E VELENI

Il valore di un voto

Una campagna elettorale segnata dalla confus i o n e e d a un’inutile violenza verbale si chiude con torbide manovre eversive contro il premier, la Lega e il governatore di centrosinistra della Puglia. Si tratta dell’appendice coerente di uno spettacolo mediocre: uno scontro che avrà appassionato i militanti, lasciando però interdetti molte elettrici ed elettori.

Gli appelli unanimi a non disertare le urne appaiono dunque giustificati. Nascono dal timore di avere insinuato più di un dubbio in un Paese affezionato alle urne, nonostante tutto. Ad importare ulteriore incertezza è l’alto tasso di astensioni alle Regionali francesi di metà marzo. Ma l’Italia elettorale ha dimostrato ripetutamente di essere più concreta e smaliziata di quanto credesse la classe politica; ed assai poco suggestionabile sia da quello che avviene oltre i propri confini, sia da una conflittualità artificiosa. Per questo, qualunque esito andrà analizzato con il rispetto dovuto ad un responso popolare più prezioso, stavolta, perché è stato involontariamente scoraggiato.

La tentazione di restare a casa è stata alimentata dal pasticcio delle liste del Pdl escluse dalla magistratura; dalle inchieste giudiziarie deflagrate mentre erano in corso i comizi; e dalla sospensione delle trasmissioni politiche della Rai. La schiuma tossica delle polemiche, tuttavia, non può velare l’importanza del voto di oggi e domani in tredici regioni. A prima vista è soprattutto un maxi-sondaggio sul governo di Silvio Berlusconi a due anni da quel 2008 che gli ha dato una maggioranza indiscussa per governare. Registrerà quanto sta pesando sui suoi consensi la crisi economica. Misurerà i rapporti di forza nel centrodestra, dove la Lega sente il profumo di una vittoria che la renderebbe il baricentro degli equilibri del Nord: non solo politici ma economici.

E, in base al risultato del Pd e dell’Idv, ma anche di un’Udc a caccia di consensi a spese del bipolarismo, dirà con quale opposizione il governo avrà a che fare. Insomma, da lunedì si comincerà a capire meglio come andranno i prossimi tre anni di legislatura. Ma i riflessi nazionali non possono mettere in ombra le conseguenze del voto in ogni singola regione. Le spese degli enti locali e le competenze in materia di sanità, per citare un esempio eclatante, prefigurano una gestione che potrà essere fonte di scelte difficili, a Nord come al Centro e al Sud; e, purtroppo, come si è già visto, con scandali dai riflessi destabilizzanti. Ed il microcosmo del Lazio rischia di diventare l’imbuto degli errori, del caos e del nervosismo accumulati nell’ultimo mese dai due schieramenti.

Il controverso monito della Cei sull’aborto rimanda alla candidatura di Emma Bonino alla presidenza della Regione per conto del centrosinistra: una prospettiva che, a torto o a ragione, il Vaticano non ha esitato a definire un pericolo. Ma si teme anche una coda avvelenata della rissa sulla lista del Pdl di Roma, esclusa perché è stata presentata fuori tempo massimo. Preoccupa la voce di una possibile "guerra delle schede" fra scrutatori al momento di contare i voti. Sarebbe l’ultimo insulto ad un elettorato che, dopo tanto chiasso, ha il diritto di andare ai seggi senza dover subire spettacoli gladiatori a porte chiuse, estranei alla democrazia.

Massimo Franco

28 marzo 2010

 

 

 

Berlusconi: "Clima è quello che è"

Bossi: "Mai pensato al sorpasso"

Gli inviti al Cavaliere ’non mollare’ di alcune signore: "No, no. Se molliamo ci troviamo Di Pietro"

Silvio Berlusconi al seggio (Reuters)

MILANO - "Il clima è quello che è stato creato da una campagna elettorale che sapete come si è sviluppata e quali sono stati i suoi argomenti". È quanto ha risposto il presidente del consiglio Silvio Berlusconi al seggio elettorale di via Scrosati, dove ha votato aMilano, a una domanda sul clima di questi giorni e sul pacco bomba indirizzato alla sede della Lega Nord. Berlusconi ha votato intorno alle 11.45 e ha lasciato la scuola, in zona Lorenteggio, poco dopo mezzogiorno quando si è fermato a stringere le mani dal cancello dell’istituto.

DI PIETRO - Qui il presidente del Consiglio ha risposto agli inviti a ’non mollare’ di alcune signore che lo hanno atteso all’uscita del seggio elettorale 502: "No, no. Se molliamo ci troviamo Di Pietro". Infine lasciando il seggio: "Spero che l'odio non prevalga sull'amore, sono sempre convinto che la positività sia il migliore atteggiamento dello spirito e che tutto debba andar in quella direzione". "Non voglio però fare commenti, perché sapete le leggi che ci sono", ha poi aggiunto il premier ."Andando in giro, si ha la sindrome del candidato". "Sapete qual è - ha chiesto ai cronisti - Siccome sei circondato sempre dalla tua gente, che ti stima, ti apprezza e ti ama, ti sembra che voti per te il cento per cento delle persone: questa è la sindrome del candidato". Berlusconi ha poi ricordato che "gli applausi li riceve dappertutto" ed è andato via da via Scrosati, "il seggio storico dove venivo a votare con mia madre", ha concluso.

BOSSI - Anche Umberto Bossi ha votato a Milano, in via Fabriano 4, vicino alla sede leghista di via Bellerio. Il segretario federale della Lega Nord a una domanda sull'allarme legato ai pacchi bomba ha così risposto: "È gente disperata - ha aggiunto Bossi - ma il popolo non lo convinci con i pacchi bomba, la gente la convinci facendo le riforme. I pacchi bomba ti condannano". "La sinistra sta dando i numeri, però penso che la gente saprà scegliere, saprà come legnare i matti". È fiducioso su un possibile sorpasso della Lega ai danni del Pdl? "Non ci ho mai pensato - risponde -. Siete voi che lo avete inventato. So che prendiamo tanti voti, quello sì, poi sorpasso sì sorpasso no, questo è secondario". Il leader della Lega ha parlato anche dei suoi rapporti con il premier: "Io e Berlusconi - ha detto - troviamo sempre l'accordo. Sono convinto che troviamo l'accordo su qualunque cosa". Bossi si augura anche l'elezione del figlio Renzo candidato alle amministrative: "Spero che ce la faccia, è bravo, e potrà darmi una mano". "Lui ha resistito agli attacchi mediatici - ha aggiunto Bossi - e alla fine se resisti ce la fai".

Redazione online

28 marzo 2010

 

2010-03-27

o scritto è a firma della Fai, la Federazione anarchica inFORMALE

Milano: lettera esplosiva per la Lega,

un ferito. Rivendicazione anarchica

L'addetto delle Poste che smistava le missive investito

da una fiammata. Ricoverato, non è grave

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Lo scritto è a firma della Fai, la Federazione anarchica inFORMALE

Milano: lettera esplosiva per la Lega,

un ferito. Rivendicazione anarchica

L'addetto delle Poste che smistava le missive investito

da una fiammata. Ricoverato, non è grave

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - Esplosione, che ha ferito un addetto alle poste, nell'ufficio postale di via Lugano nella zona nord di Milano sabato mattina alle 5,45. Mentre l'addetto smistava le buste una di queste, a quanto sembra indirizzata alla Lega Nord di via Bellerio, ha provocato una fiammata. L'addetto ha riportato ferite non gravi al volto e alle mani. Nell'ufficio postale sono intervenuti gli artificieri che stanno verificando pacchi e buste e la Digos che si occupa delle indagini.

NELLA BUSTA FRASE CONTRO MARONI -Nella rivendicazione trovata all'interno della busta c'era una frase contro il ministro Maroni. Il particolare, emerso nel corso degli accertamenti, è stato confermato ufficialmente dalla Questura, che conduce le indagini. "Nei Cie si stupra - si legge tra l'altro nel un foglio - Maroni complice di questi fatti".

LA RIVENDICAZIONE - L'invio della missiva, secondo indiscrezioni, sarebbe stato rivendicato dallo stesso gruppo della galassia del Fai (Federazione anarchica informale) che ha colpito l'Università Bocconi il 15 dicembre scorso. Si tratta del gruppo che si sigla "Sorelle in armi, e che in quell'occasione aveva piazzato in un tunnel dell'ateneo un tubo esplosivo, detonato solo in parte e in un orario notturno, forse per errore.

IL TESTIMONE - "Ho sentito un boato, un rumore sordo e gente che accorreva verso Pietro. Poi ci hanno evacuati. So che lui si è ferito alle mani e si è bruciato i capelli. Era stordito". È il racconto di uno dei colleghi di Pietro De Simone, 56 anni, il postino ferito mentre maneggiava un pacco bomba nell'ufficio di smistamento di piazzale Lugano a Milano. "Era poco prima delle 6 e stavamo smistando la corrispondenza quando c'è stata l'esplosione -, riferisce un altro collega che, insieme con tutti gli altri dipendenti sosta nei giardini antistanti l'ingresso dell'ufficio postale dopo l'evacuazione -. Poi è venuta l'ambulanza e hanno portato via Pietro". Gli agenti della polizia scientifica sono appena andati via dopo aver messo nel baule dell'auto una busta con del materiale, probabilmente i residui dell'esplosione. Molti sono preoccupati per il futuro: "A volte non ci pensiamo, ma quando accade un fatto così vicino a noi è difficile poi lavorare pensando che ogni lettera può essere un pericolo".

Redazione online

27 marzo 2010

 

 

 

elezioni 2010

Oltre 41 milioni di italiani al voto

Si rinnovano le giunte e i consigli di 13 regioni, 4 province e 462 comuni

MILANO - Ventidue ore in due giorni per ridisegnare la mappa del governo locale. Centrodestra e centrosinistra, con l’Udc in alcuni casi terzo giocatore in solitaria, si contendono la guida di tredici Regioni, quattro Province, 462 Comuni (di cui nove capoluoghi): oltre 41 milioni di italiani sono chiamati a votare per rinnovare governatori, presidenti, sindaci, giunte e consigli. I seggi saranno aperti domani dalle ore 8 alle 22, e lunedì dalle 7 alle 15. Lo scenario attuale vede il centrodestra alla guida di due Regioni (Lombardia e Veneto) una Provincia (Imperia) e due Comuni (Lecco e Matera); il centrosinistra al comando in undici Regioni, tre Province e sette Comuni. Gli elettori riceveranno una scheda verde per le Regionali: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Una scheda gialla per le Provinciali: Imperia, Viterbo, L’Aquila e Caserta. Una scheda azzurra per le Comunali: Mantova, Lecco, Lodi, Venezia, Macerata, Chieti, Andria, Matera, Vibo Valentia più altri 453 Comuni.

COSA SERVE - Per votare è necessario presentarsi al seggio muniti di documento d’identità e tessera elettorale (in caso di smarrimento è possibile chiederne il duplicato agli uffici comunali che saranno aperti durante tutta la durata delle operazioni di voto). Per le Regionali lo scrutinio inizierà lunedì, subito dopo la chiusura della votazione e l’accertamento del numero dei votanti. Per Provinciali e Comunali, invece, lo scrutinio partirà alle 8 di martedì con precedenza alle Provinciali, salvo in Molise e in Abruzzo, non interessate alle Regionali: lì lo scrutinio comincerà alla chiusura dei seggi. Dove sindaco e presidente di Provincia non saranno eletti al primo turno si andrà al ballottaggio. Per l’eventuale secondo turno si voterà domenica 11 e lunedì 12 aprile.

SFIDA APERTA IN QUATTRO REGIONI - L'appuntamento più atteso e più consistente, per il suo impatto politico, è quello delle regionali. La mappa politica attuale è a favore del centrosinistra per 11 a 2: solo Veneto e Lombardia sono al momento in mano al centrodestra. Occhi puntati, quindi, soprattutto su quest'appuntamento per verificare come si ridisegnerà la compagine delle Regioni. Se il blocco dell'Italia centrale, con Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria, non sembra in discussione e dovrebbe veder confermata, in termini di colore politico, la leadership attuale, ben più incerto appare invece il risultato in territori come il Piemonte, il Lazio, la Liguria, la Puglia.

LA SICUREZZA - In concomitanza con le elezioni, si sta lavorando anche sul fronte della sicurezza per la correttezza delle operazioni di voto, la vigilanza nei seggi, sul materiale elettorale e sulle schede. Nei giorni scorsi, il capo della polizia, Antonio Manganelli, aveva diffuso una circolare a prefetti e questori con tutte le misure da adottare. A Napoli è scattato un piano per prevenire il rischio brogli. "Nessun allarme - ha spiegato il prefetto Alessandro Pansa - ma c'è una situazione molto difficile, ci sono delle attività non corrette, per cui abbiamo istituito una task-force per garantire ai cittadini di votare tranquillamente".

27 marzo 2010

 

 

Stefano De Lillo (Pdl): "Valga l’intenzione di voto". Nico Stumpo (Pd): "Irresponsabili"

Lazio, seggi elettorali a rischio caos

Lite Pd-Pdl sui criteri di scrutinio

Il centrodestra vuole considerate valide le schede con preferenza per nomi che non compaiono nelle liste

ROMA - Si annuncia uno scrutinio difficile per le regionali del Lazio, il Pdl sta dando ordine ai propri rappresentanti di lista di pretendere che vengano considerate valide anche le schede su cui viene espressa una preferenza per nomi che non compaiono nelle liste elettorali e il Pd accusa il centrodestra di "irresponsabilità" e di volere creare il "caos". Il fatto è che in provincia di Roma, come è noto, non è presente la lista Pdl e dunque chi vuol votare Polverini potrà solo dare mettere la croce sul nome della candidata presidente e sul listino a lei collegato. Ma se qualcuno dovesse scrivere di proprio pugno il nome di qualche esponente Pdl? Già ieri Fabrizio Cicchitto, durante una conferenza stampa insieme a Vincenzo Piso, Maurizio Gasparri, Stefano De Lillo e Paolo Barelli, aveva affermato che "il voto per Polverini - se ad esempio c’è aggiunto a fianco il nome di De Lillo, tra i più noti esponenti del Pdl a Roma - è un voto valido, perché l’intenzione di voto è chiara". Un concetto ribadito questa mattina da De Lillo e Ignazio Abrignani durante un ’corso’ tenuto nella sede del comitato elettorale della Polverini ai "difensori della libertà", cioè i rappresentanti di lista del Pdl: "Abbiamo voluto sottolineare - ha spiegato De Lillo - l`importanza di tutelare l`intenzione di voto del cittadino, considerato il particolare clima di confusione creatosi in questa tornata elettorale. Il difensore del voto - ha aggiunto il parlamentare del Pdl - è l`unico vero garante del diritto degli elettori a poter esprimere liberamente la propria preferenza, ossia quella sovranità popolare su cui si fonda tutto il sistema democratico". In pratica, è il ragionamento, dal momento che la lista del Pdl è stata esclusa per essere stata presentata in ritardo, c’è il rischio che molti elettori facciano confusione e scrivano comunque sulla scheda il nome di qualche esponente Pdl che non è candidato, perché era magari nella lista cassata.

IL PD - Una posizione che il Pd non accetta. Nico Stumpo, responsabile organizzazione, spiega: "Il centrodestra laziale compie ancora una volta un atto che rischia di alimentare un clima di scontro alla vigilia delle elezioni. È esattamente l`opposto di quello che una forza politica responsabile dovrebbe fare. Chiediamo per questo al ministro degli Interni Maroni e al Prefetto di Roma di porre la massima attenzione per garantire la regolarità delle operazioni di voto". Riccardo Milana, senatore Pd e coordinatore della campagna di Emma Bonino, accusa: "In queste ore il Pdl del Lazio sta pianificando tutte le condizioni necessarie a creare il caos nei seggi a partire dal momento che si dovranno contare i voti". Per Milana "la norma è chiara: se sulla scheda viene scritto un nome diverso dai candidati quel voto è da considerarsi nullo". Il fatto è che, a questo punto, si rischia lo scontro ai seggi, con inevitabile conseguenza sui tempi dello scrutinio e rischi di successivi ricorsi. E se si considera che il Lazio è una delle regioni in cui si prevede un testa a testa, la faccenda potrebbe assumere un peso decisivo per stabilire il vincitore. Milana avverte: "Vista la tracotanza del Pdl i nostri rappresentanti di lista hanno avuto disposizioni, in queste ore, di contrastare con assoluta fermezza questa ennesima interpretazione della legge e dunque di contestare tutte le schede che presentino questa come altre anomalie". Piso, coordinatore Pdl del Lazio, nega che aggiungere il nome di persone non presenti in nessuna lista possa rendere ’riconoscibile’ la scheda: "È una stupidaggine", taglia corto. "Noi pensiamo che già paradossale la situazione che si è creata, con il primo partito escluso dalle schede elettorali a Roma. Se uno aggiunge, accanto al nome della Polverini o accanto al listino, il nome di un importante dirigente Pdl, o di un consigliere uscente, l’intenzione di voto è chiara. C’è anche una sentenza del Consiglio di Stato che va in questa direzione. Se il Pd non è d’accordo, ci sarà la contestazione delle schede, e verranno valutate in un secondo momento. Sempre che il ministero dell’Interno non decida di intervenire con una circolare interpretativa". E al ministero si rivolge anche il Pd: "Questo modo di procedere - dice Milana - sta avvelenando la vigilia del voto, Chiediamo al Ministro Maroni e al prefetto di Roma Pecoraro di attivarsi per ricreare nel Lazio le condizioni minime necessarie a garantire il regolare svolgimento delle elezioni e dello spoglio dei voti". (Fonte: Apcom)

27 marzo 2010

 

 

 

Stefano De Lillo (Pdl): "Valga l’intenzione di voto". Nico Stumpo (Pd): "Irresponsabili"

Lazio, seggi elettorali a rischio caos

Lite Pd-Pdl sui criteri di scrutinio

Il centrodestra vuole considerate valide le schede con preferenza per nomi che non compaiono nelle liste

ROMA - Si annuncia uno scrutinio difficile per le regionali del Lazio, il Pdl sta dando ordine ai propri rappresentanti di lista di pretendere che vengano considerate valide anche le schede su cui viene espressa una preferenza per nomi che non compaiono nelle liste elettorali e il Pd accusa il centrodestra di "irresponsabilità" e di volere creare il "caos". Il fatto è che in provincia di Roma, come è noto, non è presente la lista Pdl e dunque chi vuol votare Polverini potrà solo dare mettere la croce sul nome della candidata presidente e sul listino a lei collegato. Ma se qualcuno dovesse scrivere di proprio pugno il nome di qualche esponente Pdl? Già ieri Fabrizio Cicchitto, durante una conferenza stampa insieme a Vincenzo Piso, Maurizio Gasparri, Stefano De Lillo e Paolo Barelli, aveva affermato che "il voto per Polverini - se ad esempio c’è aggiunto a fianco il nome di De Lillo, tra i più noti esponenti del Pdl a Roma - è un voto valido, perché l’intenzione di voto è chiara". Un concetto ribadito questa mattina da De Lillo e Ignazio Abrignani durante un ’corso’ tenuto nella sede del comitato elettorale della Polverini ai "difensori della libertà", cioè i rappresentanti di lista del Pdl: "Abbiamo voluto sottolineare - ha spiegato De Lillo - l`importanza di tutelare l`intenzione di voto del cittadino, considerato il particolare clima di confusione creatosi in questa tornata elettorale. Il difensore del voto - ha aggiunto il parlamentare del Pdl - è l`unico vero garante del diritto degli elettori a poter esprimere liberamente la propria preferenza, ossia quella sovranità popolare su cui si fonda tutto il sistema democratico". In pratica, è il ragionamento, dal momento che la lista del Pdl è stata esclusa per essere stata presentata in ritardo, c’è il rischio che molti elettori facciano confusione e scrivano comunque sulla scheda il nome di qualche esponente Pdl che non è candidato, perché era magari nella lista cassata.

IL PD - Una posizione che il Pd non accetta. Nico Stumpo, responsabile organizzazione, spiega: "Il centrodestra laziale compie ancora una volta un atto che rischia di alimentare un clima di scontro alla vigilia delle elezioni. È esattamente l`opposto di quello che una forza politica responsabile dovrebbe fare. Chiediamo per questo al ministro degli Interni Maroni e al Prefetto di Roma di porre la massima attenzione per garantire la regolarità delle operazioni di voto". Riccardo Milana, senatore Pd e coordinatore della campagna di Emma Bonino, accusa: "In queste ore il Pdl del Lazio sta pianificando tutte le condizioni necessarie a creare il caos nei seggi a partire dal momento che si dovranno contare i voti". Per Milana "la norma è chiara: se sulla scheda viene scritto un nome diverso dai candidati quel voto è da considerarsi nullo". Il fatto è che, a questo punto, si rischia lo scontro ai seggi, con inevitabile conseguenza sui tempi dello scrutinio e rischi di successivi ricorsi. E se si considera che il Lazio è una delle regioni in cui si prevede un testa a testa, la faccenda potrebbe assumere un peso decisivo per stabilire il vincitore. Milana avverte: "Vista la tracotanza del Pdl i nostri rappresentanti di lista hanno avuto disposizioni, in queste ore, di contrastare con assoluta fermezza questa ennesima interpretazione della legge e dunque di contestare tutte le schede che presentino questa come altre anomalie". Piso, coordinatore Pdl del Lazio, nega che aggiungere il nome di persone non presenti in nessuna lista possa rendere ’riconoscibile’ la scheda: "È una stupidaggine", taglia corto. "Noi pensiamo che già paradossale la situazione che si è creata, con il primo partito escluso dalle schede elettorali a Roma. Se uno aggiunge, accanto al nome della Polverini o accanto al listino, il nome di un importante dirigente Pdl, o di un consigliere uscente, l’intenzione di voto è chiara. C’è anche una sentenza del Consiglio di Stato che va in questa direzione. Se il Pd non è d’accordo, ci sarà la contestazione delle schede, e verranno valutate in un secondo momento. Sempre che il ministero dell’Interno non decida di intervenire con una circolare interpretativa". E al ministero si rivolge anche il Pd: "Questo modo di procedere - dice Milana - sta avvelenando la vigilia del voto, Chiediamo al Ministro Maroni e al prefetto di Roma Pecoraro di attivarsi per ricreare nel Lazio le condizioni minime necessarie a garantire il regolare svolgimento delle elezioni e dello spoglio dei voti". (Fonte: Apcom)

27 marzo 2010

 

 

Campagna elettorale, così il web

ha cambiato le regole del gioco

Il format di Enrico Mentana ha provato due cose fondamentali

IDEE

Campagna elettorale, così il web

ha cambiato le regole del gioco

Il format di Enrico Mentana ha provato due cose fondamentali

Si può fare ameno della tv, lo ha dimostrato il "Mentana Condicio". Queste elezioni regionali, grazie a una cavillosa interpretazione della par condicio, rischiavano di essere il funerale del confronto: niente dibattiti tv, in quarantena i contraddittori fra politici. Il format di Enrico Mentana ha provato due cose fondamentali: la prima è che mettere il bavaglio alla tv è ormai un ridicolo controsenso; la seconda, più importante ancora, è che la tv tradizionale o generalista non è più al centro della scena mediatica.

Per questo, giovedì 11 marzo, quando su corriere. it ha preso le mosse il confronto fra Ignazio La Russa ed Enrico Letta, è da considerarsi una data importante: grazie alla indiscussa professionalità del conduttore, il pubblico ha dimostrato di essere capace di migrare da un mezzo all’altro, dalla "vecchia" tv al "nuovo" web. Con l’introduzione della tecnologia digitale, la tv ha mutato il suo statuto e si è trasformata, nel corso di un grande processo di frantumazione, in un new medium. Cioè in un medium interattivo, personalizzabile, delocalizzato, convergente; solo così è possibile trasformare la dimensione comunicativa in un atto sempre più complesso e partecipativo da parte degli spettatori. Sotto questa luce, lo show di Michele Santoro dal PalaDozza di Bologna ha esibito straordinarie capacità di mobilitazione: dell’audience, certo, ma più ancora delle nuove tecnologie distributive: Internet, satellite, digitale terrestre, tv locali, radio, siti, blog, social network, streaming. Mentana e Santoro hanno avuto il merito di sperimentare la sinergia tra nuovi media e vecchi contenuti. Hanno avuto il merito di proporre prodotti professionalmente ineccepibili, anche dal punto di vista tecnico.

Si può fare a meno della tv generalista, specialmente nei momenti in cui il mezzo non svolge soltanto una funzione di intrattenimento ma serve anche a riflettere, a immaginare il proprio destino politico: ciò che caratterizza il cambiamento in atto è l'idea della radicale personalizzazione del consumo. La tv generalista continua a rimanere una grande luogo comune, un discorso condiviso, l’offerta mainstream per eccellenza: le nuove tecnologie, però, non servono più ad "ammazzare il tempo" ma a renderlo proficuo.

Aldo Grassi

27 marzo 2010

 

 

 

"La sinistra vuole abolire la moneta vietando i pagamenti da 100 euro in su"

Si chiude la campagna elettorale

Berlusconi a Roma: "Vinceremo"

Il premier fa il pieno in tv: intervista a sei tg, al Gr1 e su Sky. Attacco a sinistra e all'Udc: "Casini schizofrenico"

Silvio Berlusconi e Renata Polverini (Graffiti)

ROMA - Ultimo giorno di campagna elettorale in vista del voto di domenica e lunedì. Il leader del Pd Pier Luigi Bersani lo trascorre in Piemonte, dove la sfida tra Mercedes Bresso e il leghista Roberto Cota sarà al fotofinish. "Il vento sta cambiando" dice il segretario dei democratici. Silvio Berlusconi fa il pienone in tv nella serata di chiusura della campagna elettorale. Il premier e leader del Pdl ha rilasciato interviste a Studio Aperto, Tg4, Tg1, Tg5 e Tg2 ed anche al Gr1 delle 19. Nel pomeriggio, il Cavaliere è stato anche intervistato per circa un'ora da SkyTg24. Per l'ultimo messaggio agli elettori del centrodestra il premier sceglie il Lazio. "C'è un partito dei magistrati che usa la giustizia a fini di lotta politica. Noi siamo forti e vinceremo lo stesso" spiega al comizio di Renata Polverini. "Il diritto di votare è sacrosanto, ma votare è anche un dovere" ricorda il presidente del Consiglio, precisando che chi sceglie di non andare a votare "non può poi lamentarsi di quello che succede".

"SINISTRA DAI METODI SOVIETICI" - "L'opposizione è lontanissima dall'essere una sinistra democratica" ha detto il presidente del Consiglio. E tornando sulla vicenda liste e della serie di ricorsi che ne è derivata, aggiunge: "Se fosse capitato a loro quello che è capitato a noi avremmo fatto una battaglia per garantire il loro diritto di voto. Questa però è una sinistra dai metodi sovietici". Nel pomeriggio Berlusconi è entrato negli studi del "nemico" di Mediaset per l'intervista su Sky Tg24. "Non temo l'astensionismo", ha detto il premier. "Ho molta fiducia nel buonsenso degli italiani che vedono i guasti fatti da questa sinistra". Poi una stoccata a Pier Ferdinando Casini, che "si è comportato molto male" in questa campagna elettorale, ha avuto "un comportamento schizofrenico" andando a destra e a sinistra a secondo delle poltrone e degli assessorati". In alcune regioni "contro il mio parere", ha affermato il presidente del Consiglio, c'è stata una alleanza tra Pdl e Udc, "io mi sono piegato alla maggioranza del nostro ufficio di presidenza ma stiamo tornando alla politica dell'opportunismo e della convenienza, che è il peggio del peggio. Gli elettori cattolici non daranno il voto all'Udc".

"IUS PRIMAE NOCTIS SULLE CANDIDATE"- "Queste elezioni sono elezioni regionali, ma anche politiche e nazionali" ha ricordato o Silvio Berlusconi durante il comizio nella Capitale. Sono elezioni importanti, ha aggiunto, "anche per dare al nostro governo una spinta in più per fare un lavoro vero e convinto" nei prossimi tre anni di legislatura, a cominciare dalle riforme. Poi il premier ha voluto scherzare. Prima riferendosi, in realtà tra il serio e il faceto, alla busta con polvere bianca che è stata inviata nella sua casa di Arcore. "Dopo una giornata di lavoro capita anche che mi dicano di non andare a casa perché hanno mandato una polvere, forse antrace. Avete capito? Quelli che sono a casa mia sono tutti in ospedale per i controlli. C’è mio figlio chiuso in una stanza sigillata. Bella consolazione per un dittatore". "Del resto, a quegli altri - ha aggiunto - che cosa gli è rimasto se non provarci con le statuette o la polverina...". Poi lo scambio di battute con la Polverini: "Sai che ho ius primae noctis sulle nostre candidate. È scritto nello statuto del Pdl. È stato deciso da una votazione all'unanimità", ha aggiunto sorridendo il premier. "Ma qui stiamo parlando della Lista Polverini", è stata la replica della candidata laziale. "Si vede - ha risposto il Cavaliere - che Paolo Bonaiuti lo ha cancellato all'ultimo". "Alla mia età sono stufo delle ipocrisie e il vantaggio è che dico tutto quello che mi va di dire" ha anche aggiunto il premier. Infine ancora ironie, questa volta sulle starlette. "La gente pensa che io faccia un gesto e ottengo quello che voglio. Anche le starlette pensano che io faccio 'op' e loro vanno in televisione. Io magari faccio pure 'op', ma poi in televisione non ci va nessuna" ha detto il premier schioccando le dita.

SINISTRA - Anche nel corso dell'intervista a Sky, non poteva mancare l'accenno alla sinistra, che "vuole reintrodurre l'Ici e mettere le tasse sui risparmi, Bot e Cct. Vogliono la patrimoniale a partire dai piccoli appartamenti e addirittura vogliono abolire la moneta, vietando i pagamenti in contanti dai 100 euro in su, sarebbe uno stato di polizia tributaria. Nelle regioni governate dalla sinistra, dove ci sono veri e propri regimi in economia e nelle istituzioni, c'è ostilità nei confronti dei provvedimenti del governo. Le regioni rosse quando arriva un provvedimento del governo si ritirano a riccio". La sinistra, ha aggiunto, "vuole spalancare le frontiere in Italia, vogliono un’Italia multietnica per far entrare il numero maggiore possibile di extracomunitari per cambiare la bilancia tra la maggioranza dei moderati e la sinistra che finora è minoranza". Su Bersani e il rifiuto a incontrare il segretario del Pd in un faccia a faccia televisivo: "Non ho paura di nulla e di nessuno, ma per dialogare in modo positivo c’è bisogno che uno rispetti l’altro e la sinistra non ce l’ha. Mi calunniano e mi insultano quotidianamente e con chi si comporta cosi non c’è nessuna possibilità di dialogo. Bersani è un professionista nel capovolgimento della realtà".

LEGA - Berlusconi non ha paura del "sorpasso" della Lega in alcune regioni del Nord. "È un'ipotesi che non esiste nei nostri sondaggi. Bossi è un alleato fedele. E non ho nessuna preoccupazione sul fatto che la Lega possa irrobustirsi. In Lombardia c'è ancora una grande differenza tra noi e loro". Qualunque sarà il risultato delle regionali, non inciderà sul governo, ha assicurato Berlusconi. "Ogni Regione in più (da noi vinta, ndr) costituirà un successo. La vera vittoria sarebbe avere la maggioranza dei cittadini amministrata da noi". Chi sarà il successore di Berlusconi alla guida del Pdl? "Non sono io a indicare chi mi succederà. Sarà il partito, attraverso un grande congresso, a portare avanti dei nomi sui quali si farà una scelta con primarie o in altro modo".

INTERCETTAZIONI e GIUSTIZIA - Sui recenti scandali nati dalle intercettazioni, il capo del governo ha risposto che "nelle prossime settimane sarà varata una legge", mentre la sinistra vuole continuare con la "pratica barbara e incivile delle intercettazioni su tutti. Siamo l'unico Paese al mondo in cui ci si permette di intercettare un presidente del Consiglio". "Io sono sereno, è la giustizia a essere malata" e Berlusconi cita in particolare la corrente di Magistratura democratica. "Il palazzo di giustizia di Milano ha rivolto a me aggressioni sul nulla. I giornali, che ormai sono organi di disinformazione, parlano della mia ira, ma io non mi sono mai stato irato nella mia vita. Con la magistratura mi sono indignato, non arrabbiato. Io voglio andare in aula in tribunale a portare la mia difesa. Ma i miei avvocati mi dissuadono dicendomi che non mi troverei delle corti, ma plotoni di esecuzione. Tutte le corti hanno respinto i ricorsi della lista Pdl nel Lazio. Sono formalisti e ci hanno negato il diritto di votare. Questa vicenda fa venire il mal di stomaco e il mal di cuore".

LAVORO - Sulla vicenda dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, Berlusconi ha assicurato di essersene "occupato personalmente. Il governo ha diverse offerte e credo che ne usciremo con un incremento dei lavoratori".

Redazione online

26 marzo 2010

 

 

 

Il segretario del Pd all'alba davanti ai cancelli di Mirafiori

Bersani:"Mi aspetto un'inversione di tendenza e la maggioranza delle regioni"

Ai lavoratori Fiat: "Tornare a occuparsi dei problemi della gente". Alleanze con Udc: "Non è politicismo"

TORINO - All'alba davanti ai cancelli di Mirafiori, nel tardo pomeriggio in piazza accanto alla candidata alla presidenza del Piemonte Mercedes Bresso per chiudere la campagna elettorale delle regionali. È stata la giornata torinese del segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, il quale ha detto che dalle urne si aspetta "un'inversione di tendenza rispetto ad anni nei quali abbiamo preso batoste. Mi aspetto di conquistare la maggioranza delle Regioni in palio. Se vinciamo noi, dirò a Berlusconi: hai capito o no che da domani devi discutere i problemi della gente e non i problemi tuoi?".

MIRAFIORI - Davanti ai cancelli della Fiat a Mirafiori il segretario del Partito democratico si è intrattenuto brevemente con i lavoratori in entrata e in uscita dalla fabbrica, è fiducioso in vista dell'imminente tornata elettorale. "Dal risultato del voto mi aspetto un incoraggiamento a che le politica torni a occuparsi di lavoro, di temi sociali, e sento che questo tema viene capito". A proposito della Fiat, Bersani ha affermato che "gli operai sono preoccupati: non può esistere una situazione in cui la Fiat presenta il suo piano al mercato il 21 aprile e il governo non sa niente. È evidente che il governo abbia perso autorevolezza in questa discussione. Adesso bisogna che trovi il modo di portare al tavolo la Fiat e le organizzazioni sindacali. E se c’è la possibilità di fare qualcosa in più, vediamo insieme come farla".

Bersani a Mirafiori Bersani a Mirafiori Bersani a Mirafiori Bersani a Mirafiori Bersani a Mirafiori

"BERLUSCONI EVITA CONFRONTO" - Bersani ha attaccato Berlusconi: "Ha evitato il confronto per non parlare delle promesse fatte che non sono venute. Bisogna che ci occupiamo dei problemi della gente e non sempre della magistratura, delle televisioni, delle ossessioni del nostro premier. C'è chi ha affrontato questi temi reali e chi non l'ha fatto per buttare la questione sul confronto ideologico, perché sa bene i miracoli che ha promesso non si sono realizzati". Poi il leader del Pd ha detto che Berlusconi ultimamente è nervoso: "Non sorride più. Parla di amore e digrigna i denti. Invade le tv e dice che questo voto è lo scontro del bene contro il male. Ormai ha solo rabbia: contro la magistratura, contro la sinistra che mangia i bambini, contro i conduttori tv e Santoro. Gli attacchi contro Santoro sono stati un bel boomerang per Berlusconi: neanche in Iran riescono a oscurare la comunicazione".

UDC - Poi Bersani ha parlato di alleanze e dell'accordo in alcuni regioni con l'Udc. "Non è politicismo andare a vedere se c'era una parte, anche di moderati, che dopo due anni di cura berlusconiana si era convinta che non si può andare su quella strada. Per questo abbiamo cercato di avere schieramenti ampi".

Redazione online

26 marzo 2010

 

 

consegnata ai carabinieri e vigili del fuoco per le analisi

Busta con polvere sospetta ad Arcore

Recapitata intorno alle 12.30 nella villa di proprietà

di Silvio Berlusconi

consegnata ai carabinieri e vigili del fuoco per le analisi

Busta con polvere sospetta ad Arcore

Recapitata intorno alle 12.30 nella villa di proprietà

di Silvio Berlusconi

Villa san Martino ad Arcore (Ansa)

Villa san Martino ad Arcore (Ansa)

MILANO - Una busta sospetta contenente polvere bianco-grigiastra non identificata è stata recapitata intorno alle 12.30 nella villa San Martino di Arcore di proprietà del premier Silvio Berlusconi. La busta, che sembra fosse indirizzata a Berlusconi, è stata aperta dallo staff della sua segreteria. Sono stati avvisati i carabinieri e i vigili del fuoco che analizzeranno la polvere mentre i militari di Monza conducono le indagini per risalire ai mittenti.

Redazione online

26 marzo 2010

 

 

 

2010-03-25

Bossi: "Vinciamo in Piemonte e Veneto"

Un militante "Umberto non piegarti a Silvio". E lui: "Io non mi piego a nessuno. Io uso il cervello"

Umberto Bossi (Eidon)

MILANO - "Vinciamo in Piemonte e in Veneto" ha detto il leader della Lega Umberto Bossi arrivando in largo Cairoli a Milano per il comizio di chiusura della campagna elettorale del Carroccio. Il leader della Lega si è rivolto ai militanti della Lega invitandoli a fare la croce sul simbolo di Alberto di Giussano, senza scrivere le preferenze. "Fratelli milanesi della grande capitale morale - ha detto Bossi - fate la croce sul simbolo del guerriero. Non serve scrivere i nomi. Fate la croce sul guerriero poi magari scrivete qualche nome di qualcuno della Lega, adesso facciamo vincere Formigoni". Alla domanda se in Lombardia ci sarà il sorpasso nei confronti del Pdl, Bossi ha replicato: "passiamo in Piemonte. In Lombardia non lo so, te lo dico tra 48 ore. La partita è mettere le ali alla nostra Lombardia, perché la crisi ha fatto declinare anche la nostra Lombardia".

CALDEROLI - Il ministro ha poi aggiunto, riferendosi al taglio delle leggi fatto dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli che bisogna "tagliare gli sprechi per investire tutti i soldi in posti di lavoro". "L'abbiamo già fatto", è stata la risposta del governatore lombardo uscente e candidato Pdl, Roberto Formigoni, al suo fianco sul palco a largo Cairoli.

BERLUSCONI - Poi rispondendo ad un militante della Lega che gli ha detto "Umberto non piegarti a Silvio". "Io - ha detto - non mi piego a nessuno. Io uso il cervello". "Silvio Berlusconi è stato bravo perché è andato in Europa e ha fermato" la legislazione sulla "famiglia orizzontale". Il leader del Carroccio spiega che Berlusconi ha chiesto lumi alla commissione europea su cosa si debba intendere per famiglia orizzontale. "Ah ho capito - avrebbe risposto Berlusconi secondo il racconto di Bossi - sono quella roba lì", e fa un segno piuttosto esplicito toccandosi ripetutamente l'orecchio. "Noi della Lega non facciamo scherzi - dice Bossi - con noi l'elettore sa che siamo per la famiglia naturale. Altro che famiglia orizzontale, verticale e obliqua".

Redazione online

25 marzo 2010

 

 

 

"servono riforme, dalla riduzione dell’Irap fino alla semplificazione burocratica"

Regionali, l'accusa della Marcegaglia:

"Campagna violenta, lontana dal Paese"

La leader di Confindustria: "Distrazione dai temi veri della competitività e conflitto perenne tra le istituzioni"

"servono riforme, dalla riduzione dell’Irap fino alla semplificazione burocratica"

Regionali, l'accusa della Marcegaglia:

"Campagna violenta, lontana dal Paese"

La leader di Confindustria: "Distrazione dai temi veri della competitività e conflitto perenne tra le istituzioni"

Emma Marcegaglia (Newpress)

Emma Marcegaglia (Newpress)

MILANO - "Una campagna elettorale violenta e su temi di nessun interesse per il Paese reale. Per parte nostra abbiamo denunciato da mesi questa situazione". Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, presenta alla giunta di viale dell'Astronomia il programma per il prossimo biennio e torna a ribadire le sue perplessità sul periodo pre-elettorale. "Tengo a sottolineare che in questi due anni difficilissimi - ha affermato Marcegaglia tracciando il bilancio del primo biennio della sua presidenza - grazie anche al senso di responsabilità delle imprese, il Paese ha tenuto la propria coesione sociale e noi abbiamo tenuto insieme il nostro sistema associativo, anzi siamo cresciuti con i tassi più alti degli ultimi 10 anni, soprattutto grazie all'azione delle nostre associazioni territoriali e di categorie che sono state capaci di stare vicino alle imprese". A questo nostro comportamento, ha tuttavia osservato il leader degli industriali, "non ha certo corrisposto, soprattutto in questi ultimi mesi, un clima all'interno del mondo politico e istituzionale altrettanto responsabile". In particolare, Marcegaglia ha sottolineato "una distrazione dai temi veri della competitività della nostra economia e un conflitto perenne tra le istituzioni".

"SUBITO LE RIFORME" - La numero uno degli industriali è tornata a ribadire anche che il Paese ha bisogno di riforme, dal fisco con la riduzione dell’Irap fino ad una "drastica" semplificazione burocratica perché l’inefficienza dello Stato resta "il problema più grave del Paese". In assenza di cambiamenti, il rischio è che la crescita, nei prossimi anni, sarà molto bassa. "Ora stiamo entrando in una fase diversa. La caduta libera dell’economia si è probabilmente fermata", ha detto la Marcegaglia. "Anche in Europa e in Italia c’è qualche piccolo segnale di miglioramento - ha sottolineato - ma senza cambiamenti strutturali la crescita dei prossimi anni sarà molto bassa, senza capacità di creare nuova occupazione e con debiti pubblici che, a causa della crisi, sono cresciuti molto". Occorre, secondo la leader di Confindustria, che cambino le "parole d’ordine": non "stare fermi", ma al contrario "cambiamento, riforme, coraggio, capacità di guardare avanti. Tutte cose che nel nostro Paese mancano ormai da decenni".

Redazione online

25 marzo 2010

 

 

 

PRESIDENZIALISMO

Berlusconi: "Nessun contrasto con Fini"

Il premier: "Sulle riforme tra noi non esistono problemi". Il presidente della Camera: "Letta la pensa come me"

Berlusconi e Fini in una foto d'archivio

BRUXELLES - "Con Fini non c'è nessun contrasto". Silvio Berlusconi assicura che sul tema delle riforme non esistono problemi con il presidente della Camera. "Non ho avuto occasione di parlare con lui. Ho fatto solo delle dichiarazioni rispondendo a delle interviste. Per quanto mi riguarda non c'è nessun contrasto, non ho mai detto una parola negativa a riguardo" dichiara il premier a Bruxelles, a margine del vertice del Ppe. "Ho sempre affermato che in un partito del 40% è naturale che ci siano sensibilità diverse. Quello che è importante è che si discuta e che si arrivi a una decisione e che la minoranza accetti la decisione della maggioranza".

FINI - Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio ha affermato che sull'elezione diretta del premier o del presidente della Repubblica devono essere gli elettori a decidere, attraverso i gazebo. Un'idea che però non sembra convincere Fini: "Non si possono fare riforme con spirito propagandistico" ha dichiarato il presidente della Camera, la cui posizione è stata criticata da "Il Giornale". Tanto che lo stesso Fini ha poi risposto al quotidiano, citando un corsivo pubblicato dal sito de "Il Secolo d'Italia": "Nessuno rema contro, tanto è vero che anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta ha espresso apprezzamento per quanto affermato dal presidente della Camera Gianfranco Fini che durante un convegno ha invitato ad evitare "un approccio propagandistico" rispetto al tema delle riforme".

DIALOGO - Berlusconi, sempre da Bruxelles, ha poi parlato delle possibilità di riaprire il dialogo con l'opposizione dopo l'appuntamento elettorale. "Da parte mia non c'è nessun ostacolo e non c'è mai stato" ha dichiarato il capo del governo.

25 marzo 2010

 

 

 

Una Lega spavalda promette stabilità e ignora il non-voto

L’attenzione è ad una percentuale ormai quasi dimenticata: quel 71,4 per cento degli elettori che votarono alle regionali del 2005. E la scommessa è di non scendere troppo sotto il 70 per cento; insomma, di smentire un’Italia avviata a replicare nelle urne di domenica e lunedì quella "sindrome francese" che ha appena portato la Francia a minimi storici di partecipazione. Il martellamento del centrodestra, e quello meno vistoso del Pd, cerca di invertire se non una tendenza inesorabile, una grande paura. L’ipotesi di un astensionismo patologico significherebbe non solo decidere il risultato delle regioni in bilico: delegittimerebbe la classe politica, associando il crollo a scandali e irregolarità. Silvio Berlusconi sta alzando i toni in modo esagerato per trasmettere al proprio elettorato la consapevolezza di un voto politico gravido di conseguenze. La cosa singolare è che negli ultimi giorni il premier è affiancato in questa "strategia dell’allarme" da Umberto Bossi, mentre Gianfranco Fini si tiene a distanza. Anche il capo leghista adesso ribadisce che il 28 e 29 marzo si esprimerà un giudizio destinato a pesare sulle sorti del governo. Dà ragione a Berlusconi sul "no" al faccia a faccia col segretario del Pd, Pierluigi Bersani; lo definisce l’uomo che ha salvato il Paese "dai matrimoni fra omosessuali"; lo loda per la "sensibilità popolare ". Insomma, santifica l’asse Pdl-Lega.

Ma con un’ulteriore novità: la maggioranza sembra sempre più convinta, o forse vuole credere che sia in atto un’inversione di tendenza. Le regionali sono diventate elezioni di metà legislatura, e l’astensionismo sarebbe un fantasma meno spaventoso di un paio di settimane fa. È ancora Bossi a spargere parole alla camomilla, sostenendo che il fenomeno del non voto "è destinato a pesare meno rispetto a quanto sembrava" all’inizio. E di "francese" non ci sarebbe neppure la vittoria della sinistra che ha umiliato il presidente di centrodestra Nicolas Sarkozy. "Il vento di sinistra non arriverà, si fermerà sul Moncenisio, contro le Alpi", proclama Bossi. Non si azzarda ad andare oltre, e a dire chi sarà colpito maggiormente dall’astensione, se la destra o la sinistra. Gli basta sognare ad occhi aperti un nord leghizzato con la conquista del Piemonte, dando per scontata la vittoria in Lombardia e Veneto. Fiutando percentuali sopra il 10 per cento nazionale per il Carroccio, è più facile sottolineare l’abbraccio e l’intesa con Berlusconi. Oltre tutto, la sensazione è che ai vertici della coalizione governativa stia circolando l’idea di una qualche ripresa della partecipazione, confortata cautamente dai sondaggi. Si dà per scontato un calo dei votanti, collocandolo però fra un 4 e un 5 per cento.

Se le cifre fossero confermate domenica e lunedì, si potrebbe sostenere che è una disaffezione quasi fisiologica, dopo i pasticci delle liste del Pdl bocciate, ripescate e, nel Lazio, escluse definitivamente dalla magistratura; le inchieste giudiziarie sul premier e sulla giunta di centrosinistra in Puglia; il black out televisivo nel servizio pubblico; e la violenza verbale che ha accompagnato tutta la campagna elettorale. Resta da capire se il governo potrebbe tirare il fiato. Il modo in cui la Lega si muove lascia intuire che conta su una continuità blindata dalla propria ascesa. Sostenere, come fa Bossi, che il sorpasso sul Pdl nel nord è naturale; di più, che a Berlusconi non dispiace perché i lumbard sono un fattore di stabilità, significa prefigurare equilibri di governomodificati a favore del "partito padano"; ed un’agenda del governo sempre più concordata fra Pdl e Lega, con un Fini relegato e quasi imprigionato nel suo ruolo istituzionale di presidente della Camera. Dopo il 29 marzo "non cambia niente", dice Bossi, "i patti li abbiamo già fatti anni fa". È il linguaggio di un vincitore "in pectore", pronto a puntellare il centrodestra con un travaso di voti a proprio favore. E in fondo, convinto che, comunque vada agli alleati, la Lega potrà giocare un ruolo strategico nel cuore del nord.

Massimo Franco

25 marzo 2010

 

 

 

Bossi: "Al Nord il sorpasso

della Lega sul Pdl è logico"

Bossi: "Silvio è contento, siamo forza stabilizzatrice".

Il premier: "Non sono preoccupato"

Bossi e Berlusconi

MILANO - Sorpasso della Lega sul Pdl al Nord? "È cosa abbastanza logica". Umberto Bossi è sicuro: alle prossime elezioni amministrative il Carroccio farà il pieno di voti. Secondo il ministro delle Riforme, però, Silvio Berlusconi "non è preoccupato, anzi quasi quasi è contento perché siamo una forza stabilizzatrice". Il Senatùr compila poi la "schedina elettorale": "Veneto e Piemonte - dice - dovranno passare" alla Lega, che in Lombardia è destinata a ottenere "un grande risultato". Quanto all'ipotesi che avvenga "addirittura" un sorpasso del Carroccio sul Pdl in Veneto e Lombardia, Bossi chiosa: "Non è 'addirittura', io credo che sia una cosa abbastanza logica". Comunque, precisa, gli equilibri romani non saranno "assolutamente" alterati, se non nel senso che "la sinistra avrà ancora meno forza". Saranno tre le Regioni "sicure" in mano al centrodestra: Lombardia, Veneto e Piemonte. "E anche la Liguria si sta risvegliando" prevede Bossi.

"NON CI SARA'" - Sorpasso possibile, dunque? In precedenza, Berlusconi aveva affermato di non temere un'eventualità del genere. Per due motivi: "Il primo è che non ci sarà - ha assicurato il premier in un'intervista pubblicata dalla "Gazzetta del Mezzogiorno" - il secondo è che con la Lega c'è un'alleanza strategica per riformare il Paese". Ma il 'derby' del centrodestra viene sentito, soprattutto nel Pdl. E a riprova ci sarebbe la lettera di invito al voto inviata martedì da Berlusconi agli elettori veneti e nella quale non compare mai il nome del candidato leghista Luca Zaia, dando la sensazione che la gara con i 'cugini' leghisti provochi più di un'apprensione dalle parti di via dell'Umiltà. Senza parlare della questione del 'doppio incarico': la Lega, infatti, non intende "mollare il ministero" dell'Agricoltura anche se Zaia dovesse essere eletto governatore del Veneto. Concetto, questo, ribadito da Bossi.

CASINI - A proposito dei rapporti tra i due partiti di maggioranza, interviene anche l'ex alleato Pier Ferdinando Casini: "La Lega determinerà sempre più la politica italiana - sostiene il leader Udc - perché questo è stato il grande errore di fondo alla nascita del Pdl". "L'hanno resa arbitro - spiega Casini -. Gli unici che cercano di contrastare la deriva leghista del Nord e di questo paese siamo noi".

24 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-23

LA VIGILIA ELETTORALE / L'Anm: "Sconcertanti questi attacchi quotidiani"

Berlusconi: "Ormai la sovranità

appartiene ai giudici di sinistra"

Il premier: "Ci sono magistrati che vogliono

cambiare i governi voluti dagli elettori"

TORINO- Prima di salire sul palco viene ferito sotto il mento da un sostenitore. "Il troppo affetto può essere pericoloso: salutando la folla ho subito un uppercut con un'unghia. Porterò a Roma il sangue versato a Torino per la nostra vittoria". Silvio Berlusconi, al Lingotto di Torino, inizia con una battuta il suo comizio elettorale in favore del candidato di centrodestra per le regionali piemontesi, il leghista Roberto Cota. Dopodiché torna ad accusare quella che definisce "magistratura politicizzata".

L'ATTACCO AI MAGISTRATI - "C'è un partito dei giudici -sostiene il premier - che interviene nella politica con il fine di cambiare i governi voluti e votati dagli elettori". Per questo, dichiara, "siamo di fronte a una malattia della democrazia, ad una vera patologia". E allora, afferma Berlusconi, "la sovranità nei fatti appartiene non più al Parlamento ma ai giudici di sinistra". "Se a questi giudici le leggi non vanno bene - spiega ancora - fanno eccezione di costituzionalità e fanno ricorso alla Corte costituzionale che è composta da 11 membri della sinistra e da quattro di centrodestra e così ottengono che tutte le volte la Corte abroghi la legge fatta del Parlamento. Conseguenza: la sovranità nei fatti non appartiene più al Parlamento, ma ai giudici di sinistra". Per questo, aggiunge il capo del governo, "nei prossimi tre anni di lavoro faremo per prima cosa una grande riforma della giustizia perché dobbiamo uscire da questa situazione di democrazia ferita e violata. Sarà la prima grande riforma che presenteremo al parlamento" dopo le Regionali e il centrodestra la approverà "anche se non avremo il concorso dell’opposizione". Attacchi ai giudici, quelli di Berlusconi, che suscitano le reazioni dell'Associazione nazionale magistrati che attraverso il presidente Luca Palamara definisce "sconcertante" il fatto che in campagna elettorale "venga aggredita quotidianamente un'istituzione dello Stato".

GAZEBO - Sempre a proposito di riforme e di presidenzialismo, Berlusconi spiega: "Ho detto prima che dobbiamo decidere fra l'elezione diretta del premier o quella del presidente della Repubblica: sarete voi elettori interpellati attraverso i gazebo a indicare quale via prenderemo". "Se davvero vogliamo che il Pdl sia un grande partito che segni la vita politica dei prossimi decenni - aggiunge - deve essere un partito democratico, un partito che ascolta la gente".

ATTACCHI PERICOLOSI - Il presidente del Consiglio torna poi a prendersela con Antonio Di Pietro, definito "il campione del giustizialismo", affermando che i suoi attacchi sono "pericolosi". "Le menti fragili - dichiara il premier - possono armare le loro mani contro chi viene descritto una volta come Nerone, un'altra volta come Saddam Hussein".

VINCERE IL CANCRO - Il premier ribadisce anche l'impegno lanciato durante la recente manifestazione del Pdl (e che ha suscitato polemiche): vale a dire la volontà del governo di "vincere il cancro". Berlusconi afferma che l'obiettivo è quello di lavorare "con grande sforzo sulla ricerca e sulla prevenzione". "Io sono stato toccato e da quando ne sono uscito ho grande rispetto nei confronti della ricerca e della cura", dice. Infine Berlusconi torna a ribadire l'appello ai suoi più volte avanzato in questa campagna elettorale: "Queste elezioni non sono soltanto regionali. Sono una scelta di campo".

Redazione online

23 marzo 2010

 

 

 

 

 

Berlusconi in tv: "Da sinistra solo insulti"

Bersani: "Dal premier comizio continuo"

Il presidente del Consiglio interviene a "Uno Mattina".

Pd: "Non sa dialogare". Idv: "Una pseudo-intervista"

Silvio Berlusconi

MILANO - Silvio Berlusconi, a meno di una settimana dal voto, interviene a "Uno Mattina" e torna ad attaccare l'opposizione: "Se cambiasse e dialogasse seriamente, cosa che finora non è avvenuta, si potrebbero fare le riforme assieme" afferma il premier al telefono. Per il presidente del Consiglio il dialogo sarà possibile "quando l'opposizione si dimostrasse credibile, e quando capiremo con chi parlare, se con i riformisti o gli agitatori di piazza. Finora alle richieste di dialogo ho avuto in cambio insulti, ricorso all'estremismo e al partito delle Procure". La campagna elettorale per le regionali, ribadisce Berlusconi, "si è snaturata perché il partito delle procure è entrato pesantemente in campo". "Con gli interventi della loro magistratura - aggiunge il premier - la sinistra ci ha impedito di svolgere una campagna elettorale di informazione nei confronti dei cittadini". Il presidente del Consiglio conferma infine il proprio 'no' ad un faccia a faccia con il segretario del Pd: "Non c'è nessuna possibilità di confronto con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia".

PD E IDV - L'intervento di Berlusconi, però, provoca l'immediata reazione dell'opposizione. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, accusa il capo del governo di non conoscere il dialogo e di sapere solo "zittire l’opposizione". "Con cento voti in più in Parlamento - ricorda Bersani a Latina - in venti mesi ha messo 28 volte la fiducia e fatto 58 decreti, zittendo sia l'opposizione che la maggioranza: questo è il suo modo. Non accetta i confronti elettorali, intende la politica come un comizio continuo e il governo come un decreto continuo, questo è il suo modo di dialogare". Perciò, conclude, "Berlusconi non faccia ad altri accuse che non stanno in piedi". Anche l'Italia dei valori, dopo le polemiche delle ultime settimane per lo stop ai talk show, attacca l'intervento televisivo del premier: "Una pseudo-intervista in cui il presidente del Consiglio ha avuto la possibilità di fare l'arruffapopolo, senza freni da parte di intervistatori compiacenti" commenta il senatore Francesco 'Pancho' Pardi. "Con l'ausilio di una serie di domande più adatte al tè delle cinque che al giornalismo del servizio pubblico - continua Pardi - il premier ha cannoneggiato contro opposizione, magistratura e quotidiani che osano criticarlo, senza un qualsivoglia contraddittorio". "In assenza dei talk show - osserva l'esponente Idv - l'informazione politica è tutta affidata ai tg e ai loro approfondimenti, ed ecco cosa emerge dalla testata del Tg1: un'Italia che non conosce né crisi economica né disoccupazione e che annaspa nella cronaca nera e rosa, costretta dal direttore del Tg1 a idolatrare un premier corruttore, bugiardo e illiberale". Duro anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21: "Un presidente del Consiglio furioso ha comiziato per telefono e senza contraddittorio a "Uno Mattina". Siamo certi che da domani e sino a venerdì analoga possibilità sarà concessa a tutti i leader delle altre formazioni politiche".

ANM - A proposito delle accuse alla magistratura, è il presidente dell'Anm, Luca Palamara, a rispondere alle accuse del premier. "È sconcertante che in campagna elettorale venga aggredita quotidianamente un'istituzione dello Stato - afferma. - Noi non siamo un partito, ma in uno Stato di diritto il nostro compito è quello di applicare la legge".

Redazione online

23 marzo 2010

 

 

 

 

e ad unomattina replica a fini: "NOn sono un monarca, nel pdl vige democrazia"

"La magistratura è la peggiore patologia"

Il premier ricorda la vicenda relativa alla presentazione delle liste a Milano e a Roma

e ad unomattina replica a fini: "NOn sono un monarca, nel pdl vige democrazia"

"La magistratura è la peggiore patologia"

Il premier ricorda la vicenda relativa alla presentazione delle liste a Milano e a Roma

Berlusconi e Formigoni alla cena di gala (Del Puppo)

Berlusconi e Formigoni alla cena di gala (Del Puppo)

MILANO - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è intervenuto lunedì sera a Milano ad una cena elettorale per la raccolta fondi, è ritornato ad attaccare la magistratura definendola "la peggior patologia". "Abbiamo - ha detto Berlusconi - un grave problema nella nostra democrazia. C'è una patologia che è la peggiore: è la magistratura con personaggi e correnti che fanno la guerra a chi non vogliono stia in maggioranza e al governo e per queste elezioni hanno fatto vincere il formalismo sul diritto legittimo dei cittadini a votare". Berlusconi ha quindi ricordato la vicenda relativa alla presentazione delle liste a Milano e a Roma. "In Lombardia - ha spiegato - la situazione è andata a posto mentre a Roma no".

LA QUESTIONE DELLE LISTE - Ricordando quindi il momento in cui i rappresentantidelle liste del Pdl non sono riusciti a depositarle, ha affermato: "I magistrati, anche se vedessero il rappresentante del maggior partito italiano andare via dovrebbero rincorrerlo e dire: ma cosa state facendo? Volete togliere il diritto a milioni di persone di votare il loro partito?". Berlusconi ha anche ricordato quando nel 1994 gli arrivò una informazione di garanzia mentre era in corso il G8 a Napoli: "Tutto accadde con la complicità dell'allora presidente della Repubblica, Scalfaro. Chiamò Bossi e gli disse che Berlusconi era caduto nel burrone e che sarebbe caduto anche lui se non l'avesse lasciato".

Berlusconi, sempre sulla vicenda delle liste, ha affermato che, per coerenza, "dovremmo ritirare i nostri soldati dall'Afghanistan. Li abbiamo inviati per consentire in quel Paese di poter votare. Noi non possiamo votare a Roma, che è la nostra capitale".

RIFORME - Successivamente Berlusconi martedì a Unomattina è ritornato sui principali temi politici d'attualità. Le riforme "sarebbe meglio farle con l'opposizione ma se vorrà cambiare e dialogare seriamente con noi. Ma non lo ha fatto finora" ha detto il premier. "Dobbiamo capire - ha aggiunto il premier - con chi bisogna parlare: con i riformisti o con gli agitatori di piazza?" sottolineando che fino ad ora "ci abbiamo provato" a trovare un dialogo ma che "per tutta risposta ho avuto insulti, minacce, ostruzionismo in Parlamento" con l'opposizione che "è ricorsa al partito delle procure. Se cambia - ha concluso - ne riparleremo". Per le riforme sul presidenzialismo "abbiamo tre anni di tempo. L'abbiamo presentata nei nostri programmi elettorali. Dobbiamo rivolgerci ai cittadini e sentire loro per capire se preferiscono l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio".

"NON SONO UN MONARCA" - "Non sono un monarca, ma esattamente il contrario, nel partito vige una democrazia assoluta" ha detto ancora Berlusconi commentando le parole di Gianfranco Fini sul Pdl. "Qualcuno dice che si può migliorare - aggiunge il premier - certamente tutto si può migliorare, ma io sono soddisfatto degli organismi che ci siamo dati. Di tensioni con Fini si legge soprattutto sui giornali. È assolutamente fisiologico che in un partito che rappresenta il 40% degli italiani, esistano posizioni diverse. Guai se fossimo unanimi su tutto. L'importante però, è essere uniti".

CAMPAGNA ELETTORALE - La campagna elettorale per le regionali "si è snaturata perchè il partito delle procure è entrato pesantemente in campo" ha detto ancora Berlusconi. "Con gli interventi della loro magistratura -ha aggiunto il premier- la sinistra ci ha impedito di svolgere una campagna elettorale di informazione nei confronti dei cittadini". Il presidente del Consiglio ha ribadito il proprio no ad un faccia a faccia con il segretario del Pd Pierluigi Bersani: "Non c'è nessuna possibilitá di confronto -ha ribadito- con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia".

Redazione online

22 marzo 2010(ultima modifica: 23 marzo 2010)

 

 

 

 

INTERCETTAZIONI UTILI E VIZI SPIATI

Una democrazia un po' malata

INTERCETTAZIONI UTILI E VIZI SPIATI

Una democrazia un po' malata

La nostra democrazia è malata. Di intercettazioni? Lo sostiene la maggioranza di governo, che vi intravede una "congiura " ai propri danni. Lo nega l’opposizione, che vi ravvisa (anche) un’opportunità per criticare la politica dell’avversario, e persino i "vizi privati" dei suoi rappresentanti. Che le intercettazioni siano utili per combattere il crimine è indiscutibile.

Ma è anche indiscutibile che siano pericolose se usate per denunciare l’immoralità (i vizi non sono reato). Circoscrivere la malattia all’utilizzo delle intercettazioni, da parte della magistratura, e alla loro divulgazione, da parte dei media, è, però, riduttivo. Il male oscuro di cui soffre la nostra democrazia è una "malattia dell’anima " degli italiani. Ne ha già contagiati molti; minaccia di contagiarne altri. Dice Antonio Di Pietro: "Chi non ha nulla da nascondere non deve temere le intercettazioni ". Non è sorprendente che lo pensi un ex poliziotto; è anomalo che ci creda un ex magistrato; è inquietante che lo dica un parlamentare della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista.

È la stessa sindrome della quale sono morte le democrazie, in Italia, in Spagna, in Germania, nel Ventesimo secolo. Si violano le libertà individuali, per il Bene comune; e si finisce con uccidere la democrazia. I cittadini della Germania comunista — come ha raccontato il film "Le vite degli altri" — erano preoccupati, e indignati, dell’intrusione delle intercettazioni telefoniche nella loro vita privata da parte della polizia politica (la Stasi). In Italia, gran parte degli intellettuali, dei media, della classe politica, dei cittadini comuni è entusiasta dell’idea di sapere che cosa pensano, e dicono al telefono, "gli altri ". Ma la divulgazione delle intercettazioni, anche in presenza di fumus criminis, è persino una violazione della sfera privata, nonché dei suoi diritti, anche dell’inquisito, per non parlare di chi ne è esente.

Da noi, si ritengono "utili" le intercettazioni e "giusta" la loro divulgazione in nome di una non meglio precisata Etica pubblica. I tedeschi orientali sognavano l’eliminazione delle intercettazioni, e l’hanno salutata come una liberazione alla caduta del Muro che aveva separato il mondo dell’oppressione da quello della libertà. Molti italiani ne auspicano l’aumento e plaudono alla loro divulgazione come una garanzia democratica. Nella loro testa non è ancora caduto il Muro che dovrebbe separare l’idea di libertà, e di moralità, individuali da quella di "Stato- papà-padrone" che veglia sui propri figli, ne punisce, e ne corregge, i difetti con le intercettazioni e la loro divulgazione.

Che, poi, la "malattia dell’anima " sia sintomatica di una malintesa idea di democrazia liberale, come utopico sistema di "perfezione" morale e politica, nulla toglie alla sua pericolosità. Tornano alla mente le profetiche parole di Karl Popper, che pochi italiani conoscono, forse, neppure apprezzano e sulle quali sarebbe bene, invece, meditare: "È un comportamento arrogante tentare di portare il paradiso sulla terra, giacché in tal modo riusciremo solo a trasformare la terra in un inferno. E, se non vogliamo che ciò accada, dobbiamo abbandonare i nostri sogni di un mondo perfetto".

Piero Ostellino

23 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-20

il suo nome indicato da Tarantini: "MAI RICEVUTO NULLA"

Inchiesta tangenti in Puglia

Mazzarano lascia il Pd

Si è dimesso da segretario organizzativo regionale e ha ritirato la candidatura al consiglio regionale

il suo nome indicato da Tarantini: "MAI RICEVUTO NULLA"

Inchiesta tangenti in Puglia

Mazzarano lascia il Pd

Si è dimesso da segretario organizzativo regionale e ha ritirato la candidatura al consiglio regionale

(Ansa)

(Ansa)

BARI - Michele Mazzarano, l'esponente del Pd il cui nome sarebbe stato indicato dall'imprenditore Gianpaolo Tarantini quale beneficiario di tangenti insieme all'ex vicepresidente della giunta regionale pugliese Sandro Frisullo, ha deciso di dimettersi da segretario organizzativo regionale del Pd e di ritirare la candidatura al consiglio regionale. Lo annuncia in una nota lo stesso Mazzarano.

SCONCERTO - Mazzarano dichiara di aver appreso "con sconcerto dalla stampa" di quanto avrebbe detto Tarantini ai magistrati. "Nego nel modo più fermo e risoluto - dichiara - di essere stato mai destinatario di tangenti da parte di chicchessia, e in particolare dal Tarantini, e sono convinto che la magistratura vaglierà con le dovute cautele le suddette eventuali dichiarazioni". "Sono impegnato in una difficile campagna elettorale - prosegue Mazzarano - al servizio dello schieramento politico e del partito espressione degli ideali in cui mi sono riconosciuto per tutta la vita. Nel lamentare la gravissima e irresponsabile fuga di notizie in merito a un'accusa non riscontrata dalla stessa magistratura, non posso tuttavia non vedere come la situazione che si è determinata rischi di penalizzare l'intero schieramento politico che sostiene il presidente Vendola, e segnatamente il Pd".

SALVAGUARDARE PARTITO E CENTROSINISTRA - Mazzarano aggiunge di aver deciso "con grande sofferenza" di lasciare incarichi di partito e candidatura, e chiede soprattutto a chi ha sostenuto la sua candidatura di "capire e condividere le motivazioni politiche" della sua scelta. "Con questa decisione - conclude - non intendo tanto salvaguardare la mia persona, estranea a qualsivoglia sistema tangentizio, quanto contribuire a mantenere indenne da ogni sospetto e da ogni accusa il mio partito e l'intero centrosinistra".

(Fonte Ansa)

 

20 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

parla sandro frisullo

"Donne sì, ma non ho preso denaro"

Le lacrime in carcere. Sugli appalti della Sanità chiamato in causa un dirigente del Pd in Puglia

parla sandro frisullo

"Donne sì, ma non ho preso denaro"

Le lacrime in carcere. Sugli appalti della Sanità chiamato in causa un dirigente del Pd in Puglia

BARI — Piange Sandro Frisullo con i suoi legali che vanno a trovarlo in carcere. E a chi sta fuori, l’ex vicepresidente della Regione Puglia arrestato con l’accusa di essere stato a "libro paga" dell’imprenditore Gianpaolo Tarantini manda a dire: "Sono stato un ingenuo perché con lui ho diviso le donne e da lui ho accettato qualche vestito in regalo. Ma posso giurare di non aver mai preso un soldo".

L’interrogatorio davanti al giudice è fissato per lunedì mattina. Gli avvocati Federico Massa e Michele La Forgia anticipano che risponderà alle domande "proprio per dimostrare che le accuse di Tarantini sono infondate", anche se sottolineano "la gravità delle sue condizioni di salute, che abbiamo già segnalato ai pubblici ministeri". E forse ripeterà quello che ha detto loro ieri: "Mi stanno usando per avvelenare la campagna elettorale, ma ne uscirò pulito. Questo è un attacco al Pd, il mio partito ". In realtà a Bari si rincorrono le voci su nuovi sviluppi dell’indagine sulle "mazzette" che Tarantini dice di aver versato per aggiudicarsi appalti e commesse nel settore sanità. Anche perché lo stesso imprenditore ha detto che "sono due i politici pugliesi ai quali ho versato tangenti: uno è Sandro Frisullo, l’altro è Michele Mazzarano ".

Si tratta del responsabile dell’organizzazione del Partito Democratico in Puglia. Lui nega categoricamente di aver mai ricevuto alcunché. "Di fronte a queste voci — dichiara — trasecolo, perché si tratta di pure invenzioni". Il suo nome era già stato al centro di una disputa relativa all’ormai famosa cena al ristorante "La Pignata" voluta da Tarantini nel marzo 2008 nell’ambito della campagna elettorale del Pd e alla quale fu invitato anche Massimo D’Alema. I dirigenti del partito erano tutti presenti. Il sindaco Michele Emiliano disse che era stato Mazzarano a organizzarla ma lui smentì: "Sono stato pochissimo, proprio come gli altri, e poi sono andato via".

L’arresto di Frisullo scuote i vertici del suo partito e l’intero centrosinistra. Anche perché gli atti giudiziari depositati ieri rivelano dispute interne al centrosinistra anche per la nomina dei funzionari. In particolare, come annotano i pubblici ministeri nella loro richiesta di arresto, "emerge che Vendola avrebbe chiamato il direttore generale della Asl di Lecce chiedendogli di nominare un dirigente " al posto di quello che era stato segnalato proprio da Frisullo.

Ieri il segretario Pierluigi Bersani ha voluto ribadire come l’arresto di Frisullo sia "una cosa molto dolorosa, ma la nostra differenza sta in questo: otto mesi fa al primo apparire di problemi, fu sostituito. Oggi noi diciamo: la magistratura faccia il suo mestiere, e aggiungo comunque, c’è un’esigenza di moralizzazione nella vita pubblica e amministrativa e noi su questo non scherziamo e non scherzeremo". In linea Massimo D’Alema: "La vicenda che riguarda Frisullo mi colpisce profondamente, ma rifiuto l’idea della bufera. Noi in Puglia abbiamo agito un anno prima dei magistrati. Altro che gridare al complotto. Se Berlusconi si comportasse nello stesso modo facendo dimettere chi è indagato nel suo partito... ".

F. Sar.

20 marzo 2010

 

 

 

 

Nell’interrogatorio ha ricostruito il "sistema" delle mazzette

"Negli ospedali con la valigia dei soldi

E Tarantini inseguiva D’Alema"

Mannarini, il collaboratore dell’imprenditore: pagai le feste da un suo conto svizzero

Nell’interrogatorio ha ricostruito il "sistema" delle mazzette

"Negli ospedali con la valigia dei soldi

E Tarantini inseguiva D’Alema"

Mannarini, il collaboratore dell’imprenditore: pagai le feste da un suo conto svizzero

BARI — C’è un conto svizzero intestato a Gianpaolo Tarantini dove potrebbero essere transitati soldi utilizzati per pagare tangenti. A rivelarlo è stato Alessandro Mannarini, ex dipendente dell’imprenditore pugliese, agli arresti domiciliari per cessione di cocaina. Il 23 dicembre scorso l’uomo ha deciso di collaborare con imagistrati che indagano sulle "mazzette " che sarebbero state versate per ottenere gli appalti nel settore della sanità e due giorni fa hanno fatto finire in carcere l’ex vicepresidente della Regione Sandro Frisullo del Pd. Ha consegnato un’agenda, due floppy disk e quattro fogli "sui quali sono riportati appunti che riguardano prevalentemente l’organizzazione delle vacanze in Sardegna" dell’estate 2008, durante la quale Tarantini conobbe Silvio Berlusconi. Poi ha ricostruito i rapporti dello stesso Tarantini con politici, imprenditori e funzionari di enti pubblici, rispondendo alle domande per oltre cinque ore. Un atteggiamento di apertura nella speranza di ottenere la remissione in libertà, già sollecitata dal suo legale Marco Vignola nel ricorso in appello presentato dopo il rifiuto del giudice a revocare la misura cautelare. Una scelta analoga a quella fatta dallo stesso Tarantini che dalla fine di ottobre scorso ha deciso di parlare dando così il via agli accertamenti sull’attendibilità delle sue dichiarazioni.

La distribuzione delle "buste"

Sono le 15 dell’antivigilia di Natale quando Mannarini, accompagnato dal difensore, comincia l’interrogatorio nella caserma della Guardia di Finanza di Bari: "Ho cominciato a lavorare quotidianamente con Tarantini a partire dal primo maggio 2008. Gli facevo anche da autista e lo portavo in Regione, Comune, prefettura... In un’occasione sono stato testimone di un incontro tra Tarantini e circa quaranta primari ospedalieri baresi e leccesi... appresi che Gianpaolo usava organizzare questi incontri a sue spese per promuovere i prodotti, farsi pubblicità e prendere accordi. Un altro incontro dello stesso tipo si tenne il 18 giugno 2008 a Grotta Palazzese. In quell’occasione mi chiese di chiamare, per invitarlo, Felice Fitto, medico ortopedico di Maglie mio caro amico e fratello di Raffaele, che rifiutò l’invito dicendomi espressamente che lui "a queste cose" non partecipava e che non voleva avere rapporti con Tarantini... In alcune occasioni ho constato che Tarantini ha effettuato dazioni di denaro. Dico questo perché ci sono state occasioni in cui lui, con la borsa che conteneva denaro prelevato in banca si recava nei posti che ho indicato prima e alla fine della giornata avevo modo di riscontrare che il denaro non c’era più... Il primo appuntamento della mattina era la banca. Poi andavamo negli ospedali e a fine giornata la mazzetta di denaro che aveva prelevato era sparita. Posso dire con quasi assoluta certezza che il denaro finiva negli ospedali. So che Gianpaolo effettuava regalie ai medici: casse di champagne Krug, buoni benzina, biglietti aerei, viaggi, eccetera".

"Inseguiva D’Alema"

Poi viene affrontato il capitolo che riguarda i rapporti con i politici. I magistrati chiedono chiarimenti su un appunto dell’agenda relativo al 12 maggio e Mannarini afferma: "Il nome Calvi si riferisce ad una persona che è dirigente di una delle aziende che rappresenta il Tarantini. Mazzarano non so chi sia". Secondo i pubblici ministeri si tratta di Michele Mazzarano, attuale responsabile dell’organizzazione del Pd in Puglia, del quale ha parlato lo stesso Tarantini. E subito dopo chiedono chiarimenti su altri nomi. Risponde Mannarini: "Non ho mai accompagnato Tarantini presso sedi di partito. L’ho accompagnato da Marcello Vernola (capolista dell’Udc alle prossime Regionali). Per me lo studio di Totò Castellaneta era come la sede di un partito. Tarantini era assetato di conoscenze, non gli interessava il partito. So che inseguiva D’Alema per averlo appreso da (Francesco) Maldarizzi che è un mio amico. Secondo me Tarantini ha conosciuto D’Alema tramite (Roberto) De Santis". E ai magistrati che lo sollecitano su alcune circostanze risponde: "Escludo che durante la vacanza in Sardegna Tarantini abbia incontrato D’Alema, escludo che in quei giorni abbia incontrato De Santis". Poi torna a parlare di quanto avveniva a Bari: "Andavo spesso a pranzo con Tarantini. Solo quando andava a pranzo con Frisullo non mi portava. Solitamente si incontravano al "Nessun dorma" e a lui piaceva arrivare all’incontro accompagnato dall’autista "per fare scena". Mi sembravano buoni amici anche se non ho mai ascoltato una conversazione tra di loro. Gli incontri erano piuttosto frequenti, avvenivano all’incirca due volte a settimana. Con me Gianpaolo si vantava del rapporto con Frisullo ma non sono in grado di dire se nei giorni degli incontri con Frisullo ci siano stati precedenti prelievi di denaro".

"Mi portò da Berlusconi"

Si parla di quanto accadde nell’agosto del 2008 nella villa affittata a Porto Cervo, della droga che veniva distribuita agli ospiti "anche durante le gite in barca, sul gommone". Poi Mannarini afferma: "Tra le persone che in cambio di cocaina gli hanno fatto favori c’è Sabina Began che gli ha presentato l’attuale premier. Dopo aver conosciuto Berlusconi ha cominciato a prendere le distanze da me e da Massimo Verdoscia (che partecipò alla vacanza a Porto Cervo e poi è finito anche lui ai domiciliari per l’inchiesta sulla droga, ndr). Tarantini non mi ha mai parlato dei progetti che aveva e della ragione per la quale aveva organizzato la vacanza in Sardegna. Da Verdoscia, intorno a dicembre 2008, appresi che si stava vedendo con Berlusconi e pensai che stava organizzando qualcosa. Ho conosciuto Berlusconi perché sono stato portato a cena da lui a seguito di un invito ricevuto da Gianpaolo per sé e per tutti gli ospiti della casa. Il tramite è stata Sabina Began che ritengo Tarantini abbia conosciuto per via della sua amicizia con Elvira Savino. Ho provveduto al pagamento dei viaggi in Sardegna delle ragazze ospiti della casa, il biglietto della Began, pranzi cene e alberghi ". Esclude invece che Tarantini abbia pagato "il weekend all’hotel Cala di Volpe di Lea Cosentino (l’ex direttore della Asl di Bari tuttora ai domiciliari per corruzione, ndr)".

Il conto svizzero

Afferma Tarantini: "Credo che Tarantini abbia un conto in Svizzera. So questo per aver fatto uso personalmente di una American Express con il suo nome e aver appreso da lui che era legata a un conto svizzero però non ricordo il numero del conto. L’ho usata per pagare discoteche in Sardegna nell’estate 2008, precedentemente l’avevo usata per pagare un conto al Jimmy di Montecarlo, un weekend a Venezia per lui e una signora" di cui fa il nome.

Fiorenza Sarzanini

20 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-17

inchiesta rai-agcom/SANTORO SENTITO 2 ORE DAI PM. il PREMIER: "LIBERTà MUTILATA"

Ispettori a Trani, scontro Csm-Alfano

Il Guardasigilli: "Violata la Costituzione"

Il ministro contesta l'ok a una pratica sull'ispezione. I pm di Trani: "Gli 007 Via Arenula non vedranno gli atti"

TRANI - È scontro tra il Csm e Angelino Alfano sugli ispettori inviati dal ministro della Giustizia a Trani, sede dell'inchiesta sulle presunte pressioni di Silvio Berlusconi per bloccare Annozero. Il Guardasigilli contesta a Palazzo dei Marescialli il via libera a una pratica sull'ispezione. "L'iniziativa è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la Costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri" spiega il ministro. D'altra parte, il Csm tira dritto e affida la sua posizione alle parole del vicepresidente Nicola: "L'indagine giudiziaria non può essere compressa dall'ispezione". A Trani è stato il giorno degli ispettori e di Michele Santoro. In mattinata, il giornalista è stato sentito per due ore dai magistrati. Nel pomeriggio, il palazzo di giustizia della cittadina pugliese ha ospitato l'incontro, durante più di cinque ore, tra gli uomini inviati dal Guardasigilli e i magistrati. A spiegare la linea della procura di Trani sugli ispettori è stato Michele Ruggiero: in una pausa dei lavori, il pm titolare dell'inchiesta ha confermato ai cronisti che gli uomini del ministero della Giustizia non vedranno i fascicoli dell'inchiesta né tutte le parti coperte dal segreto istruttorio. "Tutto quello che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori" ha aggiunto Ruggiero. In precedenza, Alfano aveva difeso però la scelta di inviare gli ispettori, spiegando che gli uomini di Via Arenula contribuiranno "all'accertamento di quanto accaduto principalmente in riferimento alla presenza di talpe, che ci auguriamo - ha sottolineato il Guardasigilli - vengano immediatamente individuate e punite". Anche Berlusconi è tornato sulla vicenda di Trani: in una lettera inviata ai Club della Libertà, il presidente del Consiglio ha parlato di "accuse ad orologeria". Poi, in un nuovo videomessaggio ai Promotori della Libertà e in un'intervista a Studio Aperto, ha definito l'intera faccenda "un grave segno di libertà mutilata e offesa". I suoi legali, Niccolò Ghedini e Filiberto Palumbo, saranno a Trani mercoledì per incontrare i pm.

"PARTE CIVILE" - Santoro è stato sentito in mattinata come persona informata dei fatti. "Non posso fornire alcun elemento - ha affermato il conduttore di Ann0zero al termine dell'audizione - non si possono dare informazioni sul contenuto del colloquio avuto con i magistrati". "Per quanto riguarda le pressioni che ci sono state su Annozero - ha proseguito Santoro - credo che siano pressioni di dominio pubblico". "Pressioni pubbliche ci sono sempre state - ha detto anche il giornalista -, editti bulgari sono stati pronunciati e mai rimossi e contemporaneamente si è andati anche a chiudere, con una decisione storica, negativa, tutti i programmi di approfondimento informativi in campagna elettorale, sottraendo un servizio pubblico importante all'opinione pubblica che ha diritto ad essere informata". Quanto all'ipotesi di costituirsi parte civile, Santoro ha poi spiegato: "Come è stato detto da alcuni miei collaboratori, ho semplicemente detto di considerare la possibilità da parte mia di valutare la mia posizione di persona offesa".

ALFANO E GLI ISPETTORI - Gli ispettori inviati dal ministero della Giustizia, Arcibaldo Miller, e una sua collega, hanno incontrato il capo della Procura di Trani, Carlo Maria Capristo e il pm di Trani, Michele Ruggiero. Gli inviati ministeriali - ha chiarito Alfano prima dell'incontro - devono "contribuire all'accertamento di quanto avvenuto relativamente ad alcune patologie che sono sotto gli occhi di tutti", ma "non interferiscono, non possono e non vogliono con le indagini". Tre in particolare i nodi che sono chiamati a verificare: eventuali irregolarità nell'utilizzo delle intercettazioni ("a strascico", le ha definite il ministro), la competenza territoriale della Procura di Trani, anziché di quella di Roma, e la fuga di notizie ("gravemente immorale oltre che illegale").

L'INCHIESTADI TRANI - Nel registro delle notizie di reato - a quanto si è appreso - sarebbero iscritti il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per concussione e minacce (reati commessi, secondo l'accusa, ai danni dell'Autorità garante delle comunicazioni), il commissario Agcom, Giancarlo Innocenzi, per favoreggiamento (in un interrogatorio del 17 dicembre scorso avrebbe negato di aver ricevuto pressioni dal premier perché fossero presi "provvedimenti" contro la trasmissione di Santoro), e il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, per violazione del segreto investigativo (avrebbe reso noto il contenuto dell'interrogatorio al quale era stato sottoposto dalla Procura di Trani).

IL CSM - Quanto al Csm, che nel pomeriggio ha dato il via libera all'apertura della pratica sull'ispezione disposta da Alfano a Trani, il Guardasigilli Alfano ha assicurato che non esiste alcun conflitto tra il ministero da lui guidato e il Consiglio superiore della magistratura, sottolineando però che l’organo di autogoverno della magistratura, "deve risolvere i problemi della giustizia e non fare politica". Il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli ha ascoltato il consigliere del Csm Cosimo Ferri in merito alle conversazioni telefoniche con il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, intercettate nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Trani. L'audizione è durata una quarantina di minuti. "Sono molto soddisfatto" ha detto Ferri al termine dell'audizione. Il consigliere del Csm ha depositato una memoria nella quale ribadisce quanto già spiegato lunedì in un comunicato, e cioè la natura assolutamente lecita delle sue conversazioni. La sua posizione sarà valutata dai vertici del Csm in una nuova riunione, probabilmente già in settimana.

L'ARCIVESCOVO - Sull'inchiesta Rai-Agcom è intervenuto anche Giovanni Battista Pichierri, arcivescovo di Trani. "Chiunque, specie se occupa posti di responsabilità nella scala sociale, ha il diritto ed anche il dovere di badare a che si seguano linee rispettose della dignità delle persone nella informazione, di imparzialità e pluralismo. Questo non mi sembra uno scandalo, tanto meno qualche cosa che va contro l'etica" spiega il monsignore. "Non entro - spiega in un'intervista al sito Pontifex - nelle vicende giudiziarie. Ma secondo legge naturale se un uomo di responsabilità pubbliche richiama qualche incaricato a maggior serenità, credo che agisca nell'esercizio delle sue prerogative e del bene comune, se segue la legge".

Redazione online

16 marzo 2010(ultima modifica: 17 marzo 2010)

 

 

l'intervista | Il direttore generale Rai: mai avute pressioni dal premier

"Sul direttore indagato

seguirò le procedure"

Masi: ma per il palinsesto non potevo fare altro

l'intervista | Il direttore generale Rai: mai avute pressioni dal premier

"Sul direttore indagato

seguirò le procedure"

Masi: ma per il palinsesto non potevo fare altro

Mauro Masi

Mauro Masi

ROMA —Direttore generale Mauro Masi, la Rai resta senza talk show. Le proteste non si contano…

"Qualcuno spieghi alla Rai perché dovrebbe disapplicare un regolamento emanato dal suo "editore", la commissione di Vigilanza. Persino il Tar ha ritenuto di non dover intervenire. Per cambiare rotta, ci vorrebbe un altro indirizzo della Vigilanza… ".

Ma il regolamento Beltrandi non parla di chiusura…

"Sì, ma applicare le regole delle tribune politiche ai talk-show dal vivo sarebbe stato impossibile. Così come sarebbe stato impossibile mandarli in onda senza argomenti in alcun modo politici e/o elettorali. Un noto conduttore mi ha scritto: se lavoriamo senza politica, dovrete dirmi voi quali sono i temi… ".

Era Bruno Vespa? Michele Santoro? Giovanni Floris?

"Niente nomi. Non violo la privacy aziendale".

Comunque il Tar ha ritenuto illegittimo quel regolamento, l’Agcom e il presidente Zavoli vi hanno invitato a rivedere la vostra decisione. E sarebbe stato impensabile che l’Agcom vi sanzionasse per uno strumento che lei stessa ha ritirato. Non bastava tutto ciò?

"Il parere di Zavoli, pur autorevole era personale: la Vigilanza si esprime e vota come commissione. L’Agcom ha emanato un regolamento per le tv private. E qui non è questione di multe. Ma di indicazioni della Vigilanza e di rispetto delle norme".

Dunque ha ragione Garimberti quando dice alla Vigilanza che avrebbe dovuto "battere un colpo"…

"Il presidente Garimberti sa cosa dice…".

Ma la Rai senza talk show avrà un bel danno economico e anche in termini di ascolti…

"La Sipra mi ha scritto il 3 marzo assicurandomi che non ci saranno danni perché sono stati raggiunti accordi con gli inserzionisti per spostare gli spot. Quindi il danno economico, parola della Sipra, sarà zero. Gli ascolti? La Rai resta leader e continua a battere la concorrenza".

Caso Minzolini. Il direttore del Tg1 è indagato a Trani.

"Voglio premettere che considero Minzolini un ottimo professionista come Mario Orfeo e Bianca Berlinguer, direttori nominati dal Cda Rai su mia indicazione che stanno portando un vento di rinnovamento e gli ascolti li premiano. In particolare Minzolini sta cercando di innovare lo stile del Tg1 e come accade agli innovatori viene a volte criticato in maniera preconcetta. Detto questo, nella vicenda Trani ci regoleremo secondo la governance aziendale. E informerò puntualmente il Cda su ogni minima novità al riguardo ".

Vuol dire che è stata aperta un’indagine, un "audit"?

"Non sono in grado di dire di più".

Stando alle intercettazioni, secondo lei il tipo di rapporto Minzolini-Berlusconi è da servizio pubblico?

"Non esprimo pareri su una vicenda dai contorni ancora indefiniti. Per ora conosciamo solo articoli di giornali".

Ma perché lei ha scritto al presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, chiedendo un parere preventivo sul contratto di Marco Travaglio e in sostanza su "Annozero"? Cercava uno strumento per una censura preventiva?

"Ringrazio per la domanda. Ma di che censura parliamo? A settembre ho chiesto all’Agcom se la diffida della stessa Agcom del 21 gennaio 2009 (prima che io entrassi in Rai) fosse ancora valida. Il segretario generale Roberto Viola mi ha risposo di sì, ricordando che "darebbe luogo a una violazione della diffida qualsiasi comportamento inosservante della Rai in qualsiasi trasmissione che violasse le regole" e che la multa poteva arrivare fino al 3% del fatturato. Ho inviato la risposta a tutte le strutture giornalistiche, non solo a Santoro. Ma poi il contratto di Travaglio è partito. Santoro è andato in onda regolarmente. Io individuo con severità le regole. Poi non intervengo sul merito ".

Ha avuto pressioni da Berlusconi perché chiudesse "Annozero" e mandasse a casa Michele Santoro?

"Mai avute pressioni da alcuno e di alcun tipo".

Ma lei ha parlato con Innocenzi delle pressioni che Berlusconi avrebbe fatto su di lui. Lei, Masi, avrebbe detto che "nemmeno nello Zimbabwe" la politica cerca di chiudere una trasmissione prima che vada in onda.

"Al telefono si fanno tante battute. E io ho rapporti, a causa del mio incarico, con diverse autorità. Ciò che conta veramente, e di questo rispondo, sono gli atti aziendali e i risultati. Tutte le trasmissioni sono andate in onda. E sfido chiunque a dimostrare l’esistenza di qualsiasi mia pressione sui contenuti".

Mai pressioni nemmeno su "Parla con me" che piace così poco al consigliere Alessio Gorla?

"Niente pressioni né sulla Dandini né, per fare altri esempi di trasmissioni "difficili", su "Report". Basta che si rispettino le regole aziendali".

Però dica adesso la verità: Santoro le piace?

"È senz’altro un grande professionista della tv. Ma anche lui, come tutti, noi è un dipendente dell'azienda Rai".

Paolo Conti

17 marzo 2010

 

 

 

 

 

agcom, antitrust e la mano della politica

Quelle authority sotto tutela

agcom, antitrust e la mano della politica

Quelle authority sotto tutela

Le intenzioni di partenza erano ottime. Le authority dovevano essere gli anticorpi della società moderna contro i soprusi dei monopoli, l’avidità degli speculatori e le intrusioni improprie della politica. Compiti da far tremare i polsi a chiunque, in un Paese con una lunga tradizione statalista dove il mercato ha sempre faticato ad affermarsi. Il requisito fondamentale per assolverli con efficacia era l’indipendenza. Una indipendenza non soltanto formale: nomine non influenzate dalla politica, autonomia finanziaria e possibilità di mostrare i muscoli.

Così doveva essere. Ma così non è stato esattamente. Le nostre authority hanno poteri limitati e spesso li esercitano timidamente. Anche perché le loro decisioni sono perennemente sotto il tiro dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Per giunta, sono state anche ingolfate di competenze insensate, totalmente prive di alcun potere sanzionatorio, come quelle sul conflitto d’interessi appioppate all’Antitrust e al Garante per le comunicazioni. L’autonomia finanziaria è quella che è, se si pensa che alla fine dello scorso anno era stato proposto un fondo unico (non a tutti gradito) con l’idea di risolvere il problema e alla fine si è resa necessaria una colletta fra le autorità per soccorrere qualcuna di esse in difficoltà economica. Per non parlare poi dell’influenza della politica. I meccanismi di nomina, tutti diversi l’uno dall’altro, offrono ai partiti spazi di penetrazione enorme. Dei 58 commissari che governano le dieci autorità considerate "indipendenti", ben 17 sono di emanazione diretta della politica: ex parlamentari o ex esponenti dei governi di vario colore. Quasi uno su tre. Di questi, ben cinque su otto componenti sono nel solo Garante per le comunicazioni: dove il presidente è indicato dal governo e gli otto componenti sono nominati per metà dalla maggioranza e per metà dall’opposizione.

Alla luce di ciò, ben si comprende perché non sia mai andata in porto la riforma, annunciata dal centrodestra e dal centrosinistra, che avrebbe dovuto rendere omogenei i criteri di nomina sottraendoli alle logiche spartitorie. E anche perché un’authority come quella dell’Energia, i cui componenti sono designati con un sistema bipartisan, cioè a maggioranza qualificata dalle commissioni parlamentari, sia monca di tre commissari su cinque da addirittura un quinquennio. Mentre negli ultimi due anni si sono registrati in Parlamento almeno quattro tentativi di limitarne i margini di manovra su suggerimento del governo.

La verità è che una riforma del genere nessuno la vuole. Meglio avere a che fare con autorità "formalmente" indipendenti ma che nella sostanza sono permeabili dalla politica. O che almeno la politica può trattare come una comoda foglia di fico da mettere o togliere a piacimento. Con risvolti talvolta assurdi. Un caso? L’Autorità delle comunicazioni può sanzionare i programmi Rai che non rispettano in campagna elettorale le parità di condizioni fra i vari partiti, non può mettere bocca sulle regole della par condicio se queste riguardano la tivù di Stato. Di quelle si occupa la commissione parlamentare di vigilanza. Con il risultato che i talk show "privati" sono di competenza dell’authority e quelli "pubblici" del Parlamento. Con tutta la buona volontà, ma che senso ha?

Sergio Rizzo

17 marzo 2010

 

 

 

confronto acceso durante "otto e mezzo"

Scontro in tv tra Bondi e De Magistris

"Si vergogni"; "Stia zitto, servo"

Il ministro: "Lei è un irresponsabile". L'esponente Idv: "E lei vuole criminalizzare l'opposizione"

confronto acceso durante "otto e mezzo"

Scontro in tv tra Bondi e De Magistris

"Si vergogni"; "Stia zitto, servo"

Il ministro: "Lei è un irresponsabile". L'esponente Idv: "E lei vuole criminalizzare l'opposizione"

- Il confronto tra Sandro Bondi e Luigi De Magistris nella diretta della trasmissione 'Otto e mezzo' dell'emittente La7 si è concluso con uno scontro verbale molto acceso. La conduttrice Lilly Gruber ha chiesto al coordinatore del Pdl se tema atti di violenza contro Silvio Berlusconi. Bondi ha premesso che non compete a lui la sicurezza del presidente del Consiglio. Ma poi ha spiegato che "si sta ricreando purtroppo un clima politico molto simile a quello che condusse all'episodio del souvenir lanciato contro Berlusconi a Milano nel dicembre scorso. Questo lo si deve anche a persone irresponsabili come De Magistris che incitano alla violenza".

LITE - La reazione dell'esponente dell'Idv non è tardata ad arrivare: "Trovo vergognose queste parole del ministro Bondi che tendono a criminalizzare un'opposizione che fa solo il suo lavoro. Questo è un fatto grave". Ma il battibecco non è finito qui. Il ministro dei Beni Culturali si è rivolto al parlamentare europeo dell'Idv in terza persona: "Lui non ha neppure il coraggio di ripetere in televisione quello che dice ogni giorno tentando di criminalizzare il presidente del Consiglio. Si vergogni". De Magistris ha a sua volta alzato il tono della polemica proprio mentre la trasmissione stava per concludersi: "Stia zitto, Bondi, perchè lei è un servo di Berlusconi".

 

15 marzo 2010(ultima modifica: 16 marzo 2010)

 

 

e in una Lettera ai Club della Libertà: "solite accuse ad orologeria"

Berlusconi chiama i suoi alla piazza

"Moderati in massa alle urne"

Intervento a "Studio Aperto": "Manifestiamo per il voto e la privacy. I magistrati vogliono impedirmi di lavorare"

Berlusconi (Ansa)

ROMA - Silvio Berlusconi chiama a raccolta i suoi dai microfoni di Studio Aperto, il tg di Italia 1, e scalda i motori per la manifestazione del 20 marzo a Roma: "Andremo in piazza: non lo facciamo mai, ma a Roma dicono "quando ci vuole ci vuole". Lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati". Sulle elezioni regionali Berlusconi si dice ottimista: "È il gioco pericoloso della sinistra quello di spingere all'astensione, ma sono sicuro che i moderati andranno in massa alle urne". Il premier parla dell'inchiesta di Trani e attacca i magistrati: "È un grave segno di libertà mutilata e offesa. Le reiterate azioni della magistratura sono volte a sottrarre tempo all’azione del governo, anzi viene da pensare che la finalità di tali azioni sia impedire al presidente del Consiglio di lavorare". E gli ultimi avvenimenti "confermano l'esigenza di una riforma radicale giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

"ACCUSE A OROLOGERIA" - Poche ore prima il premier aveva stigmatizzato quella che definisce l'alleanza tra sinistra e magistrati in un messaggio indirizzato ai militanti dei Club della Libertà: "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l'alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini - scrive -. Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste e hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati. Ci provano anche con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti. Di fronte a questo ultimo attacco, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire. Per questo motivo vi invito a mobilitarvi per il 20 marzo, quando manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy".

DI PIETRO E BERSANI - Antonio Di Pietro (Idv) risponde al premier: "Sono le ultime battute del regime al crepuscolo. Lo sproloquio di Berlusconi diventa sempre più imbarazzante. Il copione è il solito: un'opposizione malvagia e i giudici comunisti che non lo lasciano lavorare. Comprendo il suo imbarazzo sulle intercettazioni visto che ancora una volta è stato sorpreso con le mani nella marmellata in palese abuso di potere. Si dimetta, si faccia processare e la smetta di continuare a stravolgere le regole democratiche con le sue leggi ad personam". Pierluigi Bersani (Pd) invita Berlusconi a "smettere di alzare polveroni e concentrarsi sulle cose che contano per gli italiani".

Redazione online

16 marzo 2010

 

 

 

Un Cavaliere nervoso conferma

il timore per l’astensionismo

Fini costretto a precisare che non è in guerra con il capo del governo

L’insistenza con la quale Silvio Berlusconi invita i militanti a "spiegare la verità" agli elettori suona come un segno di debolezza. Significa che il pasticcio delle liste del Pdl bocciate dalla magistratura ha disorientato il centrodestra. La prospettiva di una diserzione dalle urne continua ad essere un timore reale. Il presidente del Consiglio la esorcizza ripetendo che "i moderati" il 28 e 29 marzo andranno a votare. Parlate "a tutti i dubbiosi. La campagna di menzogne e di veleni della sinistra e dei suoi media", aggiunge, "rischia di spingerli verso l'indifferenza". Se non è un grido d’allarme, gli somiglia. Il premier lo rilancerà fino all’ultimo. Deve scuotere un corpo elettorale poco convinto. Per questo tocca tasti che in passato hanno funzionato, come il binomio sinistra-toghe rosse. E fa attaccare il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che ieri ha dato l’altolà agli ispettori mandati a Trani dal ministro della Giustizia, Angelo Alfano: uno scontro che potrebbe chiamare in causa Giorgio Napolitano, presidente del Csm. Difficile calcolare i contraccolpi dell’inchiesta.

Sono affermazioni che avrebbero un impatto minore se non fossero accreditate implicitamente da una parte del Pdl. L’iniziativa "Generazione Italia" promossa da Gianfranco Fini ha aumentato la confusione: al punto che il presidente della Camera è stato costretto a spiegarla. "È passato", ha detto, "il messaggio che vorrei andare in guerra contro Berlusconi, e non è vero"; ma ha ammesso che "si presta a strumentalizzazioni". Insomma, la resa dei conti nella maggioranza è solo rinviata.

Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, si è accorto che ormai si chiedono notizie solo sulle correnti interne: segno che esiste il rischio di una "balcanizzazione" del partito unico del centrodestra. La manifestazione voluta dal premier sabato a Roma è lo sforzo estremo per ribaltare la percezione diffusa di una maggioranza divisa; e per riconsegnare all’elettorato un simulacro di unità. Ma si tratta di un’impresa in salita, alla quale Berlusconi sembra credere molto più degli alleati.

Massimo Franco

17 marzo 2010

 

 

2010-03-11

La Consulta dovrebbe decidere la prossima settimana

La Regione Lazio chiede la sospensione del "decreto salvaliste"

Il ricorso depositato alla Corte Costituzionale

Francesco Amirante, presidente della Corte Costituzionale (Eidon)

ROMA - La Regione Lazio ha chiesto alla Corte Costituzionale di sospendere in via cautelare il cosiddetto decreto legge salvaliste. La richiesta è contenuta nel ricorso depositato alla Consulta per sostenere l'illegittimità del provvedimento varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. La Corte Costituzionale - secondo quanto si è appreso - dovrebbe riunirsi la prossima settimana per decidere. L'udienza non è stata ancora fissata ma il presidente della Corte, Francesco Amirante, potrebbe farlo giovedì o venerdì.

RICORSO - Nel ricorso si chiede di sospendere il decreto in quanto è "evidente il grave e irreparabile pregiudizio che deriverebbe all'interesse pubblico al regolare svolgimento delle elezioni regionali nel caso in cui le consultazioni del 28-29 marzo 2010 si svolgessero sulla base di norme suscettibili di declaratoria di incostituzionalita". Se infatti lista del Pdl nel Lazio venisse riammessa in forza del decreto legge (e su questo punto dovrà esprimersi sabato il Consiglio di Stato), la "declaratoria di incostituzionalita" del provvedimento varato nei giorni scorsi dal governo - si sottolinea nel ricorso - "travolgerebbe, invalidandolo, il risultato elettorale, con conseguente grave pregiudizio sia per la Regione, sia per i cittadini elettori". In considerazione dell'"estrema urgenza" di una pronuncia della Corte Costituzionale sulla legittimità del decreto legge, inoltre, la Regione Lazio chiede che siano ridotti i termini della discussione del ricorso. (fonte: Ansa)

11 marzo 2010

 

 

 

 

Fini non parteciperà alla manifestazione contro l'esclusione del pdl

Berlusconi: "Nel Lazio ci hanno

impedito di presentare le liste"

Il premier "Sulla vicenda fornite versioni non veritiere". Bersani: dal Cavaliere una "ricostruzione fantasiosa"

Silvio Berlusconi

MILANO - Una vera e propria "memoria difensiva", lunga diverse pagine. Una ricostruzione minuto per minuto degli eventi che hanno portato all'esclusione della lista del Pdl nella provincia di Roma. Il premier Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a via dell'Umiltà, fornisce la "versione" dei fatti del suo partito. "Siamo qui per reagire all'assoluta disinformazione riguardo alle vicende del Popolo della libertà a Roma - esordisce il presidente del Consiglio. - Voglio dire subito che in quello che accaduto non vi è stata alcuna responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e funzionari. Ai nostri delegati - sostiene il premier - è stato impedito" di depositare le liste e "abbiamo già presentato una denuncia alla procura della Repubblica di Roma. Faremo un nuovo ricorso e sono sicuro che non potranno darci torto. Se così non fosse sosterremmo la Polverini e la lista civica". Ma quella di Berlusconi è stata definita dal leader del Pd, Pierluigi Bersani, una "ricostruzione fantasiosa". Il segretario dei democratici, inoltre, ha esortato entrambi i poli a fare a meno dei ricorsi e ad entrare nel vivo dei problemi che riguardano i cittadini. Appello non accolto però dal Pdl, che in serata ha depositato presso l'Ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Roma, che provvederà a trasmetterlo alla Corte d'appello, un ricorso contro la decisione presa martedì dallo stesso Ufficio di non ammettere la lista provinciale di Roma del partito.

"GAZZARRA DEI RADICALI" - Secondo Berlusconi, "è stata posta in atto una gazzarra da parte dei Radicali, con la scusa che fosse in atto una manomissione delle liste. La gazzarra ha costretto i contendenti ad allontanarsi". Per questo, "è stata una decisione grave quella di aver impedito la presentazione delle liste del Pdl, una decisione priva di fondamento giuridico" e determinata da un "marchiano errore dell'ufficio circoscrizionale". "Nel caso della Lombardia - aggiunge poi - c'è stato un atteggiamento fiscale nei nostri confronti, mentre si è chiuso un occhio nei confronti di altri partiti. Non siamo capaci di presentare le liste? Ne abbiamo presentate 93, di cui 80 per le amministrative e 13 per le Regioni. Lo facciamo da 16 anni. E le persone che lavorano per noi lo facevano per An e Forza Italia. Lo sapevano fare e lo sanno fare. Non ho mai chiamato nessuno 'un branco di imbecilli'".

"SINISTRA SOVIETICA" - Il premier, che durante la conferenza stampa ha avuto un acceso diverbio con un giornalista (fatto allontanare dalla sala), attacca poi il comportamento dell'opposizione: "Sono antidemocratici e meschini. Una sinistra sovietica che voleva correre da sola. Noi ci saremmo comportati nel modo opposto. Daremo comunque una lezione" ai nostri avversari, "con i nostri candidati, le nostre ragioni e i nostri programmi, e dimostreremo di poter prevalere sui malefici, la slealtà, l'atteggiamento antidemocratico". Berlusconi quindi rilancia: "Abbiamo deciso di impegnarci comunque nel Lazio per far prevalere i nostri candidati migliori. Senza la lista Pdl raddoppieremo i nostri sforzi per fare vincere la Polverini. Vinceremo nonostante questa penalizzazione ingiustificata. Mi rendo conto che c'è stato un danno alla nostra immagine sia all'esterno che all'interno. Ma all'estero ho una grande considerazione da parte dei capi di Stato perché non sono solo un politico ma anche un tycoon".

DECRETO - Berlusconi parla anche del decreto legge "salva-liste": "Farò una conferenza stampa da Palazzo Chigi per spiegarne la sua assoluta costituzionalità. È solo interpretativo e di buon senso nei confronti di chi faziosamente ha interpretato le leggi elettorali regionali". Il capo del governo rivela che "il sottosegretario Gianni Letta, durante la preparazione del provvedimento, ha anche telefonato al segretario del Pd Bersani e lo ha avvisato del progetto del governo". Possibile a questo punto un rinvio del voto? "Mai pensato" a una soluzione del genere, afferma Berlusconi, che smentisce le ricostruzione di questi giorni dei giornali che lo indicavano "irato" contro i presentatori delle liste. "I giornali si sono addirittura sfidati nell'attribuirmi stati d'animo che non mi appartengono. Non mai stato irato una volta sola nella mia vita, non è uno stato d'animo che mi caratterizza perché mette in un cantuccio la ragione. Posso essere stato angosciato, anche arrabbiato, me sempre rimanendo lucido".

MANIFESTAZIONE - Il premier ha confermato la manifestazione "non di protesta, ma in difesa del diritto di voto" che si terrà a Roma il 20 marzo. Poco prima, Gianfranco Fini aveva però fatto sapere che non parteciperà all'iniziativa. "Il presidente della Camera - spiega - non partecipa mai a manifestazioni in campagna elettorale, organizzate dai partiti". Nel ribadirlo ai giornalisti a Montecitorio, Fini risponde anche ironicamente a una giornalista chi gli chiedeva se almeno condivide l'iniziativa. "Non le dico cosa penso di questa domanda - taglia corto Fini - solo perché è una signora...". Alla domanda di cosa pensasse della mancata presenza di Fini, Berlusconi ha risposto: "È il presidente della Camera, la terza carica dello Stato. Questa è la risposta". In piazza, accanto al premier, sarà presente invece il leader della gela Umberto Bossi. "Non abbandoniamo Berlusconi" ha detto il Senatùr. "Non si può andare alle elezioni senza un partito importante - è l'idea del numero uno del Carroccio. - Questo mi pare un modo per minare la democrazia".

Redazione online

10 marzo 2010

 

 

 

 

VERSO LE REGIONALI

Da Nord a Sud, una babele di ricorsi

In sei regioni su tredici giudici chiamati a decidere. Roberto Cota al Tar contro la lista di Nadia Cota

MILANO - Non c’è soltanto la circoscrizione provinciale di Roma a dipendere dai magistrati per il suo voto. I contenziosi aperti sono parecchi, alcuni dei quali ai limiti della stravaganza, in sei regioni sulle tredici che vanno al voto. Resta il fatto che irregolarità accertate dalla magistratura all’indomani delle elezioni potrebbero in qualche caso invalidarne il risultato. In Piemonte il Tar dovrebbe decidere domani se accogliere o meno il ricorso di Roberto Cota, il candidato presidente del centrodestra. Il fatto è che nel variopinto cartello di sigle che sostengono la corsa alla presidenza di Renzo Rabellino, forse il maggior esperto italiano di liste "opportuniste", compare anche una "lista Cota", sostenuta dal Pdl. Senonché, il Cota è una lei: Nadia Cota, sconosciutissima alla politica, e Pdl sta per Patto dei liberali. O meglio stava, perché la corte d’appello aveva già bocciato la sigla. In ogni caso, nulla a che vedere con il "classico" centrodestra.

Rabellino neppure vuol sentir parlare di "liste truffa", anche se a sostenerlo, oltre a Forza Nuova e alla Dc di Pinza, c’è anche una Lega padana, una "lista dei grilli", e persino una lista "Forza Toro". "Noi non truffiamo nessuno - protesta -, ma certamente facciamo tutto quello che è in nostro potere per strappare qualche voto a un sistema che ogni giorno ci dà un ben squallido spettacolo". Secondo il ricorso della Lega, tuttavia, non sarebbe proprio così: per esempio, tra i firmatari di una delle liste a sostegno di Rabellino ci sarebbe anche nientemeno che Luciana Littizzetto. La quale smentisce categoricamente: "Non ho appoggiato né firmato per nessuno, tanto meno per lui. Visto che ci son già tanti casini nelle liste, io vorrei restarne fuori". In Lombardia, il presidente Roberto Formigoni ieri ha definito "tombale" la sentenza con cui il Tar ha sancito la riammissione del suo listino senza neppure dover far ricorso al decreto salvaliste.

Eppure, c’è chi la pensa diversamente. Vittorio Agnoletto, il candidato presidente per la Federazione della sinistra ha infatti presentato ricorso al Consiglio di Stato: "Il Tar non ha detto che le firme presentate dalla lista Formigoni sono regolari ma solo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto aspettare dopo le elezioni a pronunciarsi. Noi chiediamo al Consiglio di Stato di verificare effettivamente il numero e la regolarità delle firme presentate". E Marco Cappato, il candidato radicale, ha annunciato un ricorso analogo. In Toscana le carte bollate riguardano il candidato radicale Alfonso De Virgiliis. Il quale aveva chiesto al Tar di poter inserire il proprio nome anche sulle liste e sui manifesti di quelle province (Grosseto, Livorno, Lucca e Prato) in cui i radicali non si sono presentati perché non in grado di presentare le firme. Il tar ha detto no, ma De Virgiliis annuncia il ricorso.

In Calabria i problemi sono due. Il primo riguarda il candidato presidente del Partito comunista dei lavoratori Pino Siclari: è stato escluso per non aver presentato le firme. Ma secondo lui, dal 12 febbraio le firme non erano più necessarie: "Il Tar si è inventato una distinzione tra i partiti che hanno una rappresentanza parlamentare e gli altri". E poi ci sono due partiti con lo stesso nome: "Noi Sud". Quello forse più noto alle cronache è stato fondato lo scorso gennaio da alcuni fuoriusciti del Mpa di Raffaele Lombardo, è vicino al Pdl, e comprende il sottosegretario Enzo Scotti e i deputati Iannaccone, Milo, Sardella e Belcastro. Senonché, un partito con lo stesso nome era stato fondato nel luglio 2009 con tanto di atto notarile. Il segretario Enzo Maiorana protesta: il secondo "Noi Sud" ha creato "una grande confusione e un grande danno. Tra l’altro, in Puglia noi siamo vicini alle posizioni di Adriana Poli Bortone". Scontato il ricorso, questa volta al tribunale di Roma, con la richiesta di inibizione del simbolo.

Marco Cremonesi

11 marzo 2010

 

 

2010-03-09

Respinta l'istanza del centrodestra. Baccini: "Controllare le firme per la Bonino"

Terzo no per la lista del Pdl a Roma

L'ufficio elettorale del tribunale si pronuncia per la non ammissione. Gli avvocati: "Si va al Consiglio di Stato"

ROMA - La lista del Pdl per la circoscrizione di Roma per le prossime elezioni regionali nel Lazio incassa il terzo no: dopo quello della corte d'appello che non aveva ammesso la lista e quello del Tar che in attesa di discutere del caso il prossimo 6 maggio non ha ritenuto di riammettere in via cautelativa il partito di Berlusconi, è ora di nuovo l'ufficio elettorale circoscrizionale del tribunale di Roma, che già aveva detto no dopo la mancata presentazione della lista entro i termini di legge, a sbarrare la porta al Popolo della Libertà.

LA "SECONDA VOLTA" - La nuova documentazione per l'ammissione della compagine pidiellina era stata depositata ieri, in virtù del decreto "salva liste", dopo che i delegati del Popolo della libertà non erano riusciti a presentarla il 27 febbraio scorso per un ritardo di 45 minuti. In base al decreto interpretativo varato nei giorni scorsi dal governo in una seduta straordinaria - che prevedeva tra l'altro che la sola presenza di esponenti della lista negli uffici deputati al ricevimento delle liste fosse condizione sufficiente per ammetterla anche se la documentazione fosse arrivata in un momento successivo - gli esponenti del Pdl ritenevano di poter riconquistare l'accesso alla competizione elettorale. Invece il tribunale ha deciso diversamente.

IL "BUCO" DI 7 ORE - Non sono però ancora state rese note le motivazioni. Secondo una interpretazione, alla base della decisione ci sarebbe un "buco" di quasi sette ore, quello tra la scadenza prevista per la consegna delle liste e l'orario in cui la lista provinciale del Pdl è stata effettivamente affidata ai carabinieri. Questa forbice temporale avrebbe determinato la non riammissione. A quanto si apprende, la motivazione dei giudici dice che il decreto del governo sarebbe applicabile nei casi in cui, con certezza, la documentazione non sia stata modificata dopo le 12. I delegati Pdl non avrebbero consegnato ai carabinieri nè la documentazione nè al momento in cui gli stessi rappresentanti del partito sostengono che questo sia stato loro impedito nè alle 17 quando l'hanno portata via per poi riconsegnarla alle 19,30. Il problema, dunque, sembrerebbe consistere nel fatto che tra le 12 e le 19 non c'è certezza che la documentazione presentata non sia poi stata alterata.

LA "FUGA" DEI PRESENTATORI - Secondo quanto riferito dai cronisti presenti sul posto, i presentatori della lista Pdl di Roma, una volta ricevuta la decisione dell'ufficio elettorale circoscrizionale del Lazio, hanno lasciato il Tribunale, prima che la notizia della non ammissione trapelasse, senza riferire l'esito, inseguiti dai giornalisti fino a piazzale Clodio, protetti da un cordone di forze dell'ordine. E' però bastato poco per capire quale fosse stato il responso. "Stiamo ora lavorando per predisporre l'appello al Consiglio di Stato" dicono gli avvocati del Pdl che intendono così impugnare l'ordinanza del Tar del Lazio che aveva respinto il ricorso sostenendo che, essendovi in materia una legge regionale, non può essere un provvedimento del governo a determinare l'ammissibilità della lista. "Se la motivazione è sul fatto - ha fatto invece notare uno dei legali del Pd, Gianluigi Pellegrino, dopo la decisione dell'Ufficio elettorale di non ammettere la lista Pdl provinciale di Roma - rappresenta la conferma di ciò che è già stato detto dal Tar e contro i fatti è inutile polemizzare".

LE PRIME REAZIONI - "Chiediamo di verificare anche la regolarità delle liste che sostengono la Bonino - ha detto subito dopo la diffusione della notizia l'esponente del pdl, l'ex ministro Mario Baccini - . Si sta consumando un vero e proprio esproprio della sovranità popolare. Sia chiaro che non rinunceremo ai nostri simboli e a fare campagna elettorale. Su questa inquietante storia di esclusione della lista del Popolo delle libertà a Roma è necessario fare chiarezza". "Come volevasi dimostrare - ha fatto invece notare il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro - hanno emanato un decreto dannoso per la credibilità delle istituzioni ed inutile. Infatti, dove era possibile le liste sono state riammesse senza bisogno di alcun decreto, invece, dove non era possibile, nulla poteva e può cambiare il corso degli eventi". "Speriamo - ha aggiutno - che questa batosta sia servita loro da lezione. La smettano, dunque, di rincorrere provvedimenti e abusi che metterebbero seriamente a rischio la democrazia, costringendoci a scendere in piazza per buttare fuori dal palazzo il Benito nostrano. Soprattutto si vergognino per la brutta figura che hanno fatto fare al Capo dello Stato e speriamo che questa lezione serva anche a lui per la prossima volta".

Redazione online

09 marzo 2010

 

 

 

La mobilitazione il 20 marzo a Roma. Calderoli: "Il popolo rovescerà il regime"

Berlusconi attacca: "Sopruso violento"

Videomessaggio ai promotori della libertà: "Grande manifestazione il voto". Bersani: "Apprendisti stregoni"

Berlusconi in un videomessaggio ai "Promotori della libertà"

ROMA - Berlusconi vuole andare al contrattacco. La vicenda delle liste sta avendo contraccolpi sulla credibilità del partito e il premier vuole riprendere in mano la situazione senza stare ad aspettare la conclusione di tutto l'iter giuridico amministrativo sulla riammissione delle liste escluse, in particolare quella del Pdl per la circoscrizione di Roma, che ha incassato il terzo no e le cui speranze sono ora affidate all'appello che sarà presentato al Consiglio di Stato. Il Cavaliere ha convocato un vertice a Palazzo Grazioli martedì pomeriggio, confrontandosi con i coordinatori del partito e con la candidata Renata Polverini e il sindaco della Capitale, Gianni Alemanno. E al termine ha fatto sapere di volere riprendere l'iniziativa. Un dirigente del partito ha parlato di "fuochi artificiali in vista" e lo stesso capo del Pdl ha fatto annunciare una sua conferenza stampa per mercoledì mattina dalla sede del partito di via dell'Umiltà. Una sede politica, insomma, e non istituzionale.

"SOPRUSO VIOLENTO" - In ogni caso è già stata annunciata una grande mobilitazione e con tutta probabilità sarà questo uno dei temi affrontati durante l'incontro con i cronisti ."Cari promotori della Libertà - dice lo stesso Berlusconi in un videomessaggio che sarà messo on line sul sito della nuova organizzazione coordinata da Michela Vittoria Brambilla -, presto vi darò appuntamento per una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà". La mobilitazione sarebbe già in cantiere per il 20 marzo, forse in piazza San Giovanni. "Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia - spiega ancora il Cavaliere -. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. È un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia". Il riferimento è sia alla mancata ammissione della lista, sia all'esito negativo del ricorso al Tar. "Così -prosegue Berlusconi- le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio".

LE REAZIONI - Intanto si accende il dibattito politico. "Siamo di fronte a degli apprendisti stregoni - sottolinea il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - . Si dimostra che le divisioni e le forzature del Pdl hanno prodotto e stanno producendo solo inutili strappi alle regole e molta confusione" "E' triste che Bersani e compagni siano lieti per un atto di prepotenza ai danni di tanti elettori- ha detto il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone -. Ma non si illudano: gli elettori travolgeranno timbri e cavilli". - "La Costituzione prevede il diritto-dovere del voto a tutti e questo vuol dire democrazia - ha invece commentato Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie della Lega Nord -. Regime è chi impedisce al popolo di potersi esprimere, non certo chi invece vuole garantire un diritto costituzionale fondamentale. Il popolo saprà capire e quindi cancellare il regime con i suoi sodali, ristabilendo così la democrazia".

09 marzo 2010

 

 

 

Regionali - L’opposizione

Bersani conferma il sì alla piazza Dalemiani e popolari frenano

Veltroni attacca: sbagliato aspettare il Tar, serviva un’iniziativa

Bersani (Ansa)

ROMA — "La manifestazione ormai è stata indetta e si va avanti: tirarsi indietro sarebbe impossibile, anzi, non avrebbe senso, tanto più dopo la sentenza del Tar del Lazio che ci dà ragione": Pier Luigi Bersani tira dritto. Il segretario del Pd sa bene che questa iniziativa può essere foriera di complicazioni per il suo partito, perché ritrovarsi in una piazza che contesta il capo dello Stato sarebbe a dir poco imbarazzante. Ma ormai la macchina è partita ed arrestarla non è possibile. A dire il vero ci aveva provato Massimo D’Alema, l’altro ieri sera, al coordinamento, con una proposta: "Bisognerebbe fare più manifestazioni". Una soluzione, quella indicata dal presidente del Copasir, che avrebbe evitato al Pd l’imbarazzo di una grande sfilata, ripresa da tutti i telegiornali, in cui Bersani e gli altri dirigenti del partito scendono fianco a fianco con Antonio Di Pietro che lancia i suoi strali all’indirizzo di Giorgio Napolitano. Anche se il leader dell’ Italia dei Valori ieri non ha infierito più di tanto, anzi ha messo la sordina alle sue polemiche contro il capo dello Stato, la preoccupazione rimane.

Se non altro perché, per dirla con il responsabile Welfare Beppe Fioroni, "Di Pietro fa il suo gioco ed è ovvio che per lui sposare la linea durissima paga, dato che in questo modo può sperare di strappare dei consensi a noi". Già, sondaggi alla mano, anzi sondaggi sulle scrivanie dei massimi dirigenti del Pd, a largo del Nazareno, sanno bene che il movimento di Di Pietro è in fase calante e che per recuperare i voti che latitano l’unica strada è quella di irrigidire le posizioni. Dunque la parola d’ordine al Partito democratico a questo punto è "sobrietà" massima. La auspica Bersani e non solo lui, perché — è sempre Fioroni a parlare — dobbiamo evitare di darci le martellate sulle p....". È per questa ragione che sabato, in piazza, non ci saranno tutti i Pd. Eccezion fatta per quelli la cui assenza si noterebbe per forza, Bersani, per esempio. Il vice capogruppo del Pd al Senato Nicola Latorre ha già fatto sapere che per quel giorno è impegnato. Fioroni lo stesso: "Sarò in Puglia". Ma non saranno gli unici a disertare. Ciò detto, la linea non cambia. Anche perché la minoranza del Pd è piuttosto agguerrita. Walter Veltroni, l’altro ieri, nella riunione del coordinamento ha parlato di "allarme democratico". Per amor di cronaca c’è da aggiungere che in privato l’ex segretario del Pd non ha risparmiato critiche al suo partito: "Avremmo dovuto noi prendere un’iniziativa politica, sin da quando si è aperto il caso delle liste, e non ripetere che aspettavamo il Tar, anche perché si sapeva che sarebbe andata a finire così, che il governo avrebbe preso un provvedimento".

E l’altro ieri sera, al coordinamento, c’era pure Umberto Ranieri. Una presenza insolita la sua, visto che finora non aveva partecipato a quelle riunioni, ma anche una presenza obbligata, visto il filo che lo lega a Napolitano. Non a caso è stato lui, seguito da altri dirigenti del partito — come Enrico Morando e Franco Marini—a sollecitare da parte del Pd una difesa più forte del capo dello Stato. "Attenzione a non finire in bocca a Di Pietro", è stato il suo monito. E su questo l’accordo è stato pressoché unanime. Ma i vertici del partito non si sono spinti oltre: non sono arrivati a dire quel che Ranieri avrebbe voluto sentire: nessun plauso (e applauso) ufficiale del Pd alla decisione di Napolitano di firmare il decreto. Anzi, qualcuno è arrivato a dire che il presidente della Repubblica avrebbe potuto aspettare prima di apporre la propria firma a quel provvedimento.

Maria Teresa Meli

09 marzo 2010

 

 

MARONI AVEVA DETTO: "Se il Tar decide che la lista è fuori, resta fuori nonostante il DL"

Lazio, il Tar ha deciso

A Roma resta fuori la lista Pdl

Respinta la richiesta in cui veniva contestata l'esclusione. Pd: ripristinato il rispetto della legge uguale per tutti

Renata Polverini (Ap)

ROMA - Dal Tar un nuovo brusco stop al Pdl e a Renata Polverini, candidata del centrodestra alle prossime elezioni regionali nel Lazio. I giudici del tribunale regionale hanno respinto la richiesta con cui il Pdl contestava la decisione della Corte d'Appello di escludere la lista di Roma e provincia. I giudici hanno rinviato al 6 maggio l’udienza per discutere il merito del ricorso, spiegando che l’eventuale rinvio alla Corte Costituzionale sulla legittimità del decreto cosiddetto "salva-liste" sarà deciso in quella sede. Il ricorso non è stato dunque respinto ma, allo stesso tempo, le toghe hanno deciso di non riammettere in via cautelativa la lista. Nell'ordinanza con la quale hanno respinto la richiesta di sospensiva da parte del Pdl, i giudici hanno considerato che "non c'è certezza né prova che il delegato del Pdl all'atto della presentazione della lista avesse con sé tutta la documentazione". Inoltre il decreto "salva-liste" non "può trovare applicazione perché la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando le competenze date dalla Costituzione". "A seguito dell'esercizio della potestà legislativa regionale la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio", concludono i giudici.

LISTA, NUOVO ITER - La lista del Pdl per la provincia di Roma potrebbe comunque essere ammessa grazie al nuovo iter avviato in giornata presso l’ufficio elettorale del Tribunale, che ha 24 ore per pronunciarsi sull'accettazione degli elenchi. "Al di là dei passi legali che il Pdl compirà presso il Consiglio di Stato per vedere tutelato il suo diritto a partecipare alle elezioni regionali del Lazio, registriamo che due organi hanno seguito strade diverse" sottolinea Denis Verdini coordinatore nazionale del Pdl dicendosi sicuro che la lista Pdl sarà ammessa: "Mentre il Tar con una decisione che è solo cautelare ha deciso di considerare inefficace il decreto legge interpretativo entrato in vigore sabato, l'ufficio centrale circoscrizionale presso il tribunale ha invece seguito la via ordinaria di applicare una legge dello Stato, permettendo ai nostri delegati di presentare lunedì mattina la lista provinciale di Roma. Siamo dunque convinti che martedì mattina la nostra lista sarà ammessa alla competizione elettorale".

LE REAZIONI - "C'è una legge dello Stato che è in vigore e che il Tar non può dichiarare incostituzionale. Faremo ricorso al Consiglio di Stato contro questa decisione del Tar" ha annunciato l'avvocato Ignazio Abrignani, responsabile elettorale Pdl. Duro il commento del il sindaco di Roma Gianni Alemanno: "Il conflitto tra diverse competenze e procedure sta giungendo a livelli veramente paradossali. Ma tutto ciò non cancella il problema di fondo: il rischio che le elezioni a Roma risultino profondamente alterate dall'assenza della lista del partito di maggioranza relativa". I legali del Pd, dal canto loro, si dicono "assolutamente soddisfatti": "La decisione del Tar accoglie in pieno le ragioni da noi prospettate - spiegano Vincenzo Cerulli Irelli, Federico Vecchio, Francesco Rosi e Gianluigi Pellegrino -. È stato ripristinato il rispetto della legge uguale per tutti nella competizione elettorale, e smascherato l'incauto tentativo di sanare con un dl ciò che non poteva essere sanato. L'unica speranza che il Pdl ha è quella di andare al Consiglio di Stato". E se martedì l'ufficio elettorale accetterà l'ammissione della lista, il Pd farà nuovamente ricorso al Tar. "Se la lista fosse accettata andremo al Tar - spiega Vecchio -, che in questa sentenza ha già spiegato che il decreto del governo nel Lazio non è applicabile". "Per commentare la sentenza del Tar aspetto di conoscerne le motivazioni" è stato invece il laconico commento di Renata Polverini. E la sfidante del centrosinistra Emma Bonino: "Prendo atto di questa decisione, sarà utile vedere le motivazioni. I giudici vadano avanti, chi deve decidere decida". Il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando: "La decisione del Tar del Lazio dimostra il carattere innovativo e non interpretativo di un decreto eversivo e incostituzionale". E Antonio Di Pietro: "Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi" (ascolta l'audio).

BERLUSCONI DIFENDE IL DL - Nessun commento dal Quirinale alla sentenza del Tar. I pronunciamenti giudiziari si rispettano, dicono i collaboratori del presidente Napolitano, e bisogna aspettare che si concluda l'iter previsto. Anche il premier Berlusconi non rilascia dichiarazioni: chiuso ad Arcore, aspetta martedì per intervenire nella questione, con il pronunciamento della commissione elettorale del Tribunale di Roma, che ha accolto il plico con la lista del Pdl. Ma il Cavaliere, si ragiona in ambienti del Pdl, difende a spada tratta, con chi ha avuto modo di sentirlo, il decreto "salva-liste" varato venerdì e firmato dal capo dello Stato. Secondo il premier il governo "è nel giusto", quindi qualsiasi giudizio sull'inapplicabilità del dl è da respingere. La decisione del Tar, è il ragionamento che fanno i fedelissimi del Cavaliere, mette però a tacere chi parlava di golpe da parte del governo. Il pallino, sottolineano, è in mano ai giudici, certo, dipende da quali magistrati capitano. Nel frattempo il ricorso al Consiglio di Stato è pronto, visto che, a giudizio di molti nel partito, il Tar nelle motivazioni della sentenza sarebbe entrato nel merito della questione oltre le proprie competenze. Parallelamente, l'attesa del Pdl è per il pronunciamento di martedì: la commissione elettorale ha accettato le liste, dicono nel partito, che non possono non essere ammesse.

MARONI - "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto" aveva detto prima della sentenza del Tar il ministro dell'Interno Roberto Maroni. Auspicando soprattutto la rapida conclusione del caso liste nelle aule dei tribunali "per evitare di dover rinviare le elezioni". "L’Italia - ha detto Maroni al termine di un incontro con i vertici di Assolombarda - è un Paese in cui ricorsi e controricorsi non si negano a nessuno. Speriamo solo, è l’auspicio che faccio, che tutta questa situazione di incertezza - ha aggiunto il ministro - finisca nel più breve tempo possibile per evitare di rinviare le elezioni".

FUORI LA LISTA FIORE - Il Tar del Lazio ha respinto anche la richiesta con cui Gianguido Saletnich e Valentino Camponeschi avevano contestato l'esclusione della lista "Roberto Fiore presidente" dalla consultazione. Il listino collegato alla candidatura a presidente della regione del leader di Forza Nuova era stato respinto definitivamente dalla Corte d'Appello di Roma il 2 marzo, sul presupposto che il delegato alla presentazione della lista non sarebbe stato munito di delega autenticata da un notaio e che non ci sarebbe stata nella lista la rappresentanza di entrambi i sessi in pari misura.

LA MOBILITAZIONE - Si è allargato, nel frattempo, il fronte delle Regioni decise a impugnare di fronte alla Corte Costituzionale il decreto "salva-liste". Dopo il Lazio, che domenica ha fatto da apripista, si sono fatte avanti lunedì Piemonte e Toscana. Entrambe governate dal centrosinistra e chiamate al voto il 28 e 29 marzo. Sembra esser tornato, intanto, il sereno, dopo la tensione dei giorni scorsi, tra il Pd e l'Idv, che sabato manifesteranno a piazza del Popolo insieme a tutti i partiti dell'opposizione, tranne l'Udc. Le parole d'ordine della manifestazione, che comincerà alle 14 in piazza del Popolo, saranno democrazia, legalità e lavoro: la protesta contro il dl salva-liste si coniugherà con la denuncia dell'inadeguatezza del governo di fronte alla crisi economica. Il Pd non vuole fare "una manifestazione contro il presidente della Repubblica" ha però precisato Massimo D'Alema. L'esponente dei democratici ha sottolineato che anche l'Udc "che pure sostiene la Polverini nel Lazio ed è schierato con il centrodestra, è critico verso il decreto". "Abbiamo rivolto a Di Pietro - ha aggiunto - un caldo invito a ragionare", anche perché il Quirinale "è un punto delicato di garanzia. Ci mancherebbe altro che ci mettessimo noi a destabilizzare". Secondo D'Alema inoltre l'attacco al presidente della Repubblica "indebolisce la critica a chi la merita, cioè il presidente del consiglio Berlusconi. La responsabilità politica di quell'atto è del governo". "L'importante - ha concluso - è che si dia voce al sentire del paese e che ci sia una battaglia congiunta in parlamento".

TENSIONE BONINO-POLVERINI - In mattinata non è passata inosservata l'assenza di Renata Polverini alla Tribuna elettorale di Raitre organizzata per le 9.30. "Non è potuta venire per un impegno, e si scusa, ma sarà presente al confronto fissato il 22 marzo", dice la conduttrice della trasmissione. Nello studio, quindi, ci sono solo Emma Bonino del centrosinistra e Marzia Marzoli della Rete dei cittadini. Secco il commento della leader radicale: Polverini "è stata creata da Ballarò", dove è andata "diciotto volte in tre anni: credo giustamente pensi che gli spazi alle nove e mezza della mattina non siano abbastanza utili. Invece penso che parlare a chi ci ascolta anche alle nove e mezza della mattina sia un dato importante perchè la democrazia riguarda tutti, solo i prepotenti non hanno bisogno di regole. I cittadini onesti - conclude - hanno bisogno di regole e bisogna che le istituzioni le rispettino". Per Bonino, quindi, "l'assenza di questa mattina è un atto di scortesia verso gli ascoltatori ed è irrispettosa nei confronti delle candidate. D'altronde è chiaro che loro non hanno bisogno di essere qui, hanno occupato Tg1, Tg2, Rai, Mediaset e perfino la radio, come dimostrano i dati".

Redazione online

08 marzo 2010

 

 

di pietro: "Il Cavaliere? fa come il marchese del Grillo". Il Pdl: "Ora fuochi artificiali"

Caos liste nel Lazio, vertice da Berlusconi

Pannella: "Spostare il voto di un mese"

Dopo la bocciatura del Tar la parola all'ufficio elettorale. Bersani dice no al rinvio: "Sarebbe un altro pasticcio"

Pannella e Bonino (Lapresse)

ROMA - Nel Lazio è ancora caos liste. All'indomani della bocciatura del Tar, che non ha riammesso la lista del Pdl Roma, i riflettori sono ora puntati sull'ufficio elettorale del Tribunale, al quale lunedì è stata consegnata ex-novo la documentazione e che deciderà in giornata sull'ammissione o meno della lista alle prossime Regionali. "L'ordinanza del Tar vincola tutte le parti del processo, quelli che hanno perso e quelli che hanno vinto, e in particolare l'ufficio circoscrizionale elettorale, a rispettarla" dicono i legali del Pd. Dal canto loro, gli esponenti del centrodestra confidano nel nuovo iter, ritenendo di aver risolto il caso con il varo del decreto interpretativo e sperando dunque che l'ufficio centrale circoscrizionale non segua l'orientamento del Tar secondo il quale, fra l'altro, il decreto non può essere applicato perché la Regione ha una sua legge elettorale. Tra le file della maggioranza l'ipotesi di un rinvio del voto in Lazio si fa sempre più insistente. "Sono sereno perché‚ penso che il Consiglio di Stato, nella sua giurisprudenza, privilegia il diritto degli elettori al voto e, dunque, si andrà verso un ripristino della lista e un conseguente rinvio delle elezioni" ha scritto in una nota il ministro per l'Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi.

IL VERTICE CON BERLUSCONI - Ma è una posizione, quella del ministro, che per il momento non viene avallata dal capo del partito, Silvio Berlusconi. Presso la residenza di Palazzo Grazioli si è svolto nel pomeriggio un vertice a cui hanno partecipato i coordinatori del Pdl, la candidata per il Lazio Renata Polverini e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Al termine del vertice è stato concordato, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, che a questo punto la parola torni alla politica e, a prescindere dalle decisioni dei vari tribunali, è arrivato il momento di pensare al voto. "Ora vedrete dei bei fuochi d'artificio" ha riferito un dirigente del partito al termine dell'incontro. Per quanto riguarda la decisione se ricorrere o meno al Consiglio di Stato in caso di non ammissione della lista presentata ieri dal Pdl, questa viene lasciata ai legali del partito. Quello che conta, avrebbe sottolineato il premier, è che ora tutti si concentrino sulla campagna elettorale.

PANNELLA: "RINVIO DI UN MESE" - Dalla decisione del tribunale è comunque vincolata ogni scelta conseguente. Anche i Radicali sono d'accordo con il rinvio della competizione elettorale, ma in tutte le regioni italiane. Riuniti in assemblea nazionale per fare il punto sulle iniziative da intraprendere dopo l'approvazione del decreto "salva-liste", hanno proposto una sanatoria per le firme delle liste già presentate e il rinvio del voto di un mese. "Per sanare una situazione pregressa proponiamo il rinvio del voto di un mese perché altrimenti la campagna elettorale non è legale - dice Marco Pannella durante l'assemblea nazionale del partito -. È necessario dare la possibilità a tutti, non solo al Lazio e alla Lombardia, di votare correttamente e legalmente". Dello stesso avviso è Marco Cappato, candidato in Lombardia, che ha sottolineato "la necessità di riconquistare il diritto di andare a un voto democratico. Non proponiamo un ritiro delle candidature, ma un rinvio, uno spostamento del voto per riportare la situazione alla legalità". Pannella ha quindi sottolineato di essere contrario all'ipotesi del ritiro di Emma Bonino, "anche perché non mi sembra tecnicamente possibile".

"PASTICCIO SU PASTICCIO" - Assolutamente contrario all'ipotesi di un rinvio del voto è invece il Pd. "Per l'amor di Dio, sarebbe un altro pasticcio - dice Pierluigi Bersani -. Hanno sommato turbamenti a turbamenti, pasticci a pasticci. Vuole il centrodestra raffreddare la testa e riposarsi un attimo? È ora che i ministri smettano di avanzare ipotesi. C'è una scadenza elettorale ed operazioni di validazione in corso. Punto" ha tuonato il segretario dei democratici, motivando con queste parole la sua contrarietà dei democratici all'ipotesi di rinvio del voto nel Lazio. "Come si vede il pasticcio si ingrossa. Volevano farsi una norma su misura e hanno sbagliato anche la misura" ha aggiunto Bersani, attaccando il governo dopo che il Tar ha escluso la lista del PdL nel Lazio. "Quello che denuncio con più forza - ha detto il leader Pd al termine della riunione del gruppo del Pd che ha deciso di fare ostruzionismo in Parlamento - è che pasticcio dopo pasticcio la maggioranza e il governo stanno impedendo al Paese di parlare dei suoi problemi". Per questo, ha aggiunto Bersani, "useremo la nostra mobilitazione di sabato non solo per protestare ma anche per affermare che le priorità del Paese sono democrazia e lavoro".

IDV ALL'ATTACCO - "Berlusconi fa come il marchese del Grillo: siccome comando io, mi faccio la legge come voglio io... E il presidente della Repubblica che gli va appresso..." è l'attacco di Antonio Di Pietro, intervistato su Sky Tg24. Il leader dell'Idv ha assicurato che con il Pd si andrà in piazza "insieme con grande determinazione". La decisione del capo dello Stato di firmare il decreto "salva-liste" non è stato "un comportamento corretto", ma "da oggi in poi Italia dei valori vuole evitare che puntando l'attenzione sul Quirinale si distrae l'attenzione sull'assassino della legalità, che è Berlusconi". Il leader dell'Idv ha quindi paragonato "Benito Mussolini e Benito Berlusconi: sono la stessa cosa. Se vinciamo due a zero farà una legge secondo la quale lo zero vince sul due, sono cose che faceva Mussolini". Affondo sul presidente della Repubblica invece da parte di Luigi de Magistris: "Napolitano non sta facendo in realtà nulla per impedire lo svuotamento della Costituzione e non usa gli strumenti che la Carta gli affida per arginare il costante abuso del diritto" scrive l'ex pm sul suo blog, sostenendo che il Colle sta in questo modo "avallando l'attuazione del piano di rinascita democratica ideato da Gelli ed oggi realizzato dal premier piduista Berlusconi".

"FINITELA!" - D'altra parte, il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi, in una nota si rivolge duramente all'opposizione: "Adesso basta! Finitela! Abbassate le grida, le urla, gli strepiti. Smettetela di mettere in scena l'ennesimo massacro delle istituzioni, della democrazia, della Costituzione. Non vi accorgete che in questo modo state davvero martoriando questo povero Paese?". "Che cosa volete - chiede Bondi? - Volete che il Pdl venga escluso dalle elezioni? Volete vincere a tavolino le elezioni? E volete pure fare una bella manifestazione per mettere sotto accusa il partito di maggioranza relativa?", chiede il ministro dei Beni Culturali. "Recuperate un poco di ragionevolezza - è l'invito di Bondi -, fate valere un minimo di ragionamento politico, mantenete almeno un briciolo di rispetto per le istituzioni. Siamo capaci anche noi, se lo volessimo, di fare delle belle manifestazioni, di fare lo sciopero della fame, ma siamo troppo preoccupati dello stato della nostra democrazia e del futuro di questo Paese, per scendere al vostro livello", conclude.

VERTICE PDL A ROMA - In queste ore è in corso a Palazzo Grazioli un vertice del Pdl sulle Regionali nel Lazio. Nella residenza romana del premier Silvio Berlusconi sono presenti tra gli altri la candidata governatrice del centrodestra Renata Polverini, i tre coordinatori nazionali del Pdl, Sandro Bondi, Denis Verdini e Ignazio La Russa, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso.

IL TAR DELLA LOMBARDIA RIAMMETTE LISTA FORMIGONI - Intanto la quarta sezione del Tar Lombardia ha riammesso la lista che fa capo al governatore uscente Roberto Formigoni. Il tribunale presieduto da Adriano Leo "ha accolto i ricorsi e annullato gli atti impugnati dichiarando ammessa la lista "Per la Lombardia" alla competizione elettorale del 28-29 marzo 2010". "Non abbiamo fatto alcun discorso sul decreto del governo e la nostra decisione prescinde da quel decreto" ha spiegato il presidente della quarta sezione del Tar della Lombardia alle parti dopo aver dichiarato la riammissione della lista di Roberto Formigoni alle elezioni regionali. "Ancora non ho nemmeno voluto leggere la copia del decreto", ha aggiunto Leo, spiegando alle parti che la decisione odierna del Tar della Lombardia prescinde dal decreto salvaliste del governo emanato nei giorni scorsi.

Redazione online

09 marzo 2010

 

 

 

Il capo del governo Giornata ad Arcore e pranzo con i figli

Sconcerto del premier

E aumenta il timore di perdere consensi

Il Cavaliere sicuro della correttezza di questa misura

Il capo del governo Giornata ad Arcore e pranzo con i figli

Sconcerto del premier

E aumenta il timore di perdere consensi

Il Cavaliere sicuro della correttezza di questa misura

Alemanno, Berlusconi, Polverini (Infophoto)

Alemanno, Berlusconi, Polverini (Infophoto)

ROMA — Era sicuro di aver risolto il problema. "Ho messo le cose a posto", la convinzione esternata di ritorno da Roma, due giorni fa, dopo lo scontro con Napolitano, l'estenuante trattativa sul decreto legge, l'incomunicabilità con l'opposizione. Ieri invece la doccia fredda. Il giudice amministrativo non solo boccia le ragioni del centrodestra, ma schiaffeggia anche la competenza giuridica degli uffici (in primo luogo di Palazzo Chigi) che al decreto salva-liste hanno lavorato. La legge interpretata in modo autentico, dice il Tar, è quella sbagliata. Si doveva mettere una pezza al pasticcio e invece si profila un pasticcio ulteriore.

Di fronte a una tale confusione il presidente del Consiglio resta in silenzio. Filtra lo sconcerto per una decisione inattesa, la fiducia per la decisione che potrà eventualmente prendere il Consiglio di Stato, la necessità, in primo luogo, di attendere la decisione dell'ufficio elettorale, che potrebbe ancora una volta ribaltare la situazione. Su tutto, e Berlusconi ne è consapevole, aleggia in modo insistente l'eventualità di un rinvio del voto, almeno nel Lazio. Ieri il capo del governo ha trascorso la giornata ad Arcore. Pranzato, sembra, con alcuni rappresentanti delle sue aziende, con i figli. Trascorso parte del pomeriggio fra appuntamenti politici e studio dell'agenda della campagna elettorale. Campagna che non può partire, né essere modulata sino in fondo, se il pasticcio delle liste non verrà chiarito. Sino a ieri pomeriggio c'era l'esigenza di dover recuperare tre punti percentuali persi dal Pdl negli ultimi giorni. Ora l'emorragia potrebbe anche aggravarsi, ma ovviamente non c'è modo di intervenire sino a quando non ci sarà una soluzione definitiva.

Nello staff del premier si consolano affermando che la decisione del Tar fa piazza pulita di tante accuse ricevute in questi giorni: in testa, la più grave, quella di aver compiuto in sostanza un colpo di Stato, varando il decreto, modificando una regola chiave della democrazia, ovvero che le norme non possono essere interpretate a proprio piacimento e a corsa iniziata. Ovviamente la decisione del Tar autorizza Palazzo Chigi a dire che non c'è stato nulla di tutto questo, che l'indipendenza dei giudici non è stata scalfita, che nessuno in fondo ha deciso nulla visto che la decisione finale — come si è visto — spetta sempre a una toga. È un modo curioso di consolarsi, mentre la notte passerà nella speranza che la decisione di oggi, dell'ufficio elettorale, possa portare sprazzi di sereno. E nella convinzione, dice chi ieri ha sentito il premier al telefono, che il decreto legge emanato dal presidente della Repubblica è giusto, corretto e perfettamente applicabile al caso in questione. Non c'è in ballo soltanto la questione del Lazio, ma la credibilità della competenza giuridica di parecchie persone che al testo hanno lavorato e che il Tar ha in qualche modo giudicato, almeno giuridicamente, sprovvedute.

Marco Galluzzo

09 marzo 2010

 

 

 

 

Dietro le quinte Gianni Letta chiede agli interlocutori di pazientare

Nel partito malumore

per la "norma autogol"

Tutte le speranze ora si concentrano sul Consiglio di Stato. Fini: che figura

 

Magari in extremis il Pdl riuscirà a presentare la lista nel Lazio, magari non ci sarà bisogno di ricorrere al rinvio delle elezioni, ma è proprio il ricorso all’appiglio leguleio che sta arrecando gravi danni d’immagine al centrodestra. E che l'immagine del Pdl sia compromessa lo si intuisce dal modo in cui Fini ieri ha accolto la sentenza del Tar: "Che figura". La battuta del presidente della Camera non è solo dettata dalla preoccupazione di veder compromessa in queste condizioni la corsa della Polverini nel Lazio, ma perché sa che la politica segna il proprio fallimento quando degrada ad una disputa tra azzeccagarbugli. Al pari dell'inquilino di Montecitorio anche Berlusconi ne è consapevole, lui che appena qualche giorno fa aveva avvisato lo stato maggiore del Pdl di un calo nei sondaggi, siccome nell'immaginario collettivo era passata l'idea che "non siamo nemmeno in grado di presentare delle liste". Con il decreto confidava di aver chiuso il conto, invece la sentenza del Tar non solo ha riaperto il caso ma soprattutto è stata valutata come una bocciatura dell'esecutivo, che si sarebbe fatto una sorta di "autogol". Così prende corpo un rischio ulteriore e se possibile ancor più devastante, e cioè che l'opinione pubblica si convinca dell'incapacità del governo di varare un decreto che produca effetti.

Poco importa se davvero in mattinata i cofondatori del Pdl fossero ottimisti, e se ieri sera lo scoramento misto a una forte arrabbiatura avessero preso il sopravvento. Al telefono Gianni Letta ha chiesto ai suoi interlocutori di pazientare. Bisognerà intanto capire se il provvedimento — voluto dal premier e controfirmato dal capo dello Stato — sarà in grado di reggere a fronte di un ricorso del Pd contro un'eventuale decisione della corte d'Appello di accogliere la nuova presentazione della lista del Pdl. Ma su questo nessuno fa più affidamento: la bocciatura sembra assicurata. Le speranze — a quanto si dice ben riposte — sono invece affidate al Consiglio di Stato: se annullasse la sentenza del Tar, la Bonino e il Pd non potrebbero presentare ulteriore appello. E il Pdl potrebbe vincere la sfida nel Lazio. Chissà se davvero stanno così le cose, in pochi sono riusciti a seguire Letta nel dedalo del ragionamento, perché nessuno si è mai trovato dinanzi a un simile caos giuridico. Figurarsi gli elettori. Il Cavaliere lo sa. Nei suoi amatissimi sondaggi ha visto crescere in una settimana il senso di disorientamento che i dirigenti locali del Pdl — così come quelli della Lega — hanno verificato sul territorio. La preoccupazione è che di questo passo la flessione nei consensi possa essere superiore ai tre punti finora registrati. Troppo forte lo "scossone" determinato anche nell'opinione pubblica di centrodestra dal braccio di ferro sul decreto, perché l'idea di modificare le regole del gioco a gioco in corso non è stata gradita, ha dato l'idea che ci sia una categoria di "intoccabili" a cui tutto è permesso. Mentre cresce l'aspettativa sull'azione di governo.

Di qui il danno d'immagine per l'esecutivo, dunque per il Cavaliere. Ma anche Fini rischia un contraccolpo, e non solo perché il presidente della Camera è stato "collaborativo" — definizione del premier — nel trovare la soluzione del caos delle liste con il decreto, ma soprattutto perché un'eventuale esclusione del Pdl nel Lazio minerebbe la roccaforte di An, con il rischio in prospettiva di un effetto domino sul Campidoglio, guidato oggi da Alemanno. C'è il futuro in ballo, insieme a un presente poco roseo per via di un incrudimento dei rapporti in Parlamento con i democratici, pronti all'ostruzionismo alla Camera sul decreto salvaliste, e intenzionati a dar battaglia in Senato sul legittimo impedimento caro a Berlusconi. È chiaro che il Pd vuole approfittare del momento. Ma "che figura" per il Pdl se il decreto che ha scatenato tutto non è nemmeno servito a nulla.

Francesco Verderami

09 marzo 2010

 

 

 

 

I decreti

La linea di Napolitano:

tutte le sentenze vanno rispettate

Dubbi del Colle sull'ipotesi di rinviare le urne

ROMA — "Le sentenze vanno rispettate. Tutte e sempre". E' così che rispondono al Quirinale a chi chiede un commento dopo la sentenza del Tar del Lazio, ieri sera, in cui si respinge il ricorso del Pdl per ottenere una sospensiva. Una replica fredda e comprensibilmente un po' infastidita, visto che accettando (al termine di un'aspra prova di forza giuridico-politica) l'iniziativa del governo per salvare le proprie liste, Giorgio Napolitano si era esposto a polemiche e attacchi.

Napolitano (Ansa)

Fino alla minaccia di impeachment agitata da Antonio Di Pietro. Così, l'unica replica che si concede l'entourage del capo dello Stato è un invito a "leggere i fatti" su un doppio livello. Il primo dei quali spiega il successivo: 1) il decreto-legge firmato sabato notte era "meramente interpretativo", come precisato più volte, a differenza del primo progetto che alterava la normativa e che il presidente della Repubblica ha bocciato senza appello perché "manifestamente incostituzionale"; 2) il provvedimento presentato successivamente e approvato, invece, non era parso gravato dagli stessi vizi "palesi", e infatti rimetteva alla magistratura il giudizio di merito, limitandosi a indicare una possibilità di orientamento.

Ecco perché Napolitano non ha nulla da eccepire sulla decisione del Tribunale amministrativo del Lazio. Che oltretutto, nell'escludere la lista del Pdl dalla provincia di Roma, si è espresso nella propria intangibile indipendenza e autonomia. L'escamotage al quale si era aggrappato il governo non ha funzionato. E la ferita aperta da quel braccio di ferro ha lasciato qualche traccia pure nei dintorni del Colle. Dove naturalmente si aspetta che si completi l'iter dei ricorsi, ma senza credere davvero alla possibilità di una vera sorpresa. Dopotutto, come puntualizza citando un pronunciamento della Corte costituzionale l'avvocato Gianluigi Pellegrino, legale del Pd su questa trincea, "se l'ufficio elettorale accogliesse la presentazione avvenuta ieri, condannerebbe a morte la legittimità delle elezioni, perché assumerebbe un atto che già il Tar ha evidenziato come illegittimo". Anche l'ipotesi di aggirare il problema con un rinvio del voto (in Lazio o in tutt'Italia) non viene considerata praticabile, al Quirinale. E' uno scenario che rientrerebbe in quella "soluzione politica" definita dal capo dello Stato come "difficile", in quanto "dovrebbe pur sempre tradursi in soluzione normativa". Cosa che i tempi ristrettissimi e il duro conflitto politico non lasciano ritenere praticabile. Insomma: si naviga a vista.

A Palazzo Chigi, a Montecitorio e pure sul Colle. Aspettando gli eventi, Napolitano si concede qualche battuta, durante un discorso sulla "festa delle donne", dalla quale affiorano i temi caldi del momento. "Io non faccio sondaggi", dice a chi gli domanda se crede che gli italiani abbiano capito perché ha firmato il contestato decreto. "So solo che il messaggio con cui ho replicato a due cittadini è stato utile ed è servito. Ho preferito una comunicazione diretta, senza intermediazioni". Poi, in contesto diverso, aggiunge con un cenno che suona autobiografico: "Una democrazia rispettabile è il luogo dove per essere buoni cittadini non occorre esercitare nessun atto di coraggio". Ed evoca il vero cemento del Paese: la Carta costituzionale. La sua guida, lascia intendere. "Al di là di ogni differenza di modi di pensare e di posizioni politiche, profonda è tra gli italiani la condivisione di quel patrimonio di valori e principi". Auguro a tutti, conclude allusivo, rivolto ai giovani, di realizzarsi moralmente. Un'opportunità che dipende anche dal contesto di crescita, dalle famiglie, ma anche dalle classi dirigenti, "dall'esempio offerto da tutti coloro che occupano posizioni di rilievo nella società civile e nello Stato".

M. Br.

09 marzo 2010

 

 

 

 

Pasticcio (parte seconda)

Pasticcio (parte seconda)

La sensazione sconfortante è che il decreto sulle liste elettorali alla fine rischi di non servire a nulla. Finora non ha salvato quella del Pdl in provincia di Roma; e le altre due, di Roberto Formigoni in Lombardia e di Renata Polverini nel Lazio, sono state riammesse comunque dalla magistratura dopo i ricorsi. Insomma, la forzatura voluta dal centrodestra si è scontrata con il primato della legge regionale. La decisione presa ieri dal Tribunale amministrativo del Lazio complica la strategia di palazzo Chigi. Non è da escludersi per oggi un colpo di scena all’Ufficio elettorale di Roma, in attesa del Consiglio di Stato. Ma rimane la somma di pasticci giuridici e politici che la maggioranza è riuscita ad accumulare nella sua fretta di rimediare agli errori. L'obiettivo di far votare tutti era e rimane giusto. Il modo in cui Silvio Berlusconi e la sua coalizione hanno cercato di perseguirlo si è rivelato subito così segnato dall'affanno da diventare scomposto. Il provvedimento è stato chiesto e ottenuto dal Quirinale dopo un duro braccio di ferro, scartando soluzioni condivise arrivate anche su queste colonne. Il risultato accresce confusione e tensioni; e rispedisce intatta la questione ai mittenti. Le conseguenze più gravi, però, probabilmente sono altre. Intanto, il centrodestra non è riuscito ancora a garantire che ognuno possa esercitare il proprio diritto di voto: sebbene si tratti in primo luogo di sostenitori del Pdl. In più, questa vicenda a metà strada fra disprezzo delle regole e farsa ha l'effetto di dilatare l'immagine di una nomenklatura a dir poco pasticciona: incapace di dare soluzioni accettabili anche a problemi che dovrebbero essere i "fondamentali " delle sue competenze. Ormai non si tratta più soltanto delle liste respinte per irregolarità e ritardi. C'è anche il decreto legge fortemente voluto da Berlusconi e controfirmato dopo molte resistenze e limature dal presidente della Repubblica. Quando esponenti del governo rivelano con un candore sconcertante che non si aspettavano la decisione presa dal Tar, aggiungono perplessità a perplessità sulla strategia adottata dalla maggioranza. E questo mentre cominciano a circolare voci su un possibile rinvio delle elezioni regionali nel Lazio: indizi di una situazione che si cerca di riportare sotto controllo. Ma a dover preoccupare non è tanto l'eccesso di potere sfoggiato dal governo: il "golpe" inesistente evocato da un'opposizione rapida solo a imboccare la scorciatoia della "piazza" rivela in realtà un'imprevista fragilità del centrodestra. A colpire, semmai, è il vuoto che accomuna gli schieramenti; e la difficoltà a ritrovare un baricentro che rassicuri l'opinione pubblica. Il disorientamento nasce dalla sproporzione fra il problema tutto sommato minore delle liste e l'enormità del caos che ne è scaturito. Nessun nemico della Seconda Repubblica sarebbe riuscito ad inventare un piano per delegittimarla più perfetto di questa manifestazione involontaria di dilettantismo.

Massimo Franco

09 marzo 2010

 

 

 

 

 

MARONI AVEVA DETTO: "Se il Tar decide che la lista è fuori, resta fuori nonostante il DL"

Lazio, il Tar ha deciso

A Roma resta fuori la lista Pdl

Respinta la richiesta in cui veniva contestata l'esclusione. Pd: ripristinato il rispetto della legge uguale per tutti

ROMA - Dal Tar un nuovo brusco stop al Pdl e a Renata Polverini, candidata del centrodestra alle prossime elezioni regionali nel Lazio. I giudici del tribunale regionale hanno respinto la richiesta con cui il Pdl contestava la decisione della Corte d'Appello di escludere la lista di Roma e provincia. I giudici hanno rinviato al 6 maggio l’udienza per discutere il merito del ricorso, spiegando che l’eventuale rinvio alla Corte Costituzionale sulla legittimità del decreto cosiddetto "salva-liste" sarà deciso in quella sede. Il ricorso non è stato dunque respinto ma, allo stesso tempo, le toghe hanno deciso di non riammettere in via cautelativa la lista. Nell'ordinanza con la quale hanno respinto la richiesta di sospensiva da parte del Pdl, i giudici hanno considerato che "non c'è certezza né prova che il delegato del Pdl all'atto della presentazione della lista avesse con sé tutta la documentazione". Inoltre il decreto "salva-liste" non "può trovare applicazione perché la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando le competenze date dalla Costituzione". "A seguito dell'esercizio della potestà legislativa regionale la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio", concludono i giudici.

LISTA, NUOVO ITER - La lista del Pdl per la provincia di Roma potrebbe comunque essere ammessa grazie al nuovo iter avviato in giornata presso l’ufficio elettorale del Tribunale, che ha 24 ore per pronunciarsi sull'accettazione degli elenchi. "Al di là dei passi legali che il Pdl compirà presso il Consiglio di Stato per vedere tutelato il suo diritto a partecipare alle elezioni regionali del Lazio, registriamo che due organi hanno seguito strade diverse" sottolinea Denis Verdini coordinatore nazionale del Pdl dicendosi sicuro che la lista Pdl sarà ammessa: "Mentre il Tar con una decisione che è solo cautelare ha deciso di considerare inefficace il decreto legge interpretativo entrato in vigore sabato, l'ufficio centrale circoscrizionale presso il tribunale ha invece seguito la via ordinaria di applicare una legge dello Stato, permettendo ai nostri delegati di presentare lunedì mattina la lista provinciale di Roma. Siamo dunque convinti che martedì mattina la nostra lista sarà ammessa alla competizione elettorale".

LE REAZIONI - "C'è una legge dello Stato che è in vigore e che il Tar non può dichiarare incostituzionale. Faremo ricorso al Consiglio di Stato contro questa decisione del Tar" ha annunciato l'avvocato Ignazio Abrignani, responsabile elettorale Pdl. Duro il commento del il sindaco di Roma Gianni Alemanno: "Il conflitto tra diverse competenze e procedure sta giungendo a livelli veramente paradossali. Ma tutto ciò non cancella il problema di fondo: il rischio che le elezioni a Roma risultino profondamente alterate dall'assenza della lista del partito di maggioranza relativa". I legali del Pd, dal canto loro, si dicono "assolutamente soddisfatti": "La decisione del Tar accoglie in pieno le ragioni da noi prospettate - spiegano Vincenzo Cerulli Irelli, Federico Vecchio, Francesco Rosi e Gianluigi Pellegrino -. È stato ripristinato il rispetto della legge uguale per tutti nella competizione elettorale, e smascherato l'incauto tentativo di sanare con un dl ciò che non poteva essere sanato. L'unica speranza che il Pdl ha è quella di andare al Consiglio di Stato". E se martedì l'ufficio elettorale accetterà l'ammissione della lista, il Pd farà nuovamente ricorso al Tar. "Se la lista fosse accettata andremo al Tar - spiega Vecchio -, che in questa sentenza ha già spiegato che il decreto del governo nel Lazio non è applicabile". "Per commentare la sentenza del Tar aspetto di conoscerne le motivazioni" è stato invece il laconico commento di Renata Polverini. E la sfidante del centrosinistra Emma Bonino: "Prendo atto di questa decisione, sarà utile vedere le motivazioni. I giudici vadano avanti, chi deve decidere decida". Il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando: "La decisione del Tar del Lazio dimostra il carattere innovativo e non interpretativo di un decreto eversivo e incostituzionale". E Antonio Di Pietro: "Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi" (ascolta l'audio).

BERLUSCONI DIFENDE IL DL - Nessun commento dal Quirinale alla sentenza del Tar. I pronunciamenti giudiziari si rispettano, dicono i collaboratori del presidente Napolitano, e bisogna aspettare che si concluda l'iter previsto. Anche il premier Berlusconi non rilascia dichiarazioni: chiuso ad Arcore, aspetta martedì per intervenire nella questione, con il pronunciamento della commissione elettorale del Tribunale di Roma, che ha accolto il plico con la lista del Pdl. Ma il Cavaliere, si ragiona in ambienti del Pdl, difende a spada tratta, con chi ha avuto modo di sentirlo, il decreto "salva-liste" varato venerdì e firmato dal capo dello Stato. Secondo il premier il governo "è nel giusto", quindi qualsiasi giudizio sull'inapplicabilità del dl è da respingere. La decisione del Tar, è il ragionamento che fanno i fedelissimi del Cavaliere, mette però a tacere chi parlava di golpe da parte del governo. Il pallino, sottolineano, è in mano ai giudici, certo, dipende da quali magistrati capitano. Nel frattempo il ricorso al Consiglio di Stato è pronto, visto che, a giudizio di molti nel partito, il Tar nelle motivazioni della sentenza sarebbe entrato nel merito della questione oltre le proprie competenze. Parallelamente, l'attesa del Pdl è per il pronunciamento di martedì: la commissione elettorale ha accettato le liste, dicono nel partito, che non possono non essere ammesse.

MARONI - "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto" aveva detto prima della sentenza del Tar il ministro dell'Interno Roberto Maroni. Auspicando soprattutto la rapida conclusione del caso liste nelle aule dei tribunali "per evitare di dover rinviare le elezioni". "L’Italia - ha detto Maroni al termine di un incontro con i vertici di Assolombarda - è un Paese in cui ricorsi e controricorsi non si negano a nessuno. Speriamo solo, è l’auspicio che faccio, che tutta questa situazione di incertezza - ha aggiunto il ministro - finisca nel più breve tempo possibile per evitare di rinviare le elezioni".

FUORI LA LISTA FIORE - Il Tar del Lazio ha respinto anche la richiesta con cui Gianguido Saletnich e Valentino Camponeschi avevano contestato l'esclusione della lista "Roberto Fiore presidente" dalla consultazione. Il listino collegato alla candidatura a presidente della regione del leader di Forza Nuova era stato respinto definitivamente dalla Corte d'Appello di Roma il 2 marzo, sul presupposto che il delegato alla presentazione della lista non sarebbe stato munito di delega autenticata da un notaio e che non ci sarebbe stata nella lista la rappresentanza di entrambi i sessi in pari misura.

LA MOBILITAZIONE - Si è allargato, nel frattempo, il fronte delle Regioni decise a impugnare di fronte alla Corte Costituzionale il decreto "salva-liste". Dopo il Lazio, che domenica ha fatto da apripista, si sono fatte avanti lunedì Piemonte e Toscana. Entrambe governate dal centrosinistra e chiamate al voto il 28 e 29 marzo. Sembra esser tornato, intanto, il sereno, dopo la tensione dei giorni scorsi, tra il Pd e l'Idv, che sabato manifesteranno a piazza del Popolo insieme a tutti i partiti dell'opposizione, tranne l'Udc. Le parole d'ordine della manifestazione, che comincerà alle 14 in piazza del Popolo, saranno democrazia, legalità e lavoro: la protesta contro il dl salva-liste si coniugherà con la denuncia dell'inadeguatezza del governo di fronte alla crisi economica. Il Pd non vuole fare "una manifestazione contro il presidente della Repubblica" ha però precisato Massimo D'Alema. L'esponente dei democratici ha sottolineato che anche l'Udc "che pure sostiene la Polverini nel Lazio ed è schierato con il centrodestra, è critico verso il decreto". "Abbiamo rivolto a Di Pietro - ha aggiunto - un caldo invito a ragionare", anche perché il Quirinale "è un punto delicato di garanzia. Ci mancherebbe altro che ci mettessimo noi a destabilizzare". Secondo D'Alema inoltre l'attacco al presidente della Repubblica "indebolisce la critica a chi la merita, cioè il presidente del consiglio Berlusconi. La responsabilità politica di quell'atto è del governo". "L'importante - ha concluso - è che si dia voce al sentire del paese e che ci sia una battaglia congiunta in parlamento".

TENSIONE BONINO-POLVERINI - In mattinata non è passata inosservata l'assenza di Renata Polverini alla Tribuna elettorale di Raitre organizzata per le 9.30. "Non è potuta venire per un impegno, e si scusa, ma sarà presente al confronto fissato il 22 marzo", dice la conduttrice della trasmissione. Nello studio, quindi, ci sono solo Emma Bonino del centrosinistra e Marzia Marzoli della Rete dei cittadini. Secco il commento della leader radicale: Polverini "è stata creata da Ballarò", dove è andata "diciotto volte in tre anni: credo giustamente pensi che gli spazi alle nove e mezza della mattina non siano abbastanza utili. Invece penso che parlare a chi ci ascolta anche alle nove e mezza della mattina sia un dato importante perchè la democrazia riguarda tutti, solo i prepotenti non hanno bisogno di regole. I cittadini onesti - conclude - hanno bisogno di regole e bisogna che le istituzioni le rispettino". Per Bonino, quindi, "l'assenza di questa mattina è un atto di scortesia verso gli ascoltatori ed è irrispettosa nei confronti delle candidate. D'altronde è chiaro che loro non hanno bisogno di essere qui, hanno occupato Tg1, Tg2, Rai, Mediaset e perfino la radio, come dimostrano i dati".

Redazione online

08 marzo 2010

 

 

 

 

IL CAOS LISTE

Decreto e ricorsi,

un guazzabuglio giuridico

In extrema ratio, si rischia il rinvio o l'annullamento del voto in Lombardia e nel Lazio

MILANO - Un guazzabuglio giuridico su cui i costituzionalisti si dividono e i cui effetti sono tutti da valutare, ma che in extrema ratio possono far rischiare l'annullamento o lo slittamento delle elezioni in Lombardia e Lazio, le due Regioni in cui è aperta la contesa sulle liste. Le ricadute del decreto legge "salva-liste" dovranno essere misurate sulle decisioni che i Tribunali amministrativi regionali adotteranno (nel merito, essendo già note le decisioni sulle "sospensive") in prima battuta, il Consiglio di Stato in appello, e la Corte Costituzionale sulla legittimità di un decreto che, visti i tempi, sarà convertito in legge solo dopo l'appuntamento elettorale di fine marzo. "Non c'è dubbio che qualsiasi decisione venisse presa dalla giustizia amministrativa per effetto del decreto legge, senza che questo sia poi convertito dal Parlamento, il risultato delle elezioni rischia di essere vanificato", spiega Massimo Siclari, professore di diritto costituzionale all'Università di Roma Tre.

LOMBARDIA - In Lombardia, tuttavia, il Tar ha deciso, in via cautelare, di riammettere la lista di Formigoni senza "l'aiutino" del decreto legge, dunque basandosi su una precedente giurisprudenza amministrativa (ribadita dal decreto di venerdì scorso) sulle irregolarità meramente formali. Resterà da vedere se la decisione sarà confermata anche nel merito e in appello, ma fintanto che in Lombardia la lista Formigoni sarà riammessa o esclusa non in forza del decreto legge, le elezioni dipenderanno in tutto e per tutto dai tempi della giustizia amministrativa.

LAZIO - Più complessa la situazione nel Lazio. Il Tar, in via cautelare, ha deciso di non riammettere la lista del Pdl, sostenendo l'inapplicabilità del decreto legge in una materia già regolata da una norma elettorale regionale. Ora il Consiglio di Stato, sempre in sede di sospensiva, potrebbe ribaltare la decisione dei giudici di primo grado. Ma la parola definitiva arriverà solo dalla decisione di merito che il Tar del Lazio ha preannunciato per maggio, ad elezioni concluse, e rispetto alla quale l'ultima parola è dei giudici supremi amministrativi di Palazzo Spada.

SI MUOVONO LE REGIONI - In attesa del verdetto finale, il governo potrebbe anche decidere di rinviare le elezioni nelle Regioni della discordia, ma la scelta sarebbe politicamente assai onerosa. In una situazione di per sé già caotica, si inserisce la chiamata in causa della Corte Costituzionale, alla quale ha fatto ricorso la Regione Lazio contro il decreto "salva-liste" e contro cui hanno preannunciato altrettanto anche Piemonte e Toscana. Gli atti non sono ancora arrivati a Palazzo della Consulta dove però, in base alla legge La Loggia del 2003, è possibile chiedere la sospensiva dell'atto impugnato prima della decisione di merito. In questo caso la Corte Costituzionale potrebbe anche sospendere, entro un mese, il dl "salva-liste". I tempi, però, fanno notare a Palazzo della Consulta, sono troppo ristretti e molto probabilmente la Corte si troverà a dover decidere dopo il 28 marzo. In questa guerra a colpi di ricorsi e contro-ricorsi, il peso di qualsiasi decisione politica sarà preminente anche in caso di una non eventuale conversione in legge del decreto "salva-liste": se i Tar o il Consiglio di Stato delibereranno sulla base di un dl che poi verrà fatto "morire", allora tutto sarà da rifare. Almeno in quelle Regioni in cui il guazzabuglio sembra lontano dal definirsi. (Fonte Ansa)

 

08 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

2010-03-05

* Speciale Elezioni >

* Sì al decreto, incognita QuirinaleBerlusconi: "Ridiamo il diritto di voto"

Le guide interpretative consentirebbero di uscire dall'impasse in Lazio e Lombardia

Sì al decreto, incognita Quirinale

Berlusconi: "Ridiamo il diritto di voto"

Il governo ha varato un testo in quattro punti che consentirebbe il recupero della lista del Pdl nel Lazio

Berlusconi lascia la sua residenza diretto a Palazzo Chigi (Ansa)

ROMA - Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto interpretativo per risolvere il "nodo" delle liste rimaste escluse in vista delle prossime elezioni regionali. Il via libera è arrivato attorno alle 21,40, circa due ore dopo rispetto l'ora fissata per l'inizio della seduta: un intervallo che è stato reso necessario per affinare il testo e renderlo compatibile con una valutazione positiva da parte del capo dello Stato. Il presidente della Repubblica aveva infatti detto chiaramente di non essere disposto ad avallare un intervento d'urgenza di tipo innovativo. Ma secondo quanto annunciato in serata, si sarebbe reso disponibile ad esaminare un testo diverso. I tempi lunghi di inizio del Cdm sono dunque stati legati alla necessità di un confronto preventivo tra gli staff di Palazzo Chigi e della presidenza della Repubblica. Resta ora da vedere se la versione definitiva del testo potrà incontrare il benestare del Colle. In ogni caso, fanno sapere dal governo con una nota, il decreto "mira a consentire lo svolgimento regolare delle consultazioni elettorali regionali" e a garantire "coesione sociale". Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha spiegato che non è stata effettuata alcuna modifica alla legge elettorale e che "non c'è stata alcuna riapertura dei termini": "Abbiamo dato un'interpretazione per consentire al Tar di dare applicazione alla legge in modo corretto".

GIORNATA AD ALTA TENSIONE - Il tutto è avvenuto al termine di una giornata di fibrillazione in cui hanno tenuto banco la posizione intransigente dell'opposizione rispetto a possibili scorciatoie legislative e, appunto, la posizione che sulla vicenda potrebbe assumere il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il Quirinale aveva fatto sapere al premier di non essere propenso ad avallare provvedimenti d'urgenza che modifichino la legislazione in materia. E per questo l'esecutivo ha optato per un decreto interpretativo che dovrebbe consentire di far rientrare nell'alveo della regolarità anche le liste rimaste escluse pur senza introdurre nuove norme. Secondo il ministro Maroni la valutazione del Colle potrebbe avvenire "già in serata" e quindi il decreto "potrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale già domani", ovvero sabato.

PROPOSTA IN QUATTRO PUNTI - Secondo quanto viene anticipato dalle agenzie di stampa, sarebbero quattro i punti che compongono il decreto. La bozza di testo è ancora oggetto di contatti informali con il Colle per cercare di smussare a priori eventuali punti che potrebbero portare ad un veto da parte di Napolitano. Il testo del quale sono stati informati i ministri in vista del consiglio, prevede come primo punto che i termini di presentazione delle liste si basino anche sul fatto che con qualsiasi mezzo si dimostri la circostanza che si era presenti nel luogo di consegna nei termini stabiliti dalla legge. Il secondo punto prevede che la documentazione possa essere verificata anche in un secondo momento, per la parte che attiene ai timbri e alle vidimazioni. Il terzo prevede che al Tar possano ricorrere le liste non ammesse, mentre per le liste ammesse sulle quali è stato fatto ricorso ci si può rivolgere al tribunale amministrativo solo dopo il voto. Uno dei timori del Pdl era infatti che il Tar del Lazio facesse riferimento ad una pronuncia del Consiglio di Stato che prevede che non si possano esaminare ricorsi in materia elettorale nel mese che precede il voto. Infine, il decreto si applica già alle prossime Regionali.

"RIDARE DIRITTO DI VOTO" - "Sono uscito dal Consiglio dei Ministri dove stiamo facendo un decreto legge interpretativo delle norme che attengono alle elezioni - ha spiegato lo stesso Silvio Berlusconi nel corso di un collegamento telefonico con un evento elettorale del suo partito in Puglia - in modo che, speriamo, si possa ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia".

"MANDARE LE FORZE ARMATE"- Durissima la posizione dell'Italia dei Valori: "Non si tratta di interpretazione, ma di un palese abuso di potere che in uno Stato di diritto andrebbe bloccato con l'intervento delle forze armate al fine di fermare il dittatore - ha detto il leader, Antonio Di Pietro -. Noi ci appelleremo alla societá civile e scenderemo in piazza con una grande manifestazione di protesta civile e democratica". Di "decreto eversivo" parla invece il radicale Marco Cappato, secondo cui è in atto "un tentativo di porre il potere al di sopra e contro la legge" e secondo cui le elezioni a questo punto andrebbero annullate e riconvocate. Sinistra e Libertà, con Fabio Mussi, definisce invece il tentativo di reinserire le liste del centrodestra come veri e propri "brogli di Stato".

Redazione online

05 marzo 2010

 

 

 

 

cdm straordinario. calderoli: necessario tutelare gli elettori e rispettare leggi

Bersani: "Il pasticcio è colpa del Pdl"

Il leader del Pd: "Il governo lavori per il Paese o vada a casa. Impensabile un rinvio del voto, no a scorciatoie"

Pier Luigi Bersani (Emblema)

MILANO - "Un decreto? Vediamo in Consiglio dei ministri". È stata l'unica battuta di Silvio Berlusconi prima del Cdm straordinario nel corso del quale è stato poi effettivamente varato un decreto interpretativo che dovrebbe riaprire le porte alle liste rimaste escluse in Lazio e Lombardia.

L'ipotesi di un decreto (già oggetto dell'incontro di giovedì al Quirinale tra il premier Silvio Berlusconi e il capo dello Stato Giorgio Napolitano) non è piaciuta affatto all'opposizione, soprattutto nell'eventualità di un testo che avrebbe indicato un eventaule slittamento del voto. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, aveva detto di considerare "impensabile" uno slittamento del voto e aveva invitato governo e maggioranza ad aspettare la decisione degli organi competenti senza utilizzare "scorciatoie". "Loro governano per cui si facciano carico dei problemi del Paese altrimenti si riposino e vadano a casa" ha detto il leader del Pd. "In tutto il Paese - ha spiegato Bersani - sono state escluse delle liste. Non c'è solo il caso lombardo e laziale. Non si può pensare di risolvere un pezzo del problema aprendone uno più ampio". Secondo il segretario dei democratici "chi governa deve pensare per il Paese e non per una lista. Loro stanno governando per cui devono essere all'altezza di questa situazione". Bersani ha quindi ribadito che c'è una parola che deve essere ripristinata: "Si chiama "regole"" ha detto. Poi l'avvertimento: "Il centrodestra non si azzardi a parlare di complotto", perché la situazione che si è venuta a creare in Lombardia e nel Lazio si è verificata "non per una incuria ma per le loro divisioni".

"IL TAR? ASPETTA E SPERA..." - Chi non aveva grande fiducia nelle decisioni degli organi competenti è stato invece Ignazio La Russa. "Aspetta e spera che poi s'avvera..." ha detto il ministro scherzando con i cronisti a Montecitorio e accennando un "motivetto nostalgico" per spiegare perché il governo preferisce non attendere le decisioni del Tar sull'esclusione di alcune liste di centrodestra in Lazio e Lombardia prima di intervenire con un proprio provvedimento.

"DECRETO INCOSTITUZIONALE" - Il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro non voleva e non vuole sentir parlare di decreto. Secondo l'ex pm infatti quello "che vogliono proporre è palesemente incostituzionale in quanto c'è già una legge che regola le elezioni ed è in corso d'opera un procedimento per l'interpretazione da parte dei giudici ai quali non si può sottrarre la competenza". "In realtà - spiega Di Pietro - gli esponenti del Pdl vogliono modificare le leggi a proprio uso e consumo violando la Carta costituzionale e duemila anni di diritto. Gli esponenti del Pdl - aggiunge l'ex pm - sono veri e propri ladri di parole e di facili spot elettorali! Infatti, hanno cominciato coniando il termine "processo breve" per un provvedimento che, in realtà, è "un'impunità breve" e, oggi, proseguono con il "decreto interpretativo" che, in realtà, mira a modificare la legge e risulta anticostituzionale", conclude.

LA LEGA - D'altra parte, secondo il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, se si dovesse andare al voto senza la presenza delle liste del Pdl in Lombardia e nel Lazio si violerebbe il comma secondo dell'art. 48 della Costituzione, che tutela tra l'altro la "segretezza del voto e si aprirebbe la strada a un annullamento delle elezioni regionali". "Non solo per violazione della Costituzione, ma anche per la violazione delle leggi, dei regolamenti e delle istruzioni del ministero degli Interni": Calderoli lo ha detto specificando che l'intento è tutelare soprattutto "l'elettorato attivo, ovvero gli elettori".

PREMIER IN SILENZIO - E mentre maggioranza e opposizione battibeccano a distanza sull'ipotesi di un decreto, Silvio Berlusconi è rimato in silenzio fino a sera. Il premier ha lasciato a bocca asciutta i cronisti che lo aspettavano per sentire dalla sua viva voce come stanno le cose al 60esimo anniversario della Uil. Arrivato in sala, si è accomodato, ha ascoltato gli interventi e si è mostrato divertito quando il tenore ha intonato le note del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Il premier si è intrattenuto due ore senza dire nemmeno una parola.

I RICORSI AL TAR - Resta ora da vedere quale sarà l'esito dei ricorsi al Tar presentati nel Lazio e in Lombardia. Il presidente della quarta sezione del Tar della Lombardia ha fissato per sabato mattina alle 9.30 la camera di consiglio per discutere se concedere o meno la sospensiva del provvedimento di esclusione della lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni dalle prossime elezioni regionali. Per la lista del Pdl di Roma e provincia esclusa per ora dalla competizione elettorale nella regione Lazio, il ricorso al Tar è stato presentato in mattinata. L'udienza sul ricorso è stata fissata a lunedì. Nel frattempo, la procura di Milano ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta sulle firme false per le liste per le regionali aperta in seguito a un esposto dei radicali.

Redazione online

05 marzo 2010

 

 

 

CAOS REGIONALI NEL LAZIO

Lista Pdl Lazio, presentato ricorso al Tar

Fissata udienza lunedì 8 marzo

Contestata l'esclusione per un ritardo di 45 minuti

Polverini: ci aspettiamo buon senso

Caos Pdl, lista in ritardo: esclusi a Roma (28 feb'10)

Renata Polverini (Eidon)

Renata Polverini (Eidon)

ROMA - "È stato presentato il ricorso del Pdl al Tar. Ci aspettiamo buon senso, una decisione che possa portare tutti gli elettori di questa Regione alle urne, trovando il loro partito e il loro candidato". Lo ha annunciato la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio Renata Polverini. Ed è stata fissata a lunedì l'udienza del Tar Lazio.

CONTRO L'ESCLUSIONE - Con il ricorso elettorale viene contestata l'esclusione della lista Pdl dalla competizione elettorale di fine marzo. Gli avvocati Luigi Medugno, Filippo ed Enrico Lubrano, Ignazio Abrignani (parlamentare ed anche responsabile nazionale dell'ufficio elettorale del Pdl), ed Elisabetta Rampelli, che hanno depositato l'atto, avevano chiesto una celere fissazione dell' udienza di discussione.

IL LISTINO RIAMMESSO - Proprio giovedì sera la Corte d'Appello ha riammesso il listino di Renata Polverini, che consente l'elezione di 14 consiglieri, i quali costituiscono il premio di maggioranza in caso di elezione a presidente della Polverini. Tuttavia al partito di centrodestra mancano 44 candidati al consiglio regionale, quelli appunto della lista Pdl di Roma e provincia esclusa per un ritardo di 45 minuti.

"ME NE HANNO FATTE TANTE" - "Questa campagna elettorale sta prendendo una brutta piega. Finora me ne hanno fatte tante, da oggi ho intenzione di rispondere". È quanto detto Renata Polverini nel corso di un incontro con i cittadini presso la sede della Fnsi. "Le hanno provate tutte - ha spiegato Polverini - dai manifesti di Greenpeace sul nucleare alla lista civica copiata e poi, ieri la telefonata finta all'aeroporto di Fiumicino nella quale si sosteneva che la mia presenza era saltata. Ma purtroppo per loro - ha concluso - io amo Roma e la Regione e non scappo".

LOOK PIU' AGGRESSIVO - "Da oggi mi vesto più aggressiva", ha detto poi la Polverini. E a chi le chiedeva un nuovo commento sulla riammissione del suo listino nella competizione elettorale nel Lazio, Polverini ha risposto: "non poteva che andare così". Poi, cambiando discorso, ha proseguito: "vi siete accorti che ho cambiato look? Da oggi mi vesto più aggressiva".

Redazione online

05 marzo 2010

 

 

 

 

resta aperta la questione della riammissione della lista Pdl della provincia di Roma.

Riammesso il listino della Polverini

La Corte d'Appello accoglie il ricorso integrato con la firma inizialmente mancante

Renata Polverini a Piazza Farnese (De Luca)

ROMA - Il listino della Polverini è stato riammesso. Mentre il Pdl studia una soluzione politica per superare l'impasse venutosi a creare attorno alle liste per le regionali in Lombardia e nel Lazio (e in particolare la questione della riammissione della lista Pdl della provincia di Roma) e negli stessi momenti in cui il governatore lombardo Roberto Formigoni attacca i giudici della Corte di appello di Milano accusandoli di aver commesso "gravissime irregolarità" e annunciando denunce contro ignoti, la Corte d'Appello di Roma riammette il listino della candidata del Pdl alle regionali del Lazio Renata Polverini, accogliendo il ricorso contro l'esclusione. La presentazione del listino mancava di una procura, ovvero la firma di uno dei due presentatori, il vice coordinatore regionale del Pdl Alfredo Pallone. La procura mancante è stata integrata nel ricorso presentato mercoledì mattina. La decisione della Corte d'appello è stata motivata in un provvedimento di quattro pagine che sarà pubblicato venerdì. A questo punto, a correre per la sfida di governatore del Lazio sono tre candidate, tutte donne, Emma Bonino, Renata Polverini e la civica Marzioli.

BONINO - "Io ho sempre detto: chi deve decidere decida. Dunque bene così": questo il commento della candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio Emma Bonino alla decisione della Corte d'Appello di Roma di riammettere il listino della Polverini.

PIAZZA FARNESE - La candidata del centrodestra alla regionali nel Lazio ha appreso la notizia della riammissione del listino mentre si stava recando al Palacavicchi di Ciampino per una manifestazione elettorale. "Mia madre mi ha appena chiamato, era in lacrime per la riammissione del listino" ha raccontato poi la candidata del Pdl alla presidenza della regione Lazio. Anche questo pomeriggio la madre della candidata, la signora Gianna, ha partecipato alla maratona oratoria a piazza Farnese. Duemila persone circa si sono radunate nella piazza della Capitale a sostegno della Polverini. "Questa è una battaglia per governare la Regione, ma anche una battaglia per il primo dei diritti, quello alla democrazia" ha detto la candidata del Pdl dal palco durante il suo discorso in piazza.

Redazione online

04 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

* Speciale Elezioni >

* Caos liste, non c'è accordoSlitta il Consiglio dei ministri

forse venerdì la riuniOne dell'esecutivo. Bersani: no a provvedimento

Caos liste, non c'è accordo

Slitta il Consiglio dei ministri

Incontro di un'ora tra il premier e il capo dello Stato. Il Cavaliere avrebbe proposto un dl. No comment del Colle

I coordinatori del Pdl Ignazio La Russa e Denis Verdini (Ansa)

MILANO - Su come risolvere il caos delle liste venutosi a creare in Lazio e in Lombardia non c'è accordo. Governo e maggioranza cercano una "soluzione politica" ma non è ancora chiaro come proveranno praticamente a uscire dall'impasse. La questione è stata oggetto dell'incontro di circa un'ora, tenutosi in serata al Quirinale, tra Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. Il premier, secondo quanto si è appreso, avrebbe proposto al capo dello Stato un decreto legge che fisserebbe nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste per le regionali. Ma l'ipotesi non avrebbe convinto Napolitano. Dal Quirinale non è arrivato comunque nessun commento ufficiale sull'incontro, al termine del quale avrebbe dovuto svolgersi un Consiglio dei ministri straordinario, slittato all'ultimo minuto. Dopo l'incontro con il Capo dello Stato, il premier ha fatto rientro a palazzo Chigi dove si è svolto comunque un vertice tra il Cavaliere e alcuni ministri.

LE IPOTESI - Due l'ipotesi su cui per tutta la giornata ha lavorato il governo: da un lato quella di un decreto legge, dall'altra quella di una leggina da approvare con il consenso dell'opposizione. L'effetto dovrebbe essere sempre lo stesso. Rinviare il voto delle regionali o riaprire i termini di presentazione delle liste per permettere l'inserimento delle liste escluse. Il Pdl nel pomeriggio, aveva dato mandato al premier "per valutare qualsiasi soluzione con le forze politiche e istituzionali per sanare il vulnus democratico" che si determinerebbe se il partito di maggioranza non potesse concorrere alle elezioni in Lazio e in Lombardia.

 

LE PAROLE DEL PREMIER - "Basta polemiche inutili, dobbiamo difenderci uniti contro chi continua ad attaccarci. C'è stato semplicemente chi ha osteggiato fisicamente la presentazione delle nostre liste. Certo, è evidente l'eccessiva fiscalità, ma ci sono ora delle soluzioni. L'importante è non criminalizzare nessuno, neanche i rappresentanti delle liste e soprattutto il partito" aveva detto Berlusconi all'ufficio di presidenza del Pdl (il Cavaliere non ha preso parte alla manifestazione indetta da Renata Polverini), lanciando un appello all'unità. "C'è il modo per far votare i nostri cittadini in Lombardia e nel Lazio" aveva detto il premier. Sul tavolo resta il decreto. Più probabilmente una proroga dei tempi di presentazione delle liste, più difficile invece lo spostamento di 15 giorni delle elezioni. La decisione di spostare le elezioni potrebbe infatti essere impugnata dalla conferenza Stato-Regioni.

NAPOLITANO - D'altra parte, prima di ricevere il premier, il presidente della Repubblica Napolitano aveva spiegato ai giornalisti: "Ancora non c'è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma stasera, vedrò". Quanto alla eventualità di una soluzione politica, il capo dello Stato non aveva usato mezzi termini? "Se qualcuno mi spiega cos'è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò" aveva risposto.

MAGGIORANZA-OPPOSIZIONE - In salita la strada di un accordo tra maggioranza e opposizione su una leggina da portare in Parlamento. Il Partito democratico, che inizialmente sembrava appoggiare l'ipotesi, ha detto poi no all’accelerazione impressa nelle ultime ore dalla maggioranza e il segretario Pier Luigi Bersani ha chiuso gli spiragli che aveva aperto informalmente fino a giovedì mattina. "Il nervosismo del centrodestra è alle stelle: mette in giro voci di accordi più o meno taciti che non esistono" ha chiarito il leader dei democratici. "La nostra posizione è chiara - ha ribadito Bersani - si lascino lavorare gli istituti preposti al controllo. Ogni intervento in corso d'opera su regole elettorali sarebbe, come è ovvio, assolutamente inaccettabile". Altrettanto duro Antonio di Pietro, leader dell'Idv, che ha paragonato l'ipotesi di un dl ad un "golpe". "È democrazia permettere ai cittadini di partecipare alle elezioni, ma la democrazia si esercita nel rispetto delle forme di legge e, secondo le prime decisioni dei magistrati, la legge è stata violata da chi ha presentato alcune liste in modo difforme", ha detto l'ex pm.

LA POSSIBILE INTESA - Eppure le voci sulla possibile intesa maggioranza-intesa erano insistenti , tanto che erano anche circolate le voci su quali potessero essere i punti dell'accordo. "Niente decreto legge, deve essere di iniziativa parlamentare, una leggina firmata dai capigruppo, frutto di un accordo politico, da approvare subito in Parlamento". "Chiaro - aveva detto un parlamentare del Pdl - che ci deve essere l'accordo con le opposizioni; altrettanto chiaro che dentro ci sarebbe l'anticipo del voto a Bologna e anche l'abolizione del regolamento Rai della "par condicio", non potremmo dire di no. A questo punto, insomma, tutti gli attori si assumono la responsabilità di dire: la partita così non si può giocare, quindi la rinviamo".

FORMIGONI-POLVERINI - In giornata, il governatore Roberto Formigoni ha duramente attaccato la Corte d'appello di Milano. I legali del presidente e della lista del Pdl hanno depositato al Tar della Lombardia due ricorsi contro l'esclusione del listino dalle regionali. Anche qui c'è però stato un piccolo siparietto. Beniamino Caravita di Torritto, l'avvocato del presidente Formigoni, che ha deciso di presentare un ricorso a titolo personale è arrivato poco prima dell'una. L'avvocato della lista, Luca Giuliante, è invece arrivato quando ormai il portone del Tar era chiuso. All'interno, da circa mezz'ora, erano però presenti due avvocati che lavorano con lui, Santamaria e Staiano, come ha sottolineato lui stesso all'uscita. Gli avvocati hanno parlato con il presidente della quarta sezione del Tar che si occupa della vicenda. Giuliante ha spiegato che al presidente è stato esposto il caso con le varie richieste e "ci faranno - ha spiegato - sapere". Il Tar ha comunque già dato l'autorizzazione "alla notifica - ha concluso il legale - a mezzo fax ai controinteressati" cioè alle liste candidate alle prossime regionali.

LAZIO - A Roma, la Corte d'appello ha riammesso il listino della Polverini. l'Ufficio centrale regionale della Corte d'appello di Roma ha pubblicato online le motivazioni alla base del ricorso del Pdl respinto mercoledì: "Alle ore 12 del 27 febbraio all'interno dell'area delimitata ove sostavano coloro che potevano ancora presentare le liste, si trovavano in attesa quattro delegati e fra questi non vi erano quelli del Pdl", scrivono. Pertanto "è inammissibile l'istanza per il "completamento" di una procedura per la presentazione della lista, procedura che mai ha avuto inizio".

Redazione online

04 marzo 2010

 

 

 

Polverini e Pdl in Piazza Farnese

L'appello: "La politica porti tutti al voto"

La candidata del centrodestra nel Lazio: grazie a Napolitano, la nostra è battaglia di democrazia

La Polverini in piazza Farnese a Roma (Jpeg)

La Polverini in piazza Farnese a Roma (Jpeg)

ROMA - "Voglio lanciare un nuovo appello, perché la politica con un gesto di serietà e responsabilità voglia condividere un percorso che conduca tutti i cittadini del Lazio e anche della Lombardia alle urne il 28 ed il 29 marzo". Così Renata Polverini ha parlato giovedì pomeriggio dal palco allestito in piazza Farnese a Roma davanti ai circa duemila elettori di centrodestra chiamati per sostenere "la battaglia di democrazia" per la riammissione della lista provinciale del Pdl e del listino Renata Polverini esclusi dalla competizione elettorale per irregolarità. Pioggia battente. E anche un po' di freddo. Ma la protesta di Piazza Farnese c'è stata lo stesso. Il popolo del Pdl è sceso a fianco della candidata Pdl alla guida della regione Lazio.

DAL PALCO - "Questa è una battaglia per governare la Regione, ma anche una battaglia per il primo dei diritti, quello alla democrazia", ha detto la candidata del Pdl. "Questa è la risposta che il Pdl vuole dare: questa è la piazza vuota di Renata Polverini", ha aggiunto rispondendo alle critiche all'iniziativa arrivate nei giorni scorsi dal centrosinistra "Con questa maratona oratoria - ha aggiunto - stiamo manifestando la nostra voglia di fare una battaglia per i diritti. I nostri elettori si sentono espropriati del loro diritto di voto e noi siamo qui per questo". La Polverini, durante il suo intervento, ha poi ripetuto per sette volte la parola democrazia, la quinta parola chiave, accanto a lavoro, futuro, salute e famiglia, lanciate durante la sua campagna elettorale come parole d'ordine del suo programma elettorale.

Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma

Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma

"MOSTRARE NOSTRA RABBIA" - "A Piazza Farnese vogliamo mostrare anche la nostra rabbia. Sarà una voce serena, pacifica ma alta con la quale vogliamo far sentire il nostro disagio. Dobbiamo far vedere un popolo compatto e unito". Lo dice Renata Polverini: "Si sta tentando qualunque cosa, non tanto solo per impedirci di vincere, ma per conquistare la Regione a tavolino: ma noi vinceremo a prescindere". La candidata del centrodestra ha però ostentato ottimismo in relazione all'esito del ricorso, che sarà presentato entro venerdì, sul suo listino. "Per la questione del listino regionale sono assolutamente ottimista". Dietro le transenne alcuni ragazzi hanno issato un grosso striscione con scritto "Rivoluzione in corso" e acceso fumogeni. C'è anche chi indossa magliette con scritto "Difendi il tuo voto", "Renata siamo con te", mentre sul palco stanno arrivando i candidati consiglieri del Pdl.

"GRAZIE NAPOLITANO" - Renata Polverini ha aperto il suo intervento alla m

In piazza Farnese (Ap)

In piazza Farnese (Ap)

aratona oratoria di piazza Farnese ringraziando "il capo dello Stato che ha risposto all’appello che gli abbiamo rivolto domenica mostrando la sua preoccupazione e chiedendo democrazia e che tutte le forze politiche possano essere rappresentate sulle schede elettorali, e quindi anche il Pdl in Lombardia e in Lazio". Polverini ha etichettato la sua come "una battaglia per la democrazia".

BERLUSCONI & FINI - Da mercoledì si rincorrono le voci su una partecipazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi giovedì pomeriggio alla manifestazione di piazza organizzata da Renata Polverini, come segnale di sostegno alla candidata "finiana". Secondo fonti del Pdl, però Berlusconi non sarà in piazza. Ed è stato annullato il previsto incontro tra il premier, il presidente della Camera Gianfranco Fini e i parlamentari del Lazio che avrebbe dovuto tenersi in serata all'Hotel Excelsior di Roma, al quale avrebbe dovuto partecipare anche la Polverini. Intanto, come ha riferito una funzionaria della Corte d'appello della Capitale, c'è tempo fino a venerdì mattina per la decisione sulla possibile bocciatura del "listino" Polverini, candidata governatrice nel Lazio. Dopo la riconferma, mercoledì, dell'esclusione del "listino" Formigoni e della lista Pdl, il centrodestra ha annunciato nuovi ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali. Ma, parallelamente, è tornata a circolare l'ipotesi di un intervento legislativo per "bonificare" la situazione consentendo lo spostamento dei termini per la presentazione delle liste.

LE MOTIVAZIONI - Intanto l'Ufficio centrale regionale della Corte d'appello di Roma ha pubblicato online le motivazioni alla base del ricorso del Pdl respinto mercoledì: "Alle ore 12 del 27 febbraio all'interno dell'area delimitata ove sostavano coloro che potevano ancora presentare le liste, si trovavano in attesa quattro delegati e fra questi non vi erano quelli del Pdl", scrivono. Pertanto "è inammissibile l'istanza per il "completamento" di una procedura per la presentazione della lista, procedura che mai ha avuto inizio".

SALTA CONSIGLIO COMUNALE A ROMA - Ed è saltata anche la seduta del consiglio comunale di Roma. I consiglieri del Pdl, infatti, sono tutti in Piazza Farnese. Mercoledì, nella riunione dei capigruppo capitolini, il capogruppo del Pdl Dario Rossin aveva chiesto al presidente dell'aula Marco Pomarici di rimandare la seduta ai sensi dell'art.28, comma 3, del regolamento del consiglio comunale, dove è detto che è possibile rimandare i lavori se in concomitanza con "eventi di rilievo politico nazionale". Nella riunione la richiesta era stata rigettata. Tuttavia, giovedì in aula Giulio Cesare non c'è stato il numero legale e la seduta è stata rimandata a venerdì.

Redazione online

04 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

I PRECEDENTI

Quando per le firme si è tornati alle urne

A ogni tornata diverse liste escluse. Il caso Mussolini nel 2005 e l'annullamento del voto in Molise del 2000

MILANO - Quanto contano le irregolarità delle firme nella presentazione delle liste? Tanto, almeno stando alla questione di legge, dove la forma è sostanza. E infatti in ogni tornata elettorale (anche in questa) ci sono diverse liste escluse per motivi che riguardano le firme. Il più comune: quelle ritenute valide non sono sufficienti, come è accaduto nel caso della lista Formigoni. Ma ci sono situazioni più intricate, quando le firme depositate di una lista accettata vengono poi scoperte in parte irregolari o addirittura false.

VOTO DA RIPETERE - Ovviamente il problema riguarda molto spesso liste minori e locali. Ma qualche volta sono state "stoppate" anche liste di partiti importanti. Nella cronaca degli episodi legati alla questione liste-firme, la vicenda più recente che aveva occupato le prime pagine dei giornali è quella della lista "Alternativa Sociale" di Alessandra Mussolini. Risale alle elezioni regionali in Lazio del 2005 e allora a contestare la regolarità di quelle firem era il centrodestra, cche aveva come candidato Francesco Storace. E lo scontro fra i due esponenti della destra fu durissimo. Ma c'è anche un precedente clamoroso, proprio per un voto regionale, nel quale la irregolarità nelle firme di presentazione delle liste ha addirittura fatto decadere una giunta appena eletta e costretto a nuove elezione. E' accaduto nel 2001 in Molise: un ricorso al Tar del Polo, ovvero della coalizione di centrodestra, ha fatto annullare l'elezione di Giovanni Di Stasi (Ulivo) in carica da circa un anno. L'elezioni si erano svolte nel Duemila. In quell'ccasione Forza Italia e gli alleati contestarono alcune firme delle liste dei Comunisti Italiani e dei Verdi perché non riportavano il tipo di documento (carta di identità passaporto, patente) utilizzato per il riconoscimento ma solo il numero. I giudici del Tar e poi il Consiglio di stato accolsero il ricorso. A quel punto la giunta fu dichiarata decaduta. Le elezioni, ripetute nel 2001, hanno portato alla vittoria del centrodestra guidato da Michele Iorio.

Lo stesso Iorio, 5 anni prima, era nello schieramento opposto, come candidato dell'Ulivo alle Politiche. Ma fu escluso perché a presentare la lista era stata una persona diversa dal depositario del simbolo. I ricorsi non ottennero nessuna correzione a termini scaduti, consentendo al Polo delle Liberta' di guadagnare senza sforzo un seggio in piu' alla Camera.

 

04 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

E su Penati: "Insufficienti le liste a suo sostegnO"

Caos liste, Formigoni contro i giudici

"Dalla corte d'appello gravi irregolarità"

Il governatore lombardo presenterà denunce contro ignoti: "Ordita una manovra per danneggiarci"

MILANO - Roberto Formigoni non molla. E non sembra nutrire dubbi sul fatto che ci sia stata "una manovra ordita da soggetti ignoti al fine di danneggiare il centrodestra e di impedirne la presentazione" alle prossime elezioni regionali. Il governatore lombardo ha espresso il suo pensiero durante una conferenza stampa, nel corso della quale ha tra le altre cose attaccato i giudici milanesi. Il presidente della Lombardia infatti ha annunciato che verranno presentate denunce in merito a irregolarità che sarebbero state commesse dall'ufficio centrale regionale che ha accolto il ricorso dei radicali e contro chi avrebbe potuto manomettere le liste con le firme. "Abbiamo riscontrato comportamenti dell'ufficio centrale regionale presso la corte d'appello di gravissima irregolarità", ha detto Formigoni.

"IMPROPONIBILE UIL RICORSO DEI RADICALI" - Il presidente della Lombardia ha ricordato che l'ufficio centrale regionale ha accolto le liste e il listino del centrodestra e "quindi, compiendo un'irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali che era improponibile ai sensi della legge". Formigoni ha quindi spiegato che l'ufficio centrale ha dato agli esponenti della lista Bonino-Pannella "la disponibilità delle nostre liste lasciandole nelle loro mani per 12 ore. Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti". Formigoni ha quindi sottolineato che solo dopo il controllo fatto dai radicali l'ufficio centrale ha riscontrato le irregolarità nelle liste.

PENATI - Il governatore lombardo ha spiegato anche che dal controllo effettuato dagli esponenti della lista Formigoni sulle firme a sostegno della candidatura di Filippo Penati alle prossime regionali, risulta che quest'ultima "non può essere ammessa". Formigoni ha però aggiunto di non volere che alcuno sia escluso dal voto. "È giusto che tutti partecipino alle elezioni - ha spiegato - ci penseremo noi a batterli".

"QUI NON ABBIAMO BISOGNO DI NULLA" - Quanto alla possibilità di un provvedimento da parte del governo riguardo alle elezioni, Formigoni ha spiegato: "Noi qui in Lombardia non abbiamo bisogno di nulla". "Se il Consiglio dei Ministri farà sue valutazioni - ha aggiunto -, se le più alte cariche dello Stato faranno valutazioni noi non possiamo che guardare con rispetto alle loro decisioni".

Redazione online

04 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

LE ELEZIONI regionali

Pdl e caos liste, inchiesta a Milano

Sulla base di un esposto dei radicali, la procura aprirà un fascicolo su falso in atto pubblico e falsità ideologica

LE ELEZIONI regionali

Pdl e caos liste, inchiesta a Milano

Sulla base di un esposto dei radicali, la procura aprirà un fascicolo su falso in atto pubblico e falsità ideologica

Su Regionali e caos liste ora indaga anche la procura di Milano. I giudici del capoluogo lombardo apriranno un fascicolo sulle firme raccolte dal Pdl a sostegno della lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni. Si tratta di un atto dovuto in seguito all’esposto presentato dai radicali. Con la denuncia viene richiesta anche una perizia calligrafica. Toccherà alla magistratura verificare eventuali irregolarità in ordine a reati di falso in atto pubblico e falsità ideologica. L’esposto è arrivato sul tavolo del procuratore aggiunto Armando Spataro, che era di turno lunedì. Tuttavia, Spataro lo trasmetterà nelle prossime ore per competenza al procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati, che si occupa di reati in materia di pubblica amministrazione.

CAPPATO - La documentazione integrativa all'esposto contro la lista di Roberto Formigoni presentata giovedì in procura a Milano dall'eurodeputato dei Radicali Marco Cappato conterrebbe un dvd con una registrazione ad una tv lombarda dove Massimo Corsaro, vicecoordinatore regionale del Pdl, spiegava che le liste erano state presentate il 24 febbraio, e un'intervista del segretario regionale della Lega Nord, Giancarlo Giorgetti, che ricordava come il listino fosse stato presentato al Carroccio "all'ultimo minuto". Questi due documenti, secondo Cappato, dimostrerebbero che le firme sarebbero state raccolte già a partire dal 13 febbraio e fino al 24 e 25 febbraio. "Ma mi chiedo - ha aggiunto Cappato -: se chiudi la lista il 25 febbraio, come hai fatto a raccogliere le firme dal 13?". Cappato poi ricorre ai numeri per sostenere le sue ragioni: "Rispetto alle cinquemila firme che Formigoni avrebbe potuto presentare, ne hanno effettivamente presentate 3.935". Ma dopo un primo conteggio da parte dell'Ufficio elettorale "risultavano effettivamente presentate 3.872 firme, di cui 3.628 potenzialmente valide ed è proprio da questo numero che devono essere sottratte le firme non valide". Secondo i radicali nella vicenda della Lista Formigoni "ci sono tre tipi di irregolarità, e di due siamo certi. Si tratta di quelle formali, che riguardano il timbro, il luogo di autentica, il nome dell'autenticatore, e che sono state la materia di esame da parte dell'Ufficio elettorale; le irregolarità sulle date della raccolta delle firme posto che è illegale raccoglierle prima di aver presentato la lista". Secondo Cappato, in particolare le firme poste prima del 24 febbraio sarebbero 1873, circa metà di quelle presentate a supporto del listino che sostiene Formigoni. La terza irregolarità, per il momento solo una ipotesi, è che le firme siano false. "Nella denuncia - ha concluso Cappato - abbiamo richiesto una perizia calligrafica. E ora sta alla magistratura verificare eventuali irregolrità in ordine a reati di falso in atto pubblico e falsità ideologica".

Redazione online

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ELEZIONI REGIONALI 2010 / CAOS LISTE

Polverini e Pdl in Piazza Farnese

L'appello: "La politica porti tutti al voto"

La candidata del centrodestra nel Lazio: grazie a Napolitano, la nostra è battaglia di democrazia

La Polverini in piazza Farnese a Roma (Jpeg)

La Polverini in piazza Farnese a Roma (Jpeg)

ROMA - "Voglio lanciare un nuovo appello, perché la politica con un gesto di serietà e responsabilità voglia condividere un percorso che conduca tutti i cittadini del Lazio e anche della Lombardia alle urne il 28 ed il 29 marzo". Così Renata Polverini ha parlato giovedì pomeriggio dal palco allestito in piazza Farnese a Roma davanti ai circa duemila elettori di centrodestra chiamati per sostenere "la battaglia di democrazia" per la riammissione della lista provinciale del Pdl e del listino Renata Polverini esclusi dalla competizione elettorale per irregolarità. Pioggia battente. E anche un po' di freddo. Ma la protesta di Piazza Farnese c'è stata lo stesso. Il popolo del Pdl è sceso a fianco della candidata Pdl alla guida della regione Lazio.

DAL PALCO - "Questa è una battaglia per governare la Regione, ma anche una battaglia per il primo dei diritti, quello alla democrazia", ha detto la candidata del Pdl. "Questa è la risposta che il Pdl vuole dare: questa è la piazza vuota di Renata Polverini", ha aggiunto rispondendo alle critiche all'iniziativa arrivate nei giorni scorsi dal centrosinistra "Con questa maratona oratoria - ha aggiunto - stiamo manifestando la nostra voglia di fare una battaglia per i diritti. I nostri elettori si sentono espropriati del loro diritto di voto e noi siamo qui per questo". La Polverini, durante il suo intervento, ha poi ripetuto per sette volte la parola democrazia, la quinta parola chiave, accanto a lavoro, futuro, salute e famiglia, lanciate durante la sua campagna elettorale come parole d'ordine del suo programma elettorale.

Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma

Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma Polverini e Pdl in piazza Farnese a Roma

"MOSTRARE NOSTRA RABBIA" - "A Piazza Farnese vogliamo mostrare anche la nostra rabbia. Sarà una voce serena, pacifica ma alta con la quale vogliamo far sentire il nostro disagio. Dobbiamo far vedere un popolo compatto e unito". Lo dice Renata Polverini: "Si sta tentando qualunque cosa, non tanto solo per impedirci di vincere, ma per conquistare la Regione a tavolino: ma noi vinceremo a prescindere". La candidata del centrodestra ha però ostentato ottimismo in relazione all'esito del ricorso, che sarà presentato entro venerdì, sul suo listino. "Per la questione del listino regionale sono assolutamente ottimista". Dietro le transenne alcuni ragazzi hanno issato un grosso striscione con scritto "Rivoluzione in corso" e acceso fumogeni. C'è anche chi indossa magliette con scritto "Difendi il tuo voto", "Renata siamo con te", mentre sul palco stanno arrivando i candidati consiglieri del Pdl.

"GRAZIE NAPOLITANO" - Renata Polverini ha aperto il suo intervento alla m

In piazza Farnese (Ap)

In piazza Farnese (Ap)

aratona oratoria di piazza Farnese ringraziando "il capo dello Stato che ha risposto all’appello che gli abbiamo rivolto domenica mostrando la sua preoccupazione e chiedendo democrazia e che tutte le forze politiche possano essere rappresentate sulle schede elettorali, e quindi anche il Pdl in Lombardia e in Lazio". Polverini ha etichettato la sua come "una battaglia per la democrazia".

BERLUSCONI & FINI - Da mercoledì si rincorrono le voci su una partecipazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi giovedì pomeriggio alla manifestazione di piazza organizzata da Renata Polverini, come segnale di sostegno alla candidata "finiana". Secondo fonti del Pdl, però Berlusconi non sarà in piazza. Ed è stato annullato il previsto incontro tra il premier, il presidente della Camera Gianfranco Fini e i parlamentari del Lazio che avrebbe dovuto tenersi in serata all'Hotel Excelsior di Roma, al quale avrebbe dovuto partecipare anche la Polverini. Intanto, come ha riferito una funzionaria della Corte d'appello della Capitale, c'è tempo fino a venerdì mattina per la decisione sulla possibile bocciatura del "listino" Polverini, candidata governatrice nel Lazio. Dopo la riconferma, mercoledì, dell'esclusione del "listino" Formigoni e della lista Pdl, il centrodestra ha annunciato nuovi ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali. Ma, parallelamente, è tornata a circolare l'ipotesi di un intervento legislativo per "bonificare" la situazione consentendo lo spostamento dei termini per la presentazione delle liste.

LE MOTIVAZIONI - Intanto l'Ufficio centrale regionale della Corte d'appello di Roma ha pubblicato online le motivazioni alla base del ricorso del Pdl respinto mercoledì: "Alle ore 12 del 27 febbraio all'interno dell'area delimitata ove sostavano coloro che potevano ancora presentare le liste, si trovavano in attesa quattro delegati e fra questi non vi erano quelli del Pdl", scrivono. Pertanto "è inammissibile l'istanza per il "completamento" di una procedura per la presentazione della lista, procedura che mai ha avuto inizio".

SALTA CONSIGLIO COMUNALE A ROMA - Ed è saltata anche la seduta del consiglio comunale di Roma. I consiglieri del Pdl, infatti, sono tutti in Piazza Farnese. Mercoledì, nella riunione dei capigruppo capitolini, il capogruppo del Pdl Dario Rossin aveva chiesto al presidente dell'aula Marco Pomarici di rimandare la seduta ai sensi dell'art.28, comma 3, del regolamento del consiglio comunale, dove è detto che è possibile rimandare i lavori se in concomitanza con "eventi di rilievo politico nazionale". Nella riunione la richiesta era stata rigettata. Tuttavia, giovedì in aula Giulio Cesare non c'è stato il numero legale e la seduta è stata rimandata a venerdì.

Redazione online

04 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

2010-03-03

entro venerdì mattina la risposta dei giudici romani sul listino polverini

Caos liste, arrivano i primi verdetti

Stop a Formigoni e a lista del Pdl Roma

Respinti i ricorsi, il Pdl va al Tar. Lista civica Polverini: riammessi due candidati, problemi per un terzo

Polverini, presentato nuovo ricorso: entro venerdì mattina la decisione (3 marzo 2010)

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In Lombardia rebus per la lista Formigoni (3 marzo 2010)

MILANO - Caos liste, arrivano i primi verdetti. E sono due stop per Formigoni e la Polverini. La Corte d'Appello di Milano ha respinto il ricorso per la riammissione della "Lista per la Lombardia" di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde. A Roma è stato respinto il ricorso della lista Pdl della provincia di Roma, depositato martedì mattina. "La lista Pdl Roma è fuori dalle elezioni, il ricorso è stato respinto" ha detto il coordinatore regionale Vincenzo Piso. Immediata la reazione di numerosi esponenti di spicco del Pdl "Così il voto è falsato e la democrazia è a rischio" ha detto Fabrizio Cicchitto, mentre per Roberto Calderoli "serve una risposta politica ai furbi". A Roma resta pendente in commissione d'Appello i ricorsi per il listino provinciale Polverini. Comunque non finisce qui: il vice coordinatore lombardo del Pdl Massimo Corsaro ha annunciato l'intenzione di ricorrere al Tar. Anche in Lazio il Pdl andrà al Tar. Lo conferma Beatrice Lorenzin, portavoce del Comitato elettorale Polverini: "Ora ricorreremo al Tar. Siamo fiduciosi che si pronunci favorevolmente, alla fine prevarrà il buonsenso".

LE QUATTRO ECCEZIONI - A Milano i giudici dell'Ufficio centrale regionale della Corte d'Appello avevano decretato lunedì la non ammissione della lista per l'irregolarità di 514 firme, che aveva portato le sottoscrizioni valide necessarie per presentare la lista sotto la soglia di 3.500, e in particolare a 3.421. Martedì i rappresentati della lista hanno presentato un ricorso dove, punto su punto, rispondevano alle quattro eccezioni sollevate dalla corte d'appello, ossia la mancanza del timbro tondo sui moduli, della data e del luogo dell'autentica di alcune firme, e della mancanza di qualifica degli autenticatori delle firme stesse. Mercoledì sul ricorso ha deciso lo stesso collegio, che aveva emesso il primo provvedimento di esclusione: così è previsto nella procedura relativa ai procedimenti in materia elettorale.

Renata Polverini (Ansa)

POLVERINI: ACCETTO DECISIONI - Sul fronte laziale, la Corte d'Appello di Roma ha spiegato così il no al Pdl: "Dagli atti a disposizione della corte d'appello è emerso che alle 12 non c'era nessuno della Pdl in sala e che alle 12:30 tutto è stato chiuso". La Corte ha spiegato che per giungere a questa conclusione ha esaminato tutti gli elementi compresi i verbali delle forze dell'ordine che attesterebbero il ritardo.

La giornata di Renata Polverini è cominciata all'alba con una visita all'ospedale Israelitico di Roma. E la candidata del Pdl, assediata dai giornalisti, commenta con una battuta l'esclusione del suo listino dalla competizione elettorale: "Levataccia? Dato che non ci escluderanno ne faremo per tutto il mese". Ma poi sottolinea: "Accetterò qualunque decisione, perché ogni organismo si esprime secondo la sua competenza".

COLLOQUI CON FINI E LETTA - In mattinata la candidata ha avuto due appuntamenti politici: prima con il sindaco Alemanno e il presidente della Camera Fini, poi con Gianni Letta. "Abbiamo fatto una ricognizione della situazione - spiega la Polverini -. C'è ancora una piccola questione procedurale che riguarda il listino, su cui penso avremo presto una risposta. Abbiamo quindi definito quello che accadrà se, come io credo, il listino tornerà in campo. La mia lista c'è e quindi proseguiamo in questa bellissima avventura".

LISTA CIVICA, RIAMMESSI DUE CANDIDATI - "Sono giornate difficili durante le quali le cose vanno fatte con calma - ammette la candidata una volta tornata nel suo comitato elettorale -. Rimango serena perché so che questi, se pur gravi, sono incidenti di percorso che vanno affrontati. Sapevamo che sarebbe stata una battaglia dura, ma noi andiamo avanti". Quindi ha sottolineato che la sua lista civica, "Renata Polverini presidente", è stata ammessa in tutte le cinque province del Lazio. Un dato confermato dalla capolista a Roma Mariella Zezza: "La lista civica Polverini è stata ammessa senza riserva nelle cinque province del Lazio, dunque anche a Roma". In realtà il Tribunale di Roma aveva chiesto approfondimenti su tre candidati, relativi a un luogo di nascita errato, a un certificato elettorale e alla posizione di un terzo candidato. "È stata già presentata per due di loro idonea documentazione a sanatoria delle anomalie riscontrate - ha spiegato Zezza -. La terza candidatura invece non è stata perfezionata. Confermiamo che anche nelle altre quattro province le liste sono state accettate regolarmente e non è stato fatto alcun rilievo". Infatti l'Ufficio centrale della Corte di Appello ha accolto il ricorso e riammesso le candidature di Ettore Viola e Valeria Giuseppa Gangemi nella lista civica Renata Polverini presidente.

MOBILITAZIONE IN PIAZZA FARNESE - Intanto la candidata alla presidenza del Lazio non sta con le mani in mano. E annuncia: "Giovedì alle 17 in piazza Farnese ci sarà un momento di grande mobilitazione con tutti i consiglieri candidati del Pdl ma anche con tutte le persone che in queste ore stanno scrivendo al comitato, che ci stanno contattando". Anche oggi, "tra un impegno e l'altro", la Polverini farà tappa a piazza Farnese per partecipare alla "maratona oratoria" che il Pdl ha organizzato contro l'esclusione della lista nella provincia di Roma.

ATTESA PER IL RICORSO - Il Pdl è in fervente attesa per l'esito del ricorso presentato alla Corte d'Appello di Roma dato che il rigetto del listino farebbe cadere automaticamente la candidatura. In tribunale sono andati il coordinatore regionale Vincenzo Piso, il responsabile elettorale Ignazio Abrignani e il vice coordinatore Alfredo Pallone, la mancanza della cui firma sulla documentazione ha causato la non accettazione del listino. Pallone ha spiegato che nel ricorso ci sono due rami di documentazione: il primo è la ratifica della sua firma, il secondo è un documento nel quale viene espressa la tesi secondo cui per la validità della presentazione, ai sensi di legge, sarebbe bastata anche solo la firma del procurato principale, cioè Piso. "Abbiamo fornito un'ulteriore integrazione della documentazione per il listino del candidato presidente - ha spiegato quest'ultimo -, riteniamo che sarà risolutivo". "Spero che entro poche ore questa situazione si risolva" ha aggiunto Abrignani. La Corte d'Appello ha 48 ore per pronunciarsi sul nuovo ricorso, fino a venerdì mattina.

LA RUSSA: "PRONTI A TUTTO" - La tensione è stata rinfocolata, con nuove polemiche, dalle dichiarazioni che il ministro della Difesa La Russa ha rilasciato in due interviste: "Non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto". Immediata la reazione del Pd e dell'Idv. "Se presi sul serio, questi vaneggiamenti mi preoccuperebbero, specie se detti dal ministro della Difesa" ha detto il leader dei democratici Pier Luigi Bersani. "Il ministro La Russa forse pensa di organizzare una nuova marcia su Roma? Se fosse così, ricordiamo a lui e a tutto l'esecutivo che l'Italia è ancora una democrazia, dove le sentenze dei giudici si devono rispettare e dove i cittadini non devono essere istigati a compiere reato" ha ironizzato l'eurodeputato dell'Idv Luigi De Magistris.

Redazione online

03 marzo 2010

 

 

 

 

LE MOTIVAZIONI DELLE CORTI D'APPELLO

Lista Formigoni, firme valide sono ancora meno. Roma, no al Pdl per il ritardo

Ridotto il numero di sottoscrittori validi. Anche accettando quelli senza timbro, la lista arriva a 3250

LE ALTRE ELEZIONI

MILANO - Altre firme non valide a Milano. Questione di tempi a Roma. Questi i problemi che hanno portato al respingimento dei ricorsi per la lista Formigoni e per il Pdl in Lazio.

MANCANO 250 FIRME - A Milano, la nuova verifica ha peggiorato la situazione di Formigoni. Se anche se fossero da considerare ammissibili le firme senza timbro, la lista non avrebbe più il numero minimo di firme necessario. Una situazione non semplice anche in vista dell'annunciato ricorso al Tar. Perché se pur aggiungendo quelle senza il "timbro tondo" (che sono 136) la lista non arriva a 3500 firme valide, allora è difficile che possa essere ammessa. L'ufficio centrale regionale della Corte d'Appello di Milano, infatti, ha ridotto numero delle firme presentate dalla lista Formigoni, sceso dal numero globale di 3.935 a 3.628. Da questo numero, è scritto nel dispositivo della Corte d'Appello, "debbono essere detratte le firme le cui autentiche sono giá state ritenute non valide da questo ufficio e che i ricorrenti hanno chiesto di riconsiderare". Queste firme sono 514. Pertanto se anche fossero accettate le sentenze del Consiglio di Stato sulla autenticate da consiglieri comunali ma senza il "timbro tondo", le firme valide sarebbero 3.628 meno le 514 già "bocciate", più eventualmente le 136 firme mancanti del timbro. In totale la lista "Per la Lombardia" di Formigoni, ovvero il cosiddetto "listino" del candidato presidente, avrebbe un totale di 3.250 firme, cioè 250 meno del numero minimo richiesto dalla legge.

Secondo la Corte di Appello non può essere accettato il ricorso della lista di Formigoni anche nella parte in cui si parla di "interesse pubblico" alla presentazione delle liste. Motivo: "l'esercizio di tale diritto non può che svolgersi nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge".

RITARDO - "Dagli atti a disposizione della corte d'appello è emerso che alle 12 non c'era nessuno della Pdl in sala e che alle 12:30 tutto è stato chiuso". È quanto rende noto la Corte d'Appello di Roma che ha respinto il ricorso del Pdl contro l'esclusione della lista Pdl Roma dalle elezioni regionali. La Corte ha spiegato che per giungere a questa conclusione ha esaminato tutti gli elementi compresi i verbali delle forze dell'ordine che attesterebbero il ritardo.

Redazione Online

03 marzo 2010

 

 

 

Calderoli: "Serve risposta politica ai furbi". Ma Bersani: "Aspettiamo i i verdetti"

Pdl, ricorsi respinti: Berlusconi in piazza

E Napolitano: "Che pasticcio con le liste"

Il premier giovedì a Piazza Farnese con la Polverini. Cicchitto:"Così voto falsato, democrazia a rischio"

MILANO -"Un pasticcio". Parola di Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha commentato così l'intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle elezioni regionali. Il presidente della Repubblica ha parlato a Bruxelles, dove si trova in visita, dopo l'incontro con i vertici delle istituzioni europee. Il capo dello Stato non ha aggiunto nulla, ma a quanto si apprende la linea del Quirinale rimane quella fissata nei giorni scorsi da una nota ufficiale, in cui si afferma che la competenza sulla questione è della magistratura. Napolitano rientrerà al Quirinale venerdì mattina e probabilmente sarà investito da nuove richieste di concorrere al chiarimento della questione.

Fabrizio Cicchitto (LaPresse)

E se il caos liste è "un pasticcio" per il Colle, esplode la rabbia del centrodestra dopo il doppio stop alle liste del Pdl nel Lazio e in Lombardia. Nella Capitale è stato infatti respinto il ricorso del Pdl per la riammissione della lista della provincia di Roma a sostegno della candidata Renata Polverini. E a Milano, la Corte d'Appello non ha ammesso la "Lista per la Lombardia" di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde: anche in questo caso è stato respinto il ricorso presentato dalla stessa lista contro il precedente provvedimento di esclusione. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che mercoledì sera ha incontrato Denis Verdini e Ignazio La Russa, parteciperà giovedì alle 17 alla manifestazione promossa dalla candidata del centrodestra alla guida della Regione Lazio Renata Polverini a piazza Farnese a Roma. Il premier, secondo quanto riferisce chi lo ha incontrato, potrebbe prendere la parola sul palco al fianco della Polverini per sostenere la sua candidatura alla luce delle polemiche per l'esclusione della lista del Pdl della provincia di Roma. Nel frattempo la maggioranza parla apertamente di "voto falsato" e punta il dito contro "i furbi che vogliono vincere a tavolino".

"DEMOCRAZIA A RISCHIO" - Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non usa mezzi termini: "I ricorsi respinti sia della lista Formigoni, sia di quella provinciale del PdL del Lazio per Renata Polverini insieme all'accettazione della lista di disturbo a Cota in Piemonte, dimostrano che queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio". Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, il doppio stop è una cosa impensabile: "Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due Regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?" ha detto Bonaiuti riferendosi al Lazio e alla Lombardia. "Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi - dice Roberto Calderoli - e poi decideremo perché serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino". "O il simbolo della Lega sarà presente dove abbiamo deciso di candidarci o tanto vale non presentarci alle elezioni perché non sarebbero valide" ha aggiunto il ministro leghista.

"CONFIDIAMO NEL TAR" - "Vincere facile, correndo da soli, è l'opposto della democrazia" è l'affondo di Ignazio La Russa, che non sembra sorpreso dagli ultimi sviluppi del caso e appare ottimista sugli ulteriori ricorsi. "Per noi non è una sorpresa", ma ora "confidiamo nella decisione del Tar" ha detto il ministro della Difesa e coordinatore Pdl. "Per noi non è una sorpresa la decisione della Corte d'appello, perché è un'anomalia, legata alla riforma del voto regionale, il fatto che si affidi allo stesso organi la potestà di decidere su un ricorso a una decisione presa dalla Corte stessa. In ventiquattr'ore raramente il ricorso ha la forza di modificare una decisione appena presa. Questa anomalia è stata introdotta con il Tatarellum che ha istituito il listino senza indicare un organo giudicante diverso dal primo. Dunque ritenevamo molto improbabile, anche se non impossibile, un cambiamento". "A questo punto - ha aggiunto La Russa - confidiamo nel Tar. Non credo che metà Lombardia possa essere privata del diritto di esprimersi perchè un bollo è quadrato invece che tondo. Sono irregolarità meramente formali. Penso che il Tar ci darà ragione".

"MARCIA SU ROMA?" - "Ora assisteremo a una marcia su Roma da parte del neofascista La Russa?" chiede provocatoriamente il leader dell'Idv Antonio Di Pietro commentando in Transatlantico alla Camera le parole del ministro della Difesa sull'esclusione di liste del centrodestra alle regionali ("siamo pronti a tutti" aveva detto La Russa). "Per fortuna - ha aggiunto l'ex pm - oggi non è come allora e se dovessero farlo ci sarebbe una rivolta sociale che metterebbe a rischio la convivenza pacifica".

"NON PUNTIAMO A TURBARE IL VOTO" - "Ci sono diversi sedi istituzionali che devono giudicare; aspettiamo serenamente che finiscano queste pratiche, e noi non cerchiamo avvenimenti che turbino la fisiologia del voto" ha detto da parte sua il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Detto questo - ha proseguito -, ci sono regole uguali per tutti e tutti devono rispettarle. Credo che ci si debba rimettere alle procedure di garanzia che la nostra legge fissa a iosa. Di più - ha concluso - non dico".

Redazione online

03 marzo 2010

 

 

 

 

Calderoli: "Serve risposta politica ai furbi". Ma Bersani: "Aspettiamo i i verdetti"

Pdl, ricorsi respinti: Berlusconi in piazza

E Napolitano: "Che pasticcio con le liste"

Il premier giovedì a Piazza Farnese con la Polverini. Cicchitto:"Così voto falsato, democrazia a rischio"

MILANO -"Un pasticcio". Parola di Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha commentato così l'intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle elezioni regionali. Il presidente della Repubblica ha parlato a Bruxelles, dove si trova in visita, dopo l'incontro con i vertici delle istituzioni europee. Il capo dello Stato non ha aggiunto nulla, ma a quanto si apprende la linea del Quirinale rimane quella fissata nei giorni scorsi da una nota ufficiale, in cui si afferma che la competenza sulla questione è della magistratura. Napolitano rientrerà al Quirinale venerdì mattina e probabilmente sarà investito da nuove richieste di concorrere al chiarimento della questione.

Fabrizio Cicchitto (LaPresse)

E se il caos liste è "un pasticcio" per il Colle, esplode la rabbia del centrodestra dopo il doppio stop alle liste del Pdl nel Lazio e in Lombardia. Nella Capitale è stato infatti respinto il ricorso del Pdl per la riammissione della lista della provincia di Roma a sostegno della candidata Renata Polverini. E a Milano, la Corte d'Appello non ha ammesso la "Lista per la Lombardia" di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde: anche in questo caso è stato respinto il ricorso presentato dalla stessa lista contro il precedente provvedimento di esclusione. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che mercoledì sera ha incontrato Denis Verdini e Ignazio La Russa (annullando inoltre all'ultimo minuto le interviste con alcune televisioni locali in programma proprio per la campagna elettorale delle regionali) ha deciso che parteciperà giovedì alle 17 alla manifestazione promossa dalla candidata del centrodestra alla guida della Regione Lazio Renata Polverini a piazza Farnese a Roma. Il premier, secondo quanto riferisce chi lo ha incontrato, potrebbe prendere la parola sul palco al fianco della Polverini per sostenere la sua candidatura alla luce delle polemiche per l'esclusione della lista del Pdl della provincia di Roma.

"DEMOCRAZIA A RISCHIO" - La maggioranza parla apertamente di "voto falsato" e punta il dito contro "i furbi che vogliono vincere a tavolino". Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non usa mezzi termini: "I ricorsi respinti sia della lista Formigoni, sia di quella provinciale del PdL del Lazio per Renata Polverini insieme all'accettazione della lista di disturbo a Cota in Piemonte, dimostrano che queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio". Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, il doppio stop è una cosa impensabile: "Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due Regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?" ha detto Bonaiuti riferendosi al Lazio e alla Lombardia. "Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi - dice Roberto Calderoli - e poi decideremo perché serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino". "O il simbolo della Lega sarà presente dove abbiamo deciso di candidarci o tanto vale non presentarci alle elezioni perché non sarebbero valide" ha aggiunto il ministro leghista.

"CONFIDIAMO NEL TAR" - "Vincere facile, correndo da soli, è l'opposto della democrazia" è l'affondo di Ignazio La Russa, che non sembra sorpreso dagli ultimi sviluppi del caso e appare ottimista sugli ulteriori ricorsi. "Per noi non è una sorpresa", ma ora "confidiamo nella decisione del Tar" ha detto il ministro della Difesa e coordinatore Pdl. "Per noi non è una sorpresa la decisione della Corte d'appello, perché è un'anomalia, legata alla riforma del voto regionale, il fatto che si affidi allo stesso organi la potestà di decidere su un ricorso a una decisione presa dalla Corte stessa. In ventiquattr'ore raramente il ricorso ha la forza di modificare una decisione appena presa. Questa anomalia è stata introdotta con il Tatarellum che ha istituito il listino senza indicare un organo giudicante diverso dal primo. Dunque ritenevamo molto improbabile, anche se non impossibile, un cambiamento". "A questo punto - ha aggiunto La Russa - confidiamo nel Tar. Non credo che metà Lombardia possa essere privata del diritto di esprimersi perchè un bollo è quadrato invece che tondo. Sono irregolarità meramente formali. Penso che il Tar ci darà ragione".

"MARCIA SU ROMA?" - "Ora assisteremo a una marcia su Roma da parte del neofascista La Russa?" chiede provocatoriamente il leader dell'Idv Antonio Di Pietro commentando in Transatlantico alla Camera le parole del ministro della Difesa sull'esclusione di liste del centrodestra alle regionali ("siamo pronti a tutti" aveva detto La Russa). "Per fortuna - ha aggiunto l'ex pm - oggi non è come allora e se dovessero farlo ci sarebbe una rivolta sociale che metterebbe a rischio la convivenza pacifica".

"NON PUNTIAMO A TURBARE IL VOTO" - "Ci sono diversi sedi istituzionali che devono giudicare; aspettiamo serenamente che finiscano queste pratiche, e noi non cerchiamo avvenimenti che turbino la fisiologia del voto" ha detto da parte sua il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Detto questo - ha proseguito -, ci sono regole uguali per tutti e tutti devono rispettarle. Credo che ci si debba rimettere alle procedure di garanzia che la nostra legge fissa a iosa. Di più - ha concluso - non dico".

Redazione online

03 marzo 2010

 

 

 

"An non era alla canna del gas: la nostra scelta è stata per il bipolarismo e l'europeismo"

Fini: "Il Pdl così com'è non mi piace"

Il presidente della Camera: "Ho contribuito a fondarlo. Ma come è adesso...". E La Russa: "Accontentiamoci"

Gianfranco Fini, presidente della Camera e cofondatore del Pdl (Eidon)

MILANO - "Se qualcuno mi chiede se il Pdl, così com'è, mi piace, credo che la risposta l'abbiano capita tutti...". Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, parlando al teatro Garau di Oristano durante la presentazione del suo libro "Il futuro della libertà".

"CI SONO AFFEZIONATO" - "Avendo contribuito a fondarlo sono affezionato al Pdl - ha detto il presidente della Camera -. Mi sono assunto la responsabilità di consegnare al giudizio della storia 50 anni di vita nazionale cominciando con l'Msi sino ad An. Non eravamo alla canna del gas, An aveva percentuali a due cifre, ma ci siamo presi la responsabilità di dare vita ad un nuovo soggetto politico perchè credevamo nel bipolarismo, nell'alternanza e nell'europeismo. Ma se mi si chiede se il Pdl mi piace così come è adesso, la risposta credo l'abbiano capita tutti, non c'è bisogno di ripeterla".

"SIAMO IN RODAGGIO" - "Il Pdl ha commesso degli errori perchè è nato da poco - ha poi commentato Fini -. Ha necessità di unire e omogeneizzare esperienze diverse perchè si sono mescolate tre congiunture diverse. Questa prima fase si deve considerare di rodaggio iniziale non di routine".

"TUTTI LO VORREMMO PIU' BELLO" - A Fini risponde Ignazio La Russa, a sua volta ex di An e attualmente uno dei coordinatori del Pdl. "Non credo si riferisse alla presentazione delle liste - ha commentato La Russa -. Comunque tutti vorremmo un Pdl più bello e più forte, però accontentiamoci. In pochi mesi il partito ha vinto tutto, organizzativamente è posizionato in tutte le città d’Italia. Anche questa vicenda delle liste dimostra che si può fare di più e meglio con il tempo".

"SERVE L'IMPEGNO DI TUTTI" - Dall'area dell'ex Forza Italia la replica arriva invece da Maurizio Lupi, vicepresidente del gruppo pdl alla Camera: "Il Pdl non è un contenitore riempito con ciò che capita ma un partito nato dal basso, tra gli elettori prima che nelle stanze della politica. A Fini non piace? Credo che ognuno senta la necessità di migliorarsi sempre, ma non possiamo dimenticare quanto di buono fatto fino ad oggi". "Oggi il Pdl, nonostante sia stato fondato meno di un anno fa, è già una realtà radicata sul territorio. Certamente si può fare di più - ha aggiunto Lupi - ma c'è bisogno dell'impegno di tutti".

Redazione online

02 marzo 2010

 

 

 

Berlusconi: no a "leggine", fiducia nel Tar

Sceglie il ricorso ai magistrati amministrativi. Ma sui giudici di Milano: giusto il conflitto di attribuzione

ROMA — Se anche lui è stato tentato dall'ipotesi di una leggina, di un decreto lampo per risolvere il pasticcio delle liste, deve essersi alla fine convinto del contrario. È stato infatti anche Berlusconi, ieri mattina, a far capire ai suoi uomini, ai vertici del partito, ad alcuni ministri che chiedevano, che di soluzioni legislative, per il caso del Lazio, non ne esistono. L'unica via d'uscita è per il presidente del Consiglio, al momento, il ricorso al Tar. È uno strano destino quello che è si prodotto ieri, per il capo del governo.

Berlusconi (Ansa)

Mentre prende atto che l'unica istituzione in cui riporre fiducia è quella della magistratura amministrativa, mentre mostra ottimismo ai ministri che lo interpellano sul caso, o dà consigli e suggerimenti ad altri colleghi di governo perché seguano sino in fondo la vicenda del ricorso, riflette e condivide le parole che in Consiglio dei ministri ha appena pronunciato Angelino Alfano, contro altre toghe, quelle di Milano. Il Guardasigilli nella riunione del governo prende la parola per dirsi convinto che l'ultima decisione dei magistrati di Milano, che non hanno riconosciuto come legittimo impedimento del premier la riunione dell'esecutivo, meriterebbe una risposta molto dura: sollevare un conflitto di attribuzioni, davanti dalla Corte Costituzionale, per conflitto fra poteri dello Stato. "Hai perfettamente ragione", Berlusconi lo ascolta e non aggiunge altro, allarga le braccia come per dire che condivide pienamente l'analisi, che a sua volta viene fatta propria anche dal ministro Roberto Calderoli. Insomma il governo è riunito e discute se denunciare la magistratura di fronte a un altro potere dello Stato, la Consulta.

Ovviamente non è detto che avvenga, ma che il passaggio sia delicato è confermato dalle considerazioni che il presidente del Consiglio aggiunge: sul caso Mills ricorda che ha già giurato la sua innocenza sui propri figli, che è dal '94 che è oggetto di una persecuzione, che le toghe milanesi non si stancheranno mai di perseguitarlo con un'interpretazione del codice propria da guerra politica prima che giuridica. In questo clima si vara il disegno di legge sulla corruzione, è la cosa più importante della giornata, ma il pasticcio delle liste, cui si aggiunge il caso simile in Lombardia, sommato alla decisione della magistratura milanese, fa scivolare in secondo piano il provvedimento. Ulteriori riflessioni il capo del governo le dedica al capo dello Stato, anche queste nella cornice del riserbo, convinto che non possano costituire (almeno per il momento) materia per il pubblico dibattito. Riflessioni all'insegna di un rammarico e di una lamentela, che individuano nel modo di agire della prima carica dello Stato un eccesso di timidezza, per non dire delle omissioni. Napolitano che è garante della Costituzione, che presiede il Csm, nei ragionamenti del Cavaliere, avrebbe non solo il sacrosanto dovere di auspicare un confronto sereno e produttivo fra istituzioni ma anche quello di stigmatizzare, proprio nell'interesse del Paese e delle funzioni di governo, quei comportamenti delle toghe che al Cavaliere appaiono come veri e propri atti di una guerra politica. Non avviene come e quanto il premier vorrebbe e dunque, lo stesso Cavaliere, se ne duole.

Marco Galluzzo

02 marzo 2010

 

 

 

2010-03-01

Lista Pdl fuori a Roma: le conseguenze

Cosa succede adesso?

Il Pdl presenta un ricorso in Corte d’Appello. Qualora venisse respinto, si andrebbe prima al Tar e poi al Consiglio di Stato

Il rinvio delle elezioni

Ipotesi ventilata, ma in parte esclusa dagli stessi uomini del Pdl: "I tempi ci sarebbero".

Gli effetti sul voto

Senza la lista Pdl a Roma e provincia, gli elettori di centrodestra potrebbero votare la Polverini presidente e una delle liste collegate: Udc, La Destra, Adc, Lista Polverini. Nelle altre province, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, c’è anche il Pdl

Il listino

Essendo stato presentato, il premio di maggioranza di 14 consiglieri scatterebbe comunque in caso di vittoria della Polverini

Il consiglio regionale

Senza eletti del Pdl a Roma, il consiglio regionale del Lazio sarebbe quantomeno "anomalo". E la Polverini, in caso di vittoria, non avrebbe una maggioranza composta dal partito che l’ha candidata

In piazza

Il Pdl è pronto a mobilitarsi. Dopo l’iniziativa di domenica se ne annunciano altre: una lunedì, la prossima il 4 marzo

 

 

 

 

Troppi sospetti e veleni per un pasticcio

Il centrodestra se la può anche prendere con i radicali e la burocrazia; e appellarsi alla magistratura e inopinatamente al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, come "garante della democrazia". Ma l’immagine che ha dato presentando la lista per le regionali in provincia di Roma fuori tempo è, come minimo, quella di una coalizione pasticciona. Proprio perché si definisce il primo partito del Paese, il Pdl avrebbe dovuto arrivare in tempo; ed evitare un’esclusione che, oltre a non essere facilmente recuperabile, rivela una confusione e un dilettantismo preoccupanti.

Il tentativo di scaricare ogni responsabilità all’esterno serve a coprire quelle di un gruppo dirigente messo sotto accusa dai militanti; ed osservato con stupore dallo stesso Silvio Berlusconi. A rendere l’episodio più imbarazzante è il contorno di veleni che lo accompagna: tossine tutte interne al Pdl, che risente visibilmente del conflitto fra il presidente del Consiglio e Gianfranco Fini. Al punto che all’inizio non è stata esclusa l’ipotesi di un complotto dei "berlusconiani" contro i "finiani"; ed in particolare contro Renata Polverini, candidata al vertice della regione Lazio ed amica del presidente della Camera. Si tratta di una dietrologia inverosimile, sulla quale tuttavia non si può non riflettere: indica il livello di sospettosità al quale è giunto il Pdl.

Da questo punto di vista, il pasticcio laziale non ci voleva. Arriva dopo settimane di passione della maggioranza per le inchieste sulla Protezione civile e sul riciclaggio di denaro sporco che evoca l’ombra della 'ndrangheta. Si consuma in un momento di particolare tensione fra Berlusconi e Fini in materia di giustizia, immigrazione, rapporti con l’opposizione; e scandali. Probabilmente ha ragione chi nel centrodestra spiega che il problema è locale, non nazionale. Lo stesso presidente della Camera ha registrato l’episodio senza apparentemente scomporsi: si è limitato a dire che non poteva fare molto per rimediare. Il guaio, per la coalizione, è che si inserisce su uno sfondo di tensioni generalizzate; e sulla voglia dichiarata di affidare alle regionali la nuova gerarchia dei rapporti di forza in un Pdl insidiato a nord dalla crescita della Lega. Una situazione di sfaldamento così marcato era imprevedibile all’inizio del 2010. A gennaio Pdl e Lega sembravano avviati ad un trionfo alle regionali.

La stessa tregua stipulata circa un mese fa tra Berlusconi e Fini, si è sbriciolata prima di quanto chiunque pensasse. Siamo al paradosso di un "fuoco amico" reciproco, con promesse di rese dei conti dopo il voto del 28 e 29 marzo; e con velati propositi di rimettere in discussione non solo gli equilibri all’interno del Pdl, ma perfino le ragioni che hanno portato alla fusione tra Fi e An. Da qualche giorno sembra quasi che il partito unitario sia soltanto il contenitore di due forze che si rinfacciano gli errori. E’ comprensibile, dunque, che un centrosinistra tutt’altro che in salute gioisca per l’autolesionismo dell’armata berlusconiana: anche se la lista radicale è stata esclusa in Lombardia per mancanza di firme. Il premier, racconta la Polverini, le è apparso "sconcertato" da quanto è accaduto nel Lazio.

L’aggettivo sa di eufemismo, come anche l’espressione "grande leggerezza" usata dal ministro Ignazio La Russa. L’appello strampalato della candidata e del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al Quirinale suona come un gesto disperato che il centrosinistra e l’Udc criticano. Alemanno ha scritto addirittura una lettera al presidente della Repubblica. E Pier Ferdinando Casini accusa di avere evocato Napolitano per una questione di "procedure elettorali". Ma non è detto che l’esclusione, se sarà confermata, precluda la vittoria nel Lazio di un centrodestra alleato con l’Udc. Di certo alimenterà le polemiche in una maggioranza che Berlusconi si sforza di mostrare compatta. Il silenzio della Lega è rumoroso: sembra fatto apposta per sottolineare una virtuosa diversità dagli alleati.

Massimo Franco

01 marzo 2010

 

 

 

 

Lo ha deciso la Corte di appello di Milano

Lombardia: non ammessa la Lista per Formigoni: "Sono candidato regolare"

Irregolarità in oltre 500 firme. Non accolto lo stesso ricorso dei radicali contro la lista Penati Presidente

 

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Politicamente Scorrette

di G. Fregonara e M.T. Meli

01/03/2010

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Roberto Formigoni (Fotogramma)

MILANO - Dopo il Lazio, problemi anche in Lombardia per la presentazione delle liste per le elezioni regionali. La lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni regioni per invalidità di 514 firme. Lo ha deciso la Corte di appello di Milano accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. I radicali hanno presentato lo stesso ricorso anche contro la lista Penati Presidente, che appoggia il candidato del Pd, per insufficienza delle firme dei sottoscrittori, ma il ricorso non è stato accolto dalla Corte d'appello.

IRREGOLARITÀ - I giudici della Corte d'appello di Milano dopo un controllo formale delle firme (l'unico consentito in questa sede) ha ritenuto "fondate" le "doglianze" contenute nel ricorso dei radicali. Le firme risultate non conformi sono state 514 sulle 3.935 presentate. Questo comporta che le firme valide sono 3.421, un numero inferiore da quello previsto dalla legge la quale impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione.

LA LISTA PENATI - Sulla lista Penati Presidente, del candidato del centrosinistra Filippo Penati, erano state segnalate 173 irregolarità, ma l'Ufficio centrale ha deliberato che pur ritenendole effettive non sarebbero comunque "determinanti ai fini dell'esclusione", perché il numero di sottoscrizioni già ritenute valide è di 3.795.

FORMIGONI - "Sono un candidato perfettamente regolare alle elezioni regionali del 28/29 marzo": ha dichiarato Roberto Formigoni nel corso di una conferenza stampa a Milano.

"NESSUN PROBLEMA" - Non sembrava particolarmente preoccupato anche il capogruppo del Pdl al parlamento europeo e responsabile della campagna elettorale di Formigoni, l'onorevole Mario Mauro: "Nessun problema, le firme valide che abbiamo presentato sono più che sufficienti" ha detto. "Abbiamo già verificato che più sentenze del Consiglio di Stato rendono irrilevanti e non più necessarie alcune specifiche che invece la Corte di Appello di Milano ha ritenuto indispensabili. Il numero di firme valide da noi presentato è dunque largamente superiore al necessario. Stiamo perfezionando - ha concluso - il ricorso e la Corte d'Appello non potrà che accettarlo".

CAPPATO - I radicali dal canto loro tagliano corto. Formigoni "non è più candidato" alla presidenza della Regione Lombardia. "Al momento non c'è più una coalizione di centrodestra" ha spiegato Marco Cappato dopo che la corte d'appello di Milano ha accolto il ricorso della Lista Bonino-Pannella e ha escluso la lista guidata dall'attuale governatore. "Cade tutto il listino e tutte le liste collegate", ha osservato Cappato.

Redazione online

01 marzo 2010

 

 

 

duro bossi: "come si fa a sbagliare a presentare le liste?"

Napolitano: non tocca a me verifica liste

Il Quirinale si dice preoccupato per l'esclusione del Pdl dal Lazio. "Ma è un compito che spetta ai magistrati"

 

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Eidon)

ROMA - La situazione che si è venuta a creare con la mancata presentazione della lista del Pdl per le prossime elezioni regionali turba il capo dello Stato Giorgio Napolitano. "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi - si legge in una nota del Quirinale -, non può che essere compresa e condivisa dal presidente della Repubblica". Tuttavia, fa notare il Colle in quella che viene diventa la posizione ufficiale della massima autorità italiana sulla vicenda, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge". Insomma, nonostante la decisione dei vertici del Pdl e della stessa candidata Renata Polverini di fare appello affinché Napolitano intervenga per dirimere la questione, il Quirinale ribadisce la necessità di rispettare le competenze costituzionali di ciascun soggetto. E rimanda di conseguenza al Tar ogni decisione in materia.

LA LETTERA DI ALEMANNO - A Napolitano ha scritto una lettera anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che a sua volta parla di "profonda preoccupazione". "Poiché il Popolo della Libertà - si legge nella missiva del sindaco, già esponente di primo piano di An - è il partito che riscuote più consensi a Roma e nel Lazio, la sua esclusione determinerebbe l'impossibilità per un numero elevatissimo di cittadini della Capitale di esprimere compiutamente la propria scelta elettorale. L'esclusione di quarantuno candidati, rappresentativi di un partito in grado di raccogliere almeno il 40 per cento dell'elettorato, rischia di generare un vertiginoso aumento dell'astensionismo e una distorsione irrimediabile della composizione del Consiglio regionale del Lazio". Secondo Alemanno la regione Lazio "è un'istituzione democratica troppo importante per essere guidata da un presidente, chiunque esso sia, eletto senza la piena partecipazione di tutti i cittadini. Anche il Consiglio di Stato, che è il massimo organo giudicante in materia, ha stabilito in più occasioni che il diritto costituzionalmente garantito di poter esprimere liberamente il proprio voto, debba prevalere su ogni eventuale problematica formale o burocratica". "Non con spirito di parte, ma come sindaco della città di Roma - è infine l'appello di Alemanno -. La prego pertanto di intervenire con l'autorità morale che deriva dal Suo alto incarico per evitare questo grave danno per la nostra vita democratica".

POLVERINI OTTIMISTA - La candidata del centrodestra a presidente del Lazio Renata Polverini, presentando i candidati della lista civica "per Polverini presidente", è apparsa ottimista. "Non dubito - ha detto - che la lista del Pdl sarà ammessa. In questo momento - ha aggiunto - c'è una difficoltà dovuta a un problema burocratico".

"VIOLENZA PRIVATA" - Intanto il Pdl ha presentato una denuncia-querela contro alcuni militanti dei Radicali per violenza privata e contro i componenti dell'Ufficio centrale per abuso d'ufficio. La denuncia è stata allegata al ricorso presso la Corte d'Appello contro l'esclusione della lista Pdl per Roma. Ma Emma Bonino non ci sta: "Penso che la magistratura debba decidere nel rispetto della legge, ma respingo con grandissima fermezza qualunque accusa nei confronti dei radicali di violenza squadrista il che, francamente, mi sembra desolante oltre che risibile - ha detto la candidata del centrosinistra alla presidenza del Lazio a margine della conferenza stampa per illustrare il listino -. Però l'accusa è anche umiliante. Non solo escludo, ma ci sono anche le testimonianze chiarissime, che non c'è stata nessuna violenza da parte radicale né dagli altri rappresentanti". E Ileana Argentin del Pd: "Prima di montare ad arte la tesi del complotto, i dirigenti del Pdl romano e nazionale cerchino di capire quali problemi oggettivi si sono verificati concordando magari una versione dei fatti con il delegato alla presentazione della lista Alfredo Milioni, le cui dichiarazioni potrebbero diventare la pistola fumante di un pasticcio tutto interno al partito di Berlusconi".

BOSSI: COME SI FA A SBAGLIARE? - Duro il commento di Umberto Bossi sulle vicende delle liste del Pdl. "Nel Lazio io non ci sono, è la destra che ha sbagliato, quando ci sono le nostre liste prendiamo un sacco di voti" spiega. E sul caso lombardo: "Come si fa a sbagliare a presentare le liste alle regionali?". Dall'opposizione è Massimo D'Alema a stigmatizzare quanto accaduto: "È allarmante che succedano queste cose perché persone che non sono capaci di presentare delle liste è difficile che poi siano brave a governare. Si tratta di episodi che nascono dalla litigiosità interna e che non sono degli incidenti. Proprio questo ha portato a una certa frettolosità nella parte conclusiva delle operazioni. Si rispettino le regole - continua D'Alema -. Vorrei ricordare che a Bologna siccome il sindaco ha ritardato di qualche ora le dimissioni, per questa sola ragione si va al commissariamento anziché al voto, come i cittadini vorrebbero".

Redazione online

01 marzo 2010

 

 

 

dietro le quinte

Lo sconcerto del premier:

la burocrazia non prevalga

Anche Fini non si capacita degli errori. Critiche nello staff di palazzo Chigi sull’appello al Colle

ROMA— Silvio Berlusconi è sconcertato. Al telefono con la Polverini si informa, non ci può credere. Per Gianfranco Fini è lo stesso: è da fessi, da deficienti, da imbecilli, e chi più ne ha più ne metta, non presentarsi alle nove di mattina per consegnare le firme necessarie alle liste. La pensano allo stesso modo. Dalle parti del presidente della Camera, che la Polverini ha voluto più del Cavaliere, la preoccupazione, in apparenza, è più grande. Si avverte, in apparenza, il senso di una responsabilità, un nervosismo maggiore.

È comunque un brutto pasticcio per il Pdl. Ingigantisce sospetti reciproci, amplifica problemi che esistono, ma non alla luce del sole. Il pasticcio è la spia che qualcosa non gira per il verso giusto nel partito: lo denunciano da una parte e dall’altra, fra chi militava in Alleanza nazionale e chi in Forza Italia. Si pensa al ricorso da presentare al Tar, al tribunale amministrativo regionale, ma allo stesso tempo si scambiano accuse reciproche: il Pdl nel Lazio è guidato da un uomo che proveniva dalle file della destra, chi ha commesso materialmente l’errore in Tribunale proveniva da Forza Italia.

Il clima diventa incandescente per il rischio serio che si corre, l’esclusione a Roma dalla competizione elettorale, ma anche per il non detto che ci sta dietro. Ieri mattina Il Giornale di Feltri titolava in prima pagina: "Così Fini vuole rubare il partito al Cavaliere".

Nel calderone finisce anche la campagna elettorale della ex sindacalista ugl. Troppo distante dai canoni berlusconiani, troppo rossa nei colori dei manifesti, troppo autonoma dai consigli che dal Cavaliere avrebbe ricevuto, persino troppo sensibile, in alcune scelte, a forme di consulenza elettorale in cui un ruolo centrale ha Claudio Velardi, che fu nella squadra di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi.

Non c’entra nulla con il pasticcio delle liste, con un ritardo sui tempi di una procedura, eppure la cornice, anche quest’atmosfera, dilatano il caso legale della mancata consegna dei documenti, autorizzano a sussurrare che il partito è ormai allo sbando, permettono a un ministro come Gianfranco Rotondi, che ha motivi suoi di acrimonia, di cavalcare la vicenda con una virulenza inedita: "L’onorevole De Luca da solo in Piemonte ha presentato in tre giorni una lista della Dc per Cota, letteralmente pensata e realizzata in una settimana. I maestri del Pdl hanno fatto perdere la Polverini a tavolino. Io ne ho piene le tasche di fare il parente povero in questa banda di incapaci. Nemmeno la campagna elettorale mi induce a misericordia". Rotondi conclude così: ne ho parlato con Berlusconi, con la solita correttezza, ma dopo il voto bisogna riorganizzare tutto. Sull’appello fatto a Giorgio Napolitano dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno e da Renata Polverini si dice che il via libera sia arrivato dallo stesso presidente del Consiglio. Forse è vero, come lasciano intendere gli interessati, ma non sembra altrettanto vero che il Cavaliere confidi nel Colle per sbrogliare la matassa. "Cosa c’entra il presidente della Repubblica in questa vicenda, esiste il Tar e non ci sembra che esistano altre strade", si riassume nello staff del capo del governo in serata, giudicando sbilenchi gli appelli alla prima carica della Repubblica.

Del resto, ancorché preoccupato, sembra che il Cavaliere sia convinto che alla fine si troverà una soluzione: non è possibile— ritiene— che nella regione della Capitale il primo partito del Paese, accreditato del 40% dei consensi, venga escluso dalla tornata elettorale, che "la burocrazia prevalga anche in un caso del genere, così importante". Fra le ragioni del pasticcio circola nel pomeriggio una voce: che sia stato causato dal tentativo di inserire, all’ultimo minuto, Berlusconi come capolista. Ma il capo del governo non è capolista in alcuna Regione e l’indiscrezione è giudicata a Palazzo Chigi risibile.

Ieri sera Berlusconi ha tenuto un ricevimento nella nuova dimora di villa Gernetto, poco distante da Arcore, futura sede di un’università libera cui lavora da anni. Ad attendere il suo arrivo, poco dopo le nove, c’erano una serie di imprenditori e fra gli altri i ministri del Welfare, Maurizio Sacconi, della Salute, Ferruccio Fazio e dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini. Secondo alcune indiscrezioni avrebbe trascorso parte della domenica, in forma strettamente privata, a Napoli.

Marco Galluzzo

01 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

ListA Pdl esclusa dalle regionali in lazio

"Io minacciato, non mi hanno fatto rientrare"

Alfredo Milioni, al centro della "beffa": "I capi pdl sono furibondi con me, ma sono solo un pesce piccolo"

 

ROMA— Un guaio.

"No no... mi creda, di più, molto di più: un disastro, una tragedia. E mannaggia a me, mannaggia...".

Alfredo Milioni, su, non faccia così.

"Eh, le sembra facile: ma io, mi creda, ho la coscienza a posto. E poi sono anni che faccio quel tipo di operazioni burocratiche".

Anni?

"Ma sì, certo... Avrò presentato firme e liste già almeno un’altra quindicina di volte... Uff! Accident...! Fa caldo, eh?".

Stia calmo. Proviamo a ricostruire: a che ora è arrivato in tribunale?

"Con quasi mezz’ora di anticipo. Diciamo verso le 11,30".

Perché, però, poco dopo, è uscito lasciando all’interno del Palazzo di Giustizia solo il faldone delle firme e portandosi via tutto il resto?

"Perché?".

Sì, perché? È vero che s’è accorto di non avere con sé i lucidi con il simbolo del partito?

"No, quelli avrei potuto consegnarli anche dopo. I lucidi non sono una cosa importante, determinante. Questa è una cosa nota".

Allora è andato fuori per apportare qualche modifica alla documentazione?

"Modificare, lei dice...".

Per aggiungere, o cancellare, qualche nome.

"Beh".

Sì o no?

"No, questo no".

Sicuro?

"Sicuro".

Dica la verità.

"Lo giuro, lo giuro! Non volevo apportare modifiche. Mi deve credere, capito?".

Va bene, stia calmo. Questo però significa che è davvero andato a mangiarsi un panino.

"Sì... ecco, sì: sono andato a mangiarmi una panino. Non mi pare grave, no?".

Quindi è vero: lei ha lasciato l’aula per andare al bar.

"Io? A mangiare?".

In conferenza stampa, la Polverini ha fornito una ricostruzione dei fatti un poco diversa.

"No, cioè... io, a mangiare: ma chi l’ha detto?".

Lei, adesso.

"Macché. Senta, io sono molto confuso...".

Non è il momento migliore, Milioni, per essere confusi.

"Però... ecco qui, legga bene sul cellulare: ecco qui tutti i messaggi, gli sms di solidarietà che m’hanno spedito quelli che c’erano, in tribunale, e che hanno assistito a tutta la scena. Dove è chiaro che io sono la vittima".

La vittima?

"Proprio così. Non mi hanno fatto rientrare, hanno fatto i matti, si sono messi a urlare, m’hanno spinto...".

Sostenevano che lei stesse presentando la lista fuori tempo massimo.

"Fuori cosa? M’hanno minacciato, altroché. Qui si configura pure un reato".

Che genere di reato?

"Un reato, un reato...".

Silvio Berlusconi è furibondo.

"Lo so, mannaggia a me".

Come lo sa?

"Eh, quelli lì, i capi del partito, me l’hanno detto. Sono loro che parlano con lui, mica io".

La Polverini anche è furibonda.

"So pure questo... Ma che posso farci io?".

Lei era lì.

"Senta, a parte che la fila avrebbe dovuto farla Giorgio Polesi, l’altro rappresentante del Pdl... lei deve scrivere che io sono solo il piccolo presidente del XIX Municipio, qui a Roma. La politica è sempre stata la mia passione, cominciai come socialista e ho proseguito dentro Fi, certo: ma ero e resto un pesce piccolo, un pescetto che fa il suo lavoro onestamente. Aggiunga poi pure che...".

(La conferenza stampa di Renata Polverini è finita da pochi minuti; Alfredo Milioni sta parlando a capo chino, le mani tremanti, lo sguardo lucido. All’improvviso, dal palchetto, rimbomba giù una voce roca, dura: "Stai zitto! Milioni devi stare zitto, muto: hai capito?". Milioni fa appena in tempo a farfugliare ancora qualcosa, poi viene letteralmente sollevato dal pavimento da un signore muscoloso che, con modi spicci, lo infila dentro una stanza. L’invito a tacere gli era stato rivolto da Alfredo Pallone, parlamentare europeo e vicecoordinatore regionale del Pdl nel Lazio. "Sono stato un po’ brusco, lo so. Ma Milioni, dopo quello che è accaduto, non è lucido. La situazione è delicatissima e lui può straparlare. Ieri, quando ha capito cosa era successo, mi ha detto: "Io mi suicido". Sta messo così, poveraccio, e c’è da capirlo, credo. Dopo quello che ha combinato...").

Fabrizio Roncone

01 marzo 2010

 

2010-02-28

ELEZIONI REGIONALi NEL LAZIO

Respinto il ricorso del Pdl

sulla presentazione delle liste

L'esclusione dovuta al ritardo nella presentazione

della lista del Pdl. Polverini: ci appelliamo a Napolitano

ROMA - È stata respinta dal Tribunale di Roma l'istanza presentata dal Pdl per l'accoglimento della lista provinciale di Roma dei candidati alle elezioni regionali. Sarebbe stato il ritardo nella consegna della documentazione necessaria a causare, secondo quanto si apprende, la mancata ammissione del logo e l'esclusione della lista elettorale del Pdl. Il Pdl aveva quindi presentato ricorso all'ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Roma che ha respinto stamane l'istanza. Al momento perciò sono escluse le liste elettorali provinciali del Pdl nel Lazio. Il Pdl presenterà ora ricorso d’appello all’Ufficio centrale regionale del Lazio per ottenere la riammissione.

Renata Polverini (Omniroma)

Renata Polverini (Omniroma)

APPELLO A NAPOLITANO - "Chiamo il Capo dello Stato con un appello a garantire" che gli elettori possano trovare la lista del Pdl sulle schede elettorali per le regionali nella Provincia di Roma ha detto la candidata del Pdl Renata Polverini in conferenza stampa. "Abbiamo sentito il presidente Berlusconi, è sconcertato per quanto accaduto", ha continuato la Polverini che ha aggiunto, "sono convinta che si tratti solo di un fatto burocratico. Non credo che al Pdl, il maggior partito del Lazio e di Roma, possa essere impedito l'accesso alla competizione elettorale. La burocrazia non uccida la democrazia. Il Pdl sta seguendo tutte le vie legali per garantire questo diritto di voto. Non parliamo di una lista respinta ma dell'impossibilità di presentarla. Restituiamo ai cittadini - conclude Polverini - i loro diritti".

NUOVO RICORSO - Luca Malcotti, vice coordinatore vicario del Pdl di Roma e Lazio aveva già comunicato che in caso di esclusione il Pdl avrebbe presentato un ulteriore ricorso in Corte d'Appello entro 48 ore , e infine rivolgersi al Tar. "Saranno i legali del Pdl a decidere se ricorrere ancora in Corte d'Appello o se rivolgersi direttamente al Tar". Il Pdl laziale parla di incidente. "Non è che noi non abbiamo presentato la lista ma c'è stato un piccolo incidente. Ieri non ero presente, ma nel 2008 ho presentato le liste del Pdl per il Comune e i municipi di Roma, e in quel caso ho visto, pur nel rispetto totale delle regole, una certa flessibilità, essendo la procedura molto complicata. In questo caso mi pare che ci si sia attaccati a un meccanismo di dettaglio".

ROTONDI ATTACCA- Ma la vicenda rischia di aprire uno scontro interno . La scoccata arriva dal ministro per l`Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi che denuncia la "incapacità" organizzativa del Pdl, alla luce del ritardo nella presentazione della lista nel Lazio . "L'onorevole De Luca da solo in Piemonte ha presentato in tre giorni una lista della Dc per Cota letteralmente pensata e realizzata in una settimana. I maestri del Pdl - attacca il ministro- hanno fatto perdere la Polverini a tavolino. Io ne ho piene le tasche di fare il parente povero in questa banda di incapaci. Nemmeno la campagna elettorale mi induce a misericordia". A Rotondi replica Piso ("Non è degno del suo ruolo") in conferenza stampa guadagnadosi una controreplica: " "Tal signor Piso, che doveva presentare la lista del PdL, si appella a Napolitano invece di spiegare perchè non l'ha presentata in orario. Mi dispiace di averlo offeso e di essere indegno di fare il ministro, ma siccome so presentare una lista, vorrà dire che al prossimo giro lui fa il ministro e io presento le liste". ma il centrodestra è compatto nel chiedere al Capo dello Stato di individuare "un percorso per garantire un voto vero nel Lazio".

Emma Bonino

Emma Bonino

BONINO - "Diciamoci le cose come stanno: questa lista non c'è, non c'è verbale", era stato in mattinata il commento della candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio Emma Bonino riferendosi alla vicenda. "Dopo le leggi ad personam - ha proseguito - non vorrei che si arrivasse a un provvedimento ad listam, sarebbe un' innovazione degna di qualche altro regime. Forse anche Alemanno dovrebbe pentirsi della sua arroganza: davanti alle nostre richieste di legalità aveva detto che avevamo problemi di visibilità. Poi era intervenuto il ministro Maroni, dicendo che a 30 giorni dalle elezioni non si poteva cambiare niente e non dovevamo lamentarci. Non vorrei che avessero una memoria troppo corta". E il presidente della Provincia Zingaretti aggiunge: "Renata Polverini è candidata e con molte liste a suo sostegno. Quindi il confronto democratico è pienamente libero e rispettato.Trovo, invece, stupefacente che ci si appelli al presidente della Repubblica e ai magistrati non per difendere un diritto, ma per cercare di coprire un abusoi. Se un povero cristo compie degli atti in ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge ne paga tutte le conseguenze. Non si capisce perchè lo stesso non debba valere per chi, colpevolmente, presenta in ritardo una lista elettorale. Le regole devono valere per tutti: sia per il povero cristo che per il potente politico".

Redazione online

28 febbraio 2010

 

 

 

LA MANIFESTAZIONE

L'onda viola a Piazza del Popolo

"Basta! La legge è uguale per tutti"

Gli organizzatori: 50mila persone in piazza. Diretta online con i messaggi che arrivano da casa

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NOTIZIE CORRELATE

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L'onda viola, la manifestazione del 5 dicembre

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Il sito del Popolo viola

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Il sito di convocazione della manifestazione del 27 febbraio

In piazza con maschere e cartelloni (Fotogramma)

In piazza con maschere e cartelloni (Fotogramma)

ROMA - "La legge è uguale per tutti" questo lo slogan della manifestazione di protesta contro la legge sul legittimo impedimento sabato pomeriggio in piazza del Popolo a Roma. Il "popolo viola" torna in piazza con un solo colore per sciarpe, maglioni, magliette, cappelli. "Il viola rappresenta il colore dei bambini quando si sentono limitati nel diritto di espressione" ha detto una organizzatrice. Autoconvocato su internet (popoloviola.it e 27febbraio2010.org) il popolo che non si identifica con i partiti e non chiede soldi ai sindacati è legato da un comune sentire: tutti vivono un clima di sofferenza. E protestano, non solo in piazza ma anche online: in diretta dal palco di piazza del Popolo, arrivano i messaggi dai computer di casa e dai portatili. Un'altra piazza quella virtuale, ma un unico popolo. Sul sito internet erano giunte 200mila adesioni e, secondo gli organizzatori, le presenze in piazza del Popolo sono 50mila.

Il "popolo viola" in piazza per la legalità

Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità Il "popolo viola" in piazza per la legalità

I TEMI E GLI SLOGAN- Come per la manifestazione del 5 dicembre ritornano tanti temi, anzi tante "problematiche" che vanno dalla denuncia per lo "stravolgimento della giustizia e della Costituzione", alla difesa del "lavoro", del "rispetto per le diversità della donna" e di "un’informazione libera e plurale". Tra gli slogan imperversano: "Basta! La legge è uguale per tutti" e "Democrazia a rischio".

LA PIAZZA - Le persone scese in piazza non si identificano con partiti, anche se alcuni sono schierati con il centrosinistra. Molti sono cittadini qualunque, eredi dei "girotondini". In tanti i professionisti, gente di spettacolo, giornalisti, magistrati e intellettuali. Alcuni prendono parola sul palco: "basta insulti ai giudici" dice Flores D'Arcais, "non smettete di combattere" sono le parole di Mario Monicelli. "L’unica riforma che decide tutte altre è la riforma delle politica" dice Asor Rosa. Tra gli altri c'è Gioacchino Genchi, vice questore a Palermo, ex collaboratore di Falcone e Borsellino. Tutti pensano che l’italia abbia bisogno di più democrazia.

UN POPOLO ALLEGRO - Il "popolo viola" si è organizzato a partire da venerdì con una raccolta fondi e nel pomeriggio di sabato, fanno sapere gli organizzatori, sono stati raccolti 30mila euro. Una sola persona, una donna, ne ha donati mille. E per lei c'è stato il regalo di chi ha donato di più: una colazione con il comico Vergassola. Un popolo allegro, anche se si rivolge alla politica per chiedere di essere rappresentato e alle istituzioni implorando protezione, perchè la legge sia uguale per tutti.

LE PARTECIPAZIONI DELLA POLITICA - A differenza della manifestazione del 5 dicembre, anche la politica partecipa: c'è il Pd, c'è l'Italia dei valori, ci sono Verdi, c'è Sinistra e libertà, ci sono i Radicali. Tutta l'opposizione, insomma, tranne l'Udc. Al centro di piazza del Popolo, sotto il belvedere del Pincio, sul palco si alternano i discorsi degli organizzatori con la musica rock. Tanti i volantini distribuiti: la fa da padrone un semplice 'dimettiti', naturalmente un invito all'indirizzo di Berlusconi. Tutte le età in piazza: ragazzi e ragazze, anziani, famiglie con bambini. Il clima è sereno, allietato da una temperatura quasi primaverile.

IL CAMPER - La Costituzione è ormai il nuovo libretto rosso, il ’popolo viola’ dal 4 febbraio scorso tiene un sit-in permanente con un camper davanti a Montecitorio per denunciare la "violazione palese della nostra Costituzione" che si realizzerebbe con l’approvazione delle nuove norme sul ’legittimo impedimento’. Il camper distribuisce ’patenti viola’ (l’hanno ritirata anche Massimo D’Alema e Giuseppe Fioroni), a punti, però, "e se non si impegnano a presentare una proposta di legge contro il conflitto di interessi, tra sei mesi gliela ritiriamo", avverte Gianfranco Mascia, tra i promotori dell’iniziativa, in passato famoso per aver fondato i comitati Bo.bi - Boicottiamo il biscione e tra i promotori della grande manifestazione a san Giovanni del 5 dicembre scorso.

ADESIONI - Molte le adesioni alla manifestazione promossa da: Popolo Viola Roma, Presidio Permanente Monte Citorio, Bo.Bi., Blog San Precario, LiberaCittadinanza, pagina Facebook del Popolo Viola. Tra i partiti, il Pd, l'Italia dei valori, Sinistra e libertà, Radicali Italiani, Verdi. Tra i politici: Marco Pannella, Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, Paolo Cento, Angelo Bonelli, Massimo Donadi Ignazio Marino, Vincenzo Vita, Pancho Pardi, Ivan Scalfarotto. A titolo personale hanno mandato il loro sostegno ne sito: Mario Monicelli, Andrea Camilleri, Margherita Hack, Paolo Flores d’Arcais, Dario Vergassola, Alberto Asor Rosa, Moni Ovadia, Giorgio Bocca, Marco Travaglio, Antonio Tabucchi, Luciano Gallino, Lidia Ravera, Giorgio Parisi, Gianfranco Bettin, Lidia Menapace, Dario Fo, Franca Rame, Oliviero Beha, Tana de Zulueta, Raniero La Valle, Roberto Vecchioni, Daria Colombo, Daniele Silvestri, Paola Turci, Giorgio Bocca, Nando Della Chiesa, Francesco Guccini, Ivano Marescott,i Corrado Guzzanti.

Redazione Online

27 febbraio 2010(ultima modifica: 28 febbraio 2010)

 

 

2010-02-27

Cena di fare futuro per la candidatura della polverini

Fini: "Un centrodestra con la bava

alla bocca non è sempre gradito"

"Il pensiero unico è un limite. Stato di polizia? Non cerdo, altrimenti non ci sarebbe questa evasione"

Cena di fare futuro per la candidatura della polverini

Fini: "Un centrodestra con la bava

alla bocca non è sempre gradito"

"Il pensiero unico è un limite. Stato di polizia? Non cerdo, altrimenti non ci sarebbe questa evasione"

Fini alla cena di FareFuturo (Ansa)

Fini alla cena di FareFuturo (Ansa)

ROMA - Le anime del centrodestra sono diverse. E con le elezioni regionali che si avvicinano, le differenze si accentuano. Gianfranco Fini fa la sua parte in una cena di finanziamento della sua fondazione FareFuturo a sostegno della candidatura di Renata Polverini. E risponde subito con chiarezza a chi storce il naso di fronte al suo impegno nonostante il ruolo istituzionale di presidente della Camera. "Sono qui per non fare un intervento politico-programmatico - dice - perché il ruolo mi impone di non fare campagna elettorale. Ma non mi esime dal dovere di fare politica. Questo qualcuno non l'ha capito". Nel suo fare politica Fini torna a sottolineare la distanza dalle richieste che spesso vengono avanzate, di una unità acritica nel Pdl. "Non ha senso il pensiero unico perché è una limitazione della società. FareFuturo inevitabilmente dice qualcosa che, non dico può dare fastidio, ma può dare turbamento. Sono un po' come i pierini" . Aggiunge anche che "un centrodestra perennemente con la bava alla bocca non è quello più gradito, soprattutto in una città come Roma" e precisa: "Non credo di essere in uno stato di polizia. Se lo fossimo non ci sarebbe questo livello di evasione fiscale che ritengo il peggior male del Paese".

EGOMONIE E IDEE - Prese le distanze da atteggiamenti che evidentemente nel centrodestra hanno altri interpreti, Fini spiega pche si tratta di fare una battaglia di idee. "È finita l'egemonia culturale della sinistra nella società italiana. Se siamo capaci di contrastare le loro idee con le nostre, l'egemonia viene meno ma per farlo bisogna cercare di partorirle assumendosi anche il rischio di non essere capiti oppure che qualche caporale di giornata ci richiami all'ordine".

 

26 febbraio 2010(ultima modifica: 27 febbraio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it

2010-03-28

I dati alla chiusura del primo giorno di voto: 47,9 per cento contro il 56,6 di cinque anni fa

Nel Lazio addirittura -12,4 per cento. Per i sondaggisti, possibili 2 milioni di diserzioni.

Regionali, alle 22 crolla l'affluenza

quasi nove punti in meno del 2005

Lunedì si può votare dalle 7 fino alle 15: a seguire lo spoglio delle Regionali

Un mini-comizio di Silvio Berlusconi al seggio: "Se molliamo ci troviamo Di Pietro"

Regionali, alle 22 crolla l'affluenza quasi nove punti in meno del 2005

ROMA - Affluenza in netto calo alle elezioni regionali rispetto al voto di cinque anni fa. Alle 22 (dati provvisori) hanno votato il 47,9 per cento degli aventi diritto contro il 56,6 di cinque anni fa. In calo anche l'affluenza alle elezioni comunali che, alle 19, era pari al 41,09% rispetto al 43,75% precedente. Per le provinciali (sempre alle 19) affluenza in netto calo a Caserta e Viterbo (rispettivamente -6,5 e -9%), mentre risale a L'Aquila e Imperia (+3,6 e +3,8).

Il calo nelle regioni "sensibili". Flessioni significative si sono registrate nelle regioni "sensibili", quelle in bilico come Piemonte, Lazio, Puglia e Liguria, dove il risultato potrebbe - stando ai sondaggi - virare da una parte o dall'altra. I dati parlano, per il Piemonte, di un 8,2 per cento in meno; l'affluenza in Liguria cala del 9 per cento, nel Lazio si registra un tracollo con il 12,4% per cento in meno. Leggermente migliore il dato dell'affluenza in Puglia, con il 43,7 per cento di elettori alle urne contro il 53,3 di cinque anni fa. In Campania, altra regione in dubbio, il calo è leggermente più contenuto: quasi 6 punti in meno.

La netta flessione, alla chiusura dei seggi dopo il primo giorno di voto, è comunque generalizzata: in Basilicata il calo è di 5,5 punti, in Veneto di 7 punti, di 9,3 in Lombardia, e tra il 9 e l'11 per cento nelle regioni 'rosse' Emilia Romagna, Marche, Umbria e Toscana. In Calabria il dato risulta in calo di quasi il 7%.

La grande incognita. I dati confermano che è alta la possibilità di un aumento dell'astensione. I sondaggi, finora, non sono ottimisti: parlano di un milione e - nella più nera delle previsioni - addirittura di due milioni di votanti in meno. Sono gli stessi sondaggi a rilevare, poi, che sarebbe soprattutto il Pdl al Sud ad essere maggiormente penalizzato dall'astensione, mentre - al Nord - sarebbe la Lega a trarre vantaggio dal diffuso malcontento.

 

Il voto dei candidati. La candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio ha votato poco minuti dopo le undici nella scuola media 'Virgilio', di via Giulia, nel centro di Roma. Emma Bonino, che abita a Trastevere, è arrivata al seggio a piedi, da sola. Indosso la stessa giacca rosa shocking con la quale appare nei manifesti elettorali. La leader Radicale è stata accolta dagli applausi nei corridoi della scuola e molti hanno voluto fotografarsi con lei. Al momento di votare, rivolgendosi ai fotografi, ha detto: "E' la mia trentesima campagna elettorale, ma non vi ho mai visti qui".

Renata Polverini, jeans e camicia bianca, è arrivata a piedi al seggio elettorale a San Saba. "Pensa se ora non c'e' il nome", ha detto scherzando con gli scrutatori del seggio, nella scuola elementare "Franchetti" in piazza Gian Lorenzo Bernini. A chi le faceva gli auguri ha risposto con una battuta: "Di Pasqua?". "Sono emozionata", ha ammesso.

Il voto dei leader:Berlusconi. Un mini-comizio al seggio del presidente del Consiglio, che è arrivato alle 11.45 al seggio elettorale numero 502 per votare nella scuola media Dante Alighieri, via Scrosati, a Milano. Al termine delle operazioni di voto, dopo le foto rituali di un numero cospicuo di fotografi e cameramen di varie televisioni, il capo del Governo ha detto: "Se molliamo ci troviamo Di Pietro. Non bisogna mollare. Il clima è preoccupante ed è quello che è stato creato da una campagna elettorale che tutti sanno come si è sviluppata e quali argomenti siano stati messi in campo", ha detto lasciando il seggioin riferimento agli episodi che hanno caratterizzato le ultime due giornate di campagna elettorale, in particolare il pacco bomba destinato alla Lega.

Bersani. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha invece votato alla 11 a Piacenza. Assieme alla moglie Daniela e alla figlia più grande Elisa, 25 anni (l'altra, Margherita, ha ancora solo 17 anni) ha raggiunto a piedi il seggio della Scuola primaria Pezzani, che dista qualche centinaio di metri da casa sua e dove vota da molti anni. Sorridente e rilassato, ai giornalisti che gli hanno chiesto se ha dormito bene, visto che questa è la sua prima partita "in panchina" da "allenatore del Pd", Bersani ha risposto: "Ho dormito benissimo e ne avevo proprio bisogno, ho la coscienza a posto, abbiamo fatto tutto quello che potevamo. Poteva essere migliore se, come in tutti i Paesi del mondo, ci fosse stata la possibilità di un confronto diretto tra i contendenti".

Di Pietro. "E' una scelta di campo quella che gli elettori devono fare: tra chi difende tutti i giorni la Costituzione, come l'Italia dei Valori, e chi viola regolarmente le leggi e la democrazia. In questo momento c'è bisogno di contrastare questa deriva antidemocratica rappresentata da Silvio Berlusconi e dalla sua corte". Lo ha detto Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, lasciando il seggio della scuola elementare di Curno, dove stamattina ha votato.

 

 

Elezioni Regionali 28-29 marzo 2010

I candidati regione per regione

Clicca sulla finestra della singola regione per vedere le schede dei candidati, i partiti che li sostengono e giocare al governatometro. Potete anche personalizzare questa pagina, chiudendo le finestre che non vi interessano (cliccando sulla X) o trascinandole dove volete: la mappa ricorderà le vostre preferenze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-27

L'attentato questa mattina alle 5.40, in un centro di smistamento a Milano. Il dipendente Pietro De Simone

colpito in maniera non grave a volto e mani. Rivendicazione del Gruppo anarchico Morales

Busta esplosiva contro la Lega

ferito dipendente delle Poste

E ieri a Linate scoperta una lettera di minacce contro Berlusconi: c'era anche un proiettile

Bruno Megale (Digos): "Apparentemente non vi è alcun legame tra i due episodi"

Busta esplosiva contro la Lega ferito dipendente delle Poste

I resti della busta esplosa

MILANO - Due episodi inquietanti sono avvenuti in Lombardia in meno di 24 ore. Ieri pomeriggio è stata scoperta a Linate una lettera con un proiettile indirizzata Silvio Berlusconi. Mentre oggi, alle prime luci dell'alba, una busta esplosiva indirizzata alla Lega è stata recapitata in un centro postale di Milano, in piazzale Lugano, provocando una fiammata che ha ferito un dipendente.

E' accaduto alle 5.40, quando Pietro De Simone, 56 anni, stava smistando della corrispondenza, e ha trovato la busta sospetta. Non ha fatto in tempo a darle una maggiore occhiata che è esplosa, ferendolo, in modo non grave, a mani e volto. L'uomo è stato trasportato dal 118 al Policlinico in codice giallo. "Ho sentito un boato, un rumore sordo e gente che accorreva verso Pietro - ha raccontato uno dei suoi colleghi che era in servizio - poi ci hanno evacuati. So che lui si è ferito alle mani e si è bruciato i capelli: era stordito".

All'interno della busta esplosiva c'erano un portafogli, una molletta da bucato, due fili elettrici e della polvere pirica. E un volantino di rivendicazione con una frase contro il ministro dell'Interno. "Nei Cie si stupra - si legge tra l'altro nel un foglio - Maroni complice di questi fatti". Poco dopo, è giunta la rivendicazione del gruppo "Sorelle in armi-nucleo Mauricio Morales/Fai", di matrice anarchica. Già autore di episodi simili: uno, il 15 dicembre scorso al Cie di Gradisca di Isonzo, in provincia di Gorizia, e il secondo il giorno dopo alla Bocconi di Milano. Al direttore del Cie fu inviato un portafoglio-esplosivo contenuto in una busta che lo stesso ministro dell'Interno, Roberto Maroni, definì "di indubbia perizia" .

 

Ieri pomeriggio invece è stata scoperta - nel centro meccanizzato postale di Linate - una lettera di minacce al premier e ad altri esponenti del Pdl, ma i carabinieri ne hanno dato notizia questa mattina. La busta, di quelle imbottite, conteneva anche un proiettile: i dipendenti hanno subito avvisato il 112. "Farai la fine del topo", c'era scritto sotto il nome del Presidente del Consiglio, che era anche il destinatario della lettera, indirizzata a Villa S.Martino, ad Arcore. Sempre ieri, una busta con polvere 'grigiastra' era stata recapitata alla villa San Martino di Arcore. "Apparentemente non vi è alcun legame tra la busta con il proiettile indirizzata al premier e questo attentato terroristico contro la Lega Nord", ha detto Bruno Megale, alla guida della Digos di Milano e tra i massimi esperti in antiterrorismo.

Dell'inchiesta sul pacco bomba si occuperà il pm Massimo Meroni, del pool antiterrorismo della Procura di Milano. Meroni, a cui l'inchiesta è stata affidata dal procuratore aggiunto Armando Spataro, è lo stesso magistrato che si occupa dell'ordigno esploso all'università Bocconi di Milano nel dicembre scorso. Allora esplose in parte un ordigno, confezionato con un cilindro metallico e circa un chilo di dinamite in gelatina, in un tunnel interno dell' ateneo che collega due edifici dell'università. A rivendicare l'attentato, anche in quel caso, era stata la Fai, Federazione anarchica informale. Quel fascicolo di indagine era stato aperto con l'ipotesi di reato di atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, previsto dall'articolo 280 bis del codice penale. E' probabile che sia lo stesso titolo di reato con cui è stata aperta anche l'inchiesta sul pacco-bomba scoppiato nell'ufficio postale di piazzale Lugano a Milano.

Oggi invece è stata recapitata con il servizio postale una lettera anonima con minacce e indirizzata a "La Fabbrica di Nichi" di Bari. Il testo, composto in modo da non essere riconoscibile, contiene espliciti riferimenti all'arrivo di 500 chili di esplosivo presso "i covi e fabbriche di odio" con minacce di morte per "i comunisti, i gay e gli ebrei". Dopo i primi accertamenti tecnici, è in via di presentazione una formale denuncia alle forze dell'ordine. "La fabbrica di Nichi", in una nota, auspica che "il clima sostanzialmente sereno, che ha contraddistinto questa campagna elettorale, non sia macchiato dagli sconsiderati gesti di ignoti".

(27 marzo 2010)

 

 

Calderoli: "Andiamo avanti". Il Pdl: "Atti così provengono da ambienti simili a quelli dei dipietristi".

Solidarietà al Carroccio e all'impiegato ferito da parte di tutti i partiti. Il Pd: "Un fatto grave"

Busta esplosiva contro la Lega

Maroni: "Stroncheremo il terrorismo"

Il Ministro dell'Interno convoca una riunione straordinaria: "Faremo di tutto per non tornare agli anni di piombo"

Fini: "Azioni che puntano a creare odio e intolleranza". Schifani: "Ritorni un clima costruttivo tra le coalizioni"

Busta esplosiva contro la Lega Maroni: "Stroncheremo il terrorismo"

Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni

MILANO - "Sono veri e propri atti di terrorismo politico che intendiamo stroncare senza alcuna esitazione per evitare il rischio di un ritorno agli anni di piombo e garantire la tutela delle libere istituzioni democratiche". Il leghista Roberto Maroni, ministro dell'Interno, reagisce all'esplosione, in un ufficio postale di Milano, di una busta bomba diretta alla sede del Carroccio e convoca, per giovedì primo aprile alle ore 10.30 al Viminale, una riunione straordinaria del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

I presidenti di Camera e Senato. "Il presidente della Camera Gianfranco Fini esprime la condanna più ferma contro gli episodi di violenza che si sono verificati oggi a Milano". E' quanto si legge in una nota diffusa a Montecitorio. "Azioni - sostiene Fini - che puntano a creare un clima di odio e di intolleranza alla vigilia di un importante appuntamento elettorale per il Paese". Fini formula "l'auspicio affinché tutte le forze politiche respingano con forza e intransigenza ogni tentativo volto a turbare la vita democratica e la dialettica politica". Anche il presidente del Senato Renato Schifani esprime profonda preoccupazione. "Atti di questo tipo - precisa Schifani - sono inaccettabili e vanno respinti con assoluta fermezza. Auspico il ritorno ad un clima costruttivo tra le varie coalizioni - conclude il presidente del Senato - a partire dalla condanna unanime di questi inquietanti episodi di violenza avvenuti alla vigilia di un appuntamento elettorale".

La Lega. "Nessuna provocazione, nessun attacco ci farà recedere dalla nostra via, che è la via delle riforme e del cambiamento democratico". Anche il leghista Roberto Calderoli reagisce all'esplosione e "esprime solidarietà e affetto all'impiegato delle Poste che è rimasto ferito nello scoppio. "Non sarà Giove tonante - ha concluso il ministro per la Semplificazione - a far tremare il popolo e tantomeno la Lega perché questa è una forza di popolo, una forza tranquilla e decisissima, e non sarà certo un pacco esplosivo a turbare la nostra serenità o la nostra determinazione ad attuare il cambiamento per via democratica". In seguito all'attacco da parte degli anarchici, arrivano dure condanne e parole di solidarietà rivolte alla Lega e all'impiegato ferito da tutti i partiti italiani.

 

Il Pdl. Le lettere esplosive creano una "profonda inquietudine" nel ministro della Giustizia Angelino Alfano. Parlando a margine del Forum di Confragi a Taormina, il Guardasigilli ha augurato che "si possa accertare da dove provengono queste minacce in modo da sconsigliare episodi analoghi". Parlano di "network dell'odio" Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera e Maurizio Gasparri, il suo omonimo al Senato. Entrambi, ammettono che minacce come quelle di oggi provengono da ambienti simili a quelli "dei sostenitori del noto frequentatore di criminali della 'Ndrangheta o della Bulgaria, Antonio Di Pietro. Un personaggio che vediamo ritratto costantemente nel tempo in compagnia di delinquenti".

L'Idv. "Accusare le opposizioni di essere il mandante dei pacchi bomba è regime". Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori, risponde dal suo blog agli esponenti della maggioranza e alle accuse avanzate. E a difendere Di Pietro ci pensa il presidente del gruppo dell'Italia dei valori al Senato, Felice Belisario: "E' certamente Berlusconi che, occupando tutte le tv, ha seminato insulti e odio nei confronti di tutti quelli che non si inchinano a lui come evidentemente fa Cicchitto" - ha detto.

L'Udc. Arriva la reazione di Pier Ferdinando Casini, leader dell'Unione di centro, a proposito dei fatti di Milano. "Di fronte a simili minacce nei confronti di un movimento democraticamente legittimato a rappresentare milioni di cittadini in Parlamento e del capo del Governo di tutti gli italiani la condanna deve essere unanime, a maggior ragione alla vigilia di un appuntamento elettorale" - ha spiegato.

Il Pd. Maurizio Magliavacca, coordinatore della segreteria nazionale del Partito democratico, ha invece fiducia nelle forze dell'ordine e si augura che sappiano "al più presto fare luce su quanto avvenuto". Gli episodi di Milano sono gravi e preoccupanti - ha spiegato - in particolare a ridosso di un appuntamento elettorale. Dal Pd, massima solidarietà per l'impiegato delle Poste.

La sinistra. Il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra e candidato alla presidenza della regione Campania, Paolo Ferrero, respinge categoricamente "i gravi atti di terrorismo e intimidazione di cui sono stati fatti oggetto la Lega e il presidente Berlusconi, provocando il ferimento di un lavoratore delle poste". Questo perché "ciò che ci vede impegnati - spiega Ferrero - è la costruzione di un grande movimento politico di massa contro le politiche del governo di destra e la Confindustria. Atti come quello accaduto a Milano sono stati, sono e saranno invece sempre acerrimi avversari dell'obiettivo di dar vita a un movimento di massa e della sua capacità di realizzare conquiste sociali e civili".

La destra. "Le bande dell'ultrasinistra vanno fermate. E' grave quanto accaduto a Milano, è grave quanto accaduto nelle ultime ore in provincia di Napoli dove la famiglia del nostro responsabile di Quarto, Armando Romano, è oggetto di gravissime intimidazioni nell'indifferenza delle autorità. Da nord a sud i teppisti sono scatenati, ma nessuno li ferma". Lo dichiara Francesco Storace, segretario nazionale della Destra.

I radicali. Per il partito di Emma Bonino parla la Segretaria dell'associazione radicale "Il Detenuto Ignoto", Irene Testa, che chiede alle autorità di "indagare a fondo" sul plico esplosivo indirizzato alla Lega, per scoprire "chi l'abbia spedito e con quali reali intenzioni politiche".

(27 marzo 2010)

 

 

 

Interviste su tutti i telegiornali e anche al Gr per il premier. "Nessun sorpasso della Lega"

Ed è ancora un duello con il leader del Pd Pier Luigi Bersani. "La sinistra non mi rispetta"

Berlusconi al forcing finale

occupa radio e telegiornali

In serata chiusura-show con Polverini a Roma

"Ho lo ius primae noctis sulle nostre candidate"

Berlusconi al forcing finale occupa radio e telegiornali

ROMA - Ultimo giorno di campagna elettorale. E per il Cavaliere è il giorno dell'invasione di ogni spazio informativo. Interviste a ben sei telegiornali, e poi anche al gr Rai. Con l'obiettivo di raccogliere fino all'ultimo voto. "Ogni regione in più costituirà un successo. Vogliamo avere la maggioranza dei voti dei cittadini. Comunque non cambia nulla in caso di sconfitta". E' ancora duello a distanza con il leader del Pd Pier Luigi Bersani, che dice di aspettarsi "un'inversione di tendenza che per me significa conquistare la maggioranza delle regioni".

Berlusconi è tornato dal vertice Ue a Bruxelles e ha rilasciato interviste a Studio Aperto, Tg4, Tg1, Tg5 e Tg2 ed anche al Gr1 delle 19. Nel pomeriggio è stato anche intervistato per circa un'ora da Sky Tg24. Anche oggi ha confermato che "per dialogare bisogna essere rispettati e la sinistra non mi rispetta, anzi continua a calunniarmi ed offendermi e con chi calunnia non c'è nessuna possibilità di dialogo". In serata, chiusura-show a Roma con la candidata Renata Polverini. Battute e barzellette: "Ho lo ius primae noctis sulle nostre candidate".

I VIDEO DEL PREMIER IN TV

"La Lega? Nessuna preoccupazione". Il presidente del Consiglio liquida l'ipotesi di 'sorpasso' del Carroccio: "Non ci sarà". Umberto Bossi, ha spiegato, "è un alleato leale e coerente" e in ogni caso "nessuna preoccupazione se la Lega si irrobustirà". Parla anche del suo futuro politico. "Ci sarà un tipo di elezione, chiamiamole primarie o in un altro modo. Comunque non sarò io a indicare il mio successore" dice, sottolineando che "questo potrebbe accadere solo in una monarchia". Magari, ha osservato, "a posteriori, dirò la mia", ma è eloquente la nuova sottolineatura del "gradimento del 62% degli italiani" per "un leader che ha davanti a sé una lunga operositá da affrontare", anzi per "un tycoon tra i colleghi capi di Stato e di governo. Invidia da parte loro? Qualche volta me lo dicono anche".

 

La serata Santoro. Ha tenuto banco anche la serata tv organizzata ieri da Santoro. Il premier ha giudicato la trasmissione un "lugubre carro di Tespi" che "ha avuto un effetto contrario alle intenzioni"; "i cittadini avranno ben chiaro" cosa è successo nella tv italiana. "Tanti italiani hanno intenzione di non pagare il canone", ha affermato il Cavaliere ribadendo che "è inaccettabile e incivile" che nella tv di Stato ci siano dei processi in pubblico. "La Rai - ha poi detto rispondendo ad una domanda sulla eventuale privatizzazione - è diventata una tv commerciale. Ha messo 'in primis' la formazione di divertire e poi dal formare. Quindi non so se è giusto privatizzarla. Non può continuare così se vuole che gli italiani pagano il canone".

"La crisi, colpa della sinistra". Non sono mancati i riferimenti alle questioni economiche. "La pressione fiscale che abbiamo ricevuto dal precedente governo era al 43,1% e ora sta al 42,7%. Un abbassamento seppur minimo, ma c'è la crisi economica", ha detto il premier, negando di aver mai detto che che l'evasione fiscale "era moralmente accettabile". "Noi abbiamo ereditato il terzo debito pubblico del mondo", ha aggiunto, incolpando la sinistra di aver "partecipato al miracolo della moltiplicazione per otto del debito pubblico italiano. Ogni anno paghiamo molti interessi passivi. Nessuno dei Paesi europei con cui collaboriamo è riuscito ad abbassare le tasse: il nostro vanto è quello che abbiamo abbassato la pressione fiscale, mantenendo in ordine i conti pubblici e non mettendo le mani nelle tasche degli italiani, mantenendo anche la pace sociale".

"L'Irap, imposta rapina". Berlusconi ha anche prospettato, dopo la crisi, di ridurre l'Irap, "quella che ho definito "imposta rapina" e introdurremo il quoziente familiare. E' nel nostro programma e lo faremo quando i conti del bilancio pubblico lo permetteranno. Vogliamo attuare la nostra rivoluzione liberale che nel dna ha la diminuzione fiscale". E anche se "in questo momento i conti non permettono un abbassamento delle tasse, noi abbiamo ridotto di poco la pressione fiscale, riteniamo che in questo momento sia fantastico non aver aumentato le tasse".

Ancora accuse all'opposizione. "Non siamo come la Grecia grazie alle misure del nostro governo. Se avessimo applicato le ricette della sinistra saremmo come la Grecia". Poi, la ripetizione di alcuni cavalli di battaglia già sentiti nelle scorse settimane. La sinistra che vuole "spalancare le frontiere" per approfittare dei voti di "questi poveretti", "vuole reintrodurre l'Ici e mettere le tasse sui risparmi Bot e Cct", vuole "la patrimoniale a partire da piccoli appartamenti" e "abolire la moneta, vietando i pagamenti in contanti dai cento euro in su, sarebbe uno stato di polizia tributaria".

Termini Imerese, le promesse. Il premier ha fatto promesse anche sul futuro di Termini Imerese. "Ci sono più di dieci proposte sul tavolo", alla fine "ci sarà un potenziamento, un incremento dei lavoratori. Mi sono occupato anche io di questa vicenda". Quanto alle critiche di Confindustria, "la Marcegaglia ha un suo elettorato da accontentare. Dice sempre le stesse cose. Vuole ridurre l'Irap, anche io se fossi al suo posto farei lo stesso".

Le riforme. Per Berlusconi "è auspicabile che si crei un nuovo clima politico per arrivare a delle riforme che siano condivise. Però, sarebbe necessario che la sinistra cambiasse atteggiamento, smettendo di cavalcare le calunnie, l'invidia sociale, l'odio nei confronti degli avversari che considerano dei nemici". Dialogo sulla legge elettorale? "Io sono disposto a dialogare sempre con chiunque, a farmi concavo e convesso, basta che ci sia dall'altra parte un minimo di oggettività e di buona fede". Il premier però non è d'accordo sulla necessità di cambiare il sistema del voto: "Questa legge" ha funzionato. E sul presidenzialismo "è l'Italia che deciderà".

I contrasti con Fini. "Ho già detto che in un grande partito del 40% che punta al 50-51%, e che con orgoglio ho realizzato, le differenti sensibilità sono una ricchezza. Se non si trova l'unanimità si discute e la minoranza deve attenersi al voto della maggioranza". Berlusconi ha ricordato come nella Dc che era un grande partito c'erano anche le correnti: "Noi non abbiamo le correnti ma soltanto delle differenze".

Le vicende giudiziarie. Insiste nel dire che l'Italia è "l'unico Paese al mondo in cui ci si permette di intercettare un presidente del Consiglio", e annuncia "la legge sulle intercettazioni che, già approvata alla Camera, andrà al Senato". E ripete: "in Italia c'è una malattia della nostra democrazia molto grave, una corrente della magistratura, in prevalenza quella di Magistratura democratica, che assume su di sé la sovranità del popolo e del Parlamento".

"Aggressioni sul nulla". "Mi ha chiamato il mio avvocato, disperato, e mi ha detto che ci hanno negato testimoni della difesa. Ho giurato sulle persone più care che i fatti che mi attribuiscono non sono veri". "Il palazzo di giustizia di Milano ha rivolto a me delle aggressioni sul nulla", ha aggiunto, parlando anche dei ricorsi della lista del Pdl nel Lazio. "La giustizia è malata. Tutte le corti hanno respinto i ricorsi della lista Pdl nel Lazio? Sono formalisti e ci hanno negato il diritto di votare. Non c'è stato alcun caos liste, ma una violenza contro i nostri delegati". Ed è "allucinante che la sinistra abbia dimostrato la sua antidemocraticità battendosi affinché la nostra lista restasse fuori".

L'appello al voto. "Dico a tutti gli italiani che anche queste elezioni hanno una valenza politica nazionale, se volete davvero essere liberi e se non volete un'italia meno libera non potete che scegliere il Pdl. Vedrete che non vi deluderemo e manterremo tutte le promesse".

Con Polverini, intervento-show. Si intuisce da subito, ma è lui stesso a confermarlo: "Stasera sono allegro", dice Berlusconi al Salone delle Fontane di Roma, dove affianca Renata Polverini per la chiusura della campagna elettorale della candidata Pdl alla Regione Lazio. E nel corso di un intervento-fiume, costellato dai temi - e spesso anche dalle parole - già cavalcati nei giorni scorsi (la vicenda delle liste, la magistratura come malattia del Paese, le domande al pubblico, la non attendibilità degli scandali sollevati da certa stampa) si cimenta anche in una serie di battute e barzellette. Per raccontarne una, coinvolge Bondi, dice "era seduto al tavolo di un bar quando ha visto una bella ragazza venirgli incontro, ha detto 'questa me la farei subito', l'amico che era con lui gli risponde 'veramente è mia moglie' e Bondi replica '...pagando, s'intende'". Poi un'altra lunghissima storiella in cui racconta di un tentativo di Massimo D'Alema di farlo fuori, ma con esito negativo perché lui riesce ag aggirare ogni pericolo (e solleva anche una gamba per mostrare il piede al pubblico, "vedete? rimbalzo perché ho le scarpe di gomma), poi l'immancabile battuta alla Polverini, non in quanto candidata ma in quanto donna: "Lo sai che non sei per niente male... Io ho lo ius primae noctis sulle nostre candidate. E' scritto nello statuto del partito...". E' tarda sera ma se ne accorge l'Idv il cui portavoce, Leoluca Orlando, in una nota parla di atteggiamento "volgare, meschino e maniacale, un vergognoso oltraggio dopo le offese a Bindi, Bresso e Bonino".

(26 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

l segretario Pd inizia l'ultimo giorno di campagna elettorale davanti alla Fiat

"Spero che dopo le elezioni si parli di problemi veri perché ne abbiamo un sacco"

Bersani, chiusura fra crisi e occupazione

all'alba a Mirafiori, simbolo del lavoro

"Nessuna previsione" su Lazio e Piemonte, regioni giudicate in bilico

"Polverini e Cota hanno giurato nelle mani del premier: e l'autonomia?"

Bersani, chiusura fra crisi e occupazione all'alba a Mirafiori, simbolo del lavoro

Bersani con Mercedes Bresso ai cancelli di Mirafiori

TORINO - Sono la crisi e il lavoro le parole chiave dell'ultimo giorno di campagna elettorale del segretario del Pd Pierluigi Bersani. La crisi perché "non è finita, ne abbiamo ancora un bel pezzo davanti e spero che dopo le elezioni arrivi un segnale affinché si parli di problemi veri, ne abbiamo un sacco". E il lavoro, diretta conseguenza dell'altro tema, che Bersani traduce in luogo fisico aprendo la giornata, all'alba, sotto la pioggia, davanti ai cancelli dello stabilimento Fiat Mirafiori a Torino. Con lui la candidata del centrosinistra per il Piemonte, Mercedes Bresso. Un luogo-simbolo scelto "per segnalare che cosa abbiamo fatto: non c'è stata città, regione nella quale non siamo andati, ogni giorno, davanti a una fabbrica, in un quartiere popolare, a incontri con i lavoratori perché voglio che il lavoro torni al centro della nostra discussione pubblica". Sempre a Torino la chiusura, in serata: "Nel 2011 si celebreranno i 150 anni dell'Unità d'Italia ed il Pd deve essere il partito della nuova unità della nazione e dell'antica Costituzione della Repubblica".

DOMENICA AL VOTO IN 41 MILIONI - LO SPECIALE

"La crisi non è passata". "Oggi - osserva Bersani davanti a Mirafiori - siamo davanti a una grande fabbrica ma potremmo essere davanti a laboratori artigianali, aziende agricole. La crisi non è passata e dobbiamo reagire con una politica economica che dia un po' di lavoro, bisogna fare investimenti, mettere un po' di soldi in tasca ai cittadini che devono consumare perché i consumi sono bassi. Dobbiamo occuparci della vita reale della gente".

Mirafiori e il caso Fiat

. Per il caso Fiat, ha detto il segretario Pd, "serve un negoziato nazionale, il governo deve trovare il modo di portare al tavolo l'azienda e i sindacati per sapere cosa si vuol fare, non può esssere che Fiat presenti il suo piano al mercato il prossimo 21 aprile e il governo non ne sappia niente". Bersani chiede dunque un tavolo negoziale prima di quella data: ''Non possiamo diventare la cenerentola della produzione d'auto dove produciamo soltanto il 30% di ciò che compriamo. Serve un negoziato nazionale sull'evoluzione delle cose Fiat che stanno cambiando in modo strutturale e strategico''. Quanto al futuro di Mirafiori, Mercedes Bresso ha prospettato una soluzione incoraggiante, spiegando che ieri ha incontrato l'ad della Fiat Sergio Marchionne: "Non solo ci ha dato la rassicurazione che Mirafiori per la Fiat resta essenziale ma ci ha dato anche la disponibilità a collaborare sul piano della ricerca e dell'innovazione per la realizzazione dell'auto del futuro proprio a Torino", ha detto la candidata riferendosi alla prima auto a motore ibrido, termico-elettrico.

"Lazio e Piemonte, nessuna previsione". Dice di non voler fare alcuna previsione sulle due reegioni considerate "in bilico", il Lazio e il Piemonte, poi in realtà è proprio sui candidati del centrodestra di quelle regioni che spesso Bersani si concentra nei suoi interventi di oggi. E in un'intervista al Gr1 Rai, si limita a "registrare" che "Polverini e Cota hanno giurato nelle mani dell'imperatore (con riferimento alla manifestazione organizzata dal Pdl sabato scorso a Roma, ndr), proprio loro che dovrebbero rappresentare l'autonomia. E' chiaro - osserva - che se vincono loro due, comanda Berlusconi. Nel caso della polverini comanderanno Berlusconi e Storace". "Noi invitiamo anche gli elettori del centrodestra ad andare alle urne - aggiunge il segretario Pd - ma per votare in maniera diversa. Noi non chiediamo di mandare a casa il governo dopo il voto, ma vogliamo mandare con queste elezioni una bella letterina all'esecutivo per dirgli che così non va".

"Non siamo messi così male...". Chiudendo la campagna elettorale in un quartiere periferico di Torino, Bersani osserva che "questa campagna elettorale è servita anche a imparare quello che siamo noi: un grande partito popolare". E sottolinea di aver deciso di cominciare la giornata ai cancelli Mirafiori perché "è ora che l'Italia sappia che c'è gente che va a lavorare alle cinque per un salario di 1250 euro e rischia la cassa integrazione". Dice che quella che si è chyiusa oggi è stata una campagna elettorale "non semplice" e che la destra "pensava di essere in carrozza dopo le batoste che avevamo subìto alle politiche e alle europee, pensavano che saremmo finiti nella riserva indiana con tre-quattro regioni e che avrebbero potuto fare la cavalcata sulle riforme che piacciono a 'lui'. Invece - insiste - i motori girano e girano e non siamo messi così male come pensavano".

"Noi non abbiamo un imperatore". Bersani chiude sottolineando la differenza, rispetto al Pdl, dell'idea di partito: "Noi discutiamo ma non abbiamo un imperatore e quando è ora di combattere ci ritroviamo intorno ai nostri valori". E, spiega il segretario del Pd, se il centrosinistra dovvesse vincere le elezioni "si rivolgerà a Berlusconi per chiedergli: 'hai capito o no che è ora di discutere dei problemi della gente e non dei tuoi?' Questo - conclude - è il senso del nostro sforzo elettorale".

(26 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

2010-03-25

Urne aperte domenica 28 e lunedì 29 marzo. Si rinnovano presidenti e consigli

di 13 regioni a statuto ordinario e di quattro province, oltre ai sindaci di 463 comuni

Elezioni, alle urne 41 milioni di italiani

da lunedì alle 15 la non-stop di Repubblica.it

A seggi chiusi una diretta on line con proiezioni e risultati che andrà avanti tutta la notte

E su Repubblica tv i collegamenti con le città e i commenti a caldo degli opinionistidi ALESSIO SGHERZA

Elezioni, alle urne 41 milioni di italiani da lunedì alle 15 la non-stop di Repubblica.it

ROMA - Tutto è pronto per il voto. Dopo una campagna elettorale che in gran parte si è svolta nelle aule di tribunale e in Consiglio dei ministri - fra ricorsi, controricorsi e decreti legge - circa 41 milioni di italiani saranno chiamati alle urne il 28 e 29 marzo per eleggere 13 presidenti di Regione (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria), i rispettivi Consigli regionali, quattro presidenti di Provincia, i sindaci di 73 comuni superiori (con più di 15mila abitanti, di cui nove capoluogo) e di 390 comuni inferiori (di cui due solo per il ballottaggio). Ieri il Tar del Lazio ha respinto l'ultimo ricorso di Sgarbi e Liberali: via al confronto fra Bonino e Polverini.

Per cosa si vota. Il rinnovo dei presidenti e dei consigli riguarda tutte le regioni a statuto ordinario, con l'esclusione di Abruzzo e Molise. Proprio sulle regionali si gioca la partita politica più importante, con il centrosinistra che nel 2005 si aggiudicò 11 regioni contro le due del centrodestra (Lombardia e Veneto).

GUARDA La mappa dei candidati

Ma le urne saranno aperte anche per le elezioni amministrative: sono quattro le province in cui si vota (Imperia, Viterbo, L'Aquila, Caserta), nove i comuni capoluogo (tra cui Venezia dove scende in campo il ministro Brunetta) e il rinnovo di sindaci e consigli comunali riguarda anche altri 454 comuni.

GUARDA Le province | I comuni

Quando si vota. Le operazioni di voto si svolgeranno su due giorni, domenica 28 e lunedì 29 marzo. Domenica le urne saranno aperte dalle 8 alle 22, mentre lunedì si potrà votare dalle 7 alle 15. Gli eventuali ballottaggi, per provinciali e comunali, si svolgeranno l'11 e il 12 aprile.

 

Lo spoglio inizierà immediatamente per le elezioni regionali, mentre per le provinciali e le comunali l'apertura delle schede avrà luogo martedì: a fare eccezione sono la provincia dell'Aquila e i comuni di Abruzzo e Molise, dove non si vota per le regionali e quindi lo spoglio per le amministrative si svolgerà in contemporanea alle regionali.

COME SI VOTA Regionali | Provinciali | Comunali

La tessera elettorale. Come a ogni tornata elettorale, per votare bisogna presentarsi al seggio con un documento di riconoscimento e con la tessera elettorale personale a carattere permanente. "Chi avesse smarrito - fa sapere il ministero dell'Interno - la propria tessera personale, potrà chiederne il duplicato agli uffici comunali che saranno aperti fino a sabato 27 marzo dalle ore 9.00 alle ore 19.00, mentre domenica 28 e lunedì 29 marzo saranno aperti per tutta la durata delle operazioni di voto".

Seggi chiusi dalle 15, non-stop di Repubblica.it. Alla chiusura dei seggi, per seguire prima le proiezioni e poi lo spoglio in diretta, partirà una non-stop di Repubblica.it che andrà avanti per tutta la notte. In linea e in diretta anche Repubblica tv, che seguirà il dopo voto con collegamenti dalle città, interviste ai protagonisti e commenti a caldo degli editorialisti di Repubblica.

© Riproduzione riservata (25 marzo 2010)

 

 

 

Il segretario del Pd intervistato dal Tg5

"Fino al 23 giugno lavoreremo per Stato: un record"

Fisco, Bersani all'attacco

"Questo è il governo delle tasse"

Fisco, Bersani all'attacco "Questo è il governo delle tasse"

Pierluigi Bersani

ROMA - Con il governo Berlusconi la pressione fiscale ha raggiunto "un livello record". Gli italiani nel 2010 bruceranno sei mesi di stipendio, rimettendolo nelle mani dell'amministrazione tributaria. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in una intervista al Tg5. "In due anni - spiega il leader dei Democratici - c'è stata una disattenzione totale sui problemi del lavoro: ci siamo persi nei processi brevi, medi e lunghi, ma in sede economico sociale si è fatto poco o nulla. Noi dobbiamo fare un piano anti-crisi con investimenti immediati che diano un po' di lavoro subito, mettere un po' di soldi in tasca ai redditi più bassi, affinché i consumi possano ripartire, dare un po' di respiro alle piccole e medie imprese anche attraverso la leva fiscale. Berlusconi dice - aggiunge Bersani - che noi alzeremmo le tasse; in realtà noi siamo stati i primi a tagliare l'Ici alle famiglie, mentre loro hanno aumentato la pressione fiscale a livelli mai visti prima. Quest'anno lavoreremo per lo Stato e per le tasse fino al 23 giugno: un record".

A proposito delle riforme, il segretario del Pd ha detto: "Siamo disponibili a un confronto in sede parlamentare, che però sia centrato su un rafforzamento del sistema parlamentare. Noi siamo preoccupati dalla piega che ha preso questa discussione soprattutto se impugnata da un presidente del Consiglio che pensa che il consenso venga prima delle regole. No, le regole vengono prima del consenso. Bisogna che questo lo teniamo molto presente''.

Pierluigi Bersani ha un rammarico: quello di non essere riuscito a realizzare un confronto politico a tutto campo in tv con Berlusconi. ''Lui preferisce slogan e comizi senza interlocutori''. Rispondendo alla domanda sul perché il confronto sia diventato uno scontro, Bersani spiega: ''Perché, unico Paese al mondo, da noi non c'è mai un confronto tra i contendenti davanti ai cittadini. Si passa da un comizio all'altro, dove ognuno dice la sua e quindi abbiamo una campagna elettorale priva di concretezza, fatta di proclami, e questa non è una buona cosa. Ho proposto - conclude - un modo diverso di fare, con un confronto sui temi concreti che stanno totalmente sfuggendo dai riflettori, temi economici, sociali, dei redditi, delle tasse. Di questo bisogna parlare perché se ci limitiamo agli slogan e ai comizi, facciamo un pessimo servizio al Paese''.

(25 marzo 2010)

 

 

 

Feltri accusa il presidente della Camera di "remare contro" e lo invita a "tacere"

Il Secolo d'Italia e Farefuturo: "Costruiscono un alibi nel caso di sconfitta alle urne"

"Il Giornale" attacca di nuovo Fini

La replica: "Cercano un capro espiatorio"

Berlusconi: "Per quanto mi riguarda non c'è nessun contrasto"

Letta (Pd): "Una maggioranza prima unita oggi è esplosa"

"Il Giornale" attacca di nuovo Fini La replica: "Cercano un capro espiatorio"

Il presidente della Camera Gianfranco Fini

ROMA - Stavolta Il Giornale non si limita a un editoriale, ma dedica l'intera apertura dell'edizione odierna all'ennesimo attacco contro il presidente della Camera Gianfranco Fini, accusandolo di "sconcertare gli elettori e danneggiare il Pdl": "Non gli chiediamo di impegnarsi per portare consensi - si legge sul quotidiano - Ma almeno taccia". Lo difendono Il Secolo d'Italia e Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo: il Pdl, sostengono entrambi, sta cercando un capro espiatorio sul quale scaricare l'eventuale sconfitta alle regionali. E tanto basta al presidente della Camera, che durante un'iniziativa elettorale con la candidata alla presidenza del Lazio Renata Polverini si è limitato a dire: "Ho trovato molto efficace quello che ha scritto il Secolo d'Italia". Dal canto suo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a Bruxelles per un vertice del Ppe, nega contrasti con l'ex leader di An: "Non ho avuto occasione di parlare con Fini. Ho fatto solo delle dichiarazioni rispondendo a delle interviste. Per quanto mi riguarda non c'è nessun contrasto, non ho mai detto una parola negativa a riguardo.

Ho sempre affermato che in un partito del 40% è naturale che ci siano sensibilità diverse. Quello che è importante è che si discuta e che si arrivi a una decisione e che la minoranza accetti la decisione della maggioranza".

Fini, scrive nel suo editoriale il direttore del Giornale Vittorio Feltri, "anziché dare una mano a chi si danna l'anima per vincere alle urne, rema contro". E come? Semplice: "Se Berlusconi, poniamo, dice bianco, lui dieci minuti dopo dice rosso, così l'indomani ogni mezzo d'informazione rileva compiaciuto la diversità di vedute dei due leader, e si rafforza nel pubblico la convinzione che il Popolo della Libertà sia caotico, peggio, litigioso, e quindi inaffidabile".

 

Nessuna novità: "Negli ultimi mesi - ammette lo stesso Feltri - il Giornale ha polemizzato, anche aspramente, con Gianfranco Fini per la sua linea politica spesso in contrasto con quella maggioritaria del Pdl". Attacchi che hanno un solo obiettivo, replica oggi il Secolo: trovare "il colpevole immaginario" nel caso di sconfitta alle elezioni regionali.

"Ma perché Libero e Il Giornale si affannano a indicare in Fini una sorta di cavallo di Troia nella coalizione di centro destra? E' chiaro che in questo modo si precostituisce una sorta di alibi in caso di risultati poco confortanti" alle elezioni regionali, si legge sul Secolo d'Italia. "Una sorta di tela di ragno che in modo un po' subdolo si sta tessendo attorno a Fini il quale attende pazientemente i risultati promettendo che quando sarà il momento farà la sua doverosa analisi".

Una posizione analoga a quella di Farefuturo: "Et voilà: hanno scelto il capro espiatorio di una possibile sconfitta elettorale. - scrive il direttore della fondazione Farefuturo, Filippo Rossi - Inutile girarci attorno: si chiama Gianfranco Fini. E questa volta Vittorio Feltri non c'entra nulla, anche se ha sparato in prima pagina il colpo preventivo".

Si tratta, scrive ancora Rossi, di "boatos di sottofondo che ribaltano tutte le regole della politica. Da che mondo è mondo, infatti, se un partito perde le elezioni, la responsabilità non può che ricadere su chi lo guida, sulla classe dirigente, su chi ha dettato la linea. Non certo sulla minoranza che, detto per inciso, viene oltretutto sempre descritta come irrisoria e irrilevante. Quattro gatti, insomma. Qualcuno allora dovrebbe spiegare come "quattro gatti" possano davvero influire sull'identità e sulla forza elettorale di un partito così grande, con una leadership così forte, inossidabile".

"La divisione definitiva in tre prospettive diametralmente contrastanti tra loro è il risultato che un mese di campagna elettorale ha portato alla maggioranza di governo. - commenta il vicesegretario del Pd Enrico Letta - Una maggioranza prima unita oggi è esplosa. Berlusconi, Bossi e Fini parlano di obiettivi diversi e opposti. Il dopo elezioni si annuncia all'insegna del tutti contro tutti nel centrodestra".

(25 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

2010-03-23

Silvio Berlusconi a "Uno Mattina": "Nessun dialogo con questa opposizione". Bersani: "Vuole zittire tutti"

"Non sono un monarca, nel Pdl c'è democrazia". Frenata sul presidenzialismo: "Decideranno i cittadini"

Berlusconi attacca i giudici: "Sono un partito"

Anm: "Dal premier aggressione sconcertante"

Berlusconi attacca i giudici: "Sono un partito" Anm: "Dal premier aggressione sconcertante"

ROMA - "Dialogo? Impossibile con questa opposizione". i giudici? sono un partito". Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente a "Uno Mattina", ripropone, punto per punto, i cavalli di battaglia della sua campagna elettorale: nessun dialogo con l'opposizione, "complotto" dei giudici e riforma della giustizia. Garantendo che il Pdl gode di ottima salute. Con buona pace di Gianfranco Fini che invece il partito, così com'è, proprio non lo gradisce.

 

Giudici. Nella campagna elettorale per le Regionali "il partito delle Procure è entrato pesantemente in campo. Hanno inventato una Tangentopoli che non c'era e non c'è - dice il premier -. Poi hanno cercato di distruggere il miracolo che abbiamo fatto a L'Aquila e buttato fango su Bertolaso e la Protezione Civile. Poi si sono inventati il rigetto delle nostre liste a Milano e Roma, quando i nostri delegati non avevano nessuna colpa, e infine un'inchiesta risibile, basata su intercettazioni al presidente del Consiglio, e che si risolve in un nulla". Accuse che l'Associazione nazionale magistrati rigetta: "E' sconcertante che in campagna elettorale venga aggredita quotidianamente un'istituzione dello Stato - dice il presidente Luca Palamara - noi non siamo un partito ma in uno Stato di diritto il nostro compito è quello di applicare la legge".

Dialogo. "Il Pdl vuole zittire tutti". Si consuma così l'ultimo scontro tra Silvio Berlusconi e Pierluigi Bersani. Con il premier che rilancia la sua intenzione di andare avanti mettendo da parte ogni tentazione di rapporto con l'opposizione e con il Pd che torna a sottolineare le tentazioni "assolutistiche" del Cavaliere. Poi tocca al dialogo. O meglio al dialogo che non c'è. "Nessuna possibilità di confronto e dialogo con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia - dice Berlusconi - Ho detto che sarebbe meglio farle con l'opposizione, ma se vorrà cambiare e dialogare seriamente. Cosa che finora non è accaduta". Per il premier sarà possibile un confronto "quando l'opposizione diventererà credibile e capiremo con chi parlare se con i riformisti o con gli agitatori di piazza". La replica di Bersani è immediata. "Berlusconi sa solo zittire tutti - dice il segretario del Pd - Con cento voti in più in parlamento in venti mesi ha messo la fiducia per 28 volte e fatto 58 decreti zittendo sia l'opposizione che la maggioranza: questo è il suo modo. Non accetta i confronti elettorali, intende la politica come un comizio continuo e il governo come un decreto continuo, questo è il suo modo di dialogare"

 

Presidenzialismo. "E' una proposta presente nel nostro programma elettorale. Abbiamo tre anni di tempi, e dobbiamo rivolgerci ai cittadini e sentire da loro qual è la cosa che preferiscono, se vogliono andare verso l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del premier. Abbiamo sempre fatto così, il Pdl nasce dal basso e coinvolge sempre i cittadini" dice Berlusconi. In realtà il premier prima aveva annunciato la sua volontà presidenzialista, poi era stato frenato da Bossi e Fini. Adesso, invece, rimanda tutto al volere "dei cittadini".

"Non sono un monarca". "Il popolo della libertà si chiama proprio così perchè è fatto dalla gente, è nato dal basso. E' un partito assolutamente democratico che assume ogni decisione non da parte di un monarca, che sarei io, come indicato da qualcuno. E' esattamente il contrario". Il premier replica così, senza citarlo, a chi come Fini mette in discussione lo stato di salute del Pdl. "Certo tutto si può migliorare ma io sono assolutamente contento e soddisfatto degli organi che ci siamo dati e del modo in cui hanno lavorato quest'anno e penso che potranno lavorare ancora meglio del futuro". taglia corto il Cavaliere.

Giustizia e intercettazioni. "Presentermo la riforma subito dopo le elezioni". Berlusconi riafferma la volontà di mettere mano alla giustizia. Un tema per lui fondamentale: "Serve la parità fra accusa e difesa e la terzietà del giudice". Il premier parla anche di intercettazioni: "Esiste al mondo un altro paese, che non siano gli Stati di polizia o le dittature, in cui un cittadino non possa parlare liberamente, anche di cose private, senza veder intercettate e sbattute sui giornali le sue parole, distorcendole e utilizzandole per screditarlo, per renderlo ridicolo? Cambieremo questa situazione, al più presto. E' urgente e indispensabile".

Bersani. Il segretario del Pd commenta le parole del presidente della Cei Cardinale Bagnasco che ieri aveva invitato a votare per chi si schiera contro l'aborto. "La destra strumentalizza quelle parole. Io non sottovaluto che questo richiamo avviene in piena campagna elettorale e la risposta tocca alla politica e ai candidati".

(23 marzo 2010)

 

 

2010-03-21

L'intervista: Michele Mazzarano

"Nessuna tangente ma ora

è giusto che mi dimetta"

di LELLO PARISE

BARI - "Io non ho mai preso tangenti" dice Michele Mazzarano, 35 anni, tarantino, ultimo segretario regionale dei Ds e adesso, nel Pd, responsabile dell'Organizzazione.

L'imprenditore Gianpaolo Tarantini racconta ai magistrati che gli unici due politici pugliesi ai quali ha corrisposto tangenti sono Frisullo e Mazzarano.

"Abbiamo a che fare con un cocainomane nelle mani di Silvio Berlusconi, come testimoniano le cronache giornalistiche di questi mesi".

Ma ha beneficiato oppure no delle attenzioni di "Gianpi"?

"Nego nel modo più fermo e risoluto di essere stato il destinatario di tangenti da parte di chicchessia e in particolare dal Tarantini".

Il suo nome nell'ordinanza di custodia cautelare per l'ex vicepresidente della giunta Vendola, Sandro Frisullo, era coperto con un "omissis".

"C'è stata una gravissima e irresponsabile fuga di notizie in merito a un'accusa non riscontrata dalla stessa magistratura. Ecco perché attraverso il mio avvocato Gianni Di Cagno, ho chiesto innanzitutto di conoscere se sono indagato. Qualora lo avessi saputo prima, non mi sarei candidato alle regionali né avrei accettato incarichi di partito".

Comunque stiano le cose, lei decide di lasciare.

"Con grande sofferenza. Ma la situazione che si è determinata rischia di penalizzare l'intero centrosinistra e segnatamente il Pd. Io invece voglio contribuire a mantenere indenne da ogni sospetto la coalizione che sostiene il presidente Vendola e il mio partito. Queste sono le motivazioni politiche che mi spingono a tirare i remi in barca".

Tirare i remi in barca.

"Ma non per questo non intendo salvaguardare la mia persona, estranea a qualsivoglia sistema tangentizio".

Quale sarà la prossima mossa?

"Se i pubblici ministeri mi vorranno sentire, io sono a disposizione. Del resto, mi sono già messo a disposizione dei pubblici ministeri per essere ascoltato. Questo sempre tramite il mio avvocato, che fino a quel momento mi ha consigliato di non rilasciare più interviste".

© Riproduzione riservata (21 marzo 2010)

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-20

Consiglio di Stato, no a lista Pdl Roma

ROMA - Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello presentato dal Pdl contro la mancata ammissione della lista provinciale di Roma. In base a questa decisione la lista provinciale del partito è esclusa dalle prossime elezioni regionali. I legali del centrodestra avevano impugnato l'ordinanza emessa mercoledì scorso dal Tar del Lazio, con la quale i giudici amministrativi avevano respinto la richiesta di sospendere il provvedimento di mancata ammissione alla competizione elettorale della lista Pdl provinciale di Roma - lista ripresentata lo scorso 8 marzo a seguito del decreto legge interpretativo - da parte dell'ufficio elettorale centrale presso la Corte di Appello.

Bocciato anche l'eventuale rinvio delle elezioni nel Lazio: si vota il 28 r 29 marzo. La regione Lazio ha infatti respinto la richiesta avanzata da Vittorio Sgarbi di rinviare le elezioni regionali.

(20 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

2010-03-17

Tutte le carte di Trani. Berlusconi: pm e sinistra condizionano il vot. E il dg Masi spiega

"Dopo la D'Addario c'era spazio per mille interventi... Se stasera Santoro la fa fuori dal vaso..."

Inchiesta Rai, nelle telefonate compare Letta

"Gianni, il premier vuole che fermiamo Santoro"

Il Cavaliere si sfoga per le sue traversie familiari: "Sai quanto ha chiesto mia moglie?

Tre milioni e 600 mila euro al mese. Fanno 45 milioni all'anno, cioè 90 miliardi"dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO

Inchiesta Rai, nelle telefonate compare Letta "Gianni, il premier vuole che fermiamo Santoro"

Gianni Letta

ROMA - Nelle telefonate agli atti dell'inchiesta di Trani spunta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Intanto Berlusconi attacca: magistrati e sinistra condizionano il voto. E il ministro Alfano rincara la dose: il Csm viola la Costituzione. Dal canto suo la Procura di Trani nega agli ispettori inviati dal ministro il fascicolo dell'inchiesta. Il premier era infuriato al punto da insultare pesantemente Giancarlo Innocenzi, il suo "fedelissimo" all'Autorità garante delle comunicazioni, il quale insieme a Mauro Masi, direttore generale della Rai, veniva sollecitato a fare chiudere Annozero. Letta, stando a quanto risulta dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla procura di Trani, era informato della strategia che doveva portare a "imbavagliare" le trasmissioni "sgradite" e a impedire, tra l'altro, nuovi interventi del direttore di Repubblica Ezio Mauro e del fondatore Eugenio Scalfari, che avevano criticato il premier in alcune trasmissioni. Letta sarebbe intervenuto dopo che Innocenzi e Masi non erano riusciti a farlo.

C'è anche questo nelle quaranta pagine della richiesta rivolta dal pm al gip di Trani per ottenere dalla Camere l'autorizzazione a utilizzare le conversazioni del premier perché ritenute "penalmente rilevanti". Nell'atto, che riporta tutte le mosse di Berlusconi e dei suoi uomini per bloccare le trasmissioni tv, c'è un presidente del Consiglio che appare in più circostanze molto agitato. E che, tra l'altro, parla di vicende familiari, sfogandosi con Innocenzi a proposito di quanto gli costerà - circa 90 miliardi di vecchie lire l'anno - il mantenimento alla sua ex moglie Veronica Lario.

 

"GIANNI SCUSA, SONO GIANCARLO..."

È il 3 dicembre 2009. Innocenzi, che ha già ricevuto decine di telefonate di Berlusconi che lo accusa di non avere fatto nulla per bloccare Santoro, chiama Letta.

Innocenzi: "Gianni, scusa sono Giancarlo".

Letta: "Si, eccomi".

Innocenzi: "Allora io ti risparmio, quando con calma ti racconto tutto... Insomma, per essere più veloce tutte le documentazioni, quali carte ho dato agli uni e agli altri, sanno tutto quelli della Vigilanza, sa tutto... Masi, sa tutto l'Autorità, ho fatto fare da un gruppo di due amici magistrati tutta l'analisi, anche perché siano gli strumenti per quella storia di questa sera di Mills. Secondo le valutazioni di questi due amici magistrati, lui stasera non potrebbe parlare di Mills essendoci il processo in corso". Letta risponde con una parola incomprensibile.

Innocenzi: "Ho dato queste carte a Mauro (presumibilmente Masi-ndr). Mauro vuole la pezza forte, ci vorrebbe che sostanzialmente Calabrò (presidente dell'Agcom-ndr) gli dicesse (a Santoro-ndr): "Tu non puoi fare la trasmissione questa sera parlando di Mills". Io non so più a che aggrapparmi, tutto quello che potevo fare l'ho fatto. Adesso Mauro mi chiama e mi dice: "Se Calabrò dice 'guarda che tu la trasmissione su Mills non puoi farla', io vado con questa e non gliela faccio fare... tu (Gianni Letta ndr) sei l'ultima spiaggia...".

Letta pronuncia altri commenti incomprensibili. Poi aggiunge: "Proverò a cercarlo, grazie , ciao ciao".

Subito dopo Innocenzi chiama Masi. Lo informa di avere parlato con Letta: "Io ho detto a Gianni, anche adesso, avverti tu Calabrò, di mettere più spessore possibile su questa cosa... comunque adesso è informato anche Gianni, così abbiamo chiuso il cerchio, così nessuno può dire che non sapeva un cazzo". Masi gli chiede se ha parlato direttamente con Letta e Innocenzi lo conferma. Il dg Rai gli dice anche che ha parlato con Santoro che gli ha assicurato che farà una "trasmissione equilibrata".

Poi Masi gli ricorda che "dopo la D'Addario c'era spazio e modo per potere intervenire mille volte, non lo abbiamo fatto, non è stato fatto, e ci troviamo adesso questa roba qui, l'unica cosa che può servire veramente e che se lui (Santoro-ndr) fa la pipì fuori dal vaso stasera...".

Il pm di Trani descrive altre manovre, "con coinvolgimenti ai massimi livelli da parte del commissario Agcom che, ormai esasperato, par arrivare al presidente Calabrò (che sembra resistere alle pressioni esterne) si affida alla mediazione del sottosegretario Gianni Letta, il quale dal canto proprio promette ad Innocenzi di attivarsi e cercare il presidente Calabrò".

"ABBIAMO CACCIATO ANCHE RUFFINI"

Anche alla domenica Masi e Innocenzi non hanno pace. Berlusconi li investe con insulti perché non riescono a fermare Santoro. Innocenzi informa Masi che "loro faranno il processo Mills" e gli racconta che, quando Berlusconi lo ha saputo, gli ha gridato "che cazzo state a fare tutti quanti!". "E poi - aggiunge - mi ha fatto un culo che non finiva più". I due si disperano per accontentare Berlusconi, ma non ci riescono. Si raccontano di essere riusciti a eliminare Paolo Ruffini, direttore di Rai Tre.

LO SFOGO DI MASI

"Come traspare da questa intercettazione - scrive il pm di Trani - Innocenzi reduce dalla telefonata del presidente Berlusconi che lo affligge, chiama Masi e si sfoga. Masi si mette prontamente al servizio del commissario Agcom e promette di "mettere su una strategia operativa" che serva a risolvere il "problema Santoro che è un problema tutto particolare". Quindi aggiunge che la Rai sta "aggiustando". Gli viene chiesto come. La risposta è: "Sai, la stiamo aggiustando, stiamo facendo di tutto, abbiamo mandato via pure Ruffini, insomma, voglio dire siamo riusciti a fare...". Per il pm è "un evidente riferimento al fatto di assecondare i desiderata del presidente Berlusconi".

"CALABRO' POTREBBE ESSERE INTERCETTATO"

È IL 9 dicembre 2009. Alle 8,35 del mattino Berlusconi chiama Innocenzi e lo rimprovera d "non avere fatto niente".

Berlusconi: "Pronto?".

Innocenzi: "Sì, ciao presidente".

Il premier gli scarica addosso una serie di epiteti. Innocenzi annaspa, dice che hanno "fatto qualcosa", di non aver potuto fermare la trasmissione sul caso Mills e di essere "andato da Calabrò incazzato come una biscia, cioè da questo momento in poi ero come un tupamaro con le bombe addosso e in qualsiasi momento facevo un casino..".

SPATUZZA E IL PREMIER SOTTO ACCUSA

Berlusconi attacca ancora Innocenzi: "Allora ti dico, giovedì sera c'era ancora il processo Spatuzza e fanno il processo a me come appartenente alla mafia... allora se voi non riuscite veramente a fare questa roba qua... non lo so io...".

Innocenzi balbetta. Dice a Berlusconi che si è attivato per preparare un ricorso "come informativa". "Allora tutti e quattro, Savarese, Mannoni io e Napoli, a parte Magri, siamo d'accordo, salvo che domani non mi brucino, per fare casino all'interno del consiglio".

Innocenzi: "Anche Napoli (pure lui componente dell'Agcom-ndr) è d'accordo perché lui aveva vissuto la vicenda di Clemente (Mastella-ndr) quindi...".

Berlusconi: "Napoli da dove arriva, da Mastella?".

Innocenzi conferma e Berlusconi risponde: " Mastella adesso è totalmente con me... e con Napoli avete la maggioranza senza Magri".

Innocenzi tranquillizza il premier: "Diciamo che ho Mannoni (altro componente dell'Agcom-ndr), Savarese che era amico di Fini, però ... è più amico di Maurizio Gasparri".

"ATTENTO A PARLARE AL TELEFONO"

A questo punto Berlusconi invita Innocenzi a parlare con Calabrò e lo avverte: "Però stai attento a parlare al telefono col Presidente ... perché voci, che non so se siano vere o meno, dicono che ha il telefono sotto controllo...".

Innocenzi risponde a Berlusconi di essere preoccupato perché probabilmente è lui ad avere il telefono sotto controllo: "Ma a me ieri sera è successa una cosa molto strana, tra l'altro oggi mi è arrivato un numero inesistente, io non ho risposto (...). Uno dei nostri tecnici mi dice che è un modo per potere mettere sotto controllo il telefono e oggi faccio fare altre ulteriori... però non me ne frega niente..".

Innocenzi continua ad informare Berlusconi sull'attività che sta organizzando per bloccare Santoro.

Il premier gli dice che va bene. "Ma mi raccomando perché adesso entriamo in una zona di guerra veramente brutta". "Sì - aggiunge questo non è mica servizio pubblico... è l'unico servizio pubblico al mondo che fa queste cose".

Innocenzi: "Non è più possibile che questo qui (Santoro-ndr) faccia quel cazzo che gli pare veramente".

BERLUSCONI, VERONICA E LA CIR

Innocenzi: "Il problema vero è che devi stare bene tu, cazzo...".

Berlusconi: "Mi stanno attaccando da tutte le parti sul piano patrimoniale, sai quanto ha chiesto mia moglie di mantenimento al mese? Tre milioni e seicentomila euro al mese che fanno 45 milioni l'anno che fanno novanta miliardi di lire l'anno e siccome c'ha il giudice che è amico dell'avvocato... hanno depositato ed è andato automaticamente a un certo giudice, c'è il rischio che succeda che me li danno".

Poi Berlusconi parla della causa civile con Carlo De Benedetti per la vicenda Cir: "E' una cosa pazzesca, ho il fisco che mi chiede 900 milioni, coso... De Benedetti che me li chiede, ma ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni... Pensa te , mia moglie che mi chiede 90 miliardi di vecchie lire all'anno, sono messo bene no? E poi le sentenze penali con dei giudici che sono dei killer invece che essere dei giudici".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

Il premier all'attacco sul caso Rai-Agcom. Bersani: "Basta polveroni"

Santoro oggi ascoltato in Procura: "Le pressioni? Di dominio pubblico"

Berlusconi su Trani: "Libertà mutilata"

Scontro Alfano-Csm sugli ispettori

Alfano: "La decisione dell'organo di autogoverno è incostituzionale"

Il pm: "Agli inviati del ministro niente fascicoli, c'è il segreto istruttorio"

Berlusconi su Trani: "Libertà mutilata" Scontro Alfano-Csm sugli ispettori

ROMA - Sull'asse Roma-Trani si consuma l'ennesimo scontro tra la magistratura e il premier, questa volta sul caso Rai-Agcom. "L'inchiesta è un grave segno di libertà mutilata e offesa", dice Silvio Berlusconi. Mentre il ministro della Giustizia Angelino Alfano, riferendosi alla fuga di notizie, sostiene che "le talpe vanno individuate e punite". Dalla Procura pugliese, intanto, uno dei pm titolari dell'inchiesta, Michele Ruggiero, spiega che gli ispettori - giunti nel pomeriggio - "non vedranno i fascicoli", perché il segreto istruttorio vale anche per loro. E sempre sull'arrivo in Procura degli inviati del Guardasigilli il Csm apre una pratica per verificare se ci siano state indebite interferenze: "L'indagine giudiziaria non può essere compressa dall'ispezione", ricorda il vicepresidente Nicola Mancino. E il ministro Alfano di rimando: "La decisione del Csm è incostituzionale"

L'affondo di Berlusconi. "Da quando sono sceso in campo alla vigilia di ogni sfida elettorale l'alleanza tra la sinistra e parte della magistratura interviene nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini": queste le parole di Berlusconi, che parla di "accuse a orologeria", enfatizzate "dai media compiacenti". E oltre a "insultare e demonizzare l'avversario" aggiunge il premier, "la sinistra cerca di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare". Invita quindi ad andare in piazza sabato a Roma per la manifestazione del Pdl e rilancia la necessità di una "riforma radicale della giustizia, che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura". "Ci sono magistrati - dice - che spendono denaro per costose intercettazione a tappeto per ipotesi di reato su ciò che il presidente del Consiglio dice in privato e in pubblico", con una "violazione della competenza territoriale".

 

Le repliche dell'opposizione. "Berlusconi deve capire che noi non ci occupiamo delle questioni giudiziarie. Stiamo cercando di fare politica e di occuparci dei problemi degli italiani. Quindi smetta di alzare polveroni": così il segretario del Pd, cui ribatte il sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Bersani cavalca eccome le questioni giudiziarie, per qualche voto in più". Anche Antonio Di Pietro attacca il premier, sul suo blog: "Il vecchio disco per cui sono i comunisti e i magistrati che tramano non regge, perché Berlusconi e i suoi scagnozzi hanno fatto tutto da soli".

Interrogato Santoro. Oggi a Trani è di scena Michele Santoro. Il conduttore - uno dei principali obiettivi delle pressioni del premier sull'Agcom e anche al centro della protesta sui talk show Rai sospesi - viene ascoltato dai pm come testimone: "'Le pressioni sono di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi. Comunque io vado avanti".

Gli ispettori a Trani. Arrivano nel pomeriggio. Ma uno dei pm titolari dell'inchiesta, Michele Ruggiero, spiega che non vedranno i fascicoli dell'inchiesta:"C'è il segreto istruttorio, quindi ciò che non è stato comunicato ancora agli indagati non può essere comunicato a nessuno, neanche agli ispettori". Il magistrato aggiunge di essere "sereno e tranquillo".

Le mosse del Csm. Il Comitato di presidenza del Csm convoca nel pomeriggio il consigliere Cosimo Ferri, finito nelle intercettazioni dell'inchiesta di Trani, per colloqui avuti con il commissario di Agcom Giancarlo Innocenzi. "Sono molto soddisfatto", dice. Su di lui, per il momento, nessuna decisione. Il Comitato di presidenza dell'organo di autogoverno della magistratura prende invece un'altra decisione importante: dà infatti via libera all'apertura della pratica, chiesta ieri dalla maggioranza dei consiglieri, sull'ispezione a Trani disposta da Alfano. E proprio il Guardasigilli, a proposito del Csm, dichiara: "Nessun conflitto, ma non faccia politica".

Le parole di Mancino. Sull'apertura della pratica interviene anche Nicola Mancino, vicepresidente del Csm: Mancino ha spiegato che la pratica, richiesta dalla maggioranza dei consiglieri, "è stata affidata alla VI Commissione perché ribadisca i confini tra l'ispezione e l'indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione stessa. Bisogna rispettare l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati requirenti", visto che il mandato degli ispettori è delimitato dalla Costituzione "con precisa attenzione nei riguardi dell'attività di indagine".

Alfano polemico. "L'iniziativa del Csm di aprire una pratica contro un'ispezione disposta in base all'art. 107 della Costituzione - ha detto il ministro - in relazione ai fatti che stanno accadendo a Trani, è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la Costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri". "Tutto ciò - conclude il guardasigilli - è a dir poco preoccupante e dimostra la volontà di certa magistratura di voler evitare che si faccia luce sulle patologie di inchieste che hanno una chiara ed ovvia valenza politica".

(16 marzo 2010)

 

 

 

 

La sindrome del padrone

di EDMONDO BERSELLI

La questione politica, e ormai anche strutturale e storica del rapporto fra Silvio Berlusconi e la giustizia, è diventata una questione di sistema, perché fra il premier e le articolazioni della magistratura è scattata la guerra totale.

Ormai Berlusconi sta accentuando il suo ruolo proprietario, in quanto il premier tratta da padrone le istituzioni giudiziarie e le autorità neutrali. Lo si vede con l'atteggiamento assunto verso la procura di Trani, trattata come un tassello del complotto che si starebbe sviluppando contro la presidenza del Consiglio, con una funzione schiettamente politica, e con le parole rivolte verso l'AgCom, considerata semplicemente come un pezzo dell'immensa manomorta berlusconiana.

Sotto questa luce, è l'intera Italia a essere di proprietà del capo del governo. Nel silenzio dell'opinione pubblica, e nella sostanziale acquiescenza delle opposizioni, Berlusconi ha aumentato a dismisura il suo potere, anzi, le sue proprietà. Si è sentito autorizzato a intervenire sull'Agenzia per le comunicazioni con l'atteggiamento e con le parole del padrone, insofferente di norme e convenzioni, e incapace di trattenersi: "Ma non riuscite neppure a chiudere Annozero?". "È una questione di dignità", dice al commissario Giancarlo Innocenzi, "Ti ho messo io in quel posto". Quindi regolati di conseguenza. Il che dimostra la sua intuizione di essere, più che un politico, un imprenditore senza limiti etici, cioè con la possibilità di conquistare tutto, con la violenza di una funzione anti-istituzionale che si esercita giorno per giorno.

Si instaura così un nuovo triangolo delle mille sfortune, tra la presidenza del Consiglio, la magistratura e l'Agenzia per le comunicazioni. Al centro del triangolo si è collocato, con la sua consueta forza strategica, il premier Berlusconi. Ormai da anni sta insistendo che in Italia c'è un problema da risolvere, ed è quello del rapporto fra la politica e la magistratura. "Alcune procure", secondo il premier, che non ne ha mai citata una, composte da "toghe rosse", da "giudici comunisti", stanno conducendo una battaglia "contro la democrazia", nel tentativo di liquidare per via giudiziaria il capo del governo.

 

In queste condizioni, il "padrone" Berlusconi tenta di frenare il funzionamento dei processi che lo riguardano, come quello contro l'avvocato inglese Mills e i processi All Iberian e i diritti televisivi. Ma dal sistema penale spuntano casi giudiziari a iosa, in modo anche casuale come quello di Trani, per cui a suo modo, nella sua logica proprietaria, Berlusconi ha ragione: come è possibile che, possedendo tutto, gli sia impossibile controllare tutto ciò che possiede o crede di possedere in virtù del voto popolare, compresi i processi e le inchieste giudiziarie? E come mai non è possibile, da parte sua, padrone assoluto dei media, controllare il sistema televisivo e i programmi politici di approfondimento e di dibattito? Che ci sta a fare l'Agenzia per le comunicazioni, se non esegue i comandi che vengono dall'alto? Naturalmente Berlusconi ignora, volutamente, la complessità del sistema della comunicazione pubblica. Ai suoi occhi basterebbe una telefonata all'Innocenzi di turno per stroncare un programma come quello di Michele Santoro (o come il salotto di Floris o della Dandini), considerato da mesi una delle "fabbriche di odio" nei confronti del premier e del Popolo della libertà.

È una situazione disperata, quella di Berlusconi, che lo induce a gesti disperati, o almeno terribilmente disinibiti, nel senso che fanno a pezzi il tessuto generale delle istituzioni del nostro Paese. Il "padrone" non riesce più a comandare, il suo partito si sta sfaldando, e i vari cacicchi cercano un'area di autonomia personale e politica. Berlusconi teme una "sindrome francese" e una sostanziale non vittoria alle elezioni regionali. Paradossale situazione del padrone che non riesce a spadroneggiare fino in fondo, pur cercando di farlo in tutti i modi. C'è una contraddizione intrinseca nell'azione di Berlusconi, e la formula proprietaria o "padronale" la riassume tutta, senza risolverla. Ma la questione è: in una democrazia può il capo del governo rivolgersi come un padrone alle autorità di garanzia?

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

Una questione

di democrazia

di EZIO MAURO

Non è l'aspetto penale (di cui nulla sappiamo) il punto più importante dell'inchiesta dei magistrati di Trani che indaga il presidente del Consiglio, il direttore del Tg1 e un commissario dell'Authority sulle Comunicazioni. L'ipotesi di concussione verrà vagliata dalla giustizia, e certamente il capo del governo avrà modo di difendersi e di far sentire le sue ragioni, o di far pesare le norme che bloccano di fatto ogni accertamento giudiziario sul suo conto, facendone un cittadino diverso da tutti gli altri, uguale soltanto all'immagine equestre che ha di se stesso.

Ma c'è una questione portata alla luce da questa inchiesta che non si può evitare e domina con la sua evidenza eloquente questa fase travagliata di agonia politica in cui si trova il berlusconismo. La questione è l'uso privato dello Stato, dei pubblici servizi creati per la collettività, della presidenza del Consiglio, persino delle Autorità di garanzia, che hanno nel loro statuto l'obbligo alla "lealtà e all'imparzialità", per non determinare "indebiti vantaggi" a qualcuno.

Siamo di fronte a una illegalità che si fa Stato, un abuso che diviene sistema, un disordine che diventa codice di comportamento e di garanzia per chi comanda.

Con la politica espulsa e immiserita a cornice retorica e richiamo ideologico, sostituita com'è nella pratica quotidiana dal comando, che deforma il potere perché cerca il dominio. Questi sono tratti di regime, perché il sovrano prova a mantenere il consenso attraverso la manipolazione dell'informazione di massa, inquinando le Autorità di controllo poste a tutela dei cittadini, con un'azione sistemica di minaccia e di controllo che avviene in forma occulta, all'ombra di un conflitto di interessi già gigantesco e ripugnante ad ogni democrazia. Il controllo padronale e politico sull'universo televisivo (unico caso al mondo per un leader politico) non basta più quando la politica latita e la realtà irrompe. Bisogna andare oltre, deformando là dove non si riesce a governare, calpestando là dove non basta il controllo.

 

 

Così il presidente del Consiglio, a capo di un Paese in perdita costante di velocità, passa le sue giornate tenendo a rapporto un commissario dell'Agcom per confessargli le sue paure non per la crisi economica internazionale, ma per due trasmissioni di Michele Santoro, dove la libera informazione avrebbe parlato del processo Mills e del caso Spatuzza, corruzione e mafia. I due parlano come soci, o come complici, o come servo e padrone, cercando qualche mezzo - naturalmente illecito perché la Rai non dipende né dall'uno né dall'altro - per cancellare Santoro: e l'uomo di garanzia propone al premier di trovare qualcuno che inventi un esposto (lui che come commissario dovrebbe ricevere le denunce e imparzialmente giudicarle) incaricandosi poi direttamente e volentieri di provvedere all'assistenza legale per il volenteroso.

Poi il premier parla direttamente con il direttore del Tg1, manifestando le sue preoccupazioni, e il "direttorissimo" (come lo chiama il primo ministro) il giorno dopo va in onda puntualissimo con un editoriale contro Spatuzza. Infine, lo statista trova il tempo addirittura per lamentarsi della presenza mia e di Scalfari a "Parla con me", una delle pochissime trasmissioni Rai che ha invitato "Repubblica": si contano sulle dita della mano di un mutilato, mentre il giornalismo di destra vive praticamente incollato alle poltrone bianche di "Porta a porta" e ad altri divani di Stato.

La fluida normalità di questi eventi, che sarebbero eccezionali e gravissimi in ogni Paese occidentale, rivela un metodo, porta a galla un "sistema". Citando Conrad, l'avevamo chiamata "struttura delta", un meccanismo che opera quotidianamente e in profondità nello spazio tra l'informazione e la politica, orientando passo per passo la prima nella lettura della seconda: in modo da ri-costruire la realtà espellendo i fatti sgraditi al potere o semplicemente rendendoli incomprensibili, per disegnare un paesaggio virtuoso in cui rifulgano le gesta del Principe.

Oggi si scopre che il premier è il vero capo operativo della "struttura delta" e non solo l'utilizzatore finale. Lui stesso dà gli ordini, inventa le manipolazioni della realtà, minaccia, evoca i nemici, suggerisce le liste di proscrizione, deforma il libero mercato televisivo, addita i bersagli. Che farà quest'uomo impaurito con i servizi segreti che dipendono formalmente dal suo ufficio, se usa in modo così automatico e disinvolto la dirigenza della Rai e le Autorità di garanzia, istituzionalmente estranee al suo comando? Come li sta usando, nell'ombra e nell'illegalità, contro gli stessi giornalisti che lo preoccupano e che vorrebbe cancellare, in una sorta di editto bulgaro permanente?

La sfortuna freudiana ha portato ieri Bondi a evocare una "cabina di regia" di giudici e sinistre, proprio mentre il Gran Regista forniva un'anteprima sontuosa del suo iperrealismo da partito unico, a reti unificate. La coazione gelliana a ripetere ha spinto Cicchitto a evocare il "network dell'odio", proprio quando il Capo del network dell'amore insulta avversari e magistrati, in una destra di governo ormai e sempre più ridotta alla ragione sociale della P2, che voleva occupare lo Stato, non governarlo. L'istinto ha condotto La Russa ad afferrare per il bavero un giornalista critico del leader, alzando le mani come la guardia pretoriana di un sovrano alla vigilia del golpe, proprio nel momento in cui un collaboratore si chinava in diretta televisiva sul premier suggerendogli la risposta giusta, in un fuori onda del potere impotente che certo finirà nei siparietti quotidiani di Raisat.

La verità è che ogni traccia di amministrazione è scomparsa, nell'orizzonte berlusconiano del 2010, ogni spazio di politica è prosciugato. Questo, è ora di dirlo, non è più un governo (salvo forse Tremonti, che bene o male si ricorda di guidare un dicastero), non è una coalizione, non è nemmeno un partito. Stiamo assistendo in diretta alla decomposizione di una leadership, a un potere in panne, nella sua pervasiva estensione immobile che non produce più nulla, nemmeno consenso, se è vero il declino dei sondaggi.

Era facile prevedere che l'agonia politica del berlusconismo sarebbe stata terribile, e le istituzioni pagheranno nei prossimi mesi un prezzo molto alto. Non abbiamo ancora visto il peggio. Ma non pensavamo a questo spettacolo quotidiano di un sovrano sempre più assoluto e sempre meno capace di autorità: costretto in pochi giorni a rimediare con un decreto di maggioranza a errori elettorali del suo partito, mentre è obbligato a bloccare il Parlamento con due leggi ad personam che lo sottraggono ai suoi giudici, sempre più ossessionato dalla minima quantità di libera informazione che ancora sopravvive in questo Paese.

Nessuno di questi problemi, ormai, si risolve nelle regole. La deformazione è il nuovo volto della politica, l'abuso la sua costante. Si pone una questione di democrazia, fatta di sostanza e di forma, equilibrio tra i poteri, rispetto delle istituzioni, ma anche semplicemente di senso del limite costituzionale, di rispetto minimo dello Stato e della funzione che grazie al voto dei cittadini si esercita pro tempore. Questo e non altro - la cornice della Costituzione - porterà oggi in piazza a Roma migliaia di persone. È un sentimento utile a tutto il Paese, comunque voti. Un Paese che non merita questa riduzione miserabile della politica a calco vuoto di un sistema senza più un'anima, in un mix finale di protervia e di impotenza che dovrebbe preoccupare tutti: a sinistra e persino a destra.

© Riproduzione riservata (13 marzo 2010)

 

 

 

Il presidente della Rai: "Io e Zavoli volevamo mandare in onda i talk show"

"Mi rimetto alle decisioni della maggioranza. Ma è un pessimo servizio alla Rai e all'informazione"

Talk show, Garimberti polemico con la Vigilanza

Ma la commissione conferma lo stop ai programmi

Altroconsumo lancia una class action contro Viale Mazzini

Talk show, Garimberti polemico con la Vigilanza Ma la commissione conferma lo stop ai programmi

Paolo Garimberti

ROMA - La commissione di Vigilanza Rai non cambia idea. I talk show restano sospesi. A San Macuto la maggioranza è compatta, l'opposizione continua invano a chiedere che il Cda Rai riveda il regolamento. Ma ormai la decisione è presa: niente dibattiti sulla Rai fino alle elezioni Regionali

La giornata si chiude con un comunicato scoraggiato del presidente Garimberti: "Mi spiace che la vicenda della sospensione dei talk show sia stata sintetizzata come uno scontro tra me e il Presidente della Commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli. Ho molto rispetto per il Presidente e per il suo ruolo. Sia io che lui volevamo la stessa cosa: i talk show in onda. Non è stato possibile e, come è sotto gli occhi di tutti, non è dipeso nè dalla mia nè dalla sua volontà".

La giornata. In mattinata proprio Garimberti aveva fatto un appello alla Vigilanza, a maggioranza Pdl: "Mi aspetto che batta un colpo. Questa storia di rimpalli comincia dal regolamento, che è illegittimo, formulato in modo sbagliato e che presenta profili di incompatibilità con la legge del 2000''. Quindi, che il colpo sia chiaro, netto e definitivo affinché questa storia finisca una volta per tutte. Ci sta tormentando da troppo tempo".

"Lo stop dei talk rende un pessimo servizio alla Rai, all'informazione e agli utenti. Ma la colpa non è solo dalla Rai è ab origine e quindi è del regolamento. Quando ci viene detto da Beltrandi che potevamo andare in onda lo stesso, io rispondo che sì lo potevamo fare ma a rischio. Troppo facile dire 'potevate andare in onda con il rischio'".

Passano poche ore, e dalla Vigilanza arriva la conferma che non c'è in vista alcun cambio di rotta. L'orientamento emerge nel corso dell'audizione del direttore generale della Rai Mauro Masi. Indietro non si torna. I talk del servizio pubblico non ripartono.

 

Zavoli: "Basta rimpalli". "L'opinione pubblica giudica stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla" commenta il presidente della commissione, Sergio Zavoli. Ribadendo che "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico" e ricordando che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

La mediazione fallita. Zavoli avrebbe tentato anche un estrema mediazione, poi fallita. Secondo quanto riferito da alcuni parlamentari il presidente aveva proposto di votare un documento interpretativo del regolamento. Una proposta bocciata in quanto non era stata formalizzata nè messa all'ordine del giorno. La maggioranza, quindi, è rimasta compatta sul non modificare nulla.

Masi minimizza. Con lo stop ai talk show "la Rai non perde un euro, perché gli inserzionisti recupereranno con gli spazi pubblicitari in altri orari" e in ogni caso "l'azienda nel suo complesso stravince negli ascolti". Mauro Masi smentisce ricadute negative per il servizio pubblico. Minimizzando lo stop ai talk: "Non è vero che sono stati sospesi tutti gli approfondimenti ma solo quelli in diretta che l'applicazione del regolamento rendeva impossibili: infatti Report va in onda, e così anche Parla con me e in radio Un giorno da pecora".

Il ricorso dei consumatori. Per la mancata fornitura del servizio pubblico d'informazione con lo stop ai talk show in periodo pre-elettorale, Altroconsumo ha deciso di portare avanti una class action contro la Rai e chiede il risarcimento del danno subito dagli utenti che non possono fruire del servizio pubblico d'informazione. "Gli utenti pagano il canone per un servizio d'informazione - si legge nella nota -. Servizio che è stato sospeso arbitrariamente per decisione del CdA Rai e che invece può essere fornito dalle emittenti private, dopo la bocciatura del Tar Lazio del provvedimento Agcom per Sky, La7 e Mediaset". In oltre 5mila hanno firmato la petizione per la sospensione del pagamento del canone tv a sostegno della richiesta di Altroconsumo di ripristino dei programmi d'informazione e in difesa dell'articolo 21 della Costituzione. Dalla petizione ora si passa alla class action.

(16 marzo 2010)

 

 

 

 

 

Clima da battaglia nella sede dell'Authority delle Comunicazioni. Domani il vertice per decidere

i provvedimenti nei confronti del consigliere Innocenzi indagatoa Trani per favoreggiamento

Nel fortino dell'Agcom

"Arrivano le bombe atomiche"

Il centrodestra pronto alle barricate, ma il presidente Calabrò

vuole difendere la sua autonomia: non alziamo bandiera biancadi GIOVANNI VALENTINI

Nel fortino dell'Agcom "Arrivano le bombe atomiche"

Corrado Calabrò, presidente dell'Agcom

ROMA - Davanti alla nuova sede dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, il fortino assediato di via Isonzo, una bandiera bianca con il simbolo dell'Agcom sventola accanto al tricolore e al vessillo blu con le stelle gialle dell'Europa. "Ma questo - dice il presidente Corrado Calabrò - non vuol dire che ci siamo arresi". La battuta, alla vigilia della seduta in cui domani il Consiglio dell'Authority aprirà ufficialmente il "caso Innocenzi", rivela una tensione palpabile. "Altro che barricate - dice Calabrò -. Qui lanceranno le bombe atomiche".

Tra l'ascensore e i corridoi, i commissari fanno la spola con il quinto piano, dov'è lo studio di Calabrò, armati di memorie e documenti sulla "vexata quaestio" della delibera con cui il Tar del Lazio ha respinto l'estensione alle tv private del regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza per bloccare i talk-show sulle reti della Rai. Ma quella di domani si annuncia come una battaglia campale per decidere se e quali provvedimenti assumere nei confronti del commissario Giancarlo Innocenzi, indagato per favoreggiamento dalla Procura di Trani per aver negato davanti ai magistrati le pressioni ricevute dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contro Annozero e altre trasmissioni considerate scomode. A cui si aggiungono quelle che lo stesso capo del governo ha esercitato direttamente sul presidente dell'Authority, telefonandogli per sollecitare una censura nei confronti della Rai che poi non è stata emessa.

Con Innocenzi che avrebbe l'obbligo di astenersi dal giudizio su se stesso, questa volta gli equilibri all'interno del Consiglio dell'Authority sembrano destinati a cambiare. Da una parte, a suo favore, gli altri tre commissari espressi dal centrodestra: Stefano Mannoni, Enzo Savarese e l'ex senatore Roberto Napoli, fedelissimo dell'ex ministro Clemente Mastella che ha ancora il dente avvelenato con Santoro per la trasmissione contro di lui e sua moglie. Dalla parte opposta, i commissari che si richiamano al centrosinistra: l'ex sottosegretario Michele Lauria, il magistrato Nicola D'Angelo e il "tecnico" Sebastiano Sortino, già direttore generale della Federazione editori, a cui si aggiungerebbe Gianluigi Magri per conto dell'Udc. A questo punto il voto di Calabrò diventa decisivo per dare il via libera al "processo" interno contro Innocenzi. E perciò nei prossimi giorni il presidente è atteso al varco. Deve dimostrare la propria indipendenza.

 

La prima mossa dovrebbe essere quella di incaricare il Servizio giuridico della stessa Authority di aprire formalmente un'istruttoria. Poi, il Consiglio potrebbe chiedere un parere al Comitato etico, composto da due presidenti emeriti della Corte costituzionale, Riccardo Chieppa e Franco Bile, e dal presidente del Tar del Lazio, Pasquale De Lise. Un percorso lungo e tortuoso, al termine del quale non è neppure chiaro quali provvedimenti possa prendere l'Autorità, dal momento che i commissari sono di nomina parlamentare e quindi un'eventuale revoca spetterebbe allo stesso Parlamento. "La legge, su questo punto, è piuttosto carente e perciò a suo tempo avevo sollecitato una revisione del Codice etico", dice Calabrò. Il Codice in effetti regola l'indipendenza e il conflitto di interessi dei commissari, prevedendo l'obbligo di "lealtà, imparzialità, diligenza e correttezza", senza stabilire tuttavia le sanzioni. Poi c'è anche la direttiva europea del 2009 (n.140), secondo cui i componenti di un'Authority di garanzia "non sollecitano né ricevono istruzioni" dall'esterno nell'esercizio del loro mandato. Ma è chiaro che lo scontro, dentro e fuori l'Authority, sarà di natura politica.

All'interno del palazzo di via Isonzo, i rapporti personali fra Calabrò e Innocenzi vengono definiti "radi e tesi". Il presidente è un magistrato, già presidente del Tar del Lazio, una carriera prima nella Corte dei Conti e poi nel Consiglio di Stato, abituato a misurare i propri atti in base alla legge. Il commissario, giornalista pubblicista e già direttore dei servizi giornalistici delle reti Mediaset, deputato e sottosegretario alle Comunicazioni per il centrodestra, è dichiaratamente un uomo di parte incaricato di rappresentare e difendere gli interessi del partito-azienda.

Fra loro, spesso si ha l'impressione di assistere a un dialogo tra sordi. "A volte - ha confidato Calabrò ai suoi collaboratori - mi sembra che si tolga l'auricolare, quando parlo, per non sentire neppure le mie parole". Tutto ciò non ha impedito a Calabrò di votare insieme a Innocenzi contro la decisione, assunta poi a maggioranza, di varare la delibera per estendere alle tv private il regolamento sui talk-show. "Lui non so perché l'ha fatto", dice il presidente: "Da magistrato, io non potevo votare un provvedimento che vìola la legge in vigore". E in dissenso con la Vigilanza, spiega che la normativa sulla par condicio prevede espressamente che le disposizioni previste per la comunicazione politica "non si applicano ai programmi di informazione", mentre la Commissione parlamentare ha stabilito il contrario.

Fatto sta che ora la bufera politica sul "caso Innocenzi" minaccia di travolgere non solo il commissario indagato, ma l'intera Autorità sulle Comunicazioni se questa non sarà in grado di prendere nettamente le distanze e riparare il vulnus. Nel palazzo di via Isonzo, sono in molti a temere una delegittimazione collegiale. Proprio per questo, appena scoppiato lo scandalo, il commissario D'Angelo ha scritto a Calabrò una lettera per chiedergli "un immediato e deciso intervento a difesa dell'onorabilità della nostra istituzione". La replica del presidente è di poche parole: "Dopo più di quarant'anni in magistratura, posso dire di avere un grande avvenire dietro le spalle".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

Previsti tremila pullman e tre treni speciali il 20 marzo a San Giovanni

Nuovo appello contro l'astensione "voluta dalla sinistra"

Berlusconi cerca la prova di forza

"Voglio 500mila persone in piazza"

di FRANCESCO BEI e CARMELO LOPAPA

Berlusconi cerca la prova di forza "Voglio 500mila persone in piazza"

La manifestazione di An e Forza Italia a piazza San Giovanni, Roma, nel 2006

ROMA - "C'è grande entusiasmo. Vedrete. La gente ha capito: a piazza San Giovanni mi aspetto mezzo milione di persone". Silvio Berlusconi lancia la sfida del 20 marzo. Chiama a rapporto i coordinatori della campagna elettorale per l'ultima messa a punto della macchina organizzativa della kermesse. Chiuso a Palazzo Grazioli, alle prese con un'intervista a Studio Aperto e il video messaggio ai Promotori della Libertà della Brambilla, il premier insiste con l'appello al voto contro l'incubo astensionismo. "È la sinistra - sostiene in tv - che semina il dubbio dell'astensione, ma i moderati reagiranno". Lo staff di Palazzo Chigi, in un primo tempo, aveva deciso di "piazzare" lo spot elettorale al Tg4, salvo poi dirottarlo ad apertura del Tg1 di Minzolini. In cui viene ripresa anche l'intervista di Italia 1. Risultato: Berlusconi compare prima con alle spalle il logo del Pdl, poi con quello dei Promotori della libertà.

Imponente la mobilitazione studiata dai coordinatori del Pdl per sabato. Saranno 3 mila i pullman da tutta Italia, 3 i treni speciali - due Freccia Rossa da Torino ribattezzati per l'occasione "Freccia Azzurra" - un traghetto dalla Sardegna e svariati charter. Ieri a Piazza San Giovanni si allestiva già il grande palco di 400 metri quadrati. Due cortei partiranno dal Circo Massimo e da Largo Colli Albani (quest'ultimo organizzato dal movimento giovanile e guidato dal ministro Giorgia Meloni), per confluire in piazza dove Silvio Berlusconi dalle 18 terrà uno dei suoi comizi fiume. Al suo fianco, i 13 candidati governatori del Pdl, ai quali il premier farà firmare un "patto" governo-Regioni. La colonna sonora dell'evento, come nella Piazza San Giovanni del 2 dicembre 2006, è affidata all'orchestra targata Mediaset di Demo Morselli. A San Giovanni ci sarà anche il debutto dei "promotori della libertà", la nuova guardia scelta che il Cavaliere ha affidato alla Brambilla.

 

Gianfranco Fini, in quanto presidente della Camera, non potrà esserci. Ma nel breafing con i suoi di ieri mattina, al primo piano di Montecitorio, si è raccomandato che la mobilitazione sia massima. Anche per non lasciare spazio alle critiche degli avversari interni. Circoli un tempo di An e dirigenti locali sono stati convocati sabato a Roma. "È una manifestazione elettorale del Pdl, ci saremo e stiamo contribuendo con tutte le nostre forze alla riuscita", chiarisce Italo Bocchino, che sarà presto il responsabile di "Generazione Italia". Nuova creatura finiana che ha gettato il partito nello scompiglio. Il presidente della Camera non ha gradito affatto la fuga di notizie sul suo lancio (il primo aprile) e ha invitato i suoi, per il momento, a concentrarsi sulla campagna elettorale. Soprattutto nel Lazio, con la finiana Polverini in corsa senza il traino della lista Pdl. Nell'entourage del presidente della Camera si fa quadrato su quella che Fabio Granata chiama con molta chiarezza "la nostra corrente". Fini è molto cauto, a colloquio coi deputati di riferimento: "Non sarà un'operazione contro Berlusconi, vogliamo però accendere un Pdl mai realmente vitale sul territorio. Ma mentre FareFuturo fa filosofia, Generazione Italia servirà a chi vuole fare politica".

Il coordinatore berlusconiano Denis Verdini preferisce concentrarsi sul presente. Le future operazioni lo lasciano perplesso: "I nostri elettori stanno aderendo con entusiasmo alla manifestazione del 20, chiamati dal Pdl. Generazione Italia mi sembra che si rivolga, piuttosto, alle classi dirigenti". Il messaggio è chiaro: gli elettori stanno con noi. Detto questo, Verdini è convinto che "sulle regionali la situazione sia aperta: in molte regioni siamo testa a testa, anche in Puglia, Piemonte e nel Lazio. E contiamo molto sull'effetto della manifestazione per rianimare gli ultimi giorni di campagna, contro il rischio astensionismo".

Rinuncia al voto che invece viene caldeggiata da Italiafutura, l'associazione di Luca Cordero di Montezemolo. Nell'ultimo editoriale web si sostiene che "l'astensione può essere lo strumento capace di rompere lo schema", sorta di "obiezione di coscienza nell'attuale contesto politico".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

2010-03-11

Il segretario del Pd parla della manifestazione che si terrà sabato a Roma

"Abbiamo una piattaforma, secondo la quale il governo porta piena responsabilità del decreto"

Bersani: "In piazza contro il governo

nessuno attaccherà il Quirinale"

Di Pietro: "L'Idv chiama gli italiani a dire basta al governo fascista e piduista"

Bersani: "In piazza contro il governo nessuno attaccherà il Quirinale"

Pierluigi Bersani

ROMA - "Io vado alla manifestazione di sabato con grandissima tranquillità". Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, intervistato da Repubblica Tv a proposito dei timori di un possibile affondo di Antonio Di Pietro dal palco, sabato prossimo, calma le acque e fuga i timori su una possibile sortita anti Colle dell'ex pm. "Questa cosa la escludo. Abbiamo una piattaforma, secondo la quale il governo porta piena responsabilità del decreto. E' un punto indiscutibile della piattaforma e tutti la rispetteranno" continua il segretario del Pd. E anche Di Pietro, oggi, sembra spostare il bersaglio: "Quella di sabato, sarà la piazza della riscossa alla quale Idv chiama gli italiani a dire basta al governo fascista e piduista e per mandare a casa Berlusconi" dice il leader dell'Idv. A cui Bersani chiede di non appellarsi al presidente Napolitano affinchè non firmi la legge sul legittimo impedimento "per rispetto del quadro istituzionale"

Il segretario del Pd, poi, torna sulla conferenza stampa di ieri del premier. Per stigmatizzarla nuovamente: "Comportamento inaccettabile, con gli insulti ai magistrati, ai prefetti e delle forze dell'ordine. "Ieri ho visto un capo popolo, un capolista, non il capo del governo. Esiste una giurisdizione, una legalità, venga rispettata". E se il COniglio di Stato darà ragione al Pdl del Lazio sulla questione della lista? "Rispettiamo i passaggi. E poi non ce la siamo mica cercata noi. Non ci si chieda che per errori loro noi si addivenga a stracciare le regole".

Infine una previsione, ottimistica, sulle regionali di fine mese. ''Spero e penso che avremo la maggioranza delle regioni. Certo, spiega, ''se dovessimo ripetere il risultato delle europee il Pd ne avrebbe ben poche di regioni. Ma, mentre qualche mese fa ci davano nella riserva indiana, oggi si vede che non e' cosi'. Le cose cambiano. Allora per Berlusconi sembrava che si dovesse aprire una prateria per i prossimi tre anni. Per me vincere sette a sei e' gia' un bell'obbiettivo''.

 

Roma, fischi per la Polverini. "Vergogna, buffona". Così la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio Renata Polverini è stata contestata stamani da un un gruppo di di lavoratori dell'Eutelia e da alcuni militanti del Popolo Viola, da giorni in presidio davanti a Montecitorio. La candidata era andata per portare la sua solidarietà ai lavoratori del Santa Lucia, anche loro in presidio davanti alla Camera, che protestavano per il rischio chiusura della struttura sanitaria della Capitale. Ma prima di poter parlare e portare la sua solidarietà anche agli altri lavoratori, è stata fischiata e nei suoi confronti sono cominciate ad arrivare grida di offesa e di insulti. "State tentando di disturbare persone che sono in piazza altrettanto disperate di voi. Vergognatevi voi. Nessuno mi spaventa o mi farà fare un passo indietro. Non ci riuscirete", ha detto con un megafono l'ex sindacalista rivolta ai contestatori.

(11 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

 

 

Secondo l'Ente il provvedimento del governo invaderebbe la sua competenza

Esame in tempi rapidi, ma la sentenza dovrebbe arrivare dopo il voto

Dl salva-liste, la regione Lazio in campo

Ricorso alla Consulta per la sospensione

Dl salva-liste, la regione Lazio in campo Ricorso alla Consulta per la sospensione

Una manifestazione del "popolo viola"

ROMA - Sospendere in via cautelare il decreto legge 'salva-liste': la richiesta è contenuta nel ricorso che la Regione Lazio ha stamane depositato alla Corte Costituzionale per sostenere l'illegittimità del provvedimento varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri.

"Il decreto invade la competenza regionale sulla materia elettorale e perciò è incostituzionale". Questa è la motivazione della regione. A spiegarlo è il vice capo di gabinetto della presidenza, Salvatore Bellomia, precisando che con tutta probabilità l'udienza per la valutazione dell'istanza cautelare dovrebbe svolgersi in tempi brevi, senz'altro prima delle elezioni, mentre la sentenza definitiva arriverà presumibilmente solo dopo il voto.

"Nel ricorso - spiega bellomia - sono sollevati diversi profili. Il più importante riguarda la violazione dell'articolo 122 della costituzione. La materia elettorale è di competenza regionale nei limiti dei principi generali stabiliti con legge dello stato. Perciò il decreto, dal momento che non detta principi generali, è illegittimo".

Intanto, in Lombardia arrivano le parole di Penati. "Giuro che non farò alcun ricorso" contro l'ammissione del listino di Roberto Formigoni alle regionali, ha detto a Radio 2 il candidato del Pd alla presidenza.

(11 marzo 2010)

 

 

 

Il premier assolve i dirigenti del Pdl: "Documenti in regola

ecco le circostanze minuto per minuto"

Berlusconi contro giudici e radicali

"Ci hanno impedito di presentare le liste"

Duro battibecco con un uomo seduto in sala che chiedeva una risposta sul decretino

Berlusconi contro giudici e radicali "Ci hanno impedito di presentare le liste"

Silvio Berlusconi

ROMA - Scuro in viso, Silvio Berlusconi ha letto un lunghissimo documento per assolvere i funzionari del Pdl e attaccare i giudici e i militanti radicali che erano in tribunale il giorno della presentazione delle liste. E ha ingaggiato un lungo battibecco con Rocco Carlomagno, vicino al mondo radicale e antinucleare, che lo accusava di non voler rispondere a una domanda. Una conferenza stampa molto agitata per il premier, alla quale risponderanno nel pomeriggio gli esponenti dell'opposizione. Il presidente del Consiglio ha confermato la manifestazione dell 20, alla quale Gianfranco Fini non parteciperà. "Ma lui è presidente della Camera".

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I dirigenti non hanno responsabilità. "Ci è stato impedito di presentare le liste. non vi è stata da parte nostra nessuna responsabilità riconducibile a nostri dirigenti" ha detto il presidente del consiglio, aprendo la conferenza stampa convocata a Via dell'Umiltà, sede del Pdl. "Sono qui - ha aggiunto - per reagire alla assoluta disinformazione che è stata fatta sulla vicenda delle liste e per dare una ricostruzione fedele di quanto è accaduto". Berlusconi sta ripercorrendo minuto per minuto la versione del Pdl sul 'caos liste' nel Lazio, leggendo un lunghissimo memoriale.

"Non c'è stata alcuna responsabilità riconducibile ai nostri responsabili al contrario di quello che si è voluto far credere. Ci è stato impedito di presentare le liste, con atti e comportamenti ben precisi", ha detto Berlusconi, nel corso della conferenza stampa presso la sede del Pdl. ''Con questa ricostruzione precisa, documentata, certificata noi faremo di nuovo ricorso e io sono sicuro che di fronte a questi fatti non potranno darci torto. Se così non fosse - ha sottolineato - sosterremo lo stesso la Polverini con la lista civica''.

 

I rappresentanti del Pdl incaricati di presentare la lista per la provincia di Roma non hanno mai provato a manomettere la lista, ha affermato il premier, fornendo la sua versione di quanto avvenuto sabato mattina presso il tribunale di Roma. "I radicali hanno inscenato una gazzarra - ha detto Berlusconi - senza mai mettere in dubbio la presenza dei rappresentanti del Pdl nella cancelleria ma sostenendo che fosse in atto una manomissione della lista. Cosa impossibile visto che ogni modifica doveva avvenire anche sui 248 atti dello scatolone con la documentazione, che non è mai stato toccato. Anzi, veniva impedito violentemente ai nostri rappresentanti di ritornare vicino alla documentazione".

"I nostri delegati del Pdl del Lazio sono arrivati in tempo e prima del termine previsto all'interno della cancelleria per presentare la liste con tutta la relativa documentazione. Fin dalle 11.40 erano davanti alla cancelleria. E sono rimasti lì fino alla gazzarra inscenata dai radicali", ha sottolineato il premier.

"Milioni e Polesi - ha spiegato Berlusconi - chiedevano l'intervento del magistrato ma con loro grande sorpresa, il dottor Diamanti, con l'aiuto di Anna Argento, decideva incredibilmente che erano esclusi, asserendo che si trovavano oltre una linea di un centimetro in questo grande salone".

"Al responsabile nazionale Ignazio Abrignani, arrivato in tribunale dopo la telefonata tempestiva dei delegati del Pdl, era stata data precisa assicurazione che tutto sarebbe stato sanato a seguito di un ricorso, che è stato presentato alle ore 17 all'ufficio circoscrizionale", ha affermato il premier.

"E' stata una decisione grave quella di aver impedito la presentazione delle liste del Pdl, una decisione priva di fondamento giuridico" e determinata da un "marchiano errore dell'ufficio circoscrizionale", ha detto Berlusconi che ha definito "privo di ogni fondamento" il rilievo opposto dal Tar all'accoglimento della lista del Pdl e cioè che la documentazione per la lista pidiellina della provincia di Roma sia rimasta incustodita per oltre due ore.

"Alle 17.40 Lo scatolone veniva consegnato ai carabinieri e veniva inventariato dettagliatamente. Solo alle 19.30, terminato l'inventario che è stato particolarmente lungo, veniva redatto il verbale. È Quindi privo di ogni fondamento - ha affermato Berlusconi - il rilievo del Tar circa il tempo intercorso tra l'arrivo in cancelleria e la consegna ai carabinieri".

"Sia detto per inciso, anche i rilievi del Tar sono privi di pregio in merito all'applicazione del decreto legge interpretativo", ha aggiunto il presidente del Consiglio aggiungendo che la questione "sarà oggetto di una conferenza stampa" in futuro.

"E' stata violata la legge che riguarda la registrazione delle liste, perché i nostri delegati erano negli uffici entro l'orario stabilito, e poi sono state infrante anche le regole del buonsenso e verso di noi c'è stato un atteggiamento discriminatorio, come anche in Lombardia, con un atteggiamento fiscale verso di noi, mentre verso errori della sinistra si è chiuso un occhio", ha denunciato il premier nel corso della conferenza stampa congiunta con Renata Polverini nella sede del Pdl in Via dell'Umiltà.

Contro la sinistra. "Il comportamento della sinistra è stato ed è antidemocratico e meschino - ha accusato Berlusconi - noi ci saremmo comportati nel modo opposto. Ma daremo una lezione alla sinistra". "La gara vede i nostri avversari con un vantaggio indebito - ha aggiunto - ma vinceremo lo stesso". "Il Pd è come una squadra di calcio che vuole scendere in campo senza avversari, con l'arbitro amico che ha chiuso la squadra avversaria negli spogliatoi", ha detto il premier, Silvio Berlusconi, parlando in conferenza stampa nella sede del Pdl, sulla vicenda delle liste.

"Dobbiamo far prevalere le ragioni della politica, i cittadini sono stanchi delle polemiche delle carte bollate - ha affermato il presidente del Consiglio - Lasciamo ai legali i ricorsi, noi presentiamo i nostri programmi con i nostri candidati". "Abbiamo deciso - ha aggiunto - di impegnarci anche nel Lazio affinché vinca il candidato migliore. Raddoppieremo i nostri sforzi per far vincere la nostra candidata, anche se la nostra lista non fosse presente".

Berlusconi ha anche voluto rispondere a chi accusa il Pdl di non essere capace a presentare le liste: "Ne abbiamo presentate 93, di cui 80 per le Amministrative e 13 per le Regioni. Lo facciamo da 16 anni. E le persone che lavorano per noi lo facevano per An e Forza Italia. Lo sapevano fare e lo sanno fare".

Del decreto parlo un'altra volta. Il decreto legge varato dal governo venerdì scorso "è assolutamente costituzionale", ha ribadito Silvio Berlusconi: "E' un decreto che è soltanto interpretativo e di buon senso nei confronti di chi invece ha interpretato con faziosità e senza buon senso una norma", confermando "la validità" del dl e la validità del decreto controfirmato dal presidente della Repubblica.

Il premier ha anche escluso uno slittamento del voto: "Non lo abbiamo mai pensato e in caso di estromissione" della lista del Pdl di Roma "concentreremo tutti sforzi per far prevalere Renata Polverini".

Per quanto riguarda il decreto interpretativo varato dal governo, Berlusconi ha spiegato che "nei giorni di preparazione del decreto, Letta ha telefonato a Bersani e l'ha avvisato del decreto. Mettendolo al corrente di quanto noi eravamo intenzionati a fare", ha detto il premier che ha chiesto "maggior buon senso al centrosinistra".

Sì alla piazza. "Dopo tante manifestazioni della sinistra e dintorni ho ceduto anche io alla richiesta di molti deputati, coordinatori regionali e provinciali, di indire una manifestazione in difesa del diritto di voto che presumibilmente si terrà il 20 marzo a Roma", ha detto il premier. "Noi - ha aggiunto - non siamo abituati a protestare, sarà una manifestazione di proposta. Chiameremo i 13 candidati governatori a un patto".

"Io sono un ottimista e quindi penso che la ragione debba prevalere. Quindi penso che alla fine per gli elettori ci sarà la possibilità di scegliere sulle schede il simbolo del Pdl", ha concluso Berlusconi.

Durante la conferenza stampa c'è stato anche un duro scambio di battute con un uomo seduto in sala, Rocco Carlomagno, che gli chiedeva chiarimenti sulla presentazione del decreto legge interpretativo. Carlomagno ha poi avuto anche un alterco con il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

L'annuncio di Fini. Gianfranco Fini ha annunciato che non parteciperà alla manifestazione del 20 marzo a Roma indetta da Silvio Berlusconi. Lo ha detto ai cronisti a Montecitorio a margine di una conferenza stampa dedicata al pattinaggo. "Il presidente della Camera - spiega Fini - non va a manifestazioni elettorali organizzate dai partiti in campagna elettorale". Il presidente della Camera risponde anche ironicamente a una giornalista chi gli chiedeva se almeno condivideva l'iniziativa. "Non le dico cosa penso di questa domanda - ha tagliato corto Fini - solo perché è una signora...". In conferenza stampa, il premier ha comnmentato: "Una decisione scontata, Fini ricopre una carica istituzionale".

Berlusconi. In via dell'Umiltà, per la conferenza stampa del premier Silvio Berlusconi, è arrivata anche la candidata del centrodestra per la presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini, accolta da alcune decine di giovani del Pdl fuori dalla sede di via dell'Umiltà che l'hanno incoraggiata gridando slogan come: "Polverini presidente". L'ex sindacalista ha risposto con un "mi raccomando".

Polverini. "A un certo punto sembrava che non ci fosse più nulla, nemmeno io. Invece io sono qui, si vota con la coalizione che mi sostiene con o senza il Pdl", aveva detto in precedenza la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio. "Io però - ha aggiunto - nemmeno nel momento in cui sembrava che non ci fosse più nulla ho pensato di abbandonare la partita. Ci sono stati tanti attacchi", ha ricordato rimarcando "il clima con il quale ci stiamo avvicinando al voto". Quanto alla lista del Pdl la candidata ha sottolineato: "C'è ancora qualche problema ma da qui a poco il presidente del consiglio terrà una conferenza stampa per spiegare le prossime iniziative".

(10 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

2010-03-09

Anche l'ufficio circoscrizionale elettorale dopo il Tar del Lazio ha escluso la riammissione

L'ultima parola al Consiglio di Stato. Il premier pensa a una grande manifestazione a Roma per il 20 marzo

Lazio, il tribunale respinge la lista Pdl

Berlusconi: "Sopruso violento, ora in piazza"

Pannella lancia l'ipotesi rinvio. No di Bersani: "Lasciamo stare i cavilli, andiamo a votare"

Rotondi: "Se verremo riammessi, è scontato che il voto nel Lazio sarà rinviato"

Lazio, il tribunale respinge la lista Pdl Berlusconi: "Sopruso violento, ora in piazza"

La candidata del Pdl alla regione Lazio Renata Polverini

ROMA - Dopo il no del Tar del Lazio, anche l'ufficio circoscrizionale elettorale presso il tribunale di Roma ha respinto la lista provinciale del Pdl per le elezioni regionali riconsegnata soltanto ieri pomeriggio dai rappresentanti del partito di Roma. Una decisione che il premier Silvio Berlusconi definisce, in un videomessaggio indirizzato ai Promotori della Libertà, "un sopruso violento e inaccettabile". Nello stesso messaggio, Berlusconi annuncia un "appuntamento per una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà". A questo punto l'unica possibilità di riammissione rimane affidata al Consiglio di Stato, e infatti gli avvocati del Pdl annunciano: "Stiamo lavorando per predisporre l'appello".

La manifestazione per protestare contro l'esclusione della lista si terrà con ogni probabilità il 20 marzo. Il Popolo della Libertà ha già chiesto infatti la disponibilità di alcune piazze al Campidoglio. "Parlerò agli italiani e spiegherò come stanno le cose", ha detto Berlusconi al vertice tenutosi a palazzo Grazioli con i coordinatori di via dell'Umiltà e gli esponenti del Pdl Lazio. Il premier terrà domani una conferenza stampa.

I motivi del no. La lista del Pdl era stata presentata grazie alle nuove norme introdotte dal decreto cosiddetto 'salvaliste'. L'ufficio elettorale, per undici ore, ha esaminato la documentazione, dopodiché, intorno alle 20, (e dopo diversi "falsi allarmi") ha convocato i delegati del Pdl e ha loro notificato la non ammissione della lista. I delegati del Popolo delle Libertà sono usciti con facce da funerale ma non hanno voluto dir nulla ai giornalisti che li hanno immediatamente assediati. Così, la notizia della non ammissione è arrivata qualche minuti dopo dalla sede del Comitato per la Polverini.

 

Le motivazioni sono analoghe a quelle espresse dal Tar ieri: la non applicabilità del decreto interpretativo alla materia elettorale regionale e la mancanza di prove a sostegno del fatto che i delegati a presentare la lista Pdl fossero effettivamente presenti nella sede del tribunale entro le 12 del 27 febbraio. Non solo la documentazione era incompleta e nella famosa scatola che doveva contenere liste e firme "è stato rinvenuto esclusivamente l'elenco dei sottoscrittori e i relativi certificati elettorali". Inoltre "i presupposti per l'ammissione della lista provinciale presentata ieri difettano" in quanto "stante la presenza dei delegati incaricati della presentazione nei locali del tribunale" lo scorso 27 febbraio, "la prescritta documentazione" era incompleta.

Le accuse di Berlusconi. Le elezioni del 28 e 29 marzo "ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio", afferma Berlusconi nel videomessaggio ai Promotori della libertà. "Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. E' un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia", accusa. E ancora: "Ai nostri incaricati, che erano presenti in orario nell'ufficio preposto, prima è stato impedito di consegnare le liste del Popolo della Libertà da coloro che hanno il dovere di ritirarle. Poi il Tribunale Amministrativo ha completato l'opera, respingendo non solo il nostro ricorso, ma anche l'invito che il Presidente della Repubblica aveva lanciato con una propria lettera, affinché il diritto di voto, attivo e passivo fosse garantito nei confronti di tutti i contendenti, compresa la maggiore forza politica in Italia: il Popolo della Libertà. Così le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio."

 

Pannella propone il rinvio. Intanto i leader dei principali partiti respingono la proposta lanciata stamane all'Assemblea dei Radicali da Marco Pannella: "Per sanare una situazione pregressa proponiamo il rinvio del voto di un mese perchè altrimenti la campagna elettorale non è legale".

Il primo deciso no è stato quello del segretario del Pd Pierluigi Bersani che partecipava alla convention radicale: "Io non sottovaluto i problemi giuridici ma andiamo al sodo: lasciamo stare i cavilli, andiamo a votare e andiamo a vincere - ha replicato - Sono convinto che abbiamo ottime ragioni. Non ci indeboliamo da soli. La palla della confusione e del pasticcio è tutta di là, lasciamogliela di là".

Altrettanto contrari si sono dichiarati gli esponenti del Pdl, a cominciare dallo stesso Berlusconi, che nel corso del vertice a Palazzo Grazioli avrebbe affermato che "l'ipotesi di rinviare le elezioni nelle 13 regioni chiamate al voto non c'è e non c'è mai stata".

Tuttavia il ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ha osservato che "Non esiste l'ipotesi di un rinvio del voto nelle tredici regioni, ma se il Consiglio di Stato riammette la lista del PdL nel Lazio è scontato che il voto nel Lazio sarà rinviato per dare alla lista riammessa i trenta giorni di campagna elettorale previsti della legge". Sarebbe dunque questa l'unica possibilità di un rinvio del voto.

(09 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

Anche l'ufficio circoscrizionale elettorale dopo il Tar del Lazio ha escluso la riammissione

L'ultima parola al Consiglio di Stato. Il premier pensa a una grande manifestazione a Roma per il 20 marzo

Lazio, il tribunale respinge la lista Pdl

Berlusconi: "Sopruso violento, ora in piazza"

Pannella lancia l'ipotesi rinvio. No di Bersani: "Lasciamo stare i cavilli, andiamo a votare"

Rotondi: "Se verremo riammessi, è scontato che il voto nel Lazio sarà rinviato"

Lazio, il tribunale respinge la lista Pdl Berlusconi: "Sopruso violento, ora in piazza"

La candidata del Pdl alla regione Lazio Renata Polverini

ROMA - Dopo il no del Tar del Lazio, anche l'ufficio circoscrizionale elettorale presso il tribunale di Roma ha respinto la lista provinciale del Pdl per le elezioni regionali riconsegnata soltanto ieri pomeriggio dai rappresentanti del partito di Roma. Una decisione che il premier Silvio Berlusconi definisce, in un videomessaggio indirizzato ai Promotori della Libertà, "un sopruso violento e inaccettabile". Nello stesso messaggio, Berlusconi annuncia un "appuntamento per una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà". A questo punto l'unica possibilità di riammissione rimane affidata al Consiglio di Stato, e infatti gli avvocati del Pdl annunciano: "Stiamo lavorando per predisporre l'appello".

La manifestazione per protestare contro l'esclusione della lista si terrà con ogni probabilità il 20 marzo. Il Popolo della Libertà ha già chiesto infatti la disponibilità di alcune piazze al Campidoglio. "Parlerò agli italiani e spiegherò come stanno le cose", ha detto Berlusconi al vertice tenutosi a palazzo Grazioli con i coordinatori di via dell'Umiltà e gli esponenti del Pdl Lazio. Il premier terrà domani una conferenza stampa.

I motivi del no. La lista del Pdl era stata presentata grazie alle nuove norme introdotte dal decreto cosiddetto 'salvaliste'. L'ufficio elettorale, per undici ore, ha esaminato la documentazione, dopodiché, intorno alle 20, (e dopo diversi "falsi allarmi") ha convocato i delegati del Pdl e ha loro notificato la non ammissione della lista. I delegati del Popolo delle Libertà sono usciti con facce da funerale ma non hanno voluto dir nulla ai giornalisti che li hanno immediatamente assediati. Così, la notizia della non ammissione è arrivata qualche minuti dopo dalla sede del Comitato per la Polverini.

 

Le motivazioni sono analoghe a quelle espresse dal Tar ieri: la non applicabilità del decreto interpretativo alla materia elettorale regionale e la mancanza di prove a sostegno del fatto che i delegati a presentare la lista Pdl fossero effettivamente presenti nella sede del tribunale entro le 12 del 27 febbraio. Non solo la documentazione era incompleta e nella famosa scatola che doveva contenere liste e firme "è stato rinvenuto esclusivamente l'elenco dei sottoscrittori e i relativi certificati elettorali". Inoltre "i presupposti per l'ammissione della lista provinciale presentata ieri difettano" in quanto "stante la presenza dei delegati incaricati della presentazione nei locali del tribunale" lo scorso 27 febbraio, "la prescritta documentazione" era incompleta.

Le accuse di Berlusconi. Le elezioni del 28 e 29 marzo "ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio", afferma Berlusconi nel videomessaggio ai Promotori della libertà. "Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. E' un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia", accusa. E ancora: "Ai nostri incaricati, che erano presenti in orario nell'ufficio preposto, prima è stato impedito di consegnare le liste del Popolo della Libertà da coloro che hanno il dovere di ritirarle. Poi il Tribunale Amministrativo ha completato l'opera, respingendo non solo il nostro ricorso, ma anche l'invito che il Presidente della Repubblica aveva lanciato con una propria lettera, affinché il diritto di voto, attivo e passivo fosse garantito nei confronti di tutti i contendenti, compresa la maggiore forza politica in Italia: il Popolo della Libertà. Così le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio."

 

Pannella propone il rinvio. Intanto i leader dei principali partiti respingono la proposta lanciata stamane all'Assemblea dei Radicali da Marco Pannella: "Per sanare una situazione pregressa proponiamo il rinvio del voto di un mese perchè altrimenti la campagna elettorale non è legale".

Il primo deciso no è stato quello del segretario del Pd Pierluigi Bersani che partecipava alla convention radicale: "Io non sottovaluto i problemi giuridici ma andiamo al sodo: lasciamo stare i cavilli, andiamo a votare e andiamo a vincere - ha replicato - Sono convinto che abbiamo ottime ragioni. Non ci indeboliamo da soli. La palla della confusione e del pasticcio è tutta di là, lasciamogliela di là".

Altrettanto contrari si sono dichiarati gli esponenti del Pdl, a cominciare dallo stesso Berlusconi, che nel corso del vertice a Palazzo Grazioli avrebbe affermato che "l'ipotesi di rinviare le elezioni nelle 13 regioni chiamate al voto non c'è e non c'è mai stata".

Tuttavia il ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ha osservato che "Non esiste l'ipotesi di un rinvio del voto nelle tredici regioni, ma se il Consiglio di Stato riammette la lista del PdL nel Lazio è scontato che il voto nel Lazio sarà rinviato per dare alla lista riammessa i trenta giorni di campagna elettorale previsti della legge". Sarebbe dunque questa l'unica possibilità di un rinvio del voto.

(09 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

Diretta - Politica

Regionali, attesa per la lista Pdl nel Lazio

Bersani: no al rinvio. Berlusconi: escluso

Mentre si attende la nuova decisione sulla lista del Pdl della provincia di Roma, il segretario del Pd dice ai radicali: "Niente indugi, andiamo al voto e vinciamo". E il premier, al termine del vertice del partito, afferma: "L'ipotesi del rinvio non c'è mai stata". Il Tar riammette nel merito la lista Formigoni, esulta il governatore uscente: "Lo avevo sempre detto". Nel pomeriggio colloquio tra Polverini e Berlusconi a Palazzo Grazioli, all'uscita lei dice: "Non abbiamo parlato di rinvii ma di rilanciare la campagne elettorale". Il premier ai suoi: "Dirò io come è andata davvero"

18:58 Berlusconi: "Non c'è mai stata ipotesi rinvio voto"

L'ipotesi di rinviare le elezioni nelle 13 Regioni chiamate al voto non c'è e non c'è mai stata. E' quanto sarebbe emerso nel corso del vertice tra il premier, Silvio Berlusconi, e i vertici del partito, secondo quanto riferiscono fonti del Pdl.

18:47 Dlitta decisione tribunale su lista Pdl

L'ufficio elettorale del tribunale di Roma non ha ancora concluso l'esame della documentazione sulla lista Pdl. Lo ha fatto sapere la presidente dell'ufficio, Anna Argento. La decisione è attesa per le 20.

18:44 Pannella: "Bene Bersani ma vogliamo ancora il rinvio"

"Con Pier Luigi Bersani oggi c'è stato un clima molto positivo. L'avevo già detto stamattina che con lui il dialogo è sempre aperto". Così Marco Pannella ha commentato la visita del leader del Pd all'assemblea dei radicali. I giornalisti hanno chiesto se a questo punto intende rinunciare alla proposta di rinvio: "Neanche per sogno - ha detto - il confronto con il Pd rimane aperto".

18:40 Bersani: "Per ora da Pd nessuna azione legale"

"Per ora noi non abbiamo promosso nessuna azione legale ma certo i nostri avvocati stanno li a vedere che succede". Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, spiega così le intenzioni del Pd mentre ancora il tribunale di Roma non si è pronunciato sulla lista Pdl.

18:28 Milioni: "Farò causa al magistrato che mi ha fermato"

"Intendo procedere anche penalmente contro quel magistrato che mi ha impedito di consegnare la lista. C'è stato un abuso d'ufficio nei miei confronti". Alfredo Milioni, responsabile elettorale del Pdl per la presentazione delle liste nel Lazio, ricostruisce così il giorno in cui non ha consegnato la lista Pdl di Roma. "Giovedì andrò a Perugia per presentare una denuncia nei suoi confronti", spiega.

18:22 Berlusconi all'incontro con la Polverini: "Dirò io come è andata"

Basta, pensiamo a vincere. Silvio Berlusconi, incontrando i coordinatori del suo partito e Renata Polverini chiede loro di impegnarsi nella campagna, indipendentemente dai ricorsi giudiziari. Il Cavaliere, spiegano alcune fonti, è deciso a spiegare agli elettori la posizione de Pdl, in una conferenza stampa che dovrebbe tenersi giovedì. Previsto inoltre un evento elettorale con la Polverini la prossima settimana.

18:19 Bonaiuti: Bersani grida al lupo per nascondere debolezza

"Bersani straparla e questo suo continuo gridare 'al lupo al lupo' per il sistema democratico maschera solo la sua debolezza e quella dell'intera sinistra". A dichiararlo è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.

18:12 Legale lista Penati: "Debole la sentenza del Tar"

La sentenza del Tar della Lombardia che ha riammesso nel merito la lista di Roberto Formigoni è "debole" anche perchè "non affronta, nè vuole affrontare il problema della regolarità o meno delle firme". E' l'opinione di Marilisa D'Amico, uno dei legali delle Lista Penati.

18:10 Polverini lascia Palazzo Grazioli: "Non perdo l'ottimismo"

"Non ho perso l'ottimismo". Lo ha detto Renata Polverini lasciando oggi pomeriggio palazzo Grazioli, al termine dell'incontro con Silvio Berlusconi. Alla candidata del Pdl è stato chiesto un commento sull'ipotesi di un rinvio del voto. "Lo sento ora", ha risposto lei, "non se ne è parlato". E in caso di ulteriore bocciatura della lista "continuerà sulla strada segnata".

18:05 Bersani: "Evidente che Pdl ha imbrogliato"

"E' evidente che hanno imbrogliato, che nel farsi le regole su misura hanno sbagliato anche la misura. Come dei sarti che non sanno farsi il vestito". Lo ha detto Pierluigi Bersani all'assemblea dei radicali.

17:56 Bersani: "Governo dei fatti è governo dei fatti suoi"

"Il governo dei fatti è diventato il governo dei fatti suoi, e i problemi della gente non emergono". Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, intervenendo dal palco dell'assemblea dei Radicali, ha attaccato il governo.

17:53 Formigoni: "Soddisfatto della sentenza"

"Bene, sono soddisfatto. La sentenza conferma quanto ho sempre detto". È questo il commento di Roberto Formigoni - affidato al suo sito - dopo la decisione del Tar. "Ora il mio invito a tutti - prosegue Formigoni - è a parlare di contenuti, di proposte".

17:52 Bersani: "No al rinvio, al voto per vincere"

"Capisco gli scenari giuridici che voi prospettate, ma vi dico andiamo a votare subito e andiamoci tranquilli. Andiamo davanti agli elettori e andiamoci per vincere". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, si è rivolto all'assemblea dei radicali che avevano chiesto un rinvio di un mese delle elezioni.

16:34 Di Pietro: "No al rinvio"

"Hanno provato in tutti i modi a truccare le elezioni. A un certo punto -dice Antonio Di Pietro - bisogna dire basta o altrimenti chiamiamo la gendarmeria. Non ha senso il rinvio".

16:10 Lombardia, riammessa lista Formigoni

Il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso del Pdl e ha riammesso la lista "Per la lombardia", di Roberto Formigoni alle prossime elezioni regionali. Il collegio "ha ritenuto pienamente proponibili ed ammissibili i ricorsi" presentati dal pdl" alla luce dell'articolo 10 della legge 17 febbraio 1968 numero 108 e successive modifiche". Il Tar Lombardia specifica che non ha tenuto conto del decreto legge interpretativo emanato dal governo

16:02 Polverini a palazzo Grazioli

Renata Polverini, candidata presidente della Regione Lazio per il centrodestra, ha appena raggiunto Palazzo Grazioli

16:01 Regionali, vertice da Berlusconi

Silvio Berlusconi sta incontrando i coordinatori del Pdl, La Russa Bondi e Verdini. A palazzo Grazioli è presente anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e il coordinatore regionale del Pdl nel Lazio, Vincenzo Piso.

15:39 Ferrero: "No al rinvio"

Il rinvio delle elezioni regionali nel Lazio è per Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, "un'ipotesi che non si può nemmeno prendere in considerazione". '

15:24 Domattina il Pdl consegna il ricorso

Potrebbe essere depositato nella mattinata di domani il ricorso del Pdl al consiglio di Stato contro l'ordinanza del Tar che ieri ha sostanzialmente respinto la lista provincia di Roma dalle regionali. Ad affermarlo è Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl.

15:13 Legali Pd consegnano copia ordinanza al Tar

Gli avvocati del Pd hanno consegnato all'ufficio elettorale del tribunale di Roma una copia dell'ordinanza del Tar del Lazio.

15:05 Cosenza, aperta inchiesta su firme

La Procura di Cosenza ha aperto un'inchiesta sulla regolarità delle firme allegate alla documentazione presentata a sostegno di tre liste per le prossime elezioni regionali nel collegio circoscrizionale cosentino, ipotizzando che alcune siano false.

14:58 Galan: "Sulle liste pessimo spettacolo"

"La vicenda delle liste? Rischia di farmi venire la cirrosi epatica, o qualcosa del genere, perchè mai, mai e poi mai avrei pensato che saremmo arrivati a questo punto". E' duro il commento di Giancarlo Galan, governatore del Veneto, sulla vicenda del caos nella presentazione delle liste a Roma e in Lombardia.

14:41 Camera, dl salvaliste: entro il 21 marzo esame in commissione

Il decreto interpretativo sulle regionali, il "salva liste", è approdato alla Camera dei deputati. Se ne è parlato nella conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Il decreto si trova in prima commissione, quella Affari costituzionali, il cui esame a norma di regolamento dovrà concludersi entro domenica 21 marzo. Poi, una conferenza dei capigruppo dovrà decidere la calendarizzazioe per l'aula.

14:40 Camera, ostruzionismo opposizioni: salta pausa pre-elezioni

Salta la settimana di pausa dei lavori parlamentari prima delle elezioni. Visto l'ostruzionismo delle opposizioni dopo l'ok del Cdm al dl salva-liste, infatti, i lavori dovranno andare avanti per la presenza di tre decreti in scadenza (enti locali, agenzia dei beni confiscati alla mafia e salva-Alcoa). Durante la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, il presidente della Camera Gianfranco Fini, ha sottolineato che appare assai problematico se non impossibile mantenere la previsione della sospensione dei lavori nella settimana antecedente le elezioni. A rischio anche le vacanze di Pasqua per i parlamentari

14:07 Bobo Craxi: "Pasticcioni del Pdl hanno creato situazione africana"

"L'esclusione del Pdl dalla competizione elettorale del Lazio è stata causata dai molti 'pasticcioni' del Partito delle Libertà romano. Detto questo, la situazione venutasi a creare non è neanche più da Paese sudamericano, ma addirittura africano". Lo ha dichiarato Bobo Craxi, capolista del Partito socialista italiano nel Lazio, nel corso della Tribuna elettorale dedicata alle consultazioni regionali laziali, andata in onda su Raitre.

14:05 Pannella: rinvio elezioni di un mese

"Per sanare una situazione pregressa proponiamo il rinvio del voto di un mese perchè altrimenti la campagna elettorale non è legale". Lo ha affermato all'ADNKRONOS Marco Pannella, a margine dell'assemblea nazionale dei Radicali in corso a Roma, sottolineando che "è necessario dare la possibilità a tutti, non solo al Lazio e alla Lombardia di votare correttamente e legalmente".

13:40 Nucara: "Ma il Pdl vuol far vincere la Bonino?"

"Sembra che l'obiettivo del Pdl sia come far vincere la Bonino. Più si continua a pasticciare più voti si perdono". Così il segretario del Pri, Francesco Nucara.

13:35 Panella: "Non ci ritiriamo"

"Non si può, nemmeno giuridicamente". Marco Pannella risponde così ai cronisti che gli chiedono se tra le ipotesi ancora allo studio dall'assemblea nazionale dei radicali ci sia quella del ritiro delle liste dalla competizione elettorale.

13:25 Legali Pd: ordinanza Tar in tribunale

I legali del Pd, dopo il rilascio della copia dell'ordinanza del Tar del Lazio che ha respinto la richiesta del Pdl per la riammissione alle elezioni regionali, si recheranno in Tribunale per consegnarla ai magistrati dell'ufficio elettorale.

13:24 Pannella: "Sanatoria e rinvio"

"Una sanatoria sul piano delle firme per coloro che hanno già presentato nei termini previsti le liste e, per poter consentire un minimo di campagna elettorale seria e fatta bene, spostare di 30 giorni la consultazione elettorale". Questo, secondo quanto riferito dal leader radicale Marco Pannella, l'ipotesi su cui sta ragionando il partito nell'odierna assemblea nazionale.

13:10 Rai, ricorso dei consumatori contro lo stop dei programmi

Altroconsumo ha depositato al Tar Lazio il ricorso contro la delibera del Cda RAI dello scorso 1 marzo 2010 che ha sospeso la messa in onda di programmi informativi come Porta a Porta, Annozero, Il ricorso, per violazione dell'articolo 21 della Costituzione, è stato presentato con un'altra associazione di consumatori: Cittadinanzattiva

13:06 Atteso a ore il deposito della sentenza del Tar della Lombardia

E' atteso per oggi pomeriggio il deposito da parte del Tar della Lombardia della sentenza nel merito relativa alla concessione della sospensiva con cui sabato scorso è stata riammessa alle elezioni la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni che era stata esclusa dalla Corte d'appello di Milano.

12:49 Formigoni: "Diverso il caso del Lazio"

L'esclusione della lista del Pdl dalle elezioni regionali in Lazio, decretata ieri dal Tar, è un caso "assolutamente diverso" da quello che ha visto l'esclusione, e successivamente il reintegro, della lista del Pdl collegata a Roberto Formigoni in Lombardia.

12:42 Vendola: "Oltre certi limiti non va neanche Berlusconi"

"Perfino il governo Berlusconi non potrà andare oltre certi limiti" dice Nichi Vendola, leader di Sinistra ecologia libertà e candidato governatore in puglia ha commentato così l'ipotesi di un rinvio delle elezioni nel lazio ventilata dal centrodestra

12:41 Epifani: "In piazza sabato"

"Il decreto ci preoccupa. Un decreto in campagna elettorale non si era mai visto''. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, conferma il suo parere negativo al cosiddetto decreto ''salva-liste'' varato dal governo per le elezioni regionali. "Parteciperò alla manifestazione di sabato".

12:37 Bindi: "Berlusconi prestigiatore"

"Neanche un prestigiatore come Silvio Berlusconi riesce a fare esistere una lista che non c'è. La lista non c'era ed un decreto interpretativo non poteva farla nascere dal nulla". Così la presidente dell'assemblea nazionale del Pd, Rosy Bindi

12:37 Avvenire: no ad elezioni dimezzate

"L'importante" è che non si tengano "elezioni dimezzate" nel Lazio e in Lombardia e che siano gli elettori a "giudicare la qualità delle liste", anche dal punto di vista organizzativo. Così il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, interviene oggi sulla questione delle liste alle regionali, nella rubrica "Il direttore risponde" del quotidiano dei vescovi.

12:35 Camera, il Pd decide l'ostruzionismo

Il gruppo Pd della Camera ha deciso la linea dura dopo l'approvazione del decreto salvaliste. Il gruppo ha approvato la proposta di procedere ad un atteggiamento di ostruzionismo con tutti i mezzi regolamentari possibili. Una volta invertito l'ordine del giorno per discutere subito della legge sulle cure palliative, il gruppo Pd non farà sconti a governo e maggioranza.

12:09 Pezzotta: "In un paese normale il decreto non serviva"

'Il decreto legge del governo non serviva perche' in un paese normale, ma noi non lo siamo ancora, si attiva la magistratura che è l'organo di controllo e che sta dimostrando di verificare". Lo ha affermato l'ex segretario della Cisl, Savino Pezzotta, candidato dell'Udc alla presidenza della Lombardia.

11:50 Penati: "Niente ricorso se il governo ritira il decreto"

"Se il governo ritira il decreto io mi impegno a non presentare alcun ricorso". Lo ha detto il candidato del Pd alla presidenza della regione Lombardia, Filippo Penati.

11:48 Bersani: "Manifestazione contro il governo"

"Non ci sono dubbi per nessuno che la manifestazione di sabato è sotto il segno della piena responsabilità del governo - così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani - Le dichiarazioni di oggi di Di Pietro sono molto positive"

11:37 Bonino: "Non si può far finta di nulla"

Emma bonino apre gli interventi dell'assemblea dei radicali convocata al teatro dei comici dopo l'approvazione del decreto 'salva-lista', ma non scioglie la riserva sulle decisioni che saranno prese oggi. "Non è pensabile che semplicemente si decida di andare avanti come se nulla fosse successo. Da una parte c'è il fatto di dire che con i bari non si gioca, dall'altra non propongo alcun aventino che dir si voglia. Mai nella nostra storia abbiamo gettato la spugna, ma nella situazione data è difficile continuare in una campagna elettorale tra mercati e comizi da qualche parte come se nulla fosse".

11:32 Partono i pullman del Pd

"Sono partiti questa mattina da piazza del parlamento i due pullman che porteranno in giro per l'italia, uno diretto al nord, uno al sud, i deputati del Pd per illustrare le proposte in vista del voto delle regionali.

11:28 De Magistris: "Il Colle avalla il piano P2 di Berlusconi"

"Il presidente della Repubblica non sta facendo in realtà nulla per impedire lo svuotamento della Costituzione e non usa gli strumenti che la Carta gli affida per arginare il costante abuso del diritto" scrive sul suo blog Luigi de Magistris, eurodeputato Idv - Napolitano in questo modo sta avallando l'attuazione del piano di rinascita democratica ideato da Gelli ed oggi realizzato dal premier piduista Berlusconi".

11:26 Bocchino: "Lo Stato può legiferare"

"La decisione del Tar del Lazio di non applicare il decreto legge approvato la scorsa settimana dal governo non ha tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale 303 del 2003 che ha riconosciuto allo Stato il potere di legiferare anche quando le Regioni l'abbiano a loro volta già fatto in materia di legislazione concorrente, così com'è la materia elettorale". Lo sottolinea Italo Bocchino, presidente vicario del gruppo Pdl alla Camera.

11:21 Cicchitto: "I veri fascisti sono quelli che ci attaccano"

"I veri autoritari e fascisti sono loro che stanno ricorrendo a tutti i mezzi per evitare che la lista del Pdl, il partito più forte a Roma, possa presentarsi" dice Fabrizio Cicchitto del Pdl

11:16 Farefuturo: "Questa non è politica"

"Ma non chiamatela politica. Dategli almeno un altro nome, meglio se inventato: chiamatela 'pasticcia' o magari 'raffazzona', o anche 'rabbercia'. Insomma, dategli il nome che volete ma vi prego non chiamatela 'politica'": questo l'appello del direttore Filippo Rossi su Ffwebmagazine, il periodico online di FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, a proposito del 'caos liste'.

11:16 Di Pietro: "Berlusconi come il marchese del Grillo"

'Berlusconi fa come il marchese del Grillo: siccome comando io, mi faccio la legge come voglio io... E il presidente della Repubblica che gli va appresso.... Lo dice Antonio Di Pietro a 'Un caffe' con...' su SkyTg24.

11:15 Bersani: "Hanno sbagliato anche il Dl"

"Il pasticcio si ingrossa. Volevano farsi una norma su misura, hanno sbagliato anche la misura". Pier Luigi Bersani commenta così, parlando a Montecitorio, il no del Tar del Lazio alla riammissione della lista del Pdl.

11:14 Bondi: "Basta martoriare il Paese"

"Smettetela di mettere in scena l'ennesimo massacro delle istituzioni, della democrazia, della Costituzione. Non vi accorgete che in questo modo state davvero martoriando questo povero Paese?". E' quanto scrive in una nota il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi rivolto all'opposizione.

10:51 Bersani: "Rinvio? Un pasticcio"

"Per l'amor di Dio, sarebbe un altro pasticcio. Abbiamo sommato turbamenti a turbamenti, pasticci a pasticci. Il centrodestra vuole raffreddare la testa? Vuole riposarsi un attimo? Vedo ministri che avanzano ipotesi. Raffreddino la testa, perchè c'è una scadenza elettorale con delle operazioni di validazione in corso. Punto e basta". Così il segretario Pd, Pierluigi Bersani ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se il Pd sia favorevole all'ipotesi di rinvio del voto solo nel Lazio.

10:38 Polverini: "Non c'è lotta nella maggioranza"

Dietro il caos delle liste nel Lazio "non si nasconde una lotta all'interno della maggioranza" contro di lei. Lo ha detto nel corso della trasmissione televisiva 'Il Caffe' su Rainews 24 Renata Polverini.

10:23 Di Pietro: "Berlusconi assassino della legalità"

Sabato prossimo il centrosinistra sarà "in piazza insieme con tanta determinazione perchè conosciamo per nome e cognome chi è l'assassino della legalità, che si chiama governo Berlusconi" dice Antonio Di Pietro

10:16 Di Pietro: "Il Colle non doveva firmare il decreto"

"Sul decreto salva-liste "il Quirinale doveva fare semplicemente quello che prevede la costituzione: non firmare. O quanto meno aspettare qualche ora senza cercare di forzare la mano ai giudici che sono in camera di consiglio. Non mi pare che sia un comportamento corretto" dice Antonio Di Pietro

10:14 Di Pietro: "Decreto mortificante"

Il decreto salva-liste "voluto a tutti i costi da Benito Berlusconi" si è "rivelato inutile, dannoso, intempestivo e mortificante per il capo dello stato che lo ha avallato in modo anch'esso intempestivo e del tutto inutile". Lo ha detto il leader dell'Idv Antonio Di Pietro, nel corso di 'un caffè con...' Su skytg24.

10:06 Polverini: "Mai pestato i piedi a nessuno"

"Ho fatto sindacalista per 27 lunghi anni, non credo di aver pestato i piedi a nessuno". Lo afferma la candidata del centrodestra alla Regione Lazio Renata Polverini, in un'intervista alla trasmissione 'Il Caffe su Rainews24, rispondendo a Corradino Mineo che gli ha chiesto se è possibile che, dietro il 'pasticcio delle liste', ci sia anche una "lotta nella maggioranza magari proprio contro il candidato Polverini".

10:06 Polverini: "Continuo a combattere"

"Io conduco la partita ad armi non pari ma sono candidata e prosegue la mia campagna elettorale, perchè i cittadini potranno votare me e i partiti che mi sostengono". Lo ha detto la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini

 

 

 

 

Il Tribunale amministrativo nega la sospensiva e fa sapere che deciderà nel merito a maggio

La motivazione: il decreto "interpretativo" del governo non è applicabile alle elezioni regionali

Il Tar del Lazio dice no alla lista Pdl

ma la Polverini spera ancora

Il Pdl ha comunque ripresentato le sue liste negli uffici del tribunale. Domani la decisione

Il Pd pronto a presentare ricorso. Diverse regioni ricorrono alla Consulta contro il decretodi MASSIMO RAZZI

Il Tar del Lazio dice no alla lista Pdl ma la Polverini spera ancora

Renata Polverini

ROMA - La decisione della seconda sezione bis del Tar Lazio si abbatte sulla lista Pdl per Roma e provincia. La richiesta di sospensiva è respinta, hanno detto i giudici amministrativi presieduti da Eduardo Pugliese. Nel merito si deciderà a maggio ma, allo stato non c'è abbastanza "fumus" a favore del ricorrente per sospendere l'esclusione della lista dalle elezioni regionali del 28-29 marzo decisa dall'ufficio elettorale del tribunale e, poi, dalla Corte d'Appello.

Non solo, il decreto "interpretativo" approvato in fretta e furia dal governo Berlusconi, non è applicabile in questo caso "perché le elezioni regionali del Lazio sono disciplinate dalla legge regionale numero 2 del 2005" e non dalla normativa nazionale "interpretata" dal governo. Quella legge, dice la sentenza, "prevedeva la presentazione dei documenti necessari alla candidatura della lista entro le ore 12 dello scorso 27 febbraio", ma "nel verbale dei carabinieri presenti nell'ufficio elettorale della corte di appello di Roma è scritto che alle ore 12 erano presenti solo 4 delegati di lista e che tra questi non risultava il delegato della parte ricorrente". Insomma, niente da fare. La lista non è stata presentata in tempo e l'interpretazione successiva è carta straccia.

Tutto finito, dunque e Pdl fuori dalle elezioni nel Lazio? Le cose non stanno neppure così, perché la lista Pdl e Renata Polverini possono ancora sperare in un recupero (per quanto difficile) per un'altra strada. La strada è stata aperta proprio dal decreto interpretativo del governo che ha dato 24 ore di tempo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la presentazione di liste in chiave riparatoria. Al quarto punto vi si dice, infatti, che "i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 (cioé che fossero entrati nei locali del Tribunale entro le 12 di sabato l'altro; ndr) possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo (cioé oggi) a quello di entrata in vigore del presente decreto".

 

Ed è proprio questa la via che sta tenendo vive le speranze del centrodestra e del suo candidato governatore. Oggi pomeriggio, infatti, i presentatori che l'altro sabato sparirono per poi ricomparire fuori tempo massimo, si sono ripresentati per ritentare la presentazione del faldone rosso con le i nomi dei candidati e le relative firme. In base al decreto pare che lo possano fare, in base alla decisione di oggi del Tar non sembrano titolati a farlo. Bisogna vedere, adesso, cosa deciderà l'ufficio elettorale del tribunale di Roma che dovrebbe pronunciarsi domani mattina. Contro quella decisione c'è ancora la possibilità di appello. Sicuramente, se il tribunale darà il via libera alla lista Pdl, partirà subito il ricorso della controparte politica. Insomma: un botta e risposta giudiziario che potrebbe avere come risultato il rinvio delle elezioni regionali.

In subordine, il Pdl ha già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar.

La "riconsegna". L'innocente faldone rosso, incellophanato e sigillato da giorni, è stato letteralmente scortato dai carabinieri fino all'ufficio elettorale per il deposito definitivo. Una processione silenziosa e veloce per i corridoi del Palazzo di Giustizia - i militari davanti col plico in mano, i politici Pdl a seguire - che si è conclusa in quella stanza 23, dove tutto cominciò due sabati fa con un'apertura pubblica sotto gli occhi dell'ufficiale comandante. Un pacco che però, secondo i legali del Partito Democratico, porterebbe con sè anche la chiave per scardinare la ripresentazione degli elenchi da parte del Pdl. Il plico, spiega l'avvocato Gianluigi Pellegrino, che ha presentato una "diffida" e cita un verbale dei carabinieri del 27 febbraio, "due sabati fa sarebbe rimasto incustodito dalle 12:00 alle 14:30, per poi essere vigilato dai militari. Alle 17 però il delegato Pdl lo avrebbe portato via, per poi riconsegnarlo alle 19:30". Solo allora il pacco sarebbe stato sigillato dai militari. "Chi può essere sicuro allora - conclude il legale - che quello che è stato consegnato corrisponde a quanto era stato portato in tribunale entro le 12 del 27 febbraio?" E non basta: in base alle indicazioni del nuovo dl la lista non può essere ammessa - spiega Pellegrino - "perchè la documentazione doveva essere in mano al Pdl fino alle 12:00, ma loro ne sarebbero stati in possesso, invece, fino alle 19:30". "Inoltre nel ricorso al Tar sarebbero gli stessi delegati del Pdl ad ammettere che il famoso plico conteneva una documentazione incompleta": insomma, conclude l'avvocato, sarebbe proprio il dettato del dl del governo a escludere la lista Pdl. Una ricostruzione che però i vertici del Pdl smentiscono precisamente. "Il pacco - dice il coordinatore del Lazio, Vincenzo Piso - è stato preso in custodia dai carabinieri, ma su questo avremo da dire tante altre cose, qualcuno dovrà rispondere delle tante falsità dette".

Ma ora, la decisione del Tar rimette tutto sotto una luce diversa. Se l'ufficio elettorale accetta l'interpretazione del governo, la lista Pdl potrebbe essere riammessa salvo gli ulteriori ricorsi degli avversari. Se, invece, l'ufficio elettorale si allinea alla posizione del Tar e ritiene che il decreto non possa essere applicato alla legge regionale del Lazio, la lista Pdl potrebbe essere definitivamente fuori dai giochi.

Le Regioni alla Consulta. Com'era prevedibile, dopo il Lazio, anche altre regioni si preparano al ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto. Oggi si sono fatte avanti Piemonte e Toscana entrambe governate dal centrosinistra e chiamate al voto il 28 e 29 marzo. Sia il governatore piemontese Mercedes Bresso che il presidente toscano Claudio Martini sono intenzionati a muoversi per un conflitto tra Stato e regioni in una materia, quella delle elezioni, che è di competenza regionale e non statale. In Piemonte la decisione è già stata presa dalla giunta. "Non possiamo accettare - ha spiegato infatti Bresso - ingerenze del Governo in una materia che in Piemonte è già regolamentata dalla legge regionale. Noi abbiamo attivato la procedura della legge elettorale regionale, tanto è vero che sono stata io a convocare i comizi elettorali e quindi a indire le elezioni".

Maroni. Qualche ora prima della decisione, lo stesso ministro degli Interni Maroni aveva spiegato che il Tar aveva piena autonomia di giudizio: "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto. Noi non abbiamo deciso di salvare le liste. Abbiamo invece conservato i termini e abbiamo detto ai giudici di decidere loro sulla base di come la legge è stata interpretata dal governo. Mi auguro che entro pochissimi giorni il quadro sia completo, in modo da poter svolgere quel che resta della campagna elettorale e, serenamente, farla svolgere a chi ha diritto di farla".

© Riproduzione riservata (08 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

2010-03-05

Via libera per legge alla lista di Formigoni e del Pdl a Roma

Bersani: "Un trucco". Di Pietro: "Dobbiamo scendere in piazza"

Il Cdm vara dl interpretativo

l'opposizione in rivolta

Maroni: "Non abbiamo toccato la legge elettorale. Sono solo indicazioni per il Tar"

Il Cdm vara dl interpretativo l'opposizione in rivolta

Berlusconi a Palazzo Grazioli

ROMA - Tira tardi il Consiglio dei ministri, per varare in 35' un decreto interpretativo che dà il via libera alla candidatura di Formigoni in Lombardia e forse alla lista del Pdl nel Lazio, dove comunque c'è già il listino della Polverini. Tira tardi, non cerca sponde il governo: spera nella disponibilità di Napolitano, non consulta l'opposizione che appare, sul tema, insolitamente unita. Il segretario del Pd Bersani parla di trucco, il suo compagno Marino di "procedure stravolte", il leader dell'Idv Di Pietro chiede alla gente di andare in piazza. Anche per i radicali, pacifici per definizione, il decreto legge è eversivo. Berlusconi risponde che è l'unico modo per ridare il voto a milioni di persone. Ed ecco così il via a un decreto interpretativo: in teoria, non dovrebbe apportare modifiche alla legge, ma solo precisarne il significato. Ma in pratica, cambia il quadro ed è destinato ad accendere polemiche. Il governo si aspetta già questa sera un parere di Napolitano.

Parla il ministro Maroni. "Queste approvate sono norme interpretative. Non c'è nessuna modifica della legge elettorale, nessuna modifica delle procedure in corso, nessuna riapertura dei termini. Abbiamo approvato interpretazioni per consentire al Tar di applicare la legge in modo corretto".

La legge del 1988 e la Costituzione. Per il governo è stato un percorso accidentato. E non è detto che sia finita qui. La scelta di questa sera pone infatti una serie di dilemmi di difficile interpretazione. C'è anche una legge che vieta una misura di questo tipo. E' quella del 1988 sul potere normativo del governo. L?articolo 15 secondo comma, della legge n.400 del 23 agosto stabilisce

infatti che il governo non può provvedere nelle materie indicate nell?articolo 72, quarto comma della Costituzione (materia costituzionale e elettorale).

Recita infatti il quarto comma: "La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi".

 

Bersani: "Un pasticcio tutto loro". Attacca il segretario del Pd. "Il centrodestra non si azzardi a parlare di complotti e a scaricare il problema" e abbia "l'umiltà di riconoscere che questo pasticcio non gli deriva da incuria ma da loro divisioni". Così Bersani e ribadisce la necessità del rispetto delle regole: "C'è una parola in questo paese che bisogna affermare e ripristinare: si chiama regole". Ed ancora: "Se vogliono governare bene, altrimenti si riposino e vadano a casa perchè chi governa risponde per Paese e non per le regole di una lista".

Di Pietro: "Forze armate contro il dittatore". "Non si tratta di interpretazione, ma di un palese abuso di potere che in uno Stato di diritto andrebbe bloccato con l'intervento delle forze armate al fine di fermare il dittatore. Noi ci appelleremo alla società civile e scenderemo in piazza con una grande manifestazione di protesta civile e democratica". Lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori.

Protesta Libertà e Giustizia. "Un passo avanti verso un regime dell?a rbitrio: è questo il significato profondo del decreto che si appresta ad emanare in queste ore il governo in materia elettorale. Un provvedimento che di per sé non dà luogo a un giudizio di incostituzionalità, ma che certamente rappresenta una violazione di legge. Il riferimento è alla legge del 1988 sul potere normativo del governo. Libertà e Giustizia ricorda infine che in una democrazia le leggi elettorali sono le più sacre e intoccabili".

(05 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

Diretta - Politica

Regionali, dal Cdm via libera al decreto

Maroni: "Stasera il Colle valuta il dl"

Bersani: "E' solo un trucco. Resta il no"

22:17 Esperti divisi

"E' una forzatura non costituzionale. E' evidente che la retroattività è incostituzionale: per porre rimedio a una situazione complicata, si è fatto peggio". Così Giorgio Rebuffa, professore di Diritto costituzionale all'Università di Genova. "Se c'è accordo da parte del capo dello Stato, ritengo che quella di un decreto interpretativo sia l'unica strada praticabile", sostiene il costituzionalista Annibale Marini.

22:15 Bonelli: "Pirateria istituzionale"

"La democrazia in Italia non esiste più. A questo punto dopo un atto di vera e propria pirateria istituzionale compiuto da fascisti al governo bisogna fermare le elezioni". Lo afferma il presidente nazionale dei verdi Angelo Bonelli.

22:14 Gelmini: "Dl non è golpe ma democrazia"

"Il dl approvato oggi non è assolutamente un golpe. Sono norme interpretative che chiariscono le disposizioni in materia e che io ritengo siano di buon senso". Così il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini.

22:09 maroni: "Con Dl Tar potrà valutare serenamente"

"Riteniamo che con questo provvedimento gli organi della giustizia amministrativa siano in grado di decidere sulla base di una interpretazione univoca della legge, e quindi decidere serenamente se i ricorsi presentati dalle varie liste escluse possono essere accolti o meno". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni.

22:06 Zingaretti: "Momento buio"

''In questo momento cosi' buio per la vita democratica italiana, esprimo la mia solidarieta' a chi rispetta le regole, a chi paga le multe, a chi versa correttamente le tasse, a chi si ferma al rosso. Insomma esprimo la mia solidarieta' alle persone perbene''. E' quanto dichiara il presidente della provincia Nicola Zingaretti dopo il via libera del Consiglio dei Ministeri al decreto ''salva-liste''.

22:05 La Russa: "Grande soddisfazione"

"Esprimo la mia grande soddisfazione per l'approvazione del decreto legge. Un ringraziamento va agli uffici della Presidenza del Consiglio per il lavoro svolto". Lo afferma il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

22:04 Maroni: "Dl non è riapertura termini"

"Abbiamo approvato decreto legge di interpretazione autentica del procedimento elettorale. Non c'è alcuna modifica alla legge elettorale, sono norme interpretative. Nessuna riapertura dei termini e nessuna riammissione di termini". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni.

22:01 Maroni: "Stasera Colle valuta, domani forse in G:U."

"Abbiamo sentito la presidenza della Repubblica che ha detto che valuterà il decreto. Lo farà pensiamo già stasera e domani potrebbe essere pubblicato in Gazzetta ufficiale". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni nella conferenza stampa al termine del Cdm che ha varato il dl sulle liste alle regionali.

22:00 Maroni: "Dl a disposizione della magistratura"

"Il provvedimento è a disposizione della magistratura amministrativa che sarà l'unico soggetto istituzionale che potrà decidere sulle liste. Non è il governo ma la magistratura". Lo afferma Roberto Maroni, ministro dell'Interno, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi.

21:58 Mov difesa cittadino: "Incostituzionale"

"Un decreto legge non può disciplinare nemmeno in via interpretativa il procedimento elettorale regionale perchè si tratta di materia di competenza esclusiva delle Regioni ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione": è quanto sostiene, in una nota, l'avvocato Gianluigi Pellegrino, legale del Movimento Difesa del Cittadino. "Si tratta - aggiunge il legale - di una ragione di manifesta incostituzionalità del decreto nella parte in cui pretende di incidere sul procedimento per le elezioni regionali in corso. Che la materia del procedimento elettorale per il rinnovo dei consigli regionali, sia di competenza esclusiva del legislatore regionale lo ha già detto la Corte costituzionale sin dal 2003 (sentenza n. 196)"

21:57 Maroni: "Nessuna modifica a legge elettorale"

"Nessuna modifica alla legge elettorale. Abbiamo dato un'interpretazione per consentire al Tar di dare applicazione alla legge in modo corretto". Lo afferma il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, al termine del Cdm. Sarà comunque il Tar - spiega Maroni - a decidere sull'ammissione delle liste. "Il decreto legge serve a dare un'interpretazione corretta delle norme. A nostro giudizio l'interpretazione data a Roma è non corretta perché i cancellieri dovevano accogliere le liste anche se presentate tardivamente".

21:55 Il comunicato del Cdm

Il decreto varato dal Consiglio dei ministri in serata è volto ad ''assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo'', questo in nome della ''esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale''. E' quanto afferma un comunicato diffuso al termine della riunione del Cdm. Il decreto, spiega sinteticamente il comunicato, ''detta alcuni criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell'ufficio centrale regionale''.

21:53 Il Dl contiene tre articoli per Lazio e Lombardia

Il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza, 'sanerebbe' sia la situazione del Lazio sia la situazione della Lombardia. In tutto sarebbero tre articoli, di cui il primo conterrebbe 4 commi costituendo il cuore del provvedimento. Il primo comma consentirebbe infatti di presentare le liste a Roma il primo giorno non festivo, vale a dire lunedì dalle 8 alle 16, mentre gli altri riguarderebbero la Lombardia trovando una soluzione anche in quel caso, intervenendo sui timbri. Il secondo articolo invece accorcerebbe i tempi della campagna elettorale e il terzo e ultimo sarebbe relativo all'entrata in vigore.

21:51 Berlusconi rientrato a palazzo Grazioli

Al termine del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto interpretativo 'salva liste', il premier Silvio Berlusconi rienta nella sua residenza romana di palazzo Grazioli, senza rilasciare dichiarazioni alla stampa.

21:39 SeL: "Siamo ai brogli di Stato"

"Siamo ai brogli di Stato. La putrefazione del berlusconismo ormai rischi di infettare la democrazia italiana". Lo afferma Fabio Mussi, del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà. "Siamo pronti con tutto il centrosinistra ad una mobilitazione democratica, ferma e serena per riaffermare il diritto costituzionale che rischia di essere calpestato", aggiunge Gennaro Migliore della segreteria nazionale.

21:38 Via libera consiglio ministri al Dl interpretativo

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto interpretativo per risolvere il 'nodo' delle liste alle Regionali. Il Cdm è durato 35 minuti.

21:32 Rosy Bindi: "Dl incostituzionale"

"Quando si contrappone la forma alla sostanza, soprattutto in materia di regole elettorali, si minano le fondamenta della vita democratica. Se il testo del decreto legge sulle elezioni regionali è quello anticipato dalle agenzie di stampa siamo di fronte a norme non interpretative ma modificative e con profili di incostituzionalità", così Rosy Bindi, presidente dell'Assemblea nazionale del Pd.

21:19 Di Pietro: "Abuso di potere. Andrebbe fermato con le forze armate"

"Non si tratta di interpretazione, ma di un palese abuso di potere che in uno Stato di diritto andrebbe bloccato con l'intervento delle forze armate al fine di fermare il dittatore. Noi ci appelleremo alla società civile e scenderemo in piazza con una grande manifestazione di protesta civile e democratica". Lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori.

21:10 Cappato: "Dl eversivo. Annullare procedure e riconvocare elezioni"

"Il decreto in fase di esame dal Consiglio dei ministri è un tentativo eversivo di porre il potere al di sopra e contro la legge. La strada della legalità democratica è quella che da settimane inutilmente abbiamo indicato al presidente della Repubblica e al capo del governo: annullare un procedimento elettorale illegale e riconvocare le elezioni regionali rivedendo contestualmente gli assurdi ed opachi meccanismi di presentazione delle liste". E' quanto afferma Marco Cappato della lista Bonino-Pannella.

21:08 Iniziato il Consiglio dei ministri

Il Consiglio dei ministri è iniziato alle 21.05. In primo piano, un decreto legge interpretativo per risolvere il caso delle liste regionali del Pdl.

21:07 Polverini: "Ok a Dl se condiviso da istituzioni"

"Se la soluzione è condivisa da tutte le istituzioni, a cominciare dal capo dello Stato, credo che sia quella giusta". Lo ha detto la candidata del Pdl alla presidenza della regione Lazio Renata Polverini, rispondendo a chi le chiedeva come valutasse l'eventualità che il governo vari un decreto per risolvere la questione legata alle regionali. "Non voglio entrare nel merito del decreto - ha detto Polverini - però è chiaro che io ho chiesto una soluzione politica che consentisse a tutti gli elettori, quindi anche a quelli del Pdl, di trovare alle urne il proprio partito ed i propri candidati".

21:03 Idv: "Con Dl pronti a ritirarci dal lazio"

"Se il decreto interpretativo è il coniglio che il governo pensa di tirare fuori dal cilindro per aggirare di nuovo le regole per meri interessi di parte, sappia che l'Italia dei Valori valuterà l'ipotesi di ritirare la sua lista da una competizione elettorale che ne uscirebbe irrimediabilmente falsata". Lo dichiara in una nota Vincenzo Maruccio, Capolista dell'Italia dei Valori alle Regionali del Lazio.

20:47 Berlusconi: "In Cdm decreto per ridare diritto al voto"

"Siamo impegnati in un Consiglio dei ministri per un decreto interpretativo delle norme. Speriamo di poter ritornare a dare diritto di voto ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervenendo in diretta telefonica alla convention del centrodestra in corso al Teatroteam di Bari, a sostegno del candidato Rocco Palese.

20:40 Cdm ancora in corso

Il Consiglio dei Ministri straordinario per risolvere il "pasticcio" delle liste, che era stato convocato alle ore 19.30, sebbene il premier Silvio Berlusconi sia arrivato a palazzo Chigi non è ancora iniziato. Secondo quanto si apprende, sarebbe in corso una "trattativa" tra gli uffici dell'esecutivo e quelli del Colle proprio sulla natura del decreto interpretativo, che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firmerebbe solo se non innovativo.

20:18 Il Quirinale valuterà il Dl quando arriverà

Il Colle, secondo quanto si apprende da fonti del Quirinale, sarebbe disponibile a valutare un eventuale decreto legge interpretativo che il governo sta varando in questi minuti nel Consiglio dei ministri. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dovrà quindi valutare i contenuti del provvedimento dell'esecutivo appena verrà sottoposto alla sua firma.

20:15 Bonino: "Dl inaccettabile"

"Uno strumento e una decisione che mi sembrano davvero inaccettabili". E' il commento della candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino, alla sempre più probabile ipotesi che il governo vari un decreto interpretativo per superare l'impasse sulle liste non ammesse. "Ho visto alcune agenzia - spiega Bonino ai giornalisti - che parlano di un decreto interpretativo. Come sapete non sono mai precipitosa nel fare dichiarazioni. Ritengo però che, francamente, di fronte all'illegalità diffusa che c'è stata in tutto il processo preelettorale e che noi abbiamo documentato, questo strumento e questa decisione sono inaccettabili. Poi - aggiunge - mi riservo di studiare meglio il decreto, ma francamente questo non è più un Paese dove le regole sono uguali per tutti: lo sapevamo già, ma ora c'è la conferma".

20:12 Veneto, Procura indaga su liste contestate

Liste elettorali contestate anche a Vicenza. Il procuratore Ivano Nelson Salvarani ha confermato oggi di aver ricevuto dall'ufficio elettorale centrale tre segnalazioni relative ad altrettante liste per le regionali, presentate a Vicenza, che presenterebbero irregolarità circa le firme presentate. "Sono state aperte indagini ipotizzando il reato di falso - ha spiegato il procuratore - e i relativi fascicoli sono già stati assegnati ai sostituti con l'indicazione di eseguire accertamenti in tempi rapidi". Impossibile per il momento sapere se le firme irregolari siano in numero tale da pregiudicare la regolarità stessa delle liste e la loro partecipazione alla competizione elettorale.

20:06 di Pietro: "Se Dl chiamata alle armi democratica"

"Questo è un vero e proprio golpe contro il quale occorre opporsi con una chiamata alle armi democratiche. Infatti, scenderemo in piazza con una grande mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche. E' l'ennesimo provvedimento ad hoc, fatto ad uso e consumo dei soliti noti, che calpesta regole, diritti e Costituzione. Truccano le carte mentre si è in corsa con un decreto che definiscono impropriamente 'interpretativo', al solo scopo di ingannare gli italiani, ma in realtà è una vera e propria truffa. Infatti fanno una legge per rendere lecito tutto ciò che fino ad ora era illecito. Operazione degna dei peggiori regimi: non c'è più il senso del limite né del diritto". Lo dichiara il leader di Idv, Antonio Di Pietro.

20:01 Formigoni: "Attendiamo conclusioni del Tar"

"Attendiamo serenamente le conclusioni a cui il Tar vorrà arrivare, credo nella giornata di domani". Lo ha detto il presidente della Regione Roberto Formigoni nel corso di un incontro con la stampa all'Hotel Gallia. Formigoni ha poi ribadito che le firme per la sua candidatura sono state raccolte in modo regolare, come riconosciuto da diverse sentenze del Consiglio di Stato. "Qualunque siano le decisioni del Consiglio dei ministri - ha aggiunto - rivendichiamo il nostro diritto di partecipare alla competizione elettorale".

19:59 Bonino: "Dl non interpreta ma riammette le liste"

Il decreto cosiddetto interpretativo "non si capisce cosa interpreti. In pratica riammette le liste in Lazio e Lombardia. Questo è il nostro Paese". Così la candidata del centrosinistra della presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino, parlando a una iniziativa con il mondo del cinema, commenta la possibilità che il governo vari un decreto per uscire dall'impasse sulle liste non ammesse alla competizione in Lazio e in Lombardia.

19:52 D'Alema: "Il Colle non giudica l'opportunità politica"

"Il presidente della Repubblica non ha il compito di giudicare l'opportunità politica dei provvedimenti, e non lo fa, ma semplicemente la correttezza costituzionale". Lo ha sottolineato Massimo D'Alema, rispondendo ad una domanda sulla possibilità che un provvedimento del governo per risolvere il 'pasticcio' delle liste escluse dalle regionali possa avere il via libera del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, solo se condiviso anche dalle forze politiche di opposizione. "Non si può chiedere al presidente della Repubblica - ha aggiunto D'Alema - di fare qualcosa che non è nelle sue prerogative".

19:48 Veltroni: "Caos liste grave per la cultura democratica del Paese"

Tutta la vicenda che ha creato il "caos" delle liste del centrodestra per le regionali è un "fatto grave per la cultura democratica del Paese". Lo ha spiegato Walter Veltroni nel corso di un incontro organizzato dalla sezione del Pd di Trastevere, a Roma. "Se ci si trova in una situazione di caos che nessuno auspica, perché nessuno vuole vincere a tavolino, è perchè il centrodestra non è stato in grado di presentare le liste - ha detto Veltroni - Loro non devono andare a caccia di complotti".

19:45 Bersani: "Dl interpretativo solo un trucco. Resta il no"

"E' evidente che si vuole ovviare con questo decreto formalmente a obiezioni di tipo costituzionale come sarebbe stato per un decreto innovativo. Usano il dl interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio, ma il trucco c'è e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo. Se decidono così potranno aspettarsi solo una nostra ferma opposizione". Lo ha detto il segretario del Pd Pierluigi Bersani, che oggi si è tenuto in contatto con i leader dell'opposizione e con i dirigenti del suo partito.

19:44 Formigoni: "Anche Crimi e agnoletto non hanno firme"

Oltre a Filippo Penati, anche Vito Crimi e Vittorio Agnoletto non hanno le firme sufficienti per presentare le proprie candidature al Pirellone. Lo ha detto il presidente della Regione Roberto Formigoni nel corso di un incontro con la stampa all'Hotel Gallia, riferendo del controllo fatto dal pdl sulle liste. "Sul candidato presidente Savino Pezzotta - ha aggiunto - i miei amici completeranno l'esame delle firme domani".

19:41 D'Alema: "Il governo sia cauto"

''Vedremo di che si tratta, perché questa è una materia molto delicata''. Lo ha detto Massimo D'Alema a Venezia. ''Intervenire in questa materia e' qualcosa che deve essere fatto con estrema cautela'' ha ribadito d'Alema. ''Da quello che si capisce il goverrno ha rinunciato a cambiare la normativa. Se lo avesse fatto in corso d'opera sarebbe stata una cosa gravissima. Naturalmente bisogna vedere che cosa si intende per decreto interpretativo. Io credo che il Governo - ha concluso - sia ben consapevole che cambiare le regole de gioco durante lo svolgimento della competizione e' una cosa totalmente estranea alla civiltà democratica''.

19:39 I contenuti del dl interpretativo

Il decreto proposto dal premier per la modifica dei termini di accettazione delle liste dovrebbe prevedere, secondo l'Ansa, nell'art.1 che il diritto all'elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità. Nell'art.2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall'accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale. Una norma transitoria stabilirebbe che - solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si terranno in Lazio e Lombardia - lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto. Infine, nell'art.3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare di essere stati presenti nell'ufficio competente al momento della chiusura della presentazione delle liste.

19:33 Fioroni: "Decreto sarebbe precedente gravissimo"

Giuseppe Fioroni, presidente del forum Welfare del Partito Democratico, ha chiuso a qualsiasi ipotesi di decreto sulle regionali. "E' grave che la maggioranza e il governo non comprendano la situazione in cui si stanno cacciando", ha dichiarato in una nota. "Pongo a Berlusconi una domanda semplicissima: se la lista esclusa per irregolarità fosse del Pd il governo avrebbe fatto ugualmente il decreto?", ha concluso.

19:25 Dl interpretativo, Colle disponibile a valutare

Mentre sta per riunirsi il Consiglio dei ministri, al Quirinale, a quanto apprende l'Ansa, si prenderebbe atto che il governo si è orientato verso l'ipotesi di un decreto-legge meramente interpretativo, e quindi non innovativo, della normativa vigente, accantonando la soluzione prospettata ieri sera al capo dello Stato. Il Colle, inoltre, prenderebbe atto che questo diverso provvedimento sarebbe adottato d'urgenza, tenendo presente l'esigenza di una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale. A quel punto, stando agli stessi ambienti del Quirinale, i contenuti del provvedimento del governo sarebbero attentamente valutati appena sottoposti alla firma del presidente della Repubblica.

19:11 La bozza del dl liste

Nella bozza del decreto interpretativo, in possesso dell'agenzia Dire, che il Cdm discuterà tra poco per risolvere i problemi delle liste del Pdl nel Lazio e nella Lombardia si legge che "nella verifica delle liste, la veridicità delle firme e la regolarità della loro autenticazione non sono inficiate dalla presenza di irregolarità meramente formali, quali la mancanza o non leggibilità del timbro della autorità autenticante, dei dati afferenti alla sua qualifica, della data, del luogo". Il comma in questione risolverà dunque la questione della esclusione della lista Formigoni in Lombardia.

18:55 Di Pietro: "Solo in dittatura si cambiano le regole in corsa"

"Solo in un Paese a regime fascista si può pensare che vengano cambiate le regole mentre si gioca la partita elettorale". Lo ha detto il leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro, oggi in Calabria per alcune iniziative elettorali. "Solo in un Paese in cui la dittatura ormai ha preso il sopravvento - ha aggiunto Di Pietro - si può pensare che ciò lo si possa fare durante le elezioni".

18:39 Franceschini: "Ha ragione Bersani, nessun accordo"

"Le parole di Bersani sono le parole di tutto il Pd: nessun accordo è possibile perché le leggi e le regole vanno rispettate da tutti".Così su Twitter Dario Franceschini, presidente dei deputati del Partito democratico.

18:36 Diliberto: "In piazza a difesa della democrazia"

''E' il momento delle responsabilità. Non c'e' tempo da perdere: tutta l'opposizione unita si mobiliti per una grande manifestazione a difesa della democrazia. L'atto illegale che il governo si appresta a fare va rispedito al mittente e contrastato in ogni modo''. E' quanto afferma Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI-Federazione della sinistra.

18:35 Bonaiuti: "Bersani dice no, sennò Di Pietro si arrabbia"

"Le regole della sinistra sono semplici: dire no, no, sempre no, altrimenti Di Pietro si arrabbia. E' inutile che Bersani parli in cinese, la sua incapacità di dialogare ormai l'hanno capita tutti". Lo dichiara in una nota il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.

18:34 Berlusconi: "Dl? vediamo in Cdm"

Il governo varerà un dl per la questione liste elettorali? "Vediamo, alle 19.30 C'è il Consiglio dei ministri". Così il premier, Silvio Berlusconi, risponde ai cronisti che lo interpellano mentre sta visitando alcuni negozi nel centro di Roma.

18:26 Finocchiaro: "No a provvedimenti d'urgenza"

"Vorremmo capire quali sono le intenzioni del governo, visto che hanno deciso di tenere un Consiglio dei ministri questa sera alle 19.30. Non accetteremo che si aggirino le regole. Ci sono organi competenti che devono ancora prendere delle decisioni e non si comprende il senso di questa fretta e fibrillazione. Pensare di trovare delle scorciatoie mi sembra un atteggiamento molto pericoloso". Lo afferma Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd del Senato.

18:22 Casini: "Cdm si occupi dei dati sul lavoro"

"Penso che il Consiglio dei ministri straordinario si convochi per esaminare i dati sulla disoccupazione di oggi, la cassa integrazione che aumenta in modo vertiginoso. Questi sono i problemi di cui si deve occupare il Consiglio dei ministri, non della presentazione delle liste di cui si occupano i partiti": così il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini.

18:19 Cicchitto: "In atto un tentativo serio"

"E' evidente che è in corso un serio tentativo, in un confronto positivo tra tutti i livelli istituzionali, per consentire un regolare svolgimento delle elezioni regionali, il che implica la presenza di tutte le forze in campo". Lo ha detto Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl.

18:18 Bonino: "Decreto interpretativo? Nuova formulazione giuridica"

"Non so cosa sia un decreto interpretativo, è una nuova formulazione giuridica. Però, lo vedremo". Lo ha detto la candidata alla presidenza della Regione Emma Bonino. Quanto all'appello fatto da lei Marco Pannella e Mario Staderini per un incontro urgente con il premier, Bonino ha aggiunto: "Sto qua e non ho avuto nessuna comunicazione".

18:12

Il Consiglio dei ministri è stato convocato per questa sera alle 19,30. Lo confermano fonti responsabili di Palazzo Chigi. Per quanto riguarda l'ordine del giorno, secondo quanto dichiarato da alcuni ministri che oggi si sono incontrati con il presidente del Consiglio Berlusconi, si parlerà di un provvedimento per trovare una soluzione al 'pasticcio' delle liste elettorali.

18:11 Bersani: "No ad accordi, lo dico anche in cinese"

"Non siamo disposti; devo dirlo anche in cinese?". Così Pier Luigi Bersani ribadisce la contrarietà del suo partito ad un accordo politico sulla vicenda delle liste elettorali per le Regionali. "Sono qui a Milano e dico che si debbono rispettare le decisioni degli organi istituzionali che devono valutare la situazione e a Formigoni e al centrodestra dico 'non buttatela in caciara'", conclude Bersani.

17:50 Donadi: "Berlusconi oltre la linea del Piave"

"Berlusconi ha confermato il cdm e sta per varcare la linea del Piave delle istituzioni democratiche" afferma il presidente dei deputati dell'Italia dei Valori Massimo Donadi.

17:23 Berlusconi conferma: "Stasera il cdm"

'Il cdm ci sarà. Il decreto? Vedremo". Così Berlusconi ha risposto ai giornalisti che, durante una breve passeggiata in centro a Roma, gli chiedevano se in serata si terrà la riunione sulle liste

17:17 Penati: "Non faremo ricorsi"

Anche se il Tar riammettesse la lista Formigoni "noi non faremo alcun ricorso". Così il candidato Pd alla presidenza della Regione, Filippo Penati.

17:08 Cdm stasera alle 19.30

Il consiglio dei Ministri si terrà questa sera alle 19.30". Lo ha detto il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl Ignazio La Russa

16:41 Confermato cdm alle 18

Il consiglio dei ministri è stato convocato per le 18. All'ordine del giorno ci dovrebbe essere il decreto interpretativo in merito alla presentazione delle liste per le regionali.

16:31 Ancora in forse il cdm di oggi

Nulla è deciso ancora sulla convocazione del consiglio dei ministri di questa sera. E' in corso a Palazzo Grazioli un vertice con il premier Silvio Berlusconi.

15:37 Bersani: "Il pasticcio è colpa del centrodestra"

Il centrodestra "non si azzardi a parlare di complotti e a scaricare il problema" e abbia "l'umiltà di riconoscere che questo pasticcio non gli deriva da incuria ma da loro divisioni". Così Bersani e ribadisce la necessità del rispetto delle regole: "C'è una parola in questo paese che bisogna affermare e ripristinare: si chiama regole". Ed ancora: "Se vogliono governare bene, altrimenti si riposino e vadano a casa perchè chi governa risponde per Paese e non per le regole di una lista".

15:24 De Magistris: "Berlusconi novello Pinochet"

"L'Italia è ormai una versione aggiornata del Cile anni '70, dove Berlusconi e' il novello Pinochet" dice l'eurodeputato dell'Idv Luigi de Magistris

15:12 Maroni, Matteoli, Calderoli, La Russa e Verdini a palazzo Grazioli

I ministri dell'Interno, Roberto Maroni, delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, della Difesa Ignazio la Russa e il coordinatore del Pdl Denis Verdini sono arrivati poco dopo le 15 a palazzo Grazioli, residenza romana di Silvio Berlusconi. A palazzo era arrivato, pochi minuti prima, anche il coordinatore delle segreterie della Lega Nord Roberto Calderoli.

15:10 Anche l'ora legale nel weekend elettorale

Dopo il caos liste, si rischia anche il 'caos orario'. Le elezioni regionali, infatti, si terranno domenica 28 e lunedì 29 marzo ed è proprio il weekend in cui tornerà l'ora legale: alle 2 di notte del 28 bisognerà, infatti, mettere le lancette avanti di un'ora. Per gli elettori una cosa in più da ricordare. L'ora solare tornerà il 31 ottobre.

15:02 Ferrero: "Napolitano non si presti ad operazione"

"Spero che il presidente della Repubblica, in continuità con ciò che ha affermato, non si presti a nessuna operazione di cambio delle norme quando la partita è in corso. Lo sanno anche i bambini che sono dei lestofanti quelli che cambiano le regole quando la partita è in corso". E' quanto auspica Paolo Ferrero, candidato alla presidenza della Regione Campania e portavoce della Federazione della Sinistra.

15:00 Palamara: "Su caos liste inutile lamentarsi delle toghe"

Sul caos delle liste elettorali per le regionali "credo che il Parlamento debba assumersi le sue responsabilità: se prevede degli sbarramenti, delle garanzie per poter accedere a una competizione elettorale, non ci si può poi lamentare del ruolo, del controllo svolto dalla magistratura". E' quanto ha evidenziato il presidente dell'Anm Luca Palamara durante il programma tv KlausCondicio, condotto da Klaus Davi.

14:57 Errani: "Non si cambiano le regole in corsa"

"Non si cambiano le regole in corsa, non sono d'accordo a provvedimenti che cambiano le regole a giochi aperti". Il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, candidato per la riconferma per il centrosinistra, ha commentato così l'ipotesi di un decreto da parte del Governo che possa riammettere le liste escluse.

14:56 Bondi: "Soluzione tenendo conto dei rilievi del Quirinale"

"Il governo sta cercando una soluzione che probabilmente verrà presa nel Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio tenendo conto dei rilievi del presidente della Repubblica, perché è evidente a tutti che se viene a mancare la competizione tra le maggiori forze politiche il risultato elettorale sarebbe falsato e noi diremmo le stesse cose se ad essere escluso fosse stato il Partito democratico". Lo ha detto, al Tg1, il ministro della Cultura e coordinatore del Pdl Sandro Bondi.

14:48 Berselli: "Non so cosa accadrà"

"Siamo ad uno stallo, non riesco a prevedere cosa accadra". Così il senatore Filippo Berselli (An-Pdl), presidente della commissione Giustizia del Senato. "Per la Lombardia il ricorso al Tar ed eventualmente al consiglio di Stato verrà sicuramente accolto - ha spiegato - Rimane il problema del Lazio, dove è stato impedito con la forza ai nostri rappresentanti di entrare per depositare le liste. E' un problema grave, che da cui emergono anche reati. Quindi non so cosa succederà".

14:48 Agnoletto: "Mobilitazione se Cdm cambia legge"

Il candidato alla presidenza della Regione Lombardia per la Federazione della Sinistra, Vittorio Agnoletto, chiama a raccolta "tutti i democratici di Milano e della Lombardia" per una "mobilitazione immediata davanti alle Prefetture, nel caso il Consiglio dei ministri assuma qualunque iniziativa legislativa, decreto o disegno di legge, per modificare la legislazione elettorale". Secondo Agnoletto, infatti, "la modifica delle regole per la competizione elettorale già iniziata rappresenterebbe un vero e proprio golpe inammissibile in qualunque Paese democratico".

14:28 Di Pietro: "Decreto incostituzionale"

"Ma quale decreto interpretativo. Il decreto che vogliono proporre è palesemente incostituzionale in quanto c'è già una legge che regola le elezioni ed è in corso d'opera un procedimento per l'interpretazione da parte dei giudici ai quali non si può sottrarre la competenza". Lo afferma Antonio Di Pietro, presidente dell'Italia dei valori.

13:59 Berlusconi vede Calderoli

Incontro tra Berlusconi e il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli.

13:47 Fini: "Candidature sopra ogni sospetto"

Esiste il bisogno di "candidature al di sopra di ogni sospetto"dice Gianfranco Fini

13:34 Milano, pm archiviare inchiesta firme false

La procura di Milano ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta sulle firme false per le liste per le regionali aperta in seguito a un esposto dei radicali.

13:28 Calderoli: "Senza segretezza il voto è nullo"

Secondo il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, se si dovesse andare al voto senza la presenza delle liste del Pdl in Lombardia e nel Lazio si violerebbe il comma secondo dell'art. 48 della Costituzione, che tutela tra l'altro la "segretezza del voto e si aprirebbe la strada a un annullamento delle elezioni regionali".

13:20 Donandi (Idv): "Decreto incostituzionale"

Un decreto interpretativo per il caos liste alle regionali sarebbe incostuzionale ed eversivo. Lo dice Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera.

12:58 Tar Lombardia, domani camera di consiglio

Il presidente della quarta sezione del Tar della Lombardia ha fissato per domani mattina alle 9.30 la camera di consiglio per discutere se concedere o meno la sospensiva del provvedimento di esclusione della lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni dalle prossime elezioni regionali.

12:44 Polverini: "Cambio look"

Ho cambiato look, da oggi sarò più aggressiva" ironizza la candidata di centrodestra alla presidenza della regione Lazio, Renata Polverini

12:41 Tar, la difesa del Pdl

Non colpa dell'imperizia dei presentatori di lista ma dell'impossibilità di consegnare la documentazione perchè è stato vietato l'ingresso nell'ufficio elettorale: questo il contenuto del ricorso al Tar presentato dalla Pdl contro l'esclusione della lista di Roma alle elezioni regionali.

12:26 Polverini: "Questa campagna sta prendendo una brutta piega"

'Questa campagna elettorale sta prendendo una brutta piega. Finora me ne hanno fatte tante, da oggi ho intenzione di rispondere. E' quanto detto la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini.

12:23 Bersani: "Pdl arrogante"

"E' inaccettabile che il centrodestra usi parole arroganti con chiamate di correo e gridi al complotto" dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani

12:11 Craxi: "Il Pdl sta morendo"

"La situazione così non regge. Il Pdl sembra un marchio in franchising dove si entra e si esce senza chieder permesso, con la ovvia conseguenza che il partito sta morendosice il sottosegretario agli esteri Stefania Craxi

12:02 La Russa: "Tar? Aspetta e spera.."

'Aspetta e spera che poi s'avvera...". Il ministro della Difesa Ignazio La Russa scherza con i cronisti a Montecitorio e accenna un 'motivetto nostalgico' per spiegare perchè il governo preferisce non attendere le decisioni del Tar.

12:01 Tar lazio, lunedì il ricorso del Pdl

Sarà discusso lunedì mattina al Tar del Lazio il ricorso presentato dal Pdl sulla mancata della lista del partito per la circoscrizione della Provincia di Roma alle regionali di fine marzo.

12:00 Perugia, la procura apre un fascicolo

La procura di Perugia ha aperto un fascicolo a carico di ignoti in seguito alla denuncia presentata dal Pdl dopo la mancata presentazione della lista provinciale di Roma.

11:43 Bersani: "No al rinvio e no alle scorciatoie"

I vari organi competenti decideranno sulle liste in tempi molto brevi dunque "consiglierei di non pensare a strane scorciatoie". L'auspicio è del leader del Pd, Pierluigi Bersani, oggi a Lecco per incontrare i cittadini."L'unica cosa sensata - ha aggiunto - è aspettare le decisioni degli organi competenti, che come sappiamo decidono a giorni".

11:35 La Russa: "Cdm oggi alle 18"

Il consiglio dei ministri che dovrebbe"è confermato per le 18 di oggi pomeriggio" dice il ministro della Difesa Ignazio che spiega come potrebbe essere presa in esame l'ipotesi di un decreto interpretativo per superare il cosiddetto 'caos liste'.

11:34 Di Pietro: "E' un golpe"

Un golpe: così il leader dell'idv antonio di pietro definisce l'ipotesi di una legge o di un decreto per sanare il caso delle liste del centrodestra escluse dalle elezioni regionali. In una intervista all'Unità, Di Pietro lancia l'allarme: "Hanno chiamato la milizia a palazzo grazioli e deciso di rendere lecito quello che fino a ieri era illegale. Ma di fronte ad un golpe bisogna chiamare alla resistenza e noi ci stiamo attrezzando nelle piazze e nel paese".

11:22 Bondi: "L'opposizione ascolti Cacciari"

Sandro Bondi, il ministro per i Beni Culturali e coordinatore del Pdl, lancia un messaggio all'opposizione: "ascolti un uomo onesto e intelligente come il professor Massimo Cacciari, quando sostiene che non ci vogliono grandi analisi politiche per capire che se viene a mancare la competizione tra l'area intorno al Pd e quella intorno al Pdl il risultato sarebbe falsato".

11:20 Polverini: "Presentato ricorso Pdl"

Per la lista del Pdl, esclusa per ora dalla competizione elettorale nella regione Lazio, "è stato presentato questa mattina il ricorso al Tar". Lo ha detto Renata Polverini

11:20 Pezzotta: "Pdl estremista"

''Radicali ed estremiste''. Il candidato dell'Udc alle regionali in Lombardia, Savino Pezzotta, stigmatizza cosi' le dichiarazioni degli esponenti del Pdl lombardi sul caso liste.

11:17 Lombardia, depositati ricorsi di Formigoni

Sono stati depositati stamane in cancelleria al Tar di Milano i ricorsi della 'Lista per la Lombardia' e di Roberto Formigoni contro l'esclusione del listino guidato dal Governatore dalle prossime elezioni. Dopo le 13 verrà resa nota la data in cui si svolgerà la camera di consiglio

11:16 Bocchino: "Inimmaginabile voto senza Pdl"

"Inimmaginabile andare al voto senza Formigoni candidato e senza la lista del Pdl a Roma". Così il vice presidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino

 

 

 

 

Caos liste, nell'incontro al Quirinale con Berlusconi il capo dello Stato invita ad attendere l'esito dei ricorsi

Messo a punto un nuovo decreto di tre commi per rendere legale la presentazione se si è fisicamente negli uffici

Napolitano: "Firmo solo con ampio consenso"

Oggi pronta sanatoria per chi era in tribunale

di CARMELO LOPAPA

Napolitano: "Firmo solo con ampio consenso" Oggi pronta sanatoria per chi era in tribunale

Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano

ROMA - "Mancano le condizioni politiche per ricorrere ad un decreto". I progetti del premier Berlusconi si infrangono contro la riluttanza del Quirinale. Torna a Palazzo Chigi in serata scuro in volto, il capo del governo, pronto a studiare altre piste, deciso a tutto: "Inaccettabili certe impuntature. Ma io non mi arrendo".

Al Colle, Berlusconi si presenta alle 21, deciso a giocare la sua ultima carta, quella del provvedimento d'emergenza. Lo affiancano Letta e i ministri Maroni, Calderoli, La Russa. Al presidente della Repubblica Napolitano e ai suoi consiglieri, Berlusconi espone l'ipotesi studiata: un decreto per spostare in avanti i termini previsti dalla legge per la presentazione delle liste. Preferisce lasciare in tasca la seconda bozza, quella di un rinvio secco del voto all'11 aprile, se non a maggio. Il Quirinale manifesta subito la contrarietà a una soluzione che modificherebbe comunque le regole alla vigilia del voto. Tanto più quando si è in attesa dei pronunciamenti del Tar sui due casi, a Roma e a Milano. La tensione, racconta chi ha partecipato, è palpabile. Il ministro Maroni e il sottosegretario Letta si spendono parecchio per una mediazione. Ricordano il precedente del '95, quando il capo dello Stato Scalfaro firmò il decreto dell'allora premier Dini che spostava di due giorni la scadenza dei termini per la presentazione delle liste.

Ma da Napolitano giunge solo l'invito, tanto pacato quanto irremovibile, ad attendere con serenità i responsi della giustizia amministrativa. Il Cavaliere non si dà per vinto, fa appello alla necessità che si trovi una "soluzione politica" e questo può avvenire solo in un quadro di "collaborazione istituzionale". Ma condizione fondamentale perché si potesse far ricorso a un provvedimento di quel genere, fa presente il capo dello Stato, era il "consenso politico", proprio quello che non è stato trovato. Solo a quel punto Berlusconi comprende che dal Quirinale non arriverà alcuna via d'uscita, alcun via libera a un decreto. Nel gelo generale si consumano i saluti e via a Palazzo Chigi.

 

Il premier congela ma non annulla il Consiglio dei ministri informale che nel pomeriggio aveva convocato per le 22, di ritorno dal Colle. Una mossa la sua, annunciata al termine dell'ufficio di presidenza del Pdl, destinata ad esercitare pressing ai più alti livelli istituzionali. E questo, nonostante a Berlusconi fosse già abbastanza chiaro come sulla "leggina" - messa a punto in mattinata coi fedelissimi alleati del Carroccio, Bossi, Maroni e Calderoli - non vi fosse alcun margine di intesa. Un sondaggio molto informale coi leader dell'opposizione lo avrebbe compiuto nell'arco della giornata anche il presidente della Camera Fini, disposto ad accettare il decreto solo nel caso in cui tutti fossero d'accordo, a cominciare dal capo dello Stato. Ma è bastato poco per comprendere come da Pd e Udc non sarebbe arrivato alcun sostegno al decreto. La riammissione da parte della Corte d'Appello del listino della candidata Pdl del Lazio, Renata Polverini, nel tardo pomeriggio, aveva poi finito col complicare i piani berlusconiani: la conferma che per le vie ordinarie forse tutto potrebbe ancora tornare al suo posto.

Il presidente del Consiglio annulla nel giro di poche ore tanto la sua presenza in piazza al fianco della Polverini quanto il summit coi deputati laziali del Pdl in un albergo romano. Fa sapere di voler "abbassare i toni", per adesso. Ma al ritorno dal Quirinale, quando al suo fianco c'è il solo coordinatore Denis Verdini, l'umore è nero e le intenzioni bellicose restano tutte in piedi, anche a costo di andare in rotta col Quirinale, per l'ennesima volta. Viene infatti confermata l'intenzione di tenere il consiglio dei ministri oggi pomeriggio, all'ordine del giorno quello stesso decreto osteggiato dal Colle e che solo un pronunciamento favorevole dei tribunali amministrativi, tra oggi e domani, può a questo punto evitare. Anche la Lega in un primo momento ostile al cambio delle regole in corsa, si è presto convertita sulla linea del Cavaliere. "In ballo stavolta c'è anche la vostra lista in Lombardia" ha ricordato Berlusconi a Bossi e Maroni. Ricevuti a Palazzo Grazioli, sua residenza privata, come poche ore dopo ha riunito lì lo stato maggiore del Pdl, ministri e capigruppo, accolti in tuta da ginnastica. "Non voglio guerre istituzionali, ma abbiamo subito soprusi, dobbiamo reagire. E certuni nel nostro partito farebbero bene a non criticare, occorre restare uniti". E il riferimento a Fini, per ministri e deputati pidiellini, è stato chiarissimo.

© Riproduzione riservata (05 marzo 2010)

 

 

 

 

 

Slitta a domani il Cdm previsto per la serata. Sul tavolo anche l'ipotesi del dl

La Corte d'appello accoglie il ricorso per il reinserimento del listino dell'ex sindacalista"

Regionali, Berlusconi pensa al decreto

Napolitano frena. Riammessa Polverini

Il premier a colloquio per oltre un'ora con il presidente Napolitano

Radicali: "Annullare le elezioni". Bersani: "Ddl, ipotesi senza fondamento"

Regionali, Berlusconi pensa al decreto Napolitano frena. Riammessa Polverini

ROMA - Attesa, tensione e ricerca di una via d'uscita nella vicenda dello stop alle liste del centrodestra in Lazio e Lombardia. Il Pdl lavora per una "soluzione politica", non nascondendo la voglia di ricorrere al decreto. Berlusconi sale al Quirinale per un colloquio di oltre un'ora con il capo dello Stato. Slitta a domani alle 18 il Consiglio dei ministri straordinario annunciato in un primo momento per le 22. Il premier a tarda sera si riunisce a Palazzo Chigi con Letta e sei ministri. Salta l'assemblea prevista in serata all'Hotel Excelsior di Roma che avrebbe visto la presenza del premier tra i responsabili regionali Pdl. Alla manifestazione nel centro della capitale indetta da Renata Polverini arrivano un migliaio di persone ma non Berlusconi e Fini. Poi la candidata ottiene una vittoria importante in serata: la Corte d'appello di Roma accoglie il suo ricorso e riammette il listino Polverini. A Milano, Formigoni è convinto che in Lombardia ci sia stata "una manovra ordita da soggetti ignoti al fine di danneggiare il centrodestra e impedirne la presentazione" alle Regionali.

Berlusconi da Napolitano. Il premier in serata vede Napolitano al Quirinale, un incontro durato più di un'ora, al quale Berlusconi si è presentato con i ministri Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Ignazio La Russa - quest'ultimo anche coordinatore del Pdl. Secondo quanto si apprende, Berlusconi avrebbe proposto al capo dello Stato un decreto legge che fisserebbe nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste. Una proposta accolta con freddezza dal capo dello Stato. Al termine dell'incontro, alle 21.45, il presidente del Consiglio è tornato a Palazzo Chigi dove si è riunito con Letta e i ministri Maroni, Calderoli, Scajola, Brunetta, La Russa, Matteoli, Alfano e il consigliere giuridico della Presidenza del consiglio Claudio Zucchelli. Spostato a domani alle 18 il Consiglio dei ministri straordinario previsto per la serata - sul tavolo, anche l'ipotesi del decreto legge. "La soluzione non ce l'abbiamo ancora, appare evidente, ma ci stiamo lavorando tutti" spiega Denis Verdini, coordinatore nazionale Pdl, lasciando Palazzo Chigi al termine della riunione. "Si tratta di trovare una soluzione a un problema che attiene alla vita democratica di un Paese - aggiunge - e non soltanto al centrodestra".

 

Bersani: "Non cambiare le regole". Resta da capire che cosa farà l'opposizione in questa partita con il governo. Il Quirinale gioca un ruolo decisivo. "Qualsiasi intervento d'urgenza in materia elettorale in corso d'opera sarebbe totalmente inaccettabile - taglia corto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - abbiamo cinque gradi di giudizio, lasciamoli lavorare. Non si permettano di fare minacce, perché se la sono cercata da soli". Qualche ora prima, Napolitano, prima di rientrare in Italia da Bruxelles, aveva avvertito: "Ancora non c'è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma, vedrò. Soluzione politica? Se qualcuno mi spiega cos'è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò".

Le bozze di decreto legge. Diverse le possibilità al vaglio del centrodestra. Con il passare del tempo, le bozze di decreto legge su cui starebbe lavorando il governo sarebbero diventate cinque: quattro di Palazzo Chigi ed una del ministero dell'Interno. Un testo punterebbe alla proroga in carica di due mesi dei presidenti delle Regioni e dei Consigli regionali, altri due sarebbero interpretazioni autentiche delle leggi elettorali regionali per il Lazio e per la Lombardia.

Il fronte ricorsi. Sul fronte ricorsi, il Pdl del Lazio presenterà domani mattina il reclamo contro l'esclusione della lista provinciale. La decisione riguardante la Polverini, in 4 pagine di provvedimento, è motivata dal fatto che sono stati superati gli "ostacoli formali" che martedì ne avevano provocato il blocco. Il presidente dell'Ufficio centrale elettorale, Fausto Severini, spiega che il ricorso è stato accolto "in quanto è stata integrata la 'procura' mancante": "Nelle operazioni di presentazione era prevista una 'procura' congiunta, ma una era risultata assente". Le motivazioni saranno pubblicate domani mattina.

Lombardia. Roberto Formigoni, la cui lista è stata esclusa dalla tornata elettorale, ha annunciato che verranno presentate denunce in merito a irregolarità che sarebbero state commesse dall'Ufficio centrale regionale che ha accolto il ricorso dei Radicali e contro chi avrebbe potuto manomettere le liste con le firme. Aggiungendo che anche la legata al candidato del centrosinistra, Filippo Penati, "non può essere ammessa".

"Improponibile il ricorso dei Radicali". Il governatore ricorda che l'Ufficio centrale regionale ha accolto le liste e il listino del centrodestra e "quindi, compiendo un'irregolarità, ha accolto il ricorso dei Radicali che era improponibile ai sensi della legge". Formigoni spiega che l'Ufficio centrale ha dato agli esponenti della lista Bonino-Pannella "la disponibilità delle nostre liste lasciandole nelle loro mani per 12 ore. Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti". E insiste: solo dopo il controllo fatto dai Radicali, l'Ufficio centrale ha riscontrato le irregolarità nelle liste. I rappresentanti del Pdl, continua, hanno passato al setaccio le liste degli altri partiti "alla presenza dei loro rappresentanti di lista". Tale controllo ha evidenziato che la lista "Penati presidente" ha un numero di firme valide inferiore alle 3.500 necessarie e quindi "non può essere ammessa alle Regionali".

Scontro Formigoni-Penati. "Abbiamo dimostrato alla Corte d'Appello la regolarità delle firme del mio listino - ribatte Penati - se Formigoni è di diversa opinione, faccia valere quello che ritiene un suo diritto nelle sedi opportune". E ricorda che il Pd non ha "alcuna responsabilità rispetto alla situazione. Voglio ricordare a tutti che io non ho fatto alcun ricorso, anzi, mi sono difeso da quello dei Radicali".

(04 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

2010-03-03

La Corte d'appello di Milano boccia il listino del governatore, nella capitale i giudici

respingono la richiesta del partito del premier. Partono i ricorsi al Tar

Formigoni per ora escluso dal voto

E a Roma anche il Pdl resta fuori

Formigoni per ora escluso dal voto E a Roma anche il Pdl resta fuori

Renata Polverini

ROMA - Maggioranza sempre più nel caos elettorale. La Corte d'appello di Roma ha bocciato il ricorso - il secondo - presentato dal Pdl dopo l'esclusione della propria lista di Roma e provincia, a causa di un ritardo nella presentazione. E da Milano arriva un'altra pessima notizia, per il centrodestra: la Corte d'appello del capoluogo lombardo non ha riammesso la lista per la Lombardia di Roberto Formigoni, respingendo il ricorso contro il precedente provvedimento di esclusione (dovuto all'irregolarità di alcune firme). Un doppio stop che hanno fatto scattare il ricorso al Tar per cercare di recuperare la situazione.

Le due bocciature. La più grave, da un punto di vista tecnico, è quella lombarda: al momento, senza il "suo" listino, il candidato del Pdl è escluso dalla competizione. Non può insomma essere votato. Analoga sorte per le liste a lui collegate. Ma i promotori hanno già annunciato un ulteriore ricorso, stavolta al Tar. Dal punto di vista politico, però, il caso Roma è altrettanto grave: l'esclusione del partito di maggioranza dalla capitale è una ferita difficile da sanare. Anche in questo caso, comunque, è stato annunciato il ricorso al Tar. 'Confidiamo nel Tar - dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa - Per quel poco che so di diritto amministrativo credo che il principio di conservazione prevalga su irregolarità meramente formali. Ma vi pare possibile che milioni di elettori possano essere privati del loro diritto perchè il bollo è quadrato invece che tondo?". mentre Formigoni chiede che "venga fatta una verifica firma su firma su tutte le liste".

La lista civica Polverini.

I giudici della Corte d'appello di Roma hanno riammesso invece il ricorso della lista civica regionale per il Lazio di Renata Polverini, esclusa ieri. Per un altro caso, quello del 'listino' respinto della candidata governatrice (a cui mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl) bisognerà invece attendere almeno domani: ma tra i promotori c'è grande ottimismo. "Pronunciamento atteso - dice la Polverini - aspettavamo solo la conferma. ma adesso siamo fiduciosi che al Tar le cose andranno diversamente". Questo l'iter previsto: ricorso entro domani e udienza martedì o giovedì della prossima settimana.

Milano, le ragioni dei giudici. Nel motivare la bocciatura del ricorso della lista 'Per la Lombardia' i giudici della Corte di Appello di Milano, ricordano che l'autenticazione delle sottoscrizioni delle firme "deve essere compiuta con le modalità" previste dalle normative specifiche. Queste formalità, non sarebbero state rispettate. "Queste modalità - è scritto ancora nella decisione di 5 pagine - costituiscono quindi il minimo essenziale per assicurare la certezza della provenienza della sottoscrizione dal soggetto che figura averla apposta e devono coesistere tutte". Per i giudici "la richiesta del legislatore di autenticazione delle firme dei sottoscrittori risponde all'imprescindibile necessità di verificare che la presentazione della lista corrisponda effettivamente alla volontà della quota di elettori in essa indicata".

Roma. le ragioni dei giudici. "Alle 12 non c'era nessuno della Pdl in sala e alle 12.30 tutto è stato chiuso". E' quanto rende noto la Corte d'Appello di Roma che ha respinto il ricorso del Pdl contro l'esclusione della lista Pdl Roma dalle elezioni regionali.

Piemonte. Sono cinque le liste provinciali escluse dalle prossime elezioni regionali dalla Corte d'appello di Torino e comunque sempre per l'insufficienza di firme raccolte. In tre casi, nelle province di Asti, Cuneo e Torino, a essere messa fuori corsa è stata la lista Fiamma Tricolore Destra Sociale. Nei due restanti, nelle province di Asti e Alessandria, invece, è toccato alla lista Lega Padana Piemont. Tutte le liste escluse sostengono il candidato presidente Renzo Rabellino. Resta invece in corsa la lista di Nadia Cota, sempre a sostegno di Rabellino, che inizialmente era stata esclusa. Dal simbolo, infatti, è stata cancellata la scritta "Pdl".

(03 marzo 2010)

 

 

Dopo i no della Corti d'appello di Roma e MIlano si alzano i toni

Bonaiuti: "Impensabile finisca così". Calderoli: "Risponderemo ai furbi"

Il centrodestra insorge: "Pronti a tutto"

Berlusconi riunisce i vertici del pdl

Secondo l'Agenzia Agi Napolitano avrebbe espresso irritazione: "Che pasticcio con le liste"

Il centrodestra insorge: "Pronti a tutto" Berlusconi riunisce i vertici del pdl

Roberto Formigoni

ROMA - Sale, altissima, la tensione. Le Corti d'appello bocciano i ricorsi del centrodestra in Lombardia e Lazio e il Pdl parte all'attacco. Sull'onda delle dichiarazioni di La Russa, che già in mattinata, prima dei pronunciamenti, aveva detto: "Attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto''. E, in serata, Renata Polverini rincara la dose, dando appuntamento ai suoi sostenitori domani alle 17 a piazza Farnese a Roma: "Vogliono la prova di forza della piazza e domani gliela daremo". E gira voce che Silvio Berlusconi in persona potrebbe essere in piazza. Stasera, intanto, il premier ha riunito i coordinatori del Pdl. A palazzo Grazioli sono arrivati Denis Verdini e Ignazio La Russa.

Intanto l'Agi parla di un presidente della Repubblica molto irritato. Secondo l'agenzia di stampa Napolitano avrebbe definito in privato "un gran pasticcio" quanto sta avvenendo a proposito della presentazione delle liste per le elezioni regionali. Sempre secondo l'Agi per il capo dello Stato il diritto a partecipare alle elezioni va garantito a tutti, ma questo all'interno delle regole il cui rispetto deve essere pieno. Così come è un diritto costituzionale anche quello, eventualmente, a manifestare. I magistrati fanno il loro lavoro, e per questo le sentenze vanno sempre lette tutte con rispetto.

L'opposizione contro il ministro. Stamattina aveva subito commentato Marco Pannella: "Vorrei ricordare, non al paleo-fascista La Russa ma a me stesso e ai cittadini italiani, che il Capo delle Forze Armate in Italia è il Presidente della Repubblica". Gli aveva fatto eco Ignazio Marino: "Minacce inquietanti ed eversive, trovo davvero gravi e inaccettabili parole e toni usati dal ministro". Toni analoghi da Savino Pezzotta, candidato governatore della Lombardia per l'Udc: "La Russa è un ministro della Repubblica quindi è meglio se cerca, per il momento, di trattenere i suoi appetiti eversivi". Infine Luigi De Magistris dell'Idv: "La Russa forse pensa di organizzare una nuova marcia su Roma? Se fosse così, ricordiamo a lui e a tutto l'esecutivo che l'Italia è ancora una democrazia".

 

La controreplica del ministro. "Mi viene da ridere - ha detto La Russa - nel leggere alcune dichiarazioni finto allarmistiche. Questa gente non ce l'ha fatta con le scorciatoie giudiziarie e gossippare e non gli resta che vincere correndo da soli. Ribadisco pertanto da coordinatore del Pdl che non lasceremo niente di intentato: sto parlando di ulteriori ricorsi in qualunque sede amministrativa o giudiziaria".

Dopo i ricorsi si alzano i toni. Arrivano i no delle Corti d'appello e dagli stati maggiori del Popolo della Libertà, ma anche della Lega, parte l'attacco. Inizia Paolo Bonaiuti: "Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?". Poi incalza Cicchitto: "Queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio. Mi auguro comunque che le liste sia della Lombardia sia del Lazio possano essere recuperate ad altro livello di giurisdizione. C'è sempre la fiducia che esista un giudice a Berlino". Quindi si muovono anche i lumbard: "Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi e poi decideremo perchè serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino". E anche La Russa torna a dire che "Non ci si rassegnerà", pur precisando che ogni iniziativa sarà "nei limiti della democrazia e della legalità".

(03 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

Lista Formigoni, ricorso respinto

il PdL resta senza candidato

Roberto Formigoni, Pdl, Radicali, Marco Cappato, Lista Bonino-Pannella, Massimo Corsaro, Pippo Civati, Carlo Monguzzi, Antonio Di Pietro, Giancarlo Giorgetti, Davide Boni, L'ufficio elettorale centrale ha respinto il ricorso presentato dal Pdl sulla candidatura di Roberto Formigoni alla presidenta della Lombardia. Da un riconteggio delle firme valide presentate a sostegno dalla Lista per la Lombardia per Roberto Formigoni, è emerso che il numero di partenza delle firme ritenute valide dall ufficio elettorale centrale è di 3.628 dalle quali sottrarre le 514 per le quali sono state riscontrate irregolarità nel timbro, o nella data, o nel luogo, o nella qualifica dell'autenticatore. Quindi le firme in definitiva valide, secondo l'ufficio, sono solo 3.115, numero insufficiente a presentare la lista. Il PdL annuncia il ricorso al Tribunale amministrativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-01

Roma, il Pdl denuncia i Radicali per violenza privata. Bonino contro-denuncia

Milano, il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare"

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici"

In Lombardia no alla lista Formigoni

Polverini presenta ricorso in Corte d'Appello

Ma si tenta anche la strada del Tar e del Consiglio di Stato

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici" In Lombardia no alla lista Formigon i

Renata Polverini

ROMA - Il Quirinale respinge al mittente gli appelli in extremis rivolti dai vertici del centrodestra e dalla candidata alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini, affinché il capo dello Stato in persona risolvesse il pasticcio provocato dal ritardo nella presentazione delle liste del Pdl al Tribunale di Roma con l'esclusione della lista Pdl per Roma e provincia dalle prossime Regionali. Oggi il Pdl ha presentato una denuncia-querela contro alcuni militanti dei Radicali per violenza privata e contro i componenti dell'Ufficio Centrale per abuso d'ufficio. I radicali, di contro, li hanno denunciati per calunnia. E in Lombardia la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni per non validità di 514 firme. Lo ha deciso la Corte di Appello di Milano, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. Insorge il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare".

Bossi: "Ma come si fa?...". ''Non riesco a vedere cosa possa fare il Presidente della Repubblica - commenta Umberto Bossi - se interviene rischia di sconfinare su competenze altrui. 'E' la destra che ha sbagliato, se avesse presentato una lista la Lega avrebbe preso un sacco di voti''. ''Sorpreso'' si dice inoltre il leader della Lega anche per l'esclusione della lista legata a Formigoni: ''Come si fa a sbagliare nella presentare le liste elettorali?''.

La denuncia e la contro-denuncia. E' stato presentato stamani all'Ufficio centrale presso la Corte d'Appello il ricorso del Pdl. "Entro domani - spiega il responsabile elettorale nazionale del Pdl Ignazio Abrignani - ci aspettiamo una risposta, hanno 48 ore per darcela. Spero che prevalga il buonsenso e che i cittadini romani possano esercitare un diritto sancito dalla Costituzione. Al ricorso è allegata una denuncia-querela che l'avvocato Grazia Volo ha presentato presso la Procura della Repubblica, nella quale si denunciano i militanti del partito Radicale - anche se non sono stati fatti nomi - e i componenti dell'ufficio centrale per abuso d'ufficio, "per avere impedito il legittimo esercizio del diritto politico di voto". Emma Bonino annuncia la decisione di "reagire con una denuncia per calunnia" nei confronti degli esponenti del Pdl: "Respingo con tutte le mie forze l'accusa, non è vero, ci sono prove fotografiche e testimonianze".

 

Il Quirinale. In un comunicato il Quirinale specifica: "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica". Ma, conclude il Colle, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge". Quanto ai ricorsi alle autorità competenti dal punto di vista amministrativo, esperti giuristi fanno sapere che la lista non è stata presentata e, quindi, non c'è margine per contestazioni e ripensamenti. L'unica strada sarebbe quella di dimostrare che il presentatore è stato minacciato. In questo caso scatterebbero anche denunce penali che potrebbero portare addirittura al rinvio del voto.

Lo scontro nel Pdl. Tramontata dunque l'ipotesi di un intervento "super-partes", nel Pdl si cerca di capire la natura esatta del pasticcio. Al centro della vicenda c'è Alfredo Milioni, presidente Pdl del XIX municipio della capitale: l'uomo che ha lasciato l'edificio del Tribunale forse per andare a mangiare un panino o, forse, per cancellare qualche nome dalle liste che stava per presentare su indicazioni, sostengono alcune fonti, venute dall'alto. Quanto alle notizie su presunte minacce, compaiono soprattutto nelle dichiarazioni dei leader Pdl ma pochi credono che un uomo esperto di presentazioni elettorali come Milioni si sia lasciato davvero intimidire.

GUARDA IL VIDEO DI MILIONI

Il "redde rationem". Nel Pdl da una parte ci si prepara al redde rationem interno, dall'altra si cercano soluzioni. L'idea, venuta in mente al sindaco Alemanno e alla stessa Polverini, di chiamare in causa il presidente Napolitano, era stata già bocciata dagli alleati dell'Udc. "Lasciamo in pace il capo dello Stato" ha detto ieri Casini e il segretario regionale dei centristi, Luciano Ciocchetti, aggiunge oggi: "Il presidente non può fare niente. Credo che l'unica partita sia al Tar e al Consiglio di Stato". Anche Di Pietro si fa sentire: "Almeno Napolitano la legge la faccia rispettare. Credo che non possa e non debba intervenire perché si renderebbe correo di una violazione della legge".

La maratona oratoria e l'appello di Alemanno. Mentre il ministro Gianfranco Rotondi tenta la strada dell'accordo bipartisan attraverso una leggina ad hoc, il Pdl si affida alla piazza. Oggi, in piazza San Lorenzo in Lucina, Renata Polverini ha organizzato una "maratona oratoria" aperta ai cittadini. E a tempo di record sono apparsi in molti quartieri della capitale manifesti Pdl e della lista Polverini che denunciano l'esclusione e si rivolgono agli elettori esortandoli a reagire: "Non vogliono farti votare, fatti sentire" recita uno slogan, mentre un altro dice "Vogliono cancellare la democrazia. Fatti sentire". Il sindaco Alemanno ha inviato una lettera a Napolitano manifestandogli la sua "profonda preoccupazione per la situazione".

Lombardia, esclusa lista Formigoni. La Corte d'Appello di Milano ha escluso dalle elezioni la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni per la non validità di 514 firme, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. La legge impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione. Replica il governatore: "Tutto è regolare, non ci sono problemi. E sono un candidato perfettament eregolare alla presidenza".

(01 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

Roma, il Pdl denuncia i Radicali per violenza privata. Bonino contro-denuncia

Milano, il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare"

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici"

In Lombardia no alla lista Formigoni

Polverini presenta ricorso in Corte d'Appello

Ma si tenta anche la strada del Tar e del Consiglio di Stato

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici" In Lombardia no alla lista Formigon i

Renata Polverini

ROMA - Il Quirinale respinge al mittente gli appelli in extremis rivolti dai vertici del centrodestra e dalla candidata alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini, affinché il capo dello Stato in persona risolvesse il pasticcio provocato dal ritardo nella presentazione delle liste del Pdl al Tribunale di Roma con l'esclusione della lista Pdl per Roma e provincia dalle prossime Regionali. Oggi il Pdl ha presentato una denuncia-querela contro alcuni militanti dei Radicali per violenza privata e contro i componenti dell'Ufficio Centrale per abuso d'ufficio. I radicali, di contro, li hanno denunciati per calunnia. E in Lombardia la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni per non validità di 514 firme. Lo ha deciso la Corte di Appello di Milano, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. Insorge il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare".

Bossi: "Ma come si fa?...". ''Non riesco a vedere cosa possa fare il Presidente della Repubblica - commenta Umberto Bossi - se interviene rischia di sconfinare su competenze altrui. 'E' la destra che ha sbagliato, se avesse presentato una lista la Lega avrebbe preso un sacco di voti''. ''Sorpreso'' si dice inoltre il leader della Lega anche per l'esclusione della lista legata a Formigoni: ''Come si fa a sbagliare nella presentare le liste elettorali?''.

La denuncia e la contro-denuncia. E' stato presentato stamani all'Ufficio centrale presso la Corte d'Appello il ricorso del Pdl. "Entro domani - spiega il responsabile elettorale nazionale del Pdl Ignazio Abrignani - ci aspettiamo una risposta, hanno 48 ore per darcela. Spero che prevalga il buonsenso e che i cittadini romani possano esercitare un diritto sancito dalla Costituzione. Al ricorso è allegata una denuncia-querela che l'avvocato Grazia Volo ha presentato presso la Procura della Repubblica, nella quale si denunciano i militanti del partito Radicale - anche se non sono stati fatti nomi - e i componenti dell'ufficio centrale per abuso d'ufficio, "per avere impedito il legittimo esercizio del diritto politico di voto". Emma Bonino annuncia la decisione di "reagire con una denuncia per calunnia" nei confronti degli esponenti del Pdl: "Respingo con tutte le mie forze l'accusa, non è vero, ci sono prove fotografiche e testimonianze".

 

Il Quirinale. In un comunicato il Quirinale specifica: "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica". Ma, conclude il Colle, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge". Quanto ai ricorsi alle autorità competenti dal punto di vista amministrativo, esperti giuristi fanno sapere che la lista non è stata presentata e, quindi, non c'è margine per contestazioni e ripensamenti. L'unica strada sarebbe quella di dimostrare che il presentatore è stato minacciato. In questo caso scatterebbero anche denunce penali che potrebbero portare addirittura al rinvio del voto.

Lo scontro nel Pdl. Tramontata dunque l'ipotesi di un intervento "super-partes", nel Pdl si cerca di capire la natura esatta del pasticcio. Al centro della vicenda c'è Alfredo Milioni, presidente Pdl del XIX municipio della capitale: l'uomo che ha lasciato l'edificio del Tribunale forse per andare a mangiare un panino o, forse, per cancellare qualche nome dalle liste che stava per presentare su indicazioni, sostengono alcune fonti, venute dall'alto. Quanto alle notizie su presunte minacce, compaiono soprattutto nelle dichiarazioni dei leader Pdl ma pochi credono che un uomo esperto di presentazioni elettorali come Milioni si sia lasciato davvero intimidire.

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Il "redde rationem". Nel Pdl da una parte ci si prepara al redde rationem interno, dall'altra si cercano soluzioni. L'idea, venuta in mente al sindaco Alemanno e alla stessa Polverini, di chiamare in causa il presidente Napolitano, era stata già bocciata dagli alleati dell'Udc. "Lasciamo in pace il capo dello Stato" ha detto ieri Casini e il segretario regionale dei centristi, Luciano Ciocchetti, aggiunge oggi: "Il presidente non può fare niente. Credo che l'unica partita sia al Tar e al Consiglio di Stato". Anche Di Pietro si fa sentire: "Almeno Napolitano la legge la faccia rispettare. Credo che non possa e non debba intervenire perché si renderebbe correo di una violazione della legge".

La maratona oratoria e l'appello di Alemanno. Mentre il ministro Gianfranco Rotondi tenta la strada dell'accordo bipartisan attraverso una leggina ad hoc, il Pdl si affida alla piazza. Oggi, in piazza San Lorenzo in Lucina, Renata Polverini ha organizzato una "maratona oratoria" aperta ai cittadini. E a tempo di record sono apparsi in molti quartieri della capitale manifesti Pdl e della lista Polverini che denunciano l'esclusione e si rivolgono agli elettori esortandoli a reagire: "Non vogliono farti votare, fatti sentire" recita uno slogan, mentre un altro dice "Vogliono cancellare la democrazia. Fatti sentire". Il sindaco Alemanno ha inviato una lettera a Napolitano manifestandogli la sua "profonda preoccupazione per la situazione".

Lombardia, esclusa lista Formigoni. La Corte d'Appello di Milano ha escluso dalle elezioni la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni per la non validità di 514 firme, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. La legge impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione. Replica il governatore: "Tutto è regolare, non ci sono problemi. E sono un candidato perfettament eregolare alla presidenza".

(01 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

Roma, il Pdl denuncia i Radicali per violenza privata. Bonino contro-denuncia

Milano, il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare"

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici"

In Lombardia no alla lista Formigoni

Polverini presenta ricorso in Corte d'Appello

Ma si tenta anche la strada del Tar e del Consiglio di Stato

Liste Lazio, Quirinale: "Decidono i giudici" In Lombardia no alla lista Formigon i

Renata Polverini

ROMA - Il Quirinale respinge al mittente gli appelli in extremis rivolti dai vertici del centrodestra e dalla candidata alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini, affinché il capo dello Stato in persona risolvesse il pasticcio provocato dal ritardo nella presentazione delle liste del Pdl al Tribunale di Roma con l'esclusione della lista Pdl per Roma e provincia dalle prossime Regionali. Oggi il Pdl ha presentato una denuncia-querela contro alcuni militanti dei Radicali per violenza privata e contro i componenti dell'Ufficio Centrale per abuso d'ufficio. I radicali, di contro, li hanno denunciati per calunnia. E in Lombardia la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni per non validità di 514 firme. Lo ha deciso la Corte di Appello di Milano, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. Insorge il governatore: "Sono un candidato perfettamente regolare".

Bossi: "Ma come si fa?...". ''Non riesco a vedere cosa possa fare il Presidente della Repubblica - commenta Umberto Bossi - se interviene rischia di sconfinare su competenze altrui. 'E' la destra che ha sbagliato, se avesse presentato una lista la Lega avrebbe preso un sacco di voti''. ''Sorpreso'' si dice inoltre il leader della Lega anche per l'esclusione della lista legata a Formigoni: ''Come si fa a sbagliare nella presentare le liste elettorali?''.

La denuncia e la contro-denuncia. E' stato presentato stamani all'Ufficio centrale presso la Corte d'Appello il ricorso del Pdl. "Entro domani - spiega il responsabile elettorale nazionale del Pdl Ignazio Abrignani - ci aspettiamo una risposta, hanno 48 ore per darcela. Spero che prevalga il buonsenso e che i cittadini romani possano esercitare un diritto sancito dalla Costituzione. Al ricorso è allegata una denuncia-querela che l'avvocato Grazia Volo ha presentato presso la Procura della Repubblica, nella quale si denunciano i militanti del partito Radicale - anche se non sono stati fatti nomi - e i componenti dell'ufficio centrale per abuso d'ufficio, "per avere impedito il legittimo esercizio del diritto politico di voto". Emma Bonino annuncia la decisione di "reagire con una denuncia per calunnia" nei confronti degli esponenti del Pdl: "Respingo con tutte le mie forze l'accusa, non è vero, ci sono prove fotografiche e testimonianze".

 

Il Quirinale. In un comunicato il Quirinale specifica: "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica". Ma, conclude il Colle, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge". Quanto ai ricorsi alle autorità competenti dal punto di vista amministrativo, esperti giuristi fanno sapere che la lista non è stata presentata e, quindi, non c'è margine per contestazioni e ripensamenti. L'unica strada sarebbe quella di dimostrare che il presentatore è stato minacciato. In questo caso scatterebbero anche denunce penali che potrebbero portare addirittura al rinvio del voto.

Lo scontro nel Pdl. Tramontata dunque l'ipotesi di un intervento "super-partes", nel Pdl si cerca di capire la natura esatta del pasticcio. Al centro della vicenda c'è Alfredo Milioni, presidente Pdl del XIX municipio della capitale: l'uomo che ha lasciato l'edificio del Tribunale forse per andare a mangiare un panino o, forse, per cancellare qualche nome dalle liste che stava per presentare su indicazioni, sostengono alcune fonti, venute dall'alto. Quanto alle notizie su presunte minacce, compaiono soprattutto nelle dichiarazioni dei leader Pdl ma pochi credono che un uomo esperto di presentazioni elettorali come Milioni si sia lasciato davvero intimidire.

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Il "redde rationem". Nel Pdl da una parte ci si prepara al redde rationem interno, dall'altra si cercano soluzioni. L'idea, venuta in mente al sindaco Alemanno e alla stessa Polverini, di chiamare in causa il presidente Napolitano, era stata già bocciata dagli alleati dell'Udc. "Lasciamo in pace il capo dello Stato" ha detto ieri Casini e il segretario regionale dei centristi, Luciano Ciocchetti, aggiunge oggi: "Il presidente non può fare niente. Credo che l'unica partita sia al Tar e al Consiglio di Stato". Anche Di Pietro si fa sentire: "Almeno Napolitano la legge la faccia rispettare. Credo che non possa e non debba intervenire perché si renderebbe correo di una violazione della legge".

La maratona oratoria e l'appello di Alemanno. Mentre il ministro Gianfranco Rotondi tenta la strada dell'accordo bipartisan attraverso una leggina ad hoc, il Pdl si affida alla piazza. Oggi, in piazza San Lorenzo in Lucina, Renata Polverini ha organizzato una "maratona oratoria" aperta ai cittadini. E a tempo di record sono apparsi in molti quartieri della capitale manifesti Pdl e della lista Polverini che denunciano l'esclusione e si rivolgono agli elettori esortandoli a reagire: "Non vogliono farti votare, fatti sentire" recita uno slogan, mentre un altro dice "Vogliono cancellare la democrazia. Fatti sentire". Il sindaco Alemanno ha inviato una lettera a Napolitano manifestandogli la sua "profonda preoccupazione per la situazione".

Lombardia, esclusa lista Formigoni. La Corte d'Appello di Milano ha escluso dalle elezioni la lista 'Per la Lombardia' di Roberto Formigoni per la non validità di 514 firme, accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. La legge impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione. Replica il governatore: "Tutto è regolare, non ci sono problemi. E sono un candidato perfettament eregolare alla presidenza".

(01 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

 

sondaggio elettorale

dal sito internet:
http://www.demos.it/a00399.php

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Il gelo del Quirinale: è impossibile per noi interveniresul rischio esclusione

Ifiniani: questo incidente rivela che il partito è ancora tutto da costruire

Lazio, pressing del Cavaliere sulle liste

poi scatta l'ira contro An: "Dilettanti"

di CARMELO LOPAPA

Lazio, pressing del Cavaliere sulle liste poi scatta l'ira contro An: "Dilettanti"

ROMA - "Che dilettanti". Il pasticcio della lista romana del Pdl lascia il premier Berlusconi basito ancor più che "sconcertato", come pure ha detto parlando da Arcore con la candidata Renata Polverini. Ce l'ha con l'entourage finiano della squadra, con gli uomini di Alemanno che guidano il Pdl nel Lazio (espressione del sindaco, il coordinatore Vincenzo Piso) e con chi ha gestito la partita delle liste. "Si credono professionisti della politica, ma sono solo dei dilettanti, avevo chiesto di migliorare la lista, non di boicottarla" sarebbe sbottato il Cavaliere nella giornata di relax, poi conclusa con la cena con intellettuali a Villa Gernetto.

Il fatto è che il presidente del Consiglio sa bene di non essere del tutto esente da responsabilità in questa faccenda che, nei suoi incubi, rischia di compromettere l'intero pallottoliere delle regionali. Raccontano che sabato mattina Berlusconi abbia indossato i panni del leader Pdl per prendere in mano la situazione nel Lazio, per nulla rassicurato dai numeri della Polverini, riscontrati nell'ultimo sondaggio della fidatissima Alessandra Ghisleri. Pochi i 2 punti di vantaggio assegnati da Euromedia Research (anche sull'ultimo Panorama) alla loro candidata rispetto alla Bonino (49 a 47). E se il berlusconiano Alfredo Milioni si è allontanato per poi rientrare nel tribunale di Roma a ridosso della dead line per le liste, è stato proprio per raccogliere le correzioni dell'ultimora, provenienti proprio dal premier. Di più, sembra che in quelle ore sia balenata nella mente di Berlusconi anche l'idea di guidare in prima persona la lista Pdl nel Lazio. Idea poi accantonata. Ma nel tira e molla concitato delle battute finali si è consumato il pastrocchio, con ritardo letale.

 

La situazione viene presa sul serio e ritenuta preoccupante. Da qui l'appello partito ieri all'indirizzo del Quirinale. Dalla Polverini, da Alemanno, ma anche dal forzista Cicchitto, quasi fosse l'ultima carta giocabile, comunque un tentativo per mettere alle strette il capo dello Stato. In realtà, al Colle l'appello è stato accolto per quello che è: una generica invocazione che tuttavia no trova appiglio in alcuna competenza del presidente della Repubblica. Nessun potere di intervento specifico in materia, hanno constatato al Quirinale. A meno che l'invito non si concretizzi in qualcosa di più circostanziato nelle prossime ore. Difficile immaginare in che modo e in che termini.

Ma quel che più preoccupa il premier Berlusconi, nell'immediato, è il "danno in termini di comunicazione" che tutto questo sta producendo. "Che figura facciamo, che immagine diamo del nuovo partito?". Un leit motiv che per la verità accomuna berlusconiani ed ex An del Pdl. Con i finiani in prima fila a sbuffare in anonimato: "Quanto accaduto è la dimostrazione che il partito è ancora tutto da costruire". Quel che è certo, è che tra gli stessi ex An l'incidente sta provocando uno sconquasso. Con tanto di rimpallo di responsabilità che, dietro le quinte, avrebbe portato a uno scontro tra il ministro Ignazio La Russa e Gianni Alemanno. "C'è stata una grande leggerezza, dovremo andare a fondo", lamenta il primo, con implicito riferimento al secondo. Il sindaco invece attribuisce lo scivolone a "forzature e rigorismi burocratici". Tutti comunque promettono ripulisti interno quando l'affare sarà risolto.

La partita non è chiusa, ma come uscire dal vicolo cieco? "La via di un decreto è impraticabile, in materia elettorale - ragiona il ministro Gianfranco Rotondi - una leggina correttiva bipartisan sarebbe ipotizzabile, forse". "Sì, ma poi tutti i partiti dovrebbero essere disposti e già è chiaro che in Parlamento non tira aria" chiude il vicecapogruppo Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli. Sì, gli ex An lanciano la no-stop in piazza da oggi, il ministro Giorgia Meloni in testa. ("Siamo disposti a mobilitare la nostra gente ogni giorno"). La verità è che le sorti del Pdl e della sua lista, almeno nel Lazio, passeranno per ironia della sorte dalle mani dei magistrati. In ultimo quelli del Tar. Loro l'ultima parola, forse mercoledì.

© Riproduzione riservata (01 marzo 2010)

 

 

Atlante politico.

Le due città

di Tangentopoli

di ILVO DIAMANTI

È forte l'impressione che Tangentopoli sia ancora qui, tanto rimbalza nei discorsi pubblici. Tangentopoli. Il sondaggio dell'Atlante politico di Demos, presentato oggi su La Repubblica, lo conferma e fornisce dati molto espliciti al proposito.

GUARDA LE TABELLE SUL SITO DI DEMOS

Oltre 7 italiani su 10 pensano, infatti, che la corruzione sia molto diffusa nella politica nazionale, oltre 1 su 2 anche in quella locale e negli appalti. Hanno l'impressione, cioè, che non sia cambiato nulla da un tempo. Infatti, la grande maggioranza dei cittadini ritiene che, rispetto agli anni di Tangentopoli, la corruzione sia egualmente (48%) oppure più (36%) diffusa. Più che di un ritorno, si dovrebbe, dunque, parlare di un fenomeno mai davvero scomparso.

Per questo, appare generalizzata la richiesta di confermare i sistemi di controllo e di garanzia nei confronti delle degenerazioni della vita politica, oggi messi in discussione dal governo e dalla maggioranza di centrodestra. Senza soluzione di continuità. Quasi 8 persone su 10 sono contrarie all'immunità per i parlamentari; 2 su 3 a iniziative di legge volte a sospendere i procedimenti nei confronti delle principali figure istituzionali, compreso (soprattutto) il Premier. Fra gli elettori di destra (e soprattutto del Pdl) la contrarietà è minore, ma resta elevata.

Tuttavia la percezione dominante è che, appunto, non molto sia cambiato, rispetto a un tempo. L'immunità parlamentare, ad esempio. Nessuno o quasi vuole che venga ripristinata. Ma la maggioranza dei cittadini non pare essersi accorta che è stata abolita - o comunque limitata.

 

C'è scarsa indulgenza, peraltro, nei confronti dei politici accusati oppure solamente inquisiti per questi fatti. Gran parte degli italiani (6 su 10) vorrebbe che si dimettessero. Allo stesso modo, la maggioranza degli intervistati considera le intercettazioni telefoniche utili, nonostante una quota significativa di persone (circa un terzo) valuti eccessivo l'uso che se ne fa. Tuttavia, solo una frazione minima le considera un abominio da abolire, come vorrebbe il Premier. Più delle violazioni alla privacy, cioè, gli italiani sembrano preoccupati di quelle alla legalità.

Rispetto al tempo di Tangentopoli, tuttavia, si colgono alcune significative differenze.

La prima riguarda i magistrati. I quali sono comunque guardati con fiducia da una quota di italiani molto ampia (oltre 4 su 10), peraltro in crescita negli ultimi anni. Ma vengono percepiti con ostilità da una parte altrettanto estesa di persone. I protagonisti della stagione di Tangentopoli oggi costituiscono un riferimento discriminante. Quasi una linea di frattura. Un po' meno della metà degli italiani li considera un baluardo nella lotta contro la corruzione e a sostegno della legalità. Mentre il 40% ne critica l'eccessiva politicizzazione. Una divisione di cui è chiara l'impronta politica. Il consenso verso i magistrati fra gli elettori del Pd e di Idv sale all'80%. Mentre circa 7 elettori del Pdl e 6 della Lega su 10 li considerano attori politici, alleati - anzi: la guida - dell'opposizione.

Quindici anni di polemiche frontali, lanciate dal premier e dal centrodestra, con cadenza continua - anche negli ultimi giorni - hanno lasciato il segno. Un marchio indelebile. Per questo oggi Tangentopoli non ha lo stesso significato, lo stesso impatto politico dei primi anni Novanta. Insomma: non è la Città corrotta da distruggere. Rappresenta, invece, un fenomeno deprecato e condannato senza riserva. Ma anche con un po' di fatalismo.

D'altronde, non tutta l'azione del governo e non tutto l'intervento pubblico sono valutati allo stesso modo. In particolare, l'ambito della Protezione civile e il suo titolare, Guido Bertolaso, nelle ultime settimane al centro di polemiche roventi e di inchieste giudiziarie critiche. Godono, comunque, di consensi elevatissimi. E trasversali. A destra come a sinistra. Le degenerazioni prodotte dalla gestione di grandi risorse in condizione di deroga ai controlli e alle procedure non hanno mutato, fin qui, l'atteggiamento degli italiani. L'Abruzzo, ad oggi, conta molto più de La Maddalena.

Infine, sotto il profilo dell'orientamento politico, non si vedono grandi rimbalzi. L'opposizione non ha beneficiato di questo clima. Il Pd fatica a risalire la china, anche se appare al di sopra del risultato delle scorse europee. L'Idv, peraltro, non sembra avvantaggiarsi di questa ondata di inchieste. E Berlusconi e il Pdl, per quanto indeboliti rispetto a qualche mese fa, dopo l'aggressione di Milano, non mostrano segni di cedimento. Mentre la Lega conferma e consolida la crescita elettorale degli ultimi anni.

Da ciò la differenza rispetto alla stagione di Tangentopoli, la quale poté esplodere e produrre il crollo della classe politica di governo perché alimentata da un clima sociale di "rivolta". Perché rappresentata da attori istituzionali largamente popolari. I magistrati. E da soggetti politici e sociali - all'opposizione - dotati di grande consenso fra gli elettori. La Lega, il movimento referendario, la Rete. Infine, dai media, pronti ad amplificare ogni episodio e ogni responsabilità. Oggi, invece, gli indignati sono pochi. La rabbia non si traduce in ribellione e neppure in indignazione. L'opposizione è timida. I media molto meno sensibili e molto più divisi di un tempo, sull'argomento. Tuttavia, sarebbe sbagliato pensare che nulla possa cambiare. In fondo, più di metà degli italiani si dice preoccupata per la diffusione della corruzione negli appalti che riguardano la Protezione civile. E, al tempo stesso, non vorrebbe che allargasse troppo la sua azione, spostandola dalle emergenze ai grandi eventi.

Non è detto che, se gli scandali proseguissero e divenissero evidenti, la corrente d'opinione che esprime - e alimenta - la sfiducia nel sistema e nelle istituzioni non monti ancora. Allora, diverrebbe difficile per chi è alla guida - del sistema e delle istituzioni, ma anche del governo - non venirne investito.

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La Corte d'Appello ha respinto l'istanza. La mancata presentazione lascia la candidata senza un importante sostegno

Storace: "La magistratura usi il buon senso". Bonino: "La legge valga per tutti"

Regionali, Pdl senza lista in provincia di Roma

Polverini: "Napolitano garantisca gli elettori"

Rotondi: "Stufo di questa banda d'incapaci". Il centrodestra annuncia che presenterà ricorso

Zingaretti: "Stupefacente che ci si appelli al presidente della Repubblica per coprire un abuso"

Regionali, Pdl senza lista in provincia di Roma Polverini: "Napolitano garantisca gli elettori"

Emma Bonino

ROMA - E' stata respinta l'istanza presentata dal Pdl per l'accoglimento della lista provinciale di Roma dei candidati del centrodestra alle elezioni regionali del Lazio. "Per ora faremo un nuovo ricorso all'ufficio centrale regionale della Corte d'appello", ha annunciato Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl.

"Sono convinta che si tratti solo di un fatto burocratico. Non credo che al Pdl, il maggior partito del Lazio e di Roma, possa essere impedito l'accesso alla competizione elettorale. La burocrazia non uccida la democrazia. Lancio un appello al capo dello Stato: garantisca a tutti i cittadini, anche quelli del Pdl di esprimere il proprio voto", ha detto Renata Polverini candidata alla presidenza della regione Lazio nella conferenza stampa convocata al comitato elettorale di via Imbriani dopo l'esclusione della lista Pdl per ritardo dalla competizione elettorale. E anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, si appella al capo dello Stato e ai magistrati "che devono decidere sugli esiti di questa vicenda, affinché venga garantito il diritto dei romani a esprimersi democraticamente".

Intanto è scontro sulla mancata presentazione della lista. Mentre nel Popolo della Libertà si oscilla tra le accuse di incapacità (Rotondi) a chi ha organizzato la presentazione e la difesa di Storace: "Sarebbe un golpe", il centrosinistra chiede garanzie che non si usano pesi e misure diverse per salvare la lista Pdl. Il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti invita a non coinvolgere il Quirinale: "Renata Polverini è candidata e con molte liste a suo sostegno. Quindi il confronto democratico è pienamente libero e rispettato. Trovo, invece, stupefacente che ci si appelli al presidente della Repubblica e ai magistrati non per difendere un diritto, ma per cercare di coprire un abuso", dice Zingaretti. "Se un povero cristo compie degli atti in ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge - prosegue l'esponente del Pd- ne paga tutte le conseguenze. Non si capisce perché lo stesso non debba valere per chi, colpevolmente, presenta in ritardo una lista elettorale".

 

"Non vorrei che dopo le leggi ad personam, assistessimo a provvedimenti ad 'listam'. Una innovazione degna di qualche altro regime" dice Emma Bonino "Noi - rimarca la candidata del centrosinistra - non ci lamentiamo, ma nessuno abbia memoria corta. Questa lista semplicemente non c'è. Si parla di verbale aperto o chiuso. No, non c'è proprio. Questo è un punto di legalità da tenere ben fermo. Io credo che la legge debba valere per tutti".

Dalle diverse ricostruzioni dei fatti emerge che, comunque, alle 12 di ieri (scadenza legale della presentazione), le liste del Pdl non c'erano ancora. Francesco Storace, leader della destra, si appella al buon senso dei giudici: "La magistratura usi buonsenso. L'esclusione del Pdl dalle Regionali avrebbe il sapore di un colpo di Stato. La sinistra, comunque, non si illuda: nel Lazio non molla nessuno".

Ma anche nel centrodestra piovono critiche sull'organizzazione deficitaria del partito. Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del Programma è inferocito: "L'onorevole De Luca da solo in Piemonte ha presentato in tre giorni una lista della Dc per Cota letteralmente pensata e realizzata in una settimana. I maestri del PdL hanno fatto perdere la Polverini a tavolino. Io ne ho piene le tasche di fare il parente povero in questa banda di incapaci. Nemmeno la campagna elettorale mi induce a misericordia".

E il centrosinistra insiste: "Per molto meno in passato altre liste sono state escluse dalla competizione elettorale. Non si capisce pertanto su quali basi sia stato impostato il ricorso del Pdl, che, se accolto, capovolgerebbe all'istante, ed in modo davvero clamoroso, tutta la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato". E' quanto afferma l'avvocato Alessandro Gerardi, membro della leadership radicale. "La normativa sulla presentazione delle liste - spiega il legale - è chiarissima e prescrive che la lista regionale dei candidati e i relativi allegati debbono essere presentati prima delle ore 12 e che di questo atto, di natura istantanea, si dia conto nel verbale di ricevuta; in altre parole il solo ingresso dei delegati presentatori, seppur tempestivo, nella cancelleria della corte di appello è elemento di per sè irrilevante se non accompagnato dalla materiale ed altrettanto tempestiva consegna della documentazione, completa e perfettamente in ordine, al cancelliere".

Invece, ricorda Gerardi: "I rappresentanti del Pdl non hanno fatto nulla di tutto questo, trattenendosi all'esterno degli edifici della corte d'appello ben oltre lo scadere del termine perentorio per la presentazione della lista in quanto, come riferito da numerosi testimoni, non disponevano di tutti i documenti necessari; tanto è vero che al loro rientro non gli è stato consegnato il verbale di ricevuta da parte del cancelliere, al quale non è mai stata consegnata la documentazione".

(28 febbraio 2010)

 

 

 

 

Ex psi, autista Atac ora presidente di municipio: chi è Milioni, l'esponente pdl arrivato in ritardo

Tra le ipotesi: si sarebbe allontanato per cancellare il nome di un candidato e sostituirlo

Lazio, l'autore del pasticcio ha fatto il bis

per vendetta nel 2006 sparì con le firme

di LAURA MARI E GIOVANNA VITALI

Lazio, l'autore del pasticcio ha fatto il bis per vendetta nel 2006 sparì con le firme

ROMA - Lo descrivono tutti come un tipo sui generis, spesso sgarbato e piuttosto arrogante. Uno che, pur di non tornare a fare l'autista dell'Atac, il suo vero lavoro, era pronto "a vendersi l'anima al diavolo". È questo l'identikit di Alfredo Milioni, il cinquantenne presidente del XIX municipio di Roma che, da socialista, ha scalato tutti i gradini della politica ricoprendo l'incarico di responsabile elettorale prima in Forza Italia e ora nel Pdl. È lui il delegato che sabato mattina ha ritardato la consegna della lista, provocandone l'esclusione.

Non è la prima volta che Milioni - ormai soprannominato "il recidivo" - finisce al centro di un giallo legato alla sparizione di documentazione elettorale. Raccontano che già nel 2006, alla vigilia del deposito delle firme per le comunali, Milioni sparì per una notte intera con tutto il faldone relativo. Una ritorsione: lui voleva essere candidato alla presidenza del suo municipio, ma l'allora Forza Italia gli preferì Ettore Rubino, un ex democristiano legato al senatore Cesare Cursi. Appresa la notizia, ci rimase malissimo, e pensò di vendicarsi. Staccò il telefono di casa e il cellulare, nessuno sapeva che fine avesse fatto. I militanti azzurri furono costretti a restare in giro fino all'alba per raccogliere nuove firme. Poi, non si sa bene se per un sussulto di coscienza o per gli anatemi dei suoi compagni, il mattino dopo ricomparve e tutto tornò a posto.

Come non è accaduto l'altro ieri. Quando - si sussurra nei corridoi del Pdl - lui si era allontanato dall'ufficio elettorale non già "per mangiare qualcosa" portando via con sé l'accettazione delle candidature "per non farmela frega'", bensì perché voleva cassare in extremis uno dei candidati, Samuele Piccolo, per inserire last minute un nome più gradito.

 

"Non mi stupirebbe affatto", commenta il consigliere municipale del Pd Fabio Lazzara. Nel 2004, da assessore al Bilancio, fece inserire all'insaputa di tutti un allegato alla delibera con cui il consiglio del municipio XIX aveva bocciato, tra l'altro, l'edificazione del parco vincolato di Casal del Marmo: con quel documento surrettizio si sosteneva il contrario, dando via libera alla costruzione di 350mila metri cubi di villette. L'allora presidente, Marco Visconti, dovette mandare un'errata corrige al Campidoglio: "È stato un errore degli uffici".

È fatto così Milioni. Distaccato per anni nell'ufficio del deputato ed ex assessore forzista della giunta Storace Giorgio Simeoni (raggiunto nel 2006 da una richiesta di arresto per gli scandali nella sanità laziale), ha sempre goduto di coperture eccellenti. Di cui si vanta spesso. Rafforzando il suo senso di impunità. Da presidente del municipio si è lasciato spesso andare in escandescenze e insulti. Memorabile la scenata del settembre 2008 in consiglio: "Siete degli stronzi, andatevene aff...", urlò contro il Pd abbandonando l'aula. Per sfidarlo, volle passare dietro i banchi dell'opposizione, anziché della maggioranza. Il consigliere Lazzara però non si mosse. E lui tentò di montargli sopra.

© Riproduzione riservata (01 marzo 2010)

 

Atlante politico. Il sondaggio Demos&Pi per Repubblica, mostra un quadro politico

poco movimentato. Ma quanto conterà sul voto l'elemento della nuova Tangentopoli?

Pdl tra politiche ed Europee

Sale il Pd, Lega oltre il 10%

Il partito di maggioranza al 36,8%: un po' meno nel 2008, un po' meglio del 2009

Andamento simile per i democratici. L'Idv al 7,4, l'Udc al 6,8%. Sinistra sempre in crisidi FABIO BORDIGNON e ROBERTO BIORCIO

Pdl tra politiche ed Europee Sale il Pd, Lega oltre il 10%

A quasi due anni dal voto del 2008, gli equilibri politico-elettorali, in Italia, appaiono per molti versi cristallizzati. Governo e premier si mantengono su livelli di apprezzamento piuttosto elevati, sebbene in flessione. Gli effetti negativi dei ripetuti scandali vengono arginati con un campagna mediatica permanente, che da una parte delegittima la magistratura e i giornali non allineati e dall'altra valorizza la fiducia ottenuta attraverso la gestione di situazioni emergenziali (dai rifiuti al terremoto), lasciando nell'ombra le conseguenze della crisi economica sulla vita dei cittadini.

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Sul piano elettorale, l'area di centrodestra continua a navigare poco sotto la soglia della maggioranza assoluta. Per ora, la Lega (10.1%) sembra poter confermare i risultati ottenuti alle consultazioni europee di un anno fa, puntando a spostare ulteriormente verso sé il baricentro della maggioranza di governo (soprattutto in alcune regioni del Nord dove nell'ultimo anno appare possibile il sorpasso sul Pdl). Il partito di Berlusconi (36.8%) si riavvicina lentamente ai valori del 2008, confermando la solidità complessiva del blocco di centro-destra in vista delle imminenti consultazioni regionali. Competizione nella quale, nonostante l'interpretazione "nazionale" suggerita dal premier, conteranno molto i fattori locali e i candidati governatori, assieme alle diverse geometrie di coalizione.

Le turbolenze delle ultime settimane, dunque, se da un lato accrescono l'insoddisfazione dei cittadini e alimentano l'antipolitica, dall'altro lato non sono riuscite nel breve periodo a modificare le preferenze elettorali. Semmai, aumentano il livello di incertezza, piuttosto estesa nelle risposte degli elettori. Ma le diverse anime dell'opposizione non sembrano trarne vantaggio, anche perché in alcuni casi le inchieste della magistratura hanno coinvolto esponenti del centro-sinistra. Il Pd risale di qualche punto rispetto al voto di un anno fa (28%), contenendo la progressione del principale alleato, l'Italia dei valori di Di Pietro (7.4%), poco sotto i risultati del 2009. Il partito di Bersani è ancora lontano dal 33% ottenuto alle politiche del 2008: la fuoriuscita dei radicali e la scissione della componente rutelliana hanno sottratto al Pd quasi il 3% dei consensi. Le formazioni della sinistra radicale raccolgono, assieme, poco meno del 5% e appaiono in flessione rispetto a un anno fa. Complessivamente, neppure la riproposizione del vecchio perimetro ulivista che si è realizzata in molte liste regionali sembra in grado di pareggiare, in questa fase, il "peso" del centrodestra. A livello nazionale, solo un allargamento della coalizione verso il centro, con una alleanza "da Ferrero a Casini", potrebbe oggi competere con il blocco berlusconiano. A meno di nuovi scossoni all'interno della maggioranza di governo.

© Riproduzione riservata (01 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

2010-02-28

La Corte d'Appello ha respinto l'istanza. La mancata presentazione lascia la candidata senza un importante sostegno

Storace: "La magistratura usi il buon senso". Bonino: "Guai a provvedimenti ad listam"

Regionali, Pdl senza lista in provincia di Roma

Polverini: "Napolitano garantisca gli elettori"

Rotondi: "Stufo di questa banda d'incapaci". Il centrodestra annuncia che presenterà ricorso

Zingaretti: "Stupefacente che ci si appelli al presidente della Repubblica per coprire un abuso"

Regionali, Pdl senza lista in provincia di Roma Polverini: "Napolitano garantisca gli elettori"

Emma Bonino

ROMA - E' stata respinta l'istanza presentata dal Pdl per l'accoglimento della lista provinciale di Roma dei candidati del centrodestra alle elezioni regionali del Lazio. "Per ora faremo un nuovo ricorso all'ufficio centrale regionale della Corte d'appello", ha annunciato Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl.

"Sono convinta che si tratti solo di un fatto burocratico. Non credo che al Pdl, il maggior partito del Lazio e di Roma, possa essere impedito l'accesso alla competizione elettorale. La burocrazia non uccida la democrazia. Lancio un appello al capo dello Stato: garantisca a tutti i cittadini, anche quelli del Pdl di esprimere il proprio voto", ha detto Renata Polverini candidata alla presidenza della regione Lazio nella conferenza stampa convocata al comitato elettorale di via Imbriani dopo l'esclusione della lista Pdl per ritardo dalla competizione elettorale. E anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, si appella al capo dello Stato e ai magistrati "che devono decidere sugli esiti di questa vicenda, affinché venga garantito il diritto dei romani a esprimersi democraticamente".

Intanto è scontro sulla mancata presentazione della lista. Mentre nel Popolo della Libertà si oscilla tra le accuse di incapacità (Rotondi) a chi ha organizzato la presentazione e la difesa di Storace: "Sarebbe un golpe", il centrosinistra chiede garanzie che non si usano pesi e misure diverse per salvare la lista Pdl. Il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti invita a non coinvolgere il Quirinale: "Renata Polverini è candidata e con molte liste a suo sostegno. Quindi il confronto democratico è pienamente libero e rispettato. Trovo, invece, stupefacente che ci si appelli al presidente della Repubblica e ai magistrati non per difendere un diritto, ma per cercare di coprire un abuso", dice Zingaretti. "Se un povero cristo compie degli atti in ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge - prosegue l'esponente del Pd- ne paga tutte le conseguenze. Non si capisce perché lo stesso non debba valere per chi, colpevolmente, presenta in ritardo una lista elettorale".

 

"Non vorrei che dopo le leggi ad personam, assistessimo a provvedimenti ad 'listam'. Una innovazione degna di qualche altro regime" dice Emma Bonino "Noi - rimarca la candidata del centrosinistra - non ci lamentiamo, ma nessuno abbia memoria corta. Questa lista semplicemente non c'è. Si parla di verbale aperto o chiuso. No, non c'è proprio. Questo è un punto di legalità da tenere ben fermo".

Dalle diverse ricostruzioni dei fatti emerge che, comunque, alle 12 di ieri (scadenza legale della presentazione), le liste del Pdl non c'erano ancora. Francesco Storace, leader della destra, si appella al buon senso dei giudici: "La magistratura usi buonsenso. L'esclusione del Pdl dalle Regionali avrebbe il sapore di un colpo di Stato. La sinistra, comunque, non si illuda: nel Lazio non molla nessuno".

Ma anche nel centrodestra piovono critiche sull'organizzazione deficitaria del partito. Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del Programma è inferocito: "L'onorevole De Luca da solo in Piemonte ha presentato in tre giorni una lista della Dc per Cota letteralmente pensata e realizzata in una settimana. I maestri del PdL hanno fatto perdere la Polverini a tavolino. Io ne ho piene le tasche di fare il parente povero in questa banda di incapaci. Nemmeno la campagna elettorale mi induce a misericordia".

E il centrosinistra insiste: "Per molto meno in passato altre liste sono state escluse dalla competizione elettorale. Non si capisce pertanto su quali basi sia stato impostato il ricorso del Pdl, che, se accolto, capovolgerebbe all'istante, ed in modo davvero clamoroso, tutta la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato". E' quanto afferma l'avvocato Alessandro Gerardi, membro della leadership radicale. "La normativa sulla presentazione delle liste - spiega il legale - è chiarissima e prescrive che la lista regionale dei candidati e i relativi allegati debbono essere presentati prima delle ore 12 e che di questo atto, di natura istantanea, si dia conto nel verbale di ricevuta; in altre parole il solo ingresso dei delegati presentatori, seppur tempestivo, nella cancelleria della corte di appello è elemento di per sè irrilevante se non accompagnato dalla materiale ed altrettanto tempestiva consegna della documentazione, completa e perfettamente in ordine, al cancelliere".

Invece, ricorda Gerardi: "I rappresentanti del Pdl non hanno fatto nulla di tutto questo, trattenendosi all'esterno degli edifici della corte d'appello ben oltre lo scadere del termine perentorio per la presentazione della lista in quanto, come riferito da numerosi testimoni, non disponevano di tutti i documenti necessari; tanto è vero che al loro rientro non gli è stato consegnato il verbale di ricevuta da parte del cancelliere, al quale non è mai stata consegnata la documentazione".

(28 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

 

2010-02-27

Il presidente della Camera interviene alla cena di finanziamento di Farefuturo

"Abbiamo contribuito a dibattito su integrazione e cittadinanza"

Fini: "Non siamo in stato di polizia

destra con bava alla bocca non piace"

Fini: "Non siamo in stato di polizia destra con bava alla bocca non piace"

Gianfranco Fini con Renata Polverini e la compagna Elisabetta Tulliani

ROMA - Torna a lanciare stoccate agli alleati del centrodestra il presidente della Camera Gianfranco Fini. E lo fa nella cittadella del pensiero politico degli ex di An, la sua fondazione Farefuturo che ieri ha celebrato la sua cena di finanziamento. "Non credo che siamo in uno stato di polizia, se lo fossimo non ci sarebbe questo livello di evasione fiscale che ritengo il peggior male del Paese", ha detto Fini che aggiunge: "Credo che un centrodestra perennemente con la bava alla bocca non credo sarebbe stato sempre gradito, soprattutto in una città come Roma". La terza carica dello stato ha sottolineato il contributo dato dalla sua fondazione "al dibattito sulla integrazione e cittadinanza" e "di avere il merito di aver alimentato il dibattito".

(26 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Politica

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2010-03-28

Cambiamo insieme. Bersani: "Il Paese è stanco Saremo noi a ridare fiducia agli italiani"

di Concita De Gregoriotutti gli articoli dell'autore

Non è presto né tardi, il tempo è ora.

Nel giorno di vigilia Pier Luigi Bersani torna a parlare del "cantiere", quello che descrisse al congresso: il luogo dove si costruisce l'alternativa di governo. Elenca il lavoro fatto, quello che resta da fare. Non nasconde le difficoltà, parla con fiducia degli alleati, indica i punti di crisi del Pdl e quelli che il centrosinistra deve superare. Siamo a buon punto - ripete più volte - è a portata di mano un successo elettorale che consentirà al centrosinistra di imporre finalmente tre questioni concrete al centro del dibattito politico: un piano anticrisi, uno per la scuola pubblica, una politica di sostegno ai redditi più bassi. Il tempo è ora, dice: il momento di cambiare rotta è adesso.

Il vento sta davvero cambiando, Bersani?

"Sì, il nostro mondo si è rianimato, sento che i nostri argomenti hanno di nuovo presa. Il Paese è stanco dell'eterna vicenda berlusconiana. La crisi è un problema permanente e noi lo abbiamo visto dal principio. Serve una politica che dia risposte ai tormenti della vita quotidiana delle persone. Al congresso si diceva: è tardi per partire. Invece in questo breve tempo abbiamo mostrato di essere il perno per la ricostruzione del centrosinistra. Abbiamo lavorato in modo più amichevole con le forze alla nostra sinistra, coi radicali e con Di Pietro. Abbiamo alimentato la fiducia in uno schieramento che si ricompone. È questo che serve: ridare fiducia agli italiani che l'hanno smarrita".

Sfiducia nella politica, in generale, anche a sinistra.

"Gli strati popolari hanno maturato un elemento di distacco. Noi dobbiamo riprendere contatto con la nostra gente. Non la faccio facilissima. Gli italiani sono molto stanchi. Il berlusconismo ha segnato a tutti i livelli un'attenuazione dello spirito civico, ha toccato in profondità le corde vitali del paese: la tensione etica, politica. C'è bisogno di una riscossa civica ma alle spalle deve esserci una riscossa politica".

Il leghismo dilaga nelle classi popolari.

"È vero, la Lega ha penetrato il nostro elettorato, i ceti popolari. È un partito nato lanciando il tema dell'anticentralismo con un'organizzazione di tipo leninista. Poi, col tempo, è diventato un movimento solo difensivo: in economia, nelle politiche sociali. Ha cavalcato la xenofobia alimentando le paure. Con la Lega, oggi, non bisogna avere spocchia ma neanche titubanza. Bisogna confrontarsi all'altezza degli occhi, dir loro fate i federalisti nel week end e nei giorni feriali sostenete il miliardario con più passione di Cicchitto. Sul palco di San Giovanni a recitare il giuramento dell'imperatore… L'immigrazione è un fenomeno dei tempi moderni, contiene certo anche elementi di disordine. Ma la Lega è stata al governo 7 anni su 9: i ministri li paghiamo perché risolvano i problemi, non perché ci campino eccitandoli. Dunque qual è la proposta? Noi diciamo che dobbiamo stare in questo tempo, non c’è davvero alternativa, e che l'integrazione è un valore fondante della nostra cultura. Non è buonismo. È una necessità storica che si realizza concretamente nelle città, nei paesi attraverso una rete di servizi: bisogna governarla".

Gli stranieri tolgono lavoro dove già ce n'è poco, è questo il tormentone.

"Nei momenti di crisi si sviluppa l'impressione della concorrenza tra ultimi. I dati dicono però che la maggior parte degli immigrati svolge lavori che la nostra gente ha via via abbandonato, come avviene in tutte le società. Quel che non è un’impressione, invece, è la competizione nel sommerso. Ma allora bisogna lavorare lì, far emergere il nero. Bisogna dare una spinta all'economia".

Come, di fronte a una crisi così grave?

"Rafforzando gli investimenti pubblici, con rapidità. Un grande piano di piccole opere fatte dai comuni sarebbe una benedizione. Si deve investire nel settore energetico, nel ferroviario, nelle telecomunicazioni. Dare un colpo d'urto settore per settore, compreso quello agricolo. Rimettere in moto la macchina con un cantiere di riforme industriali".

Non teme che gli appalti pubblici possano essere nuova linfa per la corruzione che dilaga?

"Il verminaio che abbiamo sotto gli occhi è reso possibile dalla costante deroga alle leggi. O dalla violazione, ma allora parliamo di illegalità. Se stai nella norma è molto ma molto più difficile che la corruzione si alimenti. Bisogna che le regole siano essenziali, questo è vero: che non costiuiscano ostacolo allo sviluppo, e dunque se necessario bisogna semplificarle. Però non devono essere derogabili. Se no finisce che lavorano gli amici, e gli amici degli amici, come si vede".

E siamo al punto: la legalità.

"È un'emergenza. Siamo sotto la soglia minima, a cominciare dalla grande criminalità che come abbiamo visto dalle più recenti vicende ramifica ovunque. Da un governo devono venire indicazioni che alzino e non abbassino l'asticella della legalità. La magistratura deve essere in grado di svolgere il suo compito con tutti i mezzi necessari. Le intercettazioni si possono regolare ma assolutamente non eliminare come fonte di prova. Mi scandalizza l'inclinazione condonistica di questo governo. Semina sfiducia, disordine. Lo scudo fiscale ha cancellato irregolarità e reati. E' una ferita per la cultura, per l'etica del Paese".

La cultura. Parliamo di scuola.

"Dico solo che nonostante il mago Brunetta abbiamo aumentato di 12 miliardi la spesa per beni e servizi nella pubblica amministrazione. In compenso alla scuola pubblica sono stati tagliati 8 miliardi in 3 anni. Una riduzione di offerta formativa in termini quantitativi e qualitativi che è in controtendenza cosmica. Un disinteresse assoluto per il futuro di questo paese. È da qui che dobbiamo ripartire. Un buon risultato alle regionali ci consentirebbe di mettere subito in agenda tre punti: un serio piano anticrisi, risorse per la scuola, sostegno sociale alle fasce di reddito più deboli".

Cosa intende per "buon risultato"?

"Coi voti delle europee e le alleanze delle politiche avremmo vinto in 3 o 4 regioni. Coi voti delle europee e le nuove alleanze in 6. Io dico che possiamo vincere nella maggioranza delle regioni. Nel Lazio, in Piemonte siamo sul filo. C'è una grande spinta, è una partita da giocare. Del resto tutti assieme abbiamo a posto la coscienza".

Tutti assieme nel senso delle forze alleate? Non teme un successo elettorale di Di Pietro?

"Non temo il successo di chi sta da questa parte, no. Temo il successo dell’avversario, non dell’alleato. E anche: se voglio accorciare le distanze dagli alleati devo creare una psicologia di campo. Augurarmi che si cresca tutti, l’uno nel rispetto dell'altro. Rafforzare lo schieramento, riaprire il cantiere - penso anche a Sinistra e Libertà - senza annessioni. Certo non è vietato, naturalmente, che io mi auguri insieme un buon risultato del Pd. Considerando che il 7 regioni su 13 presentiamo anche liste civiche sono convinto che i risultati ci daranno ragione".

Suggestioni francesi?

"Da noi la tensione dello scontro è enormemente più alta che in Francia. Berlusconi ha radicalizzato il conflitto con le parole d'ordine che sono nel suo stile: il bene e il male, quella roba lì. La nostra è una destra abile a sollevare i problemi, non a risolverli".

Vendola ha detto, in piazza del Popolo: togliamo noi per primi le mele marce dal nostro cesto. Lo hanno molto applaudito.

"Dobbiamo occuparci anche di noi, certo. Due indicazioni. Primo: la magistratura fa il suo lavoro e non si mette becco. Secondo: non si può affidare il compito solo alla magistratura. Dobbiamo stringere i meccanismi di deontologia interni. Penso a una legge sui partiti nella quale la deontologia abbia il rilievo di un codice. Questo il criterio generale, poi c'è il nostro. Noi dobbiamo sempre essere un metro più in là perché la nostra gente, giustamente, ci perdona di meno".

Pietro Ingrao compie 95 anni. Dice oggi all'Unità della sua preoccupazione perché "tarda a crescere un soggetto collettivo antagonista". Tarda, Bersani?

"Con molti auguri a Ingrao, gli dico: voglio che il soggetto sia questo. La sinistra esiste in natura, se uno non la interpreta lo farà qualcun altro. Ecco, io non voglio che lo faccia qualcun altro".

27 marzo 2010

 

 

 

 

 

2010-03-27

Esplode lettera per la Lega: un ferito a Milano

Esplosione, che ha ferito un addetto alle poste, nell'ufficio postale di via Lugano nella zona nord di Milano questa mattina alle 5,45. Mentre l'addetto smistava le buste una di queste, a quanto sembra indirizzata alla Lega Nord di via Bellerio, ha provocato una fiammata. L'addetto ha riportato ferite non gravi al volto e alle mani: aveva notato la busta ma non avrebbe fatto in tempo a notare altri particolari prima dell'esplosione. Nell'ufficio postale sono intervenuti gli artificieri che stanno verificando pacchi e buste e la Digos che si occupa delle indagini.

La busta esplosiva, che ha ferito il dipendente in modo non grave, secondo indiscrezioni sarebbe stata rivendicata dallo stesso gruppo della galassia del Fai (Federazione anarchica informale) che ha colpito l'Università Bocconi il 15 dicembre scorso. Si tratta del gruppo che si sigla "Sorelle in armi", e che in quell'occasione aveva piazzato in un tunnel dell'ateneo un tubo esplosivo, detonato solo in parte e in un orario notturno, forse per errore.

Un'altra busta contenente minacce al premier, Silvio Berlusconi, e ad altri esponenti del Pdl è stata recapitata a Linate (Milano). Ne hanno dato notiziai i carabinieri precisando che la busta, di quelle imbottite, e che conteneva anche un proiettile, è stata scoperta ieri nel centro meccanizzato postale, i cui dipendenti hanno subito avvisato il 112. "Farai la fine del topo", c'era scritto sotto il nome del Presidente del Consiglio, che era anche il destinatario della lettera, indirizzata a Villa S.Martino, ad Arcore (Milano).

27 marzo 2010

 

 

 

 

Premier a "reti unificate". Pd: è come Kim II Sung

Il regolamento attuativo della par condicio ha bloccato i confronti tv, ma non impedisce le interviste. Ecco allora che Silvio Berlusconi irromperà a reti praticamente unificate nell'ultimo pomeriggio di campagna elettorale. Delle emittenti nazionali, solo il Tg3 e La7 non ospiteranno un'intervista del presidente del Consiglio.

La maratona radio-tv del premier partirà alle 15, con SkyTg24. In questo caso Berlusconi sarà ospite in studio, e dovrà affrontare le domande del direttore Emilio Carelli e del caporedattore del politico Massimo Leoni e altri due giornalisti. Sempre nel pomeriggio, intervista al GrRai. In serata, i Tg: Studio Aperto alle 18,30, il Tg2 forse già alle 18 e sicuramente alle 20,30, e alle 20 la doppietta Tg1-Tg5.

E per gli elettori che frequentano poco la tv ma navigano su Internet, c'è il videomessaggio sul sito del Pdl: "Fai la cosa giusta. Tra la cultura dell'amore e quella dell'invidia, tra la cultura di chi vuole il bene degli altri e quella dell'odio, scegli la libertà. Vota per il Popolo della libertà, vota per la tua stessa libertà", è l'ultimo appello di Berlusconi.

Una presenza così massiccia che spinge il segretario del Pd Pier Luigi Bersani a paragonare il premier al dittatore coreano Kim II Sung: "Guardando i telegiornali di stasera mi pare chiaro che ci stiamo avvicinando ad uno standard 'Kim II Sung'. In attesa che dalle autorità di vigilanza arrivino sanzioni meno facilmente onorabili da un miliardario c'è da augurarsi che gli elettori comincino a mettere loro qualche rimedio".

26 marzo 2010

 

 

 

Pdl Lazio: "gladiatori" ai seggi

Un 'esercito' di oltre 5.000 'gladiatori della libertà' che domenica e lunedì scenderanno in campo per difendere dall'annullamento i voti espressi per quei candidati del Pdl di Roma e provincia rimasti fuori dalla competizione elettorale del Lazio. E l'iniziativa presentata questa mattina dal Popolo delle Libertà nella sede del comitato elettorale della candidata del centro destra alla presidenza della Regione Lazio Renata Polverini.

"Metteremo in campo - spiega il segretario regionale del Pdl Vincenzo Piso - una squadra di 5.000 rappresentanti di lista particolarmente motivati anche in relazione all'esclusione della lista del Pdl di Roma e provincia dalla competizione elettorale. Il nostro intento è far prevalere in tutti i modi la volontà politica dell'elettore - prosegue -, così, ad esempio, se accade che accanto alla preferenza per Polverini viene scritto il nome di un candidato noto del Popolo delle Libertà, rimasto fuori per le note vicende, cercheremo di non farlo annullare". Dei 5.000 'gladiatori' 3.700 opereranno nei seggi della Capitale e avranno il compito di monitorare le operazioni di voto e lo spoglio delle schede.

"Questa è un'altra prova del nervosismo del centrodestra". Lo ha detto la candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino, nel corso di un incontro con i suoi sostenitori alla Galleria Sordi di Roma alla domanda di un cronista che le chiedeva un commento sull'iniziativa dei "gladiatori del voto" lanciata oggi dal Pdl. "Credo che la legge elettorale sia uguale per tutti e debba essere rispettata - ha aggiunto -. Ci saranno degli scrutatori e spero che non si inventino nottetempo un decreto interpretativo di non si sa bene cosa. Come si è fatto le altre volte bisogna fare adesso: non si possono cambiare le regole a seconda delle convenienze. Saranno legali e legittimi - ha concluso Bonino - come sempre i voti espressi, con o senza i gladiatori".

26 marzo 2010

 

 

 

Berlusconi: "Se perdiamo nessuna conseguenza su governo". Busta sospetta ad Arcore

"Ogni regione in più sarà un successo: la vera vittoria sarebbe avere alla fine la maggioranza dei cittadini amministrata da noi". Lo dice Silvio Berlusconi, intervistato da Skytg24."Non cambia nulla. Noi abbiamo un mandato di cinque anni", dice rispondendo a chi gli chiede cosa accadrebbe qualora l'esito del voto non fosse positivo per il Pdl. "Comunque se mi consente - aggiunge - io non sono abituato a fare riflessioni su ipotesi che non sono possibili".

Busta sospetta a Macherio Una busta contenente una polvere bianco-grigiastra è stata recapitata nella tarda mattinata nella villa di Arcore di proprietà di Silvio Berlusconi. In un primo momento era stato comunicato che la busta era arrivata nella villa di Macherio, dove vivono Veronica Lario e i figli del premier. Sono stati avvisati subito i carabinieri e i vigili del Fuoco che analizzeranno la polvere mentre i militari della Compagnia di Monza stanno conducendo le indagini per risalire ai mittenti. La missiva non conterrebbe nessuna rivendicazione. Sulla busta ora stanno procedendo, insieme con i carabinieri di Monza, gli esperti del nucleo batteriologico chimico radiologico (Nbcr) dei vigili del fuoco di Milano, intervenuti sul posto anche con un'autopompa. Il personale del Nucleo sta presumibilmente procedendo nell'"inertizzazione" della polvere, prima che questa venga trasportata in appositi laboratori medici dove dovrà essere analizzata.

L'ultimo allarme per delle buste contenenti polvere sospetta era scattato a Milano a fine gennaio scorso, quando una serie di

missive furono inviate nelle sedi di alcuni quotidiani. Allora le buste contenevano una rivendicazione a firma delle Tigri Tamil,

il braccio armato del movimento indipendentista del popolo Tamil in lotta in Sri Lanka.

Cavaliere contro Bersani e Casini "I miei dati sono di una pressione fiscale del 43,1% ereditata dallo scorso governo, oggi è del 42,7%: un minimo" di abbassamento delle tasse "c'è stato, compatibilmente con la crisi", aggiunge Berlusconi. "Non c'è stato nessun caos liste" elettorali per le regionali, "c'è stata violenza nei confronti nostri delegati, violazione della legge da parte di alcuni magistrati e una ingiustizia nei nostri confronti". "È allucinante che la sinistra abbia dimostrato totalmente la sua antidemocraticità battendosi affinchè noi restassimo fuori dalle liste".

Il sorpasso della Lega sul Pdl al Nord? "È una ipotesi che non esiste: da tutti i sondaggi questo sorpasso non c'è", dice poi Berlusconi. Pierluigi Bersani? "È un professionista che capovolge la realtà", attacca il premier. Tagliare la spesa pubblica? "Non è che uno arrivando al governo può diminuirla improvvisamente. Moltissime delle spese pubbliche sono dovute da governi precedenti". "Abbiamo ereditato - dice il presidente del Consiglio - il terzo debito pubblico del mondo. La sinistra ha moltiplicato il debito italiano". Il Cavaliere poi tiene a precisare un concetto: "Non ho mai approvato l'evasione delle tasse, in questo modo si commetterebbe una ingiustizia nei confronti di tutti i cittadini". Berlusconi ribadisce che nel programma di governo è prevista una riduzione delle tasse che sarà possibile grazie ai risparmi che arriveranno dalla digitalizzazione dell'amministrazione. Con questi fondi ci sarà nei prossimi mesi "la riduzione dell'Irap, una tassa rapina, per le imprese e il quoziente familiare", spiega il premier. Queste - chiarisce - sono "due direttrici che abbiamo in testa, ma si possono fare solo quando i conti del bilancio pubblico lo permettono. Vogliamo attuare - conclude Berlusconi - la nostra rivoluzione liberale, nel nostro dna c'è la riduzione della pressione fiscale".

Attacco a Marcegaglia Le critiche della Confindustria alla campagna elettorale? "La Marcegaglia ha un suo elettorato da accontentare", dice Berlusconi. "Dice sempre le stesse cose. Vuole ridurre l'Irap, anche io se fossi al suo posto direi le stesse cose".

"No, io non temo l'astensionismo. Ho molta fiducia nel buonsenso degli italiani che tra l'altro vedono tutti i guasti compiuti dalla sinistra". "In questi ultimi giorni Pier Ferdinando Casini si è illustrato molto malamente", guidato da "un comportamento schizofrenico", che lo ha portato ad allearsi a volte con la destra a volte con la sinistra. "Gli elettori si sapranno regolare" insomma non lo seguiranno.

La sinistra vuole "continuare con la pratica barbara e incivile delle intercettazioni su tutti" e per questo il centrodestra vuole varare "subito, credo nelle prossime settimane" una legge sulla materia. La sinistra, ha aggiunto Berlusconi, "vuole spalancare le frontiere in Italia, perché vogliono un'Italia multietnica per far entrare il numero maggiore possibile di extracomunitari per cambiare la bilancia tra la maggioranza dei moderati e la sinistra che finora a oggi è minoranza".

"Io vorrei andare in Aule a tutelare la mia difesa, ma i miei avvocati continuano a dissuadermi perchè dicono che mi troverei di fronte ad un plotone di esecuzione", aggiunge Berlusconi spiegando che anche questa mattina il tribunale di Milano "ha negato l'audizione dei testimoni della difesa". "Il palazzo di giustizia di Milano - continua il Cavaliere - ha rivolto a me aggressioni sul nulla. Nessuno dei fatti attribuiti è stato da me compiuto. Il partito dei giudici ha inventato un'accusa dietro l'altra".

Il Pdl "sarà protagonista della politica italiana per i prossimi decenni" quindi "non credo" che ci sarà bisogno di un nuovo predellino. Quanto ai contrasti con Fini e i finiani, il premier ha osservato: "Ho già detto che in un grande partito del 40% che punta al 50-51%, e che con orgoglio ho realizzato, le differenti sensibilità sono una ricchezza. Se non si trova l'unanimità si discute e la minoranza deve attenersi al voto della maggioranza". Berlusconi ha ricordato come nella Dc che era un grande partito c'erano anche le correnti. "Noi non abbiamo le correnti - ha spiegato - ma soltanto delle differenze".

"La Rai è diventata ormai una televisione commerciale, non può continuare così come ha fatto fino ad adesso se vuole che italiani paghino il canone", arringa il Cavaliere che definisce la trasmissione di Santoro da Bologna un "lugubre carro di Tespi", citando il drammaturgo greco che secondo Orazio girava l'Attica con un carro su cui montava un palco. Eppure la premessa era stata: "Non mi sono affatto scagliato contro questa manifestazione. Mi hanno chiesto un parere e ho detto 'non lo do perchè sarei stato troppo severò". Il presidente del Consiglio si è comunque detto convinto che "molti ascoltatori abbiano tratto indicazioni opposte a quelle volute dagli organizzatori di questo lugubre carro di Tespi". E con l'occasione ribadice il giudizio sui "processi in tv" a suo dire organizzati da Santoro: "Inaccettabili, incivili e barbari".

Il successore a candidato premier non sarà indicato da Silvio Berlusconi, ma scelto dal partito con un congresso o le primarie. Lo ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio in un'intervista a Skytg24. "Penso che assolutamente chi ci sarà candidato premier dopo di me - ha detto - sarà scelto con un tipo di elezione di questo tipo, primarie o altro. Di certo non sarò io a indicare chi mi succederà, non sono un monarca. Potrò anche a posteriori dire che avrei preferito qualcun'altro, ma sarà il partito, con un congresso, a fare una scelta".

Non sono d'accordo" sull'ipotesi di cambiare l'attuale legge elettorale, ha detto Berlusconi. "Si può cambiare per certi versi, per certi dettagli -ha aggiunto- ma questa legge ha dato un buon risultato, credo che si debba continuare in questa direzione".

Questa tornata elettorale "ha una valenza politica nazionale", ha concluso Berlusconi facendo un appello diretto agli elettori, guardando in telecamera, al termine dell'intervista a SkyTg24. "Vorrei fare un invito ai miei elettori - ha detto - e a tutti gli italiani che amano la libertà. Questo voto ha una valenza nazionale e se volete essere liberi non potete che scegliere il Pdl e vedrete che non vi deluderemo. Bisogna andare a votare e votare bene". "A Roma - ha concluso - dovete mettere solo una croce sul nome e sul simbolo di Renata Polverini".

26 marzo 2010

 

 

 

2010-03-25

Regionali, la stoccata di Marcegaglia: campagna violenta e di nessun interesse. Ancora tensione Berlusconi-Fini

"Una campagna elettorale violenta e su temi di nessun interesse per il Paese reale. Per parte nostra abbiamo denunciato da mesi questa situaizone". Lo ha sottolineato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, presentando alla giunta di viale dell'Astronomia il programma per il prossimo biennio. "Tengo a sottolineare che in questi due anni difficilissimi - ha affermato Marcegaglia, tracciando il bilancio del primo biennio della sua presidenza - grazie anche al senso di responsabilità delle imprese, il Paese ha tenuto la propria coesione sociale e noi abbiamo tenuto insieme il nostro sistema associativo, anzi siamo cresciuti con i tassi più alti degli ultimi 10 anni, soprattutto grazie all'azione delle nostre associazioni territoriali e di categorie che sono state capaci di stare vicino alle imprese".

A questo nostro comportamento, ha tuttavia osservato il leader degli industriali, "non ha certo corrisposto, soprattutto in questi ultimi mesi, un clima all'interno del mondo politico e istituzionale altrettanto responsabile". In particolare, Marcegaglia ha sottolineato "una distrazione dai temi veri della competitività della nostra economia e un conflitto perenne tra le istituzioni".

"Cambiamento, riforme, coraggio, capacità di guardare avanti" e "di elaborare una visione di insieme sul medio e lungo termine". Sono queste le "parole d'ordine" della leader di Confindustria "per costruire la fiducia nel futuro e per tornare a crescere". Sottolineando che "ora stiamo entrando in una fase diversa" e che "la caduta dell'economia si è probabilmente fermata", il numero uno di Viale dell'Astronomia ha rimarcato che "anche in Europa e in Italia c'è qualche piccolo segnale di miglioramento ma senza cambiamenti strutturali la crescita dei prossimi anni sarà molto bassa, senza creare nuova occupazione e con debiti pubblici che a causa della crisi sono cresciuti molto". Di qui "l'obiettivo", ha aggiunto, è quello di "essere sempre di più la voce forte e autorevole nel mobilitarsi e chiedere l'attuazione delle riforme necessarie alla crescita del Paese".

Ancora tensione Fini-Berlusconi."Et voilà: hanno scelto il capro espiatorio di una possibile sconfitta elettorale. Inutile girarci attorno: si chiama Gianfranco Fini. E questa volta Vittorio Feltri non c`entra nulla, anche se ha sparato in prima pagina il colpo preventivo". Il direttore della Fondazione Farefuturo, Filippo Rossi, sul periodico on line Ffwebmagazine, invita a guardare dietro l'editoriale del direttore del Giornale contro il Presidente della Camera. E ci legge la ricerca da parte del centrodestra di padri diversi dal leader per una possibile sconfitta elettorale. "Feltri - scrive Rossi - fa il lavoro suo: annusa l`aria, capisce l`andazzo e lo trasforma in notizia, megafono legittimo di una strategia ormai fin troppo chiara. Ha iniziato Umberto Bossi che a una domanda sulle "distanze" tra il presidente della Camera e il Carroccio sulle politiche dell'immigrazione, ha risposto: "Vedremo i risultati elettorali. Serviranno anche a far capire chi aveva ragione". Come se la linea del Pdl sull`immigrazione fosse quella di Fini. Colpa di Fini? Se lo raccontano. Lo racconteranno in caso di sconfitta. Batteranno la grancassa per nascondere debolezze culturali e passi falsi strategici". Si tratta, scrive ancora Rossi, di "boatos di sottofondo che ribaltano tutte le regole della politica. Da che mondo è mondo, infatti, se un partito perde le elezioni, la responsabilità non può che ricadere su chi lo guida, sulla classe dirigente, su chi ha dettato la linea. Non certo sulla minoranza che, detto per inciso, viene oltretutto sempre descritta come irrisoria e irrilevante".

"Si tratta di un voto politico, ma si vota per amministrare una regione: purtroppo nella politica italiana tutto è ricondotto a una sorta di voto di carattere generale", ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo a una iniziativa elettorale a fianco di Renata Polverini. "Mi auguro che l'impegno di tutte le candidate del Lazio sia compensato da una folta partecipazione elettorale", ha aggiunto il presidente della Camera. "Trovo particolarmente efficace il corsivo scritto oggi dal Secolo d'Italia" sul sito internet del quotidiano, rispondeFini a chi gli chiede delle critiche che gli sono state mosse, e cioè di "remare contro" il Pdl in vista delle regionali. "Siamo certi - è scritto sul sito del quotidiano - che Gianni Letta, che ieri ha pubblicamente più volte apprezzato le parole di Fini sulle riforme (e di questo lo ringraziamo), renderà note le ragioni per cui lo ha fatto. Siccome è difficile credere che anch`egli "non sa che domenica si vota e vuol far perdere le elezioni al Pdl", si scoprirà così che, al pari del Presidente della Camera, condivide la necessità di un approccio non meramente propagandistico al tema, specie per chi ricopre cariche istituzionali. E soprattutto si scoprirà che quanto ha detto ieri Fini non giustifica in alcun modo quanto scrive Il Giornale ("La campagna alla rovescia del presidente della Camera sconcerta gli elettori e danneggia il Pdl"). Del resto si sa che le ossessioni fanno vedere complotti e nemici ovunque, specie dove non ci sono. A meno che anche Letta non sia un congiurato che cospira contro Berlusconi…".

"Non ho avuto occasione di parlare con Fini. Ho fatto solo delle dichiarazioni rispondendo a delle interviste. Per quanto mi riguarda non c'è nessun contrasto, non ho mai detto una parola negativa a riguardo". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, a margine del vertice del Ppe rispondendo a chi gli chiede se abbia parlato con Fini del presidenzialismo. "Ho sempre affermato che in un partito del 40% è naturale che ci siano sensibilità diverse. Quello che è importante è che si discuta e che si arrivi a una decisione e che la minoranza accetti la decisione della maggioranza".

25 marzo 2010

 

 

 

Regionali, la stoccata di Marcegaglia: campagna violenta e di nessun interesse. Ancora tensione Berlusconi-Fini

"Una campagna elettorale violenta e su temi di nessun interesse per il Paese reale. Per parte nostra abbiamo denunciato da mesi questa situaizone". Lo ha sottolineato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, presentando alla giunta di viale dell'Astronomia il programma per il prossimo biennio. "Tengo a sottolineare che in questi due anni difficilissimi - ha affermato Marcegaglia, tracciando il bilancio del primo biennio della sua presidenza - grazie anche al senso di responsabilità delle imprese, il Paese ha tenuto la propria coesione sociale e noi abbiamo tenuto insieme il nostro sistema associativo, anzi siamo cresciuti con i tassi più alti degli ultimi 10 anni, soprattutto grazie all'azione delle nostre associazioni territoriali e di categorie che sono state capaci di stare vicino alle imprese".

A questo nostro comportamento, ha tuttavia osservato il leader degli industriali, "non ha certo corrisposto, soprattutto in questi ultimi mesi, un clima all'interno del mondo politico e istituzionale altrettanto responsabile". In particolare, Marcegaglia ha sottolineato "una distrazione dai temi veri della competitività della nostra economia e un conflitto perenne tra le istituzioni".

"Cambiamento, riforme, coraggio, capacità di guardare avanti" e "di elaborare una visione di insieme sul medio e lungo termine". Sono queste le "parole d'ordine" della leader di Confindustria "per costruire la fiducia nel futuro e per tornare a crescere". Sottolineando che "ora stiamo entrando in una fase diversa" e che "la caduta dell'economia si è probabilmente fermata", il numero uno di Viale dell'Astronomia ha rimarcato che "anche in Europa e in Italia c'è qualche piccolo segnale di miglioramento ma senza cambiamenti strutturali la crescita dei prossimi anni sarà molto bassa, senza creare nuova occupazione e con debiti pubblici che a causa della crisi sono cresciuti molto". Di qui "l'obiettivo", ha aggiunto, è quello di "essere sempre di più la voce forte e autorevole nel mobilitarsi e chiedere l'attuazione delle riforme necessarie alla crescita del Paese".

Ancora tensione Fini-Berlusconi."Et voilà: hanno scelto il capro espiatorio di una possibile sconfitta elettorale. Inutile girarci attorno: si chiama Gianfranco Fini. E questa volta Vittorio Feltri non c`entra nulla, anche se ha sparato in prima pagina il colpo preventivo". Il direttore della Fondazione Farefuturo, Filippo Rossi, sul periodico on line Ffwebmagazine, invita a guardare dietro l'editoriale del direttore del Giornale contro il Presidente della Camera. E ci legge la ricerca da parte del centrodestra di padri diversi dal leader per una possibile sconfitta elettorale. "Feltri - scrive Rossi - fa il lavoro suo: annusa l`aria, capisce l`andazzo e lo trasforma in notizia, megafono legittimo di una strategia ormai fin troppo chiara. Ha iniziato Umberto Bossi che a una domanda sulle "distanze" tra il presidente della Camera e il Carroccio sulle politiche dell'immigrazione, ha risposto: "Vedremo i risultati elettorali. Serviranno anche a far capire chi aveva ragione". Come se la linea del Pdl sull`immigrazione fosse quella di Fini. Colpa di Fini? Se lo raccontano. Lo racconteranno in caso di sconfitta. Batteranno la grancassa per nascondere debolezze culturali e passi falsi strategici". Si tratta, scrive ancora Rossi, di "boatos di sottofondo che ribaltano tutte le regole della politica. Da che mondo è mondo, infatti, se un partito perde le elezioni, la responsabilità non può che ricadere su chi lo guida, sulla classe dirigente, su chi ha dettato la linea. Non certo sulla minoranza che, detto per inciso, viene oltretutto sempre descritta come irrisoria e irrilevante".

"Si tratta di un voto politico, ma si vota per amministrare una regione: purtroppo nella politica italiana tutto è ricondotto a una sorta di voto di carattere generale", ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo a una iniziativa elettorale a fianco di Renata Polverini. "Mi auguro che l'impegno di tutte le candidate del Lazio sia compensato da una folta partecipazione elettorale", ha aggiunto il presidente della Camera. "Trovo particolarmente efficace il corsivo scritto oggi dal Secolo d'Italia" sul sito internet del quotidiano, rispondeFini a chi gli chiede delle critiche che gli sono state mosse, e cioè di "remare contro" il Pdl in vista delle regionali. "Siamo certi - è scritto sul sito del quotidiano - che Gianni Letta, che ieri ha pubblicamente più volte apprezzato le parole di Fini sulle riforme (e di questo lo ringraziamo), renderà note le ragioni per cui lo ha fatto. Siccome è difficile credere che anch`egli "non sa che domenica si vota e vuol far perdere le elezioni al Pdl", si scoprirà così che, al pari del Presidente della Camera, condivide la necessità di un approccio non meramente propagandistico al tema, specie per chi ricopre cariche istituzionali. E soprattutto si scoprirà che quanto ha detto ieri Fini non giustifica in alcun modo quanto scrive Il Giornale ("La campagna alla rovescia del presidente della Camera sconcerta gli elettori e danneggia il Pdl"). Del resto si sa che le ossessioni fanno vedere complotti e nemici ovunque, specie dove non ci sono. A meno che anche Letta non sia un congiurato che cospira contro Berlusconi…".

"Non ho avuto occasione di parlare con Fini. Ho fatto solo delle dichiarazioni rispondendo a delle interviste. Per quanto mi riguarda non c'è nessun contrasto, non ho mai detto una parola negativa a riguardo". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, a margine del vertice del Ppe rispondendo a chi gli chiede se abbia parlato con Fini del presidenzialismo. "Ho sempre affermato che in un partito del 40% è naturale che ci siano sensibilità diverse. Quello che è importante è che si discuta e che si arrivi a una decisione e che la minoranza accetti la decisione della maggioranza".

25 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-23

Berlusconi "invade" anche Unomattina. "Nel Pdl non sono un monarca, dopo il voto riforma giustizia"

"Non sono un monarca, ma esattamente il contrario, nel partito vige una democrazia assoluta". Lo dice il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, commentando le parole di Gianfranco Fini sul Pdl. "Qualcuno dice che si può migliorare - aggiunge il premier intervenendo a 'Uno Mattinà e rispondendo a Fini - certamente tutto si può migliorare, ma io sono soddisfatto degli organismi che ci siamo dati". Quanto alla successione al Cavaliere, è "offensivo" persino parlarne. "Trovo offensivo -spiega- parlare di futuro con un leader che è in piena forma e con un indice di apprezzamento al 62 per cento. Ma si rendono conto o no, questi signori, di che cosa vuol dire l'approvazione dal 62 per cento degli italiani?".

Nessuna possibilità di confronto e dialogo con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia", aggiunge Berlusconi, ribadendo il suo no a ogni possibilità di confronto tv con Bersani ma anche di dialogo sulle riforme: "Ho detto che sarebbe meglio farle con l'opposizione, ma se vorrà cambiare e dialogare seriamente. Cosa che finora non è accaduta". Per il premier sarà possibile un confronto "quando l'opposizione diventererà credibile e capiremo con chi parlare se con i riformisti o con gli agitatori di piazza". Al contrario, Berlusconi rivnedica di essere "sempre stato disponibile al dialogo, ma in cambio ho avuto insulti, minacce, ostruzionismo in Parlamento e il ricorso al partito delle procure". Insomma, per il premier "è l'opposizione che deve cambiare, se cambia ne riparleremo".

Per le riforme sul presidenzialismo "abbiamo tre anni di tempo. L'abbiamo presentata nei nostri programmi elettorali. Dobbiamo rivolgerci ai cittadini e sentire loro per capire se preferiscono l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio", si sbilancia il Cavaliere. E l'aria di sinistra che tira in Francia? "I socialisti francesi -ha detto il presidente del Consiglio- hanno da tempo abiurato il comunismo. Da noi c'è una sinistra vetero-comunista e i 'verdì fasulli. Con questa sinistra e gli ambientalisti fasulli abbiamo già dato: li abbiamo visti all'opera due volte, con Prodi, sbranarsi fra loro sulla nostra pelle. E allora diciamo no grazie, non siamo masochisti".

La replica di Bersani Un dialogo con il Governo è impossibile perchè Berlusconi "zittisce" la sua stessa maggioranza, come dimostrano le 28 fiducie e i 58 decreti da lui variati da inizio legislatura. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, durante la visita al mercato settimanale di Latina. "Berlusconi - ha detto Bersani rispondendo alle domande dei giornalisti sull'odierna intervista del premier - con 100 voti in più alla Camera ha messo, in 20 mesi, 28 volte la fiducia e ha fatto 58 decreti legge, zittendo sia l'opposizione che la sua stessa maggioranza. Questo è il suo modo di confrontarsi". "Berlusconi - ha insistito il segretario del Pd - non accetta il confronto elettorale, intende la politica come un comizio continuo ed il Governo come un decreto continuo. Questo è il suo modo di dialogare - ha concluso - quindi non faccia ad altri accuse che non stanno in piedi".

Ieri sera il premier, intervenuto ad una cena elettorale per Formigoni, ha definito la magistratura "la peggiore patologia". "Abbiamo - ha detto Berlusconi - un grave problema nella nostra democrazia. C'è una patologia che è la peggiore: è la magistratura con personaggi e correnti che fanno la guerra a chi non vogliono stia in maggioranza e al governo e per queste elezioni hanno fatto vincere il formalismo sul diritto legittimo dei cittadini a votare". Berlusconi ha quindi ricordato la vicenda relativa alla presentazione delle liste a Milano e a Roma. "In Lombardia - ha spiegato - la situazione è andata a posto mentre a Roma no". Ricordando quindi il momento in cui i rappresentanti delle liste del Pdl non sono riusciti a depositarle, ha affermato: "i magistrati, anche se vedessero il rappresentante del maggior partito italiano andare via dovrebbero rincorrerlo e dire: ma cosa state facendo? Volete togliere il diritto a milioni di persone di votare il loro partito?". Berlusconi ha anche ricordato quando nel 1994 gli arrivò una informazione di garanzia mentre era in corso il G8 a Napoli: "Tutto accadde con la complicità dell'allora presidente della Repubblica, Scalfaro. Chiamò Bossi e gli disse che Berlusconi era caduto nel burrone e che sarebbe caduto anche lui se non l'avesse lasciato".

La riforma della giustizia verrà presentata "subito dopo le elezioni", dice ancora il premier. "Non è una minaccia per nessuno" ma "un'urgenza per il Paese" perché "non è più tollerabile che il lavoro di tanti magistrati seri e perbene, che sono la stragrande maggioranza, sia screditato dalle iniziative temerarie di alcune procure al servizio di un disegno ideologico oppure da pubblici ministeri afflitti da velleità di protagonismo".

Una campagna elettorale "snaturata" perchè "il partito delle procure è intervenuto pesantemente in campo e ha dettato tutti i temi e tempi della campagna elettorale". Anche a UnoMattina, Silvio Berlusconi ribadisce il leit motiv della sua comunicazione per le prossime regionali. "Capisco la loro scelta di cavalcare le inchieste: una campagna sui contenuti sarebbe stata insostenibile per la sinistra", sostiene Berlusconi, perchè "nel confronto tra i nostri successi e i loro disastri sarebbero usciti distrutti. Con questi interventi della loro magistratura hanno impedito a noi di svolgere una campagna elettorale sui programmi e sui nostri successi". "Questa campagna elettorale si è snaturata perchè il partito delle procure è entrato in campo pesantemente e ha dettato temi e tempi della campagna elettorale". "Ha inventato un mese e mezzo fa una nuova tangentopoli - aggiunge il premier - poi hanno cercato di distruggere il miracolo che abbiamo fatto a L'Aquila dopo il terremoto, hanno gettato fango su Bertolaso e sulla Protezione Civile, poi sono intervenuti con il rigetto delle nostre liste e hanno dato colpa a nostri delegati e infine questa inchiesta (Rai-Agcom, ndr) risibile con le intercettazioni al presidente del Consiglio".

23 marzo 2010

 

 

 

 

Il Csm: premier sconcertante

"È sconcertante che in campagna elettorale venga aggredita quotidianamente un'istituzione dello Stato". Così il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, replica al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ieri aveva definito la magistratura "la peggiore patologia".

23 marzo 2010

 

 

 

 

La Cei: "Aborto influenzi il voto cattolico". Poi la correzione: contano anche i valori sociali

La Chiesa è contro l'aborto, ma non considera i valori sulla bioetica più importanti dei valori sociali: è la sostanza di quanto afferma il cardinale Angelo Bagnasco in una lettera firmata insieme agli altri vescovi della Liguria in vista delle prossime elezioni regionali, diffusa oggi dall'ufficio stampa della Conferenza episcopale italiana.

Il "criterio guida per un sapiente discernimento tra le diverse rappresentanze" è l'impegno per tutelare "quei valori che esprimono le esigenze fondamentali della persona umana e della sua dignità", afferma la nota. Più specificamente, si tratta di valori "che possono essere sinteticamente richiamati: fra tutti, il rispetto della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale; la tutela e il sostegno della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; il diritto di libertà religiosa, la libertà della cultura e dell'educazione. E quindi il diritto al lavoro e alla casa; l'accoglienza degli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l'integrazione; la promozione della giustizia e della pace; la salvaguardia del creato. Tali valori - puntualizzano Bagnasco e gli altri vescovi liguri - non possono essere selezionati secondo la sensibilità personale, ma vanno assunti nella loro integralità".

Nell'aprire i lavori del consiglio permanente Cei, ieri, Bagnasco aveva affermato che sul "fondamento" di valori relativi a vita e famiglia "si impiantano e vengono garantiti" gli altri valori, dando l'impressione di una gerarchia di valori letta, dai giornali, come una implicita bocciatura di candidature come quella di Emma Bonino nel Lazio.

Ieri la prolusione al Consiglio Cei "Senza dubbio la pedofilia è sempre qualcosa di aberrante e, se commessa da una persona consacrata, acquista una gravità morale ancora maggiore. Per questo, insieme al profondo dolore e a un insopprimibile senso di vergogna, noi vescovi ci uniamo al Pastore universale nell'esprimere tutto il nostro rammarico e la nostra vicinanza a chi ha subìto il tradimento di un'infanzia violata". È quanto ha detto oggi pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco aprendo i lavori del Consiglio episcopale permamente a Roma. "La Lettera papale - ha aggiunto - è interamente pervasa da un accorato spirito di contrizione ed è testimonianza indubitabile di una Chiesa che non sta sulla difensiva quando deve assumere su di sè lo 'sgomento', 'il senso di tradimentò e 'il rimorso per ciò che è stato fatto da alcuni suoi ministri". "Anche nella bufera" ha detto ancora Bagnasco, Ratzinger "è Pietro ed indica la strada, propone a tutti, senza indulgenze, lo scatto in avanti necessario: nonostante l'indegnità, 'i peccati, i fallimenti di alcuni membri della Chiesa, particolarmente di coloro che furono scelti in modo speciale per guidare e servire i giovanì, ecco tutto questo è vero, 'ma è nella Chiesa che voi troverete Gesù Cristo, che è lo stesso ieri, oggi e sempre".

I vescovi italiani hanno agito "prontamente" nei confronti del problema della pedofilia nella Chiesa, secondo il presidente della Cei Angelo Bagnasco. "Le direttive chiare e incalzanti già da anni impartite dalla Santa Sede confermano tutta la determinazione di fare verità fino ai necessari provvedimenti, una volta accertati i fatti", afferma il porporato aprendo i lavori del consiglio permanente Cei, il 'parlamentinò dei vescovi italiani. "I Vescovi italiani prontamente ne hanno preso atto e hanno intensificato lo sforzo educativo dei candidati al sacerdozio, il rigore del discernimento, la vigilanza per prevenire situazioni e fatti non compatibili con la scelta di Dio, una formazione permanente del nostro clero adeguata alle sfide. Siamo - aggiunge Bagnasco - riconoscenti alla Congregazione per la Dottrina della Fede per l'indirizzo e il sostegno nell'inderogabile compito di fare giustizia nella verità, consapevoli che anche un solo caso in questo ambito è sempre troppo, specie - ripeto - se chi lo compie è un sacerdote".

"Nessun caso tragico" può oscurare "la bellezza" del ministero sacerdotale, ha detto il porporato. "Nè mettere in discussione il sacro celibato che ci scalda il cuore e ispira la vita", ha aggiunto. "Non sentitevi mai guardati con diffidenza o abbandonati, e - ha detto Bagnasco rivolgendosi agli uomini di Chiesa - non scoraggiatevi; siate sereni sapendo che le nostre comunità hanno fiducia in voi e vi affiancano con lo sguardo della fede e le esigenze dell'amore evangelico". Il sacerdote - ha scandito - non è "un disagiato, nè uno scompensato, benchè il clima culturale odierno non faciliti certo la crescita armonica di alcuno. Il sacerdote è un uomo che, non solo nel tempo del seminario, coltiva la propria umanità nel fuoco dell'amore di Gesù".

Anche se non si avventura ad indicarli come una reale causa degli abusi sui minori, il presidente della Cei ricorda comunque nella sua prolusione che "l'esasperazione della sessualità sganciata dal suo significato antropologico, l'edonismo a tutto campo e il relativismo che non ammette nè argini nè sussulti fanno un gran male perchè capziosi e talora insospettabilmente pervasivi". "Conviene allora - suggerisce - che torniamo tutti a chiamare le cose con il loro nome sempre e ovunque, a identificare il male nella sua progressiva gravità e nella molteplicità delle sue manifestazioni, per non trovarci col tempo dinanzi alla pretesa di una aberrazione rivendicata sul piano dei principi". "Dobbiamo in realtà tutti - conclude il presidente della Cei - interrogarci, senza più alibi, a proposito di una cultura che ai nostri giorni impera incontrastata e vezzeggiata, e che tende progressivamente a sfrangiare il tessuto connettivo dell'intera società, irridendo magari chi resiste e tenta di opporsi: l'atteggiamento cioè di chi coltiva l'assoluta autonomia dai criteri del giudizio morale e veicola come buoni e seducenti i comportamenti ritagliati anche su voglie individuali e su istinti magari sfrenati".

Di fronte agli scandali di pedofilia, la Chiesa ha imparato da Benedetto XVI a non tacere o coprire la verità, "anche quando è dolorosa e odiosa"; "questo però non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzate", ha aggiunto il presidente della Cei. Il porporato ha anche espresso al Papa la "vicinanza" dell'episcopato italiano: "quanto più, da qualche parte, si tenta di sfiorare la sua limpida e amabile persona, tanto più il popolo di Dio a lui guarda commosso e fiero".

Alle urne considerare il tema dell'aborto "Quale solidarietà sociale è possibile se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole?". Se lo chiede il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, che invita gli elettori cattolici a tener conto nel voto alle regionali dei temi etici non negoziabili. Questo, spiega, è suggerito anche dall'impiego della RU486 e dalla diffusione di metodiche contraccettive cosidette di emergenza, che preoccupano i vescovi italiani, per i quali in questo modo "l'aborto sarà prolungato e banalizzato", con il risultato di una "invisibilità etica che è disconoscimento che ogni essere è per se stesso, fin dall'inizio della sua avventura umana". "In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene - scandisce il card. Bagnasco - che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale". Parole molto chiare, che escludono qualunque sostegno alle candidate del Pd per il Lazio e il Piemonte, che hanno preso posizione pubblicamente a favore dell'impiego della RU486 nelle strutture sanitarie che dipendono - come è noto - proprio dalle Regioni.

No agli affaristi in politica In qualche modo il presidente della Cei bilancia però questa indicazione con un richiamo fermo alla moralità della politica e una sorta di apertura di credito verso le inchieste giudiziarie che da mesi occupano le prime pagine dei giornali, sulle quali invece alcuni vescovi hanno espresso riserve (ade sempio gli arcivescovi di Trani e dell'Aquila). "Non è vero che tutti rubano, ma se per assurdo ciò accadesse, cosa che non è, non si attenuerebbe in nulla l'imperativo dell'onestà", sottolinea il card. Bagnasco che affronta il tema della corruzione nella sua prolusione al Consiglio Episcopale Permanente. "Non cerchiamo alibi preventivi nè coperture impossibili: sottrarre qualcosa a ciò che fa parte della cosa pubblica - ricorda il cardinale in merito ai recenti scandali che hanno coinvolto politici di entrambi gli schieramenti - non è rubare di meno; semmai, se fosse possibile, sarebbe un rubare di più. A qualunque livello si operi e in qualunque ambiente". "Dinanzi a quel che va emergendo anche dalle diverse inchieste in corso ad opera della Magistratura, e senza per questo anticiparne gli esiti finali, noi vescovi - scandisce - ci sentiamo di dover chiedere a tutti, con umiltà, di uscire dagli incatenamenti prodotti dall'egoismo e dalla ricerca esasperata del tornaconto e innalzarsi sul piano della politica vera". "Questa - spiega il porporato - è liberazione dalle ristrettezze mentali, dai comportamenti iniqui, dalle contiguità affaristiche per riconoscere al prossimo tutto ciò di cui egli ha diritto, e innanzitutto la sua dignità di cittadino".

Preoccupazione per la crisi "La crisi economica sprigiona ora sul territorio i suoi frutti più amari". Lo afferma il presidente della cei, card. Angelo Bagnasco che nella sua prolusione al Consiglio Episcopale Permanente parla di "motivi di contingente quanto seria preoccupazione, dovuti in gran parte alla crisi economica internazionale". "Mi riferisco - spiega - in particolare alla realtà del lavoro: per un popolo abituato a far leva sostanzialmente sulla propria intraprendenza e sulla propria fatica, trovarsi spiazzato sul fronte dell'occupazione è una sofferenza acuta. In non poche aree assistiamo ad industrie che fermano la produzione". "Dove la competizione internazionale già aveva ridotto i margini di guadagno, la gelata sugli ordinativi sembra far giungere al pettine - rileva - tutti i nodi in un colpo solo", mentre "alcune antiche debolezze si rivelano fatali. E quando poi le imprese industriali più consistenti ricorrono massicciamente alla cassa integrazione, ipotizzano ristrutturazioni o addirittura avviano chiusure, subito una corona di piccole aziende a cascata ne risentono". "Rallentando i volani dislocati sul territorio, s'inceppano le imprese artigianali, ansimano i piccoli esercizi commerciali. I giovani che già costituivano la fascia di popolazione più in sofferenza perchè meno garantiti e poco sussidiati nel loro tuffo verso la vita, oggi rischiano di demoralizzarsi definitivamente. Se sono meridionali tendono a trasferirsi al Settentrione, ma già è iniziato il fenomeno inverso, quello della gente del Sud che, perdendo il lavoro al Nord, torna a casa". Mentre "un numero crescente di giovani - osserva sconsolato l'arcivescovo di Genova - guarda oltre il confine nazionale: un dinamismo interessante nella misura in cui non è unidirezionale e obbligato. Sappiamo che resiste da noi una cultura forte del lavoro ma anche dell'impresa: ci si riconosce nella fabbrica e se ne trae vincoli non semplicemente strumentali".

Allarmano i vescovi italiani anche "i casi di suicidi verificatisi negli ultimi mesi tra i lavoratori minacciati dalla crisi, ma anche tra i piccoli imprenditori, in particolare del Nordest, che nell'impossibilità a far fronte agli impegni nei confronti dei propri dipendenti disperatamente non scorgono alternative diverse dal tragico gesto, che cosa dicono infatti, se non che si è dinanzi ad una coscienziosità tirata allo spasimo, fino ad essere inaccettabilmente indirizzata contro se stessi".

"Rimestare sistematicamente nel fango, fino a far apparire l'insieme opaco, se non addirittura sporco, a cosa serve?". Se lo chiede il presidente della Cei. "Da più parti - rileva Bagnasco - si parla di un declino che sarebbe incombente sul nostro amato Paese. Perchè nei paragoni, che talora si avanzano, dove l'Italia è messa per l'uno o l'altro dei suoi parametri a confronto con altri contesti nazionali, si finisce puntualmente per concludere, magari con un sottile compiacimento intellettuale, che siamo in svantaggio? Si tratta di irriducibile pessimismo o di cronico snobismo? E a sospingere verso analisi fin troppo crudeli, è l'amore per la verità o qualcos'altro di meno confessabile? O è più attendibile invece il fatto che stiamo progressivamente perdendo la fiducia in noi stessi, assumendo con ciò stati d'animo che finiscono col destrutturare la società intera?". "Quella energia morale che avevamo dentro ed ha consentito ad una nazione, uscita dalla guerra in condizioni del tutto penose, di ritrovarsi in qualche decennio tra le prime al mondo, quella forza vitale - domanda il presidente della Cei - che fine ha fatto? Perchè il vincolo che ci aveva legato nella stagione della ricostruzione post-bellica e del lancio del Paese stesso sulla scena internazionale, ed aveva retto nonostante profondi dislivelli sociali e serie fratture ideologiche, è sembrato da un certo punto in avanti non unirci più?".

22 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-20

"100 euro ai disoccupati per stare in piazza"

di Andrea Carugatitutti gli articoli dell'autore

"IO STRANIERA IN PIAZZA PAGATA DALL'AGENZIA INTERINALE": TESTIMONIANZA

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- Dopo il voto "procederemo con le riforme" fra le quali quella dell'elezione diretta "del premier o del presidente della Repubblica", ha detto il premier dopo l'intervento di Bossi.

- Umberto Bossi sale sul palco di piazza San Giovanni a fianco a Silvio Berlusconi, che lo definisce "un alleato leale e un grande amico". "Io - dice - sono uno dei pochi che non ha mai chiesto nè una lira nè un aiuto a Berlusconi - ha detto il leader del Carroccio suscitando le risate e gli applausi del pubblico".

- Un grosso applauso ha accolto il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, invitato a salire sul palco di Piazza S.Giovanni dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il premier ha accolto il senatur come "un amico a cui sono legato da profondo affetto".

- "Un ufficio giudiziario che non ha nemmeno una competenza territoriale ha continuato ad intercettare il presidente del Consiglio". Dal palco di Piazza San Giovanni Silvio Berlusconi affronta più volte l'inchiesta di Trani. "Intercettazioni casuali? Così casuali - dice il premier - da essere ripetute per 18 volte". Per 158 volte, riferisce il presidente del Consiglio sono stati intercettati i ministri. "Con intercettazioni costose pagate con i soldi pubblici che si sarebbero potuti risparmiare. A ben pensare - aggiunge il cavaliere - le scelte della sinistra di cavalcare le inchieste giudiziarie sono comprensibili: una campagna elettorale basata sui fatti la sinistra non può sostenerla".

- Il premier Silvio Berlusconi in piazza San Giovanni, annuncia la riforma "della giustizia penale" subito dopo le regionali: "È pronta e arriverà in discussione in Parlamento subito dopo il voto".

- "Siamo qui, per difendere il nostro diritto a non essere spiati. Siamo qui per dire agli italiani quello che vogliamo per le nostre Regioni", così Berlusconi.

- "Ormai la sinistra cammina a braccetto, anzi ammanettata, a Di Pietro". È il giudizio di Silvio Berlusconi, espresso durante il comizio che chiude la manifestazione del Pdl in piazza San Giovanni. "Sono anni che la sinistra afferma di essere cambiata ma non è vero - ha detto ancora Berlusconi - i suo uomini sono sempre gli stessi e gli alleati che si sono scelti sono persino peggio di loro: hanno messo in scena una mescolanza terrificante".

- "La sinistra non ha mai imparato a fare e ad essere un'opposizione responsabile, a questa sinistra manca del tutto il senso dello Stato".

-"Volete essere spiati anche in casa vostra? Volete le risse e i pollai nella tv pagata dagli italiani? Volete nella tv pubblica i processi farsa senza che venga data possibilità di cotraddittorio?" sono alcuni degli interrogativi che il premier Silvio Berlusconi rivolge ai manifestanti presenti a Piazza San Giovanni.

- Berlusconi sulle liste: "Non è stata colpa nostra". Ma in questo caso la piazza non risponde con una ovazione ed è anzi molto fredda.

- Berlusconi critica pure i suoi giornali: "Anche loro hanno accreditato l'idea del pasticcio liste...".

- Il premier manda gli auguri a Bertolaso... Oggi è il suo compleanno.

- "Gli alleati della sinistra sono peggio di loro è una mescolanza terrificante, sono ammanettati al campione del giustizialismo, sono incapaci di governare". È l'attacco che Silvio Berlusconi rivolge all'opposizione dal palco di Piazza San Giovanni.

- Il discorso di Silvio Berlusconi dal palco di piazza San Giovanni è di tanto in tanto interrotto dagli interventi della folla. Non solo applausi ma anche slogan per il presidente e fischi per il governo Prodi. Berlusconi ha appena iniziato il suo discorso quando un coro dalla folla si alza: "Un presidente, c'è solo un presidente". Il premier apprezza ma osserva anche scherzando che "quando uno parla questi cori possono sembrare boicottaggio...". La piazza si fa sentire ancora quando Berlusconi cita il governo Prodi: tutti fischiano interrompendo per qualche istante il discorso.

- "Il milione di Verdini è come quello del signor Bonaventura, un parto della fantasia. Basta guardare le immagini su Sky per rendersi conto di quanta è stata ristretta la piazza con i gazebo e le torrette", afferma Nico Stumpo, responsabile organizzativo del Pd. "Per fare un calcolo - prosegue - basta andare su Google Earth e misurare metro per metro gli spazi, si capisce così che il milione è solo nella fantasia di Verdini. Siamo lontani e di tantissimo. Essendo presente anche il ministro Tremonti - conclude - i numeri lieviteranno ancora chissà fino a quanto, ma sempre di fantasie si tratterà".

- "Grazie di cuore per avere accettato il mio, nostro invito. Grazie di essere qui per questa festa di libertà: siamo tanti, tantissimi, siamo gli uomini e le donne che amano la libertà e vogliono restare liberi". Lo ha detto il presidente del Consiglio e leader del Pdl Silvio Berlusconi, aprendo il comizio conclusivo della manifestazione a piazza San Giovanni. "Siamo qui con gioia e compostezza", ha aggiunto il premier, "ci prendiamo la scena, ma non contro qualcuno, per aggiungere falò di invidia e odio".

- Sul palco Berlusconi: "Noi siamo qui non contro qualcuno ma per la libertà del nostro popolo". "Abbiamo diritto al voto e diritto a non essere spiati...". "In piazza contro attacchi magistrati". "Siamo qui per reagire a due mesi di attacchi ingiusti e offensivi della sinistra e dei suoi giudici, siamo qui pere per domandare che venga confermato il nostro di diritto al voto a Roma e il nostro diritto a non essere spiati".

- Non mancano nella piazza del Pdl cartelli e slogan contro Michele Santoro. In bella vista due cartelli che, immersi tra le bandiere del Popolo della libertà, recitano: 'Di Pietro mafioso, Santoro fascista' e 'Santoro mafioso'. Anche durante il corteo non sono mancati i riferimenti e gli slogan contro il conduttore di Annozero. All'indirizzo di uno dei giornalisti della trasmissione, che stava monitorando il corteo partito da Colli Albani, alcune espressioni di attacco da parte dei manifestanti: "L'abbiamo riconosciuto, è quel giornalista comunista di quella trasmissione comunista".

- Verdini annuncia: "Siamo oltre un milione".

- Nel retropalco parla Flavia Perina finiana e direttore del Secolo d'Italia: "Mi sembra una manifestazione riuscita anche se organizzata all'ultimo momento. Certo forse è la prima volta che si vede un governo a capo di un corteo di partito... Ma era importante essere qui per sostenere la Polverini, speriamo che la gente capisca che la può votare".

- Il ministro La Russa sul palco fa ormai lo showman. Presenta i parlamentari, chiama Demo a fare lo stacco musicale quando arriva sul palco Tremonti, incita la folla (o il pubblico?).

- Totale adesione "senza se e senza ma" alla "grande manifestazione di Roma a sostegno della Polverini e dei nostri candidati alle regionali" viene espressa dal parlamentare finiano del Pdl Fabio Granata. "La massiccia partecipazione di oggi - afferma- è il segnale di compattezza attorno a Silvio Berlusconi e di fiducia nel Governo"

- La colonna sonora di 'Guerre stellari', eseguita dal vivo dalla big band di Demo Morselli, ha accolto i due cortei confluiti a Piazza S.Giovanni per la manifestazione nazionale del Pdl.

- Cartelli: "Pd ti piace vincere facile?" e "Ladri di liste" e un Bersani nudo e "Popolo Viola noi abbiamo il tricolore, stai a rosica'".

- Da una auto cabrio si gridano slogan tutti dedicati alla Bonino: "Droga, aborto, Eutanasia, no Bonino, no cultura della morte"

- "Ti puoi fidare?": il motto, a parte il punto interrogativo, ricorda quello della candidata del Pd alla presidenza della Regione Lazio Emma Bonino, anche il caschetto biondo fa pensare a lei, ma la faccia è quella dell'ex governatore dimessosi dopo lo scandalo legato ai ricatti per droga e trans Piero Marrazzo. È il manifesto che tappezza gran parte dei muri lungo via Appia Nuova percorsa adesso dal corteo del Pdl partito da Colli Albani. Molti i cori che si riferiscono all'esclusione della lista del Pdl dalla Provincia di Roma per le regionali tra cui: "Ladri di voti, voi siete ladri di voti".

- Momenti di tensione tra un esponente dei 'Promotori della Liberta' e alcuni giovani del servizio d'ordine del corteo del Pdl, che si sta muovendo verso piazza San Giovanni. Poco prima di arrivare a piazza Re di Roma, l'esponente dei 'Promotori della Liberta', che si è qualificato come dirigente del partito, ha richiamato con il megafono i manifestanti ad uscire dal corteo e indirizzarsi sul lato opposto di via Appia Nuova. Il servizio d'ordine invece, sta spingendo i manifestanti a restare incolonnati su un unico tratto di strada. Così, quando l'uomo ha fatto deviare il gruppo di manifestanti, alcuni giovani gli si sono avvicinati minacciosamente, strappandogli il megafono di mano. Pochi minuti dopo è intervenuta la polizia municipale per sentire le versioni delle due parti: è volata qualche parola grossa e qualche spintone ma la questione si è chiarita.

- Show del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sul palco di piazza San Giovanni dove stanno confluendo i due cortei della manifestazione voluta da Silvio Berlusconi partiti da Colli Albani e da Circo Massimo. La Russa ha innanzitutto invitato i militanti ad abbassare gli striscioni: "Altrimenti né quelli dietro di voi, né i giornalisti riescono a vedere". E poi ha insistito: "Via gli striscioni, guardate che sennò vengo io...". Quindi il ministro ha recitato un pezzo di una canzone di Lucio Battisti 'Io vorrei non vorrei ma se vuoi', poi eseguita dall'orchestra di Demo Morselli che sta intrattenendo la pizza in attesa dell'arrivo del presidente del Consiglio

- Urla "buffoni buffoni e scemo scemo" da parte del corteo ad alcune persone che esponevano magliette viola da un balcone.

- Una signora, Annamaria Fabiano, regge un cartello con su scritto "Anche io vittima della giustizia" e racconta: "Sono qui per portare la mia solidarietà a Berlusconi. Anche io sono stata processata due volte ingiustamente. Una volta mi hanno accusata di aver rotto un braccio a un signore, ma lui era alto due metri e io sono piccoletta... Le pare. E poi un altro processo perché un tipo mi chiedeva 15 milioni di quindici anni fa... e mi hanno pure dato torto...".

- Drappelli di estrema destra in corteo dal Popolo di Roma alla "Giovane Italia" e scritte: "Chi piu crede vince".

- Il cuore del corteo del "cuore azzurro" è guidato da un camioncino con un signore che anima la folla al grido: "Siamo in diretta tv fate un bel cheese che altrimenti non ci riprendono... Fate venire avanti le belle signore che siamo in diretta". E a ogni sussulto del corteo dice "sventoliamo i cuori, sventoliamo i tricolori".

- Tanti i piccoli drappelli legati direttamente ai candidati con in piazza manifesti elettorali e slogan. Il Circolo culturale Lepanto scrive: No alla Bonino, chi non vota acconsente.

- Signore con la pettorina "E io voto lo stesso", un grande striscione "Noi con Berlusconi (in nero), voi con i magistrati (in rosso)". Poi il corteo dell'amore si esibisce con un altro striscione: "Comunisti ci avete rotto i coglioni".

- Il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli con il megafono sta dirigendo le operazioni per disporre un mega tricolore lungo 500 metri e largo otto che "occupa" gran parte della piazza e incita i militanti Pdl con il coro "in alto i cuori, sventolano i cuori, in alto i cuori...".

- In piazza anche Alessandra Mussolini, poi striscioni "Marrazzo-Bonino stessa faccia stesso declino". C'è anche una banda musicale vestita di bianco e di azzurro. Altri volontari Pdl scandiscono il coro "la vuole la gente Renata presidente".

- Tensione nelle prime file del corteo al che alcuni ragazzi hanno issato dei cartelli con su scritto "La forza dell'identità non si ferma". Lì vicino spintoni e urla tra il conigliere comunale di Roma Mollicone e gli addetti al servizio d'ordine.

- Tra le prime file spicca solo un signore della Lega con bandiera Padana e fazzoletto verde nel taschino. "Non c'era una organizzazione della Lega e allora siamo venuti con alcuni amici. Era l'occasione giusta. Siamo alleati e sosteniamo il nostro presidente, anche se qui il Pdl ha fatto una stupidata... A Bossi non sarebbe mai successo. Io sono di Sestola vicino Modena e da 40 anni dalle mie parti che mangiamo merda. Da noi i giudici non si mettono contro chi governa... ".

- Il corteo Pdl è partito da Circo Massimo. È aperto da un grande striscione "L'amore vince sempre sull'odio" retto da molti del ministro Berlusconi: Alfano, La Russa, Brunetta, Prestigiacomo, spicca la presenza del finiano Ronchi. A reggere lo striscione anche Gasparri, Cicchitto, Alemanno, Polverini, Santanché, Brambilla e altri. Dopo di loro un grande camion con palloncini bianchi e azzurri. A seguire, separati da un rigidissimo cordone di servizio d'ordine, i militanti Pdl.

- Tra i militanti Pdl sospinti dalla musica degli altoparlanti che mandano canzoni di Jovanotti e Ligabue tantissimi tricolore, striscioni pro-Polverini e cartelli "Via Santoro da Rai Due".

- Via ai cortei del centro destra. Tensione tra un consigliere comunale Pdl e il servizio d'ordine dei "ragazzi dal cuore azzurro". La denuncia del Popolo Viola: "ingaggiati" disoccupati per riempire la piazza. Verdini agli abruzzesi: "Impossibile non ringraziare Silvio".

20 marzo 2010

 

 

 

Sms spam del premier: "Ti aspetto al corteo"

"Ti aspetto sabato alle ore 14 a Roma Circo Massimo. Un grande corteo fino a San Giovanni per difendere la libertà e la democrazia. Silvio Berlusconi". Questo il testo di un sms che starebbe arrivando sui telefonini di numerosi cittadini. A rivelarlo è CNRmedia, la testata radiofonica e web, che sul suo sito inserisce anche la foto del display di un telefonino con il messaggio.

Il sms, come si vede nell'immagine, ha come mittente Berlusconi. Secondo CNRmedia, il messaggino sarebbe "spam", cioè arriverebbe non solo a utenti che ne hanno autorizzato l'invio ma anche a chi non ha mai dato l'autorizzazione all'invio sul proprio numero di messaggi del Pdl. Una accusa che però viene fermamente respinta dai responsabili del Pdl. Noi, spiegano da via dell'Umiltà, abbiamo dato l'incarico ad una società esterna e nel contratto, proseguono, è scritto che potevano essere mandati sms solo a chi avesse firmato l'autorizzazione a ricevere pubblicità politica. La società, aggiungono, ha a disposizione due liste di contatti: una di nostri iscritti e una, della società,che però comprende solo cittadini che abbiano dato autorizzazione a ricevere qualsiasi tipo di pubblicità politica, quindi non solo del Pdl.

L'uso di sms per la pubblicità elettorale non è comunque una assoluta novità, anzi è ormai considerato uno dei mezzi di uso comune. Anche per Berlusconi non è la prima volta e in precedenza provocò una accesa polemica. Era il giugno 2004, la presidenza del Consiglio inviò degli Sms per invitare al voto gli elettori. L'iniziativa del governo provocò una violenta reazione delle opposizioni, che accusarono Palazzo Chigi di fare propaganda politica. Il governo si difese affermando che non era pubblicità elettorale, ma un messaggio "neutro" che serviva unicamente a ricordare agli elettori che le urne erano aperte dal sabato pomeriggio. Stavolta non si tratta di una iniziativa di governo, pur essendo Berlusconi non solo leader del Pdl ma anche presidente del Consiglio: l'iniziativa non è infatti partita da Palazzo Chigi ma dalla sede del partito di via dell'Umiltà.

18 marzo 2010

 

 

 

 

Berlusconi minaccia il Colle. "Se vinco elezione diretta"

di Ninni Andriolotutti gli articoli dell'autore

Altro che abbassare i toni. Berlusconi gradisce poco l'invito e invia al Colle un preavviso di sfratto niente male. Dopo le regionali, dice, per "modernizzare il Paese" si potrebbe pensare anche "all'elezione diretta del Presidente della Repubblica". E il "mandato pieno" che Silvio chiede agli elettori rivela, così, la voglia di rivoltare come un calzino la Costituzione. Per "ridurre il numero dei parlamentari", per "la grande riforma della giustizia", ma - soprattutto - per premere l'acceleratore in direzione del Quirinale.

Il Cavaliere, in realtà, legge l'appello del Capo dello Stato a porre fine alla "conflittualità" come un monito formalmente bipartisan rivolto sostanzialmente a lui. E ieri sera, tanto per restare in tema con il libro che stava presentando al Tempio di Adriano ("l'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio"), ha spedito al Colle l'avvertimento del cambio di regole che potrebbe anticipare la scadenza naturale del settennato. Berlusconi, nei giorni scorsi, si era "limitato" a ipotizzare l'elezione diretta del premier, ma ieri è andato oltre. Se, poi, agli auspici di ricorso al popolo per la nomina del Capo dello Stato si aggiungesse l'attacco alla sinistra "che vuole giocare da sola" e "con un arbitro amico e parziale", il conto delle stilettate di Silvio non farebbe che tornare.

Certo, il premier lega la metafora del derby "con una squadra chiusa negli spogliatoi" al caos liste e ai verdetti "anti Pdl" dei giudici, ma il sospetto che nella vicenda decreto il Colle gli abbia legato le mani è un tarlo che non lo abbandona. Presentando "l'unico libro su 53 che parla bene di me" - 650 messaggi scelti sui 50000 del dopo attentato - Silvio ha ricordato quel "freddo" giorno in cui rischiò di "passare Natale sotto terra". E lo ha fatto, anche, per lanciare un appello di vita o di morte al suo popolo di cui teme l'astensione. "Quando dicono che sei peggio di Nerone, di Saddam, di Hitler, che sei un dittatore, che ti compri tutto – ha lamentato - Dopo non ti può meravigliare se qualche mente labile pensa di diventare un eroe cercando di farti fuori''. Quanto a lui – il Cavaliere usa il plurale - "siamo persone che rispettano gli altri, siamo tolleranti, non abbiamo mai proferito un insulto". E per dimostrare quanto tutto ciò sia vero il Cavaliere attacca anche l'Agcom. Ieri mattina aveva detto che in quell'organismo "al di là di ogni ipocrisia, vince l'appartenenza politica, esattamente come nei nostri tribunali". Ma in serata ha aggiunto altre gocce di fiele.

Per giustificare le pressioni anti Santoro sull'Autority, infatti, ha ammesso di aver parlato "con il presidente", Calabrò, che gli avrebbe dato ragione. "E' vero, mi ha detto, è una cosa indegna, dovremmo intervenire, ma non abbiamo la maggioranza...''. Da Calabrò arriva una smentita: "All'osservazione di Berlusconi che si trattava di cose indegne e che la maggioranza c'era, ho replicato - spiega ancora il presidente dell'Agcom - che anche sulle "cose indegnè bisognava rispettare le garanzie procedurali, e che le maggioranze sono variabili come dimostrato dagli esiti delle votazioni nei mesi decorsi in cui si è assistito a cambiamenti di orientamenti, in entrambe le direzioni, rispetto a precedenti atteggiamenti".

Berlusconi il suo "dovere" lo ha esercitato anche con Gallitelli. "Ho chiamato il comandante dell'Arma come qualsiasi cittadino che vede un reato e chiama i carabinieri", si giustifica. E via con l'annuncio dell'approvazione di un altro provvedimento ad hoc. La legge sulle intercettazioni per porre fine "alla barbarie'' della sinistra, dei giornali e dei magistrati. Tutte le toghe sono rosse, quindi? Macché. A Berlino, pardon in Puglia, c'è un giudice diverso dagli altri e l'arresto di Frisullo lo comprova. "Non ho mai detto che tutta la magistratura fa politica ed è di sinistra – spiega Silvio - Evidentemente, a Bari c'è un magistrato vero, che non è di destra. e che fa il suo dovere".

20 marzo 2010

 

 

 

 

L'acqua non è business. "Siamo in 200mila in corteo a Roma"

E' partito da piazza della Republica il corteo per difendere l'acqua dalla privatizzazione. Centinaia i partecipanti alla manifestazione nazionale stando a quanto riferito dal segretario del Forum movimenti per l'acqua, Paolo Carsetti, forum che ha messo in fila tutti i tasselli di questa iniziativa volta a contrastare il decreto Ronchi fin da novembre scorso, mese della sua approvazone definitiva da parte del Parlamento. Un decreto che privatizza definitivamente la gestione del servizio idrico stabilendo che la quota in capo al pubblico debba scendere progressivamente nei prossimi cinque anni.

È proprio questo il punto, secondo i manifestanti di oggi, che va modificato perché cela il pericolo che l'acqua diventi una merce per fare profitti. Non a caso il camion in testa al corteo è vestito da uno striscione blu che recita così: "L'acqua è un bene comune. Fuori l'acqua dal mercato! Fuori i profitti dall'acqua!". In coda al tir un enorme pallone blu da cui spunta un rubinetto che lascia ciondolare una goccia blu fatta da un palloncino.

Sono 200 mila, secondo gli organizzatori, i manifestanti al corteo. Al passaggio in via Cavour, alcuni studenti hanno calato dalla scalinata che porta a San Pietro in Vincoli striscioni di solidarietà e una bandiera palestinese, accendendo fumogeni colorati. Tra gli altri, sfilano anche alcune bande musicali e molti manifestanti si esibiscono goliardicamente con damigiane piene d'acqua e rubinetti.

Niente bandiere di partito, in testa al corteo che protesta contro la privatizzazione dell'acqua. Una scelta precisa degli organizzatori, come spiega anche padre Alex Zanotelli: "Questo, come la promozione del referendum contro il decreto Ronchi, è un impegno non dei partiti ma per la prima volta della società civile, e se il referendum avrà successo sarà una straordinaria vittoria politica dal basso".

In fondo al corteo sfilano comunque i partiti che hanno aderito alla manifestazione: Prc, Sinistra Ecologia e Libertà e Italia dei Valori. "C'è chi vuole fermare l'idea di democrazia partecipata - ha detto Angelo Bonelli dei Verdi - e questa per l'acqua è una manifestazione emblematica della volontà dei cittadini di poter decidere. A San Giovanni manifestano per la libertà, ma visto che sono loro al governo se c'è un problema di libertà se la devono prendere con sè stessi". La raccolta delle firme per il referendum, promossa dal Movimento per l'Acqua e sostenuta da partiti tra cui Sinistra Ecologia e Libertà, "inizierà - come ha detto Paolo Cento - il 15 aprile".

"L'acqua e l'aria sono beni dell'umanità - ha aggiunto Stefano Pedica - senatore dell'Italia dei Valori - e questo governo vuole privatizzare anche un bene dell'umanità. Qui ci sono cittadini che protestano per un problema reale del Paese mentre chi è andato a San Giovanni tornerà a casa chiedendosi che cosa sia andato a sentire, perchè si ascolterà di tutto tranne che dei problemi reali dell'Italia".

Lo striscione in testa al corteo sprona il governo a 'ripubblicizzare l'acqua e difendere tutti i beni comuni'. A reggerlo non solo i consumatori capeggiati da Rosario Trefiletti (Federconsumatori) ma anche una moltitudine di cittadini perfino guademaltechi che, spiegano, vogliono "solidarizzare con i fratelli italiani" contro il pericolo che l'acqua diventi una merce. Dietro di loro tanti gonfaloni multicolori delle città italiane, sindaci, anziani. Sono tanti gli slogan che i manifestanti portano addosso attraverso piccoli cartelloni appesi al collo con una goccia d'acqua parlante che esprime la loro protesta e preoccupazone: "Liberami dalle multinazionali", "Acqua generosa gratuita, oggi ed ora ristoraci ancora", "Ce la vogliono dare a bere", "Sono un portatore d'acqua", "L'acqua è vita non è merce", "Acqua e terra beni comuni. Ribellarsi è giusto", "Chi controlla l'acqua controlla la vita", "Acqua pubblica senza se e senza Spa".

Sono tante anche le fasce tricolore che spuntano qua e là nel corteo perchè i sindaci hanno partecipato numerosi. "Gli enti locali,

sia amministrati dal centrodestra che dal centrosinistra, sono al nostro fianco -spiega infatti Carsetti- perchè hanno capito che

vengono espropriati anche loro di una importante competenza sancita dalla Costituzione". Il segretario del Forum fa poi notare che questa è la prima volta che "la questura e il Comune di Roma danno il via libera a due manifestazioni nazionali nello stesso giorno" e rimarca che "il Forum dei movimenti per l'acqua ha 'prenotatò il percorso del corteo sicuramente molto prima del Pdl".

Alla manifestazione partecipano anche varie realtà politiche della sinistra, dei sindacati e delle associazioni. Tra questi, gli attivisti del 'No Dal Molin', il Popolo Viola, il Wwf e Legambiente. Per la manifestazione, hanno riferito gli organizzatori, sono arrivati a Roma cento pullman da tutta Italia. Alcuni manifestanti sfilano con una goccia disegnata sul viso, alcuni a mo' di lacrima, per sottolineare la loro protesta contro la privatizzazione del servizio idrico.

20 marzo 2010

 

 

2010-03-17

Scegli come destinare quei 125 milioni di euro

I politici litigano, le commissioni "vigilano", i cda votano. Ma i talk show restano oscurati. "Il paradosso è quindi che paghiamo il canone al servizio pubblico per non avere informazione, per averla dobbiamo andare sulle reti private (e di chi siano le private si sa). Canone inverso" scrive oggi su l'Unità, Concita De Gregorio.

Ma perché si deve pagare per qualcosa che non si ha? Perché quei centonove euro chiesti dalla Rai a tutte le famiglie italiane in cambio di un "servizio pubblico", in cambio di una informazione che per un mese viene negata, restano tali anche a fronte di un "prodotto" decurtato. Quello che lo Stato italiano, e tutti i suoi cittadini, stipulano con la Rai è un "contratto di servizio", ma se manca il "servizio" non c'è ragione di pagare.

Averli indietro, si sa, è una utopia, allora facciamo così, cominciano a dirsi tra loro gli abbonati: la mia quota per il mese senza talk show, quei 9 euro virgola 083 la Rai li destini a qualcos'altro. Un rapido (nonché approssimativo) conteggio ci dà la misura di quanto potrebbe essere quella cifra: 9 euro moltiplicati per i 14 milioni di abbonati Rai, totale 125 milioni di euro, non proprio bruscolini per un Paese in recessione.

Che ci fareste, dunque, con quei 125 milioni di euro?

Ecco le nostre 10 possibilità, votatele scrivendo nello spazio commenti qui sotto

(a causa della grande partecipazione ci potrebbero essere dei ritardi nella pubblicazione):

1-La scuola: stabilizzare i precari, acquistare materiale (carta igienica, libri, ecc.), mettere in sicurezza gli edifici pericolanti.

2-Il lavoro: una quota per il prolungamento della cassa integrazione ordinaria (appena negato dal governo per mancanza di fondi).

3-Il ripristino del Fus (il contributo che lo Stato destina all'intero settore dello Spettacolo), senza il quale decine di compagnie teatrali, orchestre e produzioni cinematografiche stanno interrompendo l'attività.

4-Le strade del sud, come la Salerno-Reggio Calabria (così se fanno il Ponte sullo Stretto almeno ci si potrà arrivare).

5-Gli acquedotti italiani da riparare.

6-Le piccole opere pubbliche per migliorare la vivibilità delle nostre città (giardini, strade, pulizia, ecc...) oppure uno sconto sulle tariffe di acqua, luce e gas che continuano ad aumentare.

7-La benzina per le auto della polizia per permettere ai nostri poliziotti (e solo a loro) di pattugliare le nostre strade.

8-I servizi di assistenza per le famiglie con componenti non autosufficienti.

9-Le borse di studio per la ricerca scientifica.

10-Un aiuto per L'Aquila, una "mega-carriola" che porti via le macerie dal centro storico, un padiglione dell'ospedale, un nuovo asilo nido.

16 marzo 2010

 

 

 

Minzo "epurator" chi non s’inchina viene silurato

di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore

Promossi e bocciati. Anzi, epurati. Sono già partite al Tg1 premiazioni e punizioni sulla base della "Minzo’s list": le firme raccolte in redazione sul documento di sostegno al direttore fatta girare la settimana scorsa da alcuni vicedirettori e caporedattori. Ma per l’errore, o la scelta, nel titolo su Mills ("assolto" anziché "prescritto") l’Ordine dei Giornalisti ascolterà Augusto Minzolini venerdì 19.

È stato rimosso lunedì Massimo De Strobel da capo redattore centrale al coordinamento (ruolo di controllo della line svolto per 18 anni) e sostituito dal dalemiano Leonardo Sgura. De Strobel non ha firmato il documento "pro-Minzo", Sgura sì (il Cdr del Tg1 informa che ha chiuso un vertenza per la nomina da "caporedattore ad personam"). Promossi altri due che hanno firmato: Filippo Gaudenzi caporedattore centrale con delega alla cronaca e alla redazione Internet; Mario Prignano, ex Libero assunto due mesi fa come vice caporedattore del politico, premiato a caporedattore responsabile di Internet (ancora senza redazione). Scrisse il primo titolo "Mills assolto per prescrizione" (con un doppio errore, poi il vicedirettore Ferragni lasciò "assoluzione").

"Campagna di ritorsione" verso giornalisti "non omogenei alla direzione", denunciano i due consiglieri Rai del Pd, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, in una lettera al presidente Garimberti, sollecitandone un "tempestivo intervento": potrebbe trattarsi di una "grave violazione delle garanzie giuslavoriste" per i dipendenti, e "uno stravolgimento" del Codice etico Rai sulle "politiche del personale".

In vista altre "punizioni". Nel mirino Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario: una delle due dovrebbe lasciare la conduzione del tg alle 20, per lasciare il mezzobusto a Francesco Giorgino (raccolse le firme nella sua stanza). Caporedattore del politico, è il braccio destro di Minzolini: insieme al fratello avvocato, Nicola (candidato a sindaco del Pdl ad Andria) ha accompagnato alla procura di Trani il direttore del Tg1, che è indagato per aver violato il segreto istruttorio, avendo comunicato subito, da Trani, del suo interrogatorio a un collaboratore del premier a Palazzo Chigi.

In previsione altre rimozioni: alle 13,30 Paolo Di Giannantonio con Laura Chimenti e a Francesca Grimaldi (vicine ad An), quest’ultima sostituita nel tg di mezza sera da Alberto Matano (area Udc). Di "mattanza al Tg1" ha parlato il senatore Idv Pancho Pardi in Vigilanza davanti al Dg Rai Masi: "L’unico precario che non ha firmato il sostegno è stato già epurato". Ieri alle 20 il tg ha aperto sulle grida del premier contro la "libertà mutilata" dai pm. Eppure allo stesso Berlusconi un direttore del Tg1 che si muove a "gamba tesa", indagato, potrebbe non essere utile. Tanto che si profila Antonio Preziosi al suo posto: il direttore del Gr Radio, per anni al seguito del premier,fa passare gli stessi messaggi in modo più subdolo ma efficace. Infatti lo ha intervistato lunedì al Gr1.

Oggi di Minzolini-intercettazioni parlerà il Cda Rai. Il Dg Masi dovrà dire se avvierà un’indagine; il consigliere Pdl Verro difende Minzo come "vittima". Il segretario Usigrai Verna attacca il "nervoso pendolare del busto" che "per due volte in un minuto ha dato la notizia, infondata, di non essere indagato. Come può fidarsi chi paga il canone?".

17 marzo 2010

 

 

 

Trani, il Csm apre fascicolo sugli ispettori di Alfano. I Pm fanno muro. Berlusconi straripante contro giudici e opposizioni

Silvio Berlusconi non trova pace. Ogni giorno, ormai più volte al giorno, appare a ripetizione su Tg e Gr, manda lettere e messaggi ai suoi adepti, con un solo e unico ritornello: contri i magistrati, contro le opposizioni, per esaltare se stesso e il suo governo. Anche oggi il suo torrenziale monologo, reso ancor più invadente dal bavaglio ai talk show politici della Rai, ha esondato anche a Studio Aperto, con un lungo collegamento, naturalmente privo di contradditorio, in cui il premier ha tuonato contro i pm di Trani. "La vicenda della procura che controlla il presidente del Consiglio che parla al telefono è un grave segno di una libertà mutilata e offesa". "Ci sono magistrati - aggiunge - che spendono denaro per costose intercettazione a tappeto per ipotesi di reato su ciò che il presidente del Consiglio dice sia in privato sia in pubblico". Le "reiterate azioni della magistratura" sono "volte a sottrarre tempo all'azione del governo" anzi viene da pensare che la "finalità di tali azioni sia impedire al presidente del consiglio di lavorare". Secondo il Cavaliere, manco a dirlo, "gli ultimi accadimenti" a cominciare dalla inchiesta di Trani "confermano l'esigenza di una riforma radicale giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

"Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra, sempre più scoperto e pericoloso: oltre a insultare e demonizzare l'avversario, cercano di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare", ha aggiunto Berlusconi. "Sono convinto che i moderati reagiranno a questa tendenza e andranno in massa alle urne per difendere legalità e democrazia".

"Noi non accettiamo di andare ad una rissa confusa, al frastuono che tutte le volte Berlusconi solleva. L'alleanza tra magistratura e sinistra è una favola antica che a noi non interessa perchè ci concentriamo su lavoro, scuola, sanità, temi che stanno a cuore ai cittadini", replica Pierlugi Bersani.

Il Cms apre indagine su ispezione di Alfano Finisce sotto la lente del Csm l'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, alla Procura di Trani, che ha indagato Berlusconi per presunte pressioni all'Agcom per far chiudere Annozero. Il comitato di presidenza dell'organo di autogoverno delle toghe, ha accolto la richiesta di un intervento avanzata dalla maggioranza dei consiglieri per verificare se vi siano interferenze nelle indagini in corso, affidando la verifica alla Sesta Commissione.

Nella richiesta firmata dai consiglieri si chiede di "accertare, nell'ambito di una consolidata interpretazione fornita dal Consiglio in merito ai rapporti tra segreto di indagine e poteri dell'ispettorato sviluppati con leale collaborazione, le modalità effettive con le quali gli ispettori sono stati incaricati di svolgere l'attività amministrativa parallelamente ad un'inchiesta giudiziaria in corso".

Il fascicolo sull'ispezione dovrà verificare se il mandato degli 007 di Alfano comporta interferenze con le indagini della procura che sono ancora in corso e che hanno coinvolto tra gli altri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. I consiglieri che hanno sottoscritto la richiesta di un'indagine del Csm (tutti tranne i tre laici del Pdl e dell'Udc) nutrono forti dubbi sulla bontà dell'iniziativa del ministro visto che ha incaricato i suoi ispettori di accertare "fatti e circostanze che riguardano esclusivamente l'attività giurisdizionale" e che dunque sono fuori dai loro poteri di indagine, come la competenza territoriale, l' ammissibilità delle intercettazioni telefoniche disposte, e i motivi della fuga di notizie.

Mancino: non comprimere indagine Ribadire i confini tra l'ispezione ministeriale e l'indagine giudiziaria, indagine che "non può essere compressa" dall'attività degli 007 di via Arenula. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, spiega così l'obiettivo della pratica aperta oggi dal comitato di presidenza su richiesta di molti consiglieri e affidata alla Sesta commissione perché verifichi eventuali interferenze dell'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in Procura a Trani. "Nella linea del Csm, che è di data antica, abbiamo affidato alla Sesta commissione la questione - riferisce Mancino al termine della riunione dei vertici di Palazzo dei Marescialli - affinché ribadisca i confini tra ispezione e indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione, ma ci vuole rispetto per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura requirente". Il numero due di Palazzo dei Marescialli non anticipa quelli che saranno i prossimi passi sul 'casò: "La questione è ora nelle mani della Sesta commissione", si limita a dire aggiungendo però che gli ispettori hanno "un mandato che la Costituzione delimita con precisa attenzione nei confronti dell'attività di indagine".

Il premier è formalmente indagato dalla procura di Trani nell'inchiesta Rai-Agcom per concussione e per "violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (articoli 317 e 338 del Codice penale), reati compiuti ai danni dell'istituzione del Garante per le Comunicazioni, l'Agcom.

Anche il direttore del Tg1, Augusto Minzolini è indagato nell'inchiesta di Trani: per violazione dell'articolo 379 bis del Codice penale: "Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale". Minzolini non avrebbe osservato il divieto imposto dal

pubblico ministero, Michele Ruggiero, di non rivelare a terzi il contenuto dell'interrogatorio a cui fu sottoposto a Trani il 17

dicembre 2009 nell'ambito delle indagini sulle carte di credito American Express. Nei confronti del commissario dell'Agcom, Giancarlo Innocenzi, anch'egli indagato, la procura ipotizza il reato di favoreggiamento personale (art.378 del Codice penale), in

relazione alle dichiarazioni fatte nel corso di un'audizione dinanzi agli investigatori in cui avrebbe negato di aver ricevuto pressioni da Berlusconi per chiudere Annozero.

Incontro tra pm e ispettori a Bari È iniziata poco dopo le 16 nella sede della Corte d'Appello del Tribunale di Bari l'audizione del pm della Procura di Trani, Michele Ruggiero, da parte degli ispettori inviati dal ministero della Giustizia per capire se si sono verificate delle anomalie nell'ambito dell'inchiesta. Insieme al sostituto procuratore di Trani è arrivato a Bari anche il procuratore capo Carlo Maria Capristo. Due gli ispettori: il capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, e una sua collega. Il Pm Ruggiero, titolare dell'inchiesta Rai-Agcom, conferma che gli ispettori del ministero della Giustizia, giunti a Bari per verificare il lavoro dei magistrati, non prenderanno visione del fascicolo che contiene, fra le altre, anche le intercettazioni del presidente del Consiglio sulla vicenda Annozero. "C'è il segreto istruttorio - ha detto Ruggiero in una pausa dei lavori - e quindi ciò che non è stato comunicato ancora agli indagati non può essere comunicato a nessuno, neanche agli ispettori". Ciò nonostante il magistrato ha aggiunto di essere "sereno e tranquillo".

Sull'invio degli ispettori, Alfano ieri ha voluto rassicurare che "vanno a Trani per svolgere il loro lavoro da magistrati perché tali sono". "Non devono, non possono e non vogliono interferire nell'inchiesta, che deve andar avanti", ha aggiunto. "Ma credo che sia un servizio utile alla giustizia, se si accerta come delle talpe abbiano potuto fare filtrare delle notizie sui giornali". "Il reato di rivelazione del segreto d'ufficio è un reato già previsto e punito dal nostro codice penale ma che purtroppo non viene mai ad avere delle condanne", ha ricordato. "Le aspiranti talpe devono sapere che i magistrati le combattono e che non è possibile violare le regole di riservatezza del segreto istruttorio impunemente".

Santoro dai Pm Il conduttore di AnnoZero Michele Santoro è stato ascoltato per circa due ore in procura come testimone. "Per quanto riguarda le pressioni che ci sono state su "Annozero" - ha detto il giornalista all'uscita - credo che siano pressioni di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi, basta leggere i giornali e le dichiarazioni pubbliche fatte dal presidente del Consiglio, e non solo, per comprendere quale sia stata la pressione politica esercitata nei confronti della nostra trasmissione perchè non andasse in onda". Rispondendo a chi gli chiedeva se si costituirà parte civile "come è stato detto da alcuni miei collaboratori, ho semplicemente detto di considerare la possibilità da parte mia di valutare la mia posizione di persona offesa".

Berlusconi contro i giudici Berlusconi aveva già tuonato stamattina con una lettera ai Club delle Libertà. "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l'alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini". "Per questo motivo vi invito a mobilitarvi per il 20 di marzo, quando, tutti insieme, in Piazza San Giovanni a Roma manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy, per ribadire i risultati del nostro Governo e per far sottoscrivere ai tredici candidati governatori dei precisi impegni di lavoro". "Di fronte a questo ultimo attacco, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire"

"Berlusconi la smetta di creare polveroni e si occupi delle cose che contano". Pier Luigi Bersani risponde così ai cronisti alla Camera che gli chiedono un commento sulle affermazioni del premier. "Berlusconi -aggiunge il segretario del Pd- deve capire che noi non ci occupiamo di questioni giudiziarie ma cerchiamo di occuparci di politica e dei problemi degli italiani".

"Come fanno tutti i dittatori, Berlusconi non si assume la responsabilità di quel che accade, incolpando gli avversari politici e la magistratura di ordire trame a orologeria. Ma la colpa di ciò che sta avvenendo è solo sua. Tutti sanno che la magistratura si interessa a Berlusconi solo perchè il presidente del consiglio, con pesanti ingerenze e abusi di potere, si intromette in affari e compiti che non gli competono", attacca Antonio Di Pietro.

Un "novello caudillo" che "in maniera singolare, da presidente del Consiglio, invoca la piazza" quando invece dovrebbe occuparsi "dei problemi del Paese". Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd in Senato, giudica così l'atteggiamento di Silvio Berlusconi. Al termine della capigruppo di palazzo Madama, Finocchiaro ragiona: "Berlusconi continua a privilegiare un modello che considera vincente: lui difensore della libertà contro i complotti dei comunisti e dei magistrati. Il premier parla ossessivamente di se stesso, mentre il Paese non entra mai nei suoi pensieri. La disoccupazione, il crollo del Pil, l'aumento del debito pubblico, la chiusura di molte aziende: tutto questo non entra mai nei suoi discorsi".

Il caso Ferri Il Comitato di presidenza del Csm ha convocato per oggi pomeriggio il consigliere Cosimo Ferri, finito nelle intercettazioni dell'inchiesta di Trani. Al Comitato di presidenza Ferri ribadirà probabilmente quello che aveva detto prima ai colleghi del suo gruppo e poi aveva messo nero su bianco in un comunicato: mai dato consulenze legali a Innocenzi su "Annozero", ma solo opinioni personali sui processi mediatici in tv. "Sono molto soddisfatto", ha dichiarato Ferri ai giornalisti al termine della sua audizione davanti al Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli.

Il Comitato di presidenza del Csm non ha deciso ancora se dare il via libera all'apertura della pratica su Ferri. L'organismo presieduto dal vicepresidente di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino, dopo aver ascoltato il consigliere togato, ha rinviato la decisione sulla sua posizione ad un'altra riunione che probabilmente si svolgerà nell'arco di questa settimana. Ferri ha ribadito la liceità delle sue conversazioni telefoniche con il commissario di Agcom Giancarlo e ha lasciato una memoria.

16 marzo 2010

 

 

 

Anche Letta nelle telefonate...

Nelle telefonate agli atti dell'inchiesta di Trani spunta il nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Lo scrivono oggi diversi quotidiani che pubblicano il testo di una telefonata dello scorso 3 dicembre nella quale il commissario all'Autorità garante delle comunicazioni Giancarlo Innocenzi informa lo stesso Letta della strategia che doveva portare a 'imbavagliare' le trasmissioni 'sgradite'.

Negli stessi verbali figura una telefonata dello stesso Innocenzi al direttore generale della Rai Mauro Masi nella quale lo informa di aver parlato con Letta di tale argomento. Il Pm di Trani, riporta ancora il quotidiano romano, descrive altre manovre con coinvolgimenti ai massimi livelli da parte del commissario Agcom che, ormai esasperato, per arrivare al presidente della stessa Autorità Calabrò si affida alla mediazione dello stesso Letta: quest'ultimo promette a sua volta a Innocenzi di attivarsi e cercare il presidente Calabrò.

17 marzo 2010

 

 

 

 

La Vigilanza conferma il bavaglio ai talk show. Altroconsumo: class action contro la Rai. Sit-in del Popolo Viola a San Macuto

Il presidente Rai Garimberti aveva chiesto stamattina che la Vigilanza "battesse un colpo"- E la Vigilanza l'ha battuto. Ma nella direzione opposta a quella auspicata da Garimberti, che attendeva una pronuncia dell'organo Bicamerale che consentisse alla Rai di riaprire i talk show politici oscurati. E invece niente: la Vigilanza, a maggioranza, ribadisce il suo regolamento e così i talk show resteranno chiusi fino alle elezioni. Chiaro sul punto Mario Landolfi (Pdl), intervenuto oggi pomeriggio durante l'audizione del direttore generale della Rai, Mauro Masi: "Non c'è nessun problema. La nostra risposta è che c'è un regolamento che va applicato e questa commissione non deve esprimersi ulteriormente". Domani, ha detto Masi, il cda rai si riunirà nuovamente e al consiglio "sarà riportata nel modo più completo possibile la discussione della Vigilanza".Con lo stop ai talk show "la Rai non

perde un euro, perchè gli inserzionisti recupereranno con gli spazi pubblicitari in altri orari" e in ogni caso "l'azienda nel suo complesso stravince negli ascolti", ha detto poi Masi. Per il dg, "da parte del cda non c'è stato alcun rimbalzo, bensì un chiarimento di responsabilità. Non è vero che sono stati sospesi tutti gli approfondimenti - ha sottolineto il dg - ma solo quelli in diretta che l'applicazione del regolamento rendeva impossibili: infatti Report va in onda, e così anche Parla con me e in radio Un giorno da pecora"

Duro il commento del presidente della Vigilanza Sergio Zavoli: "L'opinione pubblica giudica un pò stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla". Zavoli ha ribadito che in ogni caso "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico", e replicando alle osservazioni del presidente della Rai Paolo Garimberti, ha ricordato che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

Fallita la mediazione di Zavoli Lo stesso Zavoli ha proposto un tentativo di mediazione, fallito a causa della rigidità del centrodestra. Dopo l'audizione di Masi - hanno riferito alcuni parlamentari al termine della riunione - Zavoli ha proposto di votare un documento interpretativo del regolamento: ipotesi però accantonata perchè considerata non percorribile, in quanto la proposta non era stata formalizzata nè messa all'ordine del giorno. Già nel corso dell'audizione del dg Rai, diversi esponenti dell'opposizione avevano chiesto di mettere ai voti una risoluzione che 'svincolassè i talk show Rai, spiegando che il regolamento non obbligava l'azienda a sospenderli. Ma la proposta è stata di fatto bocciata dalla maggioranza: "Determinazioni da aggiungere non ce ne sono", ha ribadito il capogruppo del Pdl a San Macuto, Alessio Butti.

"Questa storia di rimpalli comincia dal regolamento della Vigilanza, che è illegittimo", aveva detto stamattina Garimberti spiegando che lui le trasmissioni le avrebbe riprese lo stesso "anche senza il colpo della Vigilanza. La maggioranza del Consiglio ha voluto così, io mi rimetto alle decisioni della maggioranza. Sia chiaro però - aggiunge - che lo stop dei talk rende un pessimo servizio alla Rai, all'informazione e agli utenti. Ma la colpa non è solo dalla Rai è ab origine e quindi del regolamento". Quando "ci viene detto da Beltrandi - aggiunge - che potevamo andare in onda lo stesso, io rispondo che sì lo potevamo fare ma a rischio. Troppo facile dire potevate andare in onda con il rischio. Mi aspetto che si sblocchi la situazione".

"Se c'era ancora qualche dubbio è stato fugato oggi in Commissione di vigilanza Rai. Facendo mancare il numero legale, la destra ha impedito che si votasse un invito, rivolto alla Rai, a ripristinare nei propri palinsesti i programmi di informazione come Porta a Porta, Ballarò, Annozero e L'ultima parola", dichiara il senatore del Pd Fabrizio Morri, capogruppo in commissione di Vigilanza sulla Rai che così continua: "Contrariamente a quanto affermato in pubblico in queste settimane da parte degli esponenti della maggioranza, e che cioè nessuno voleva chiudere i talk show di informazione politica, la realtà è che avevano già deciso di chiudere tali programmi fin dall'inizio. Dopo la sentenza del Tar sull'emittenza privata, si tratta di un atto gravissimo, del tutto illegittimo e di cui portano la responsabilità la maggioranza del Consiglio d'amministrazione e quella della Commissione di Vigilanza Rai. È una pagina nerissima nella storia del servizio pubblico radiotelevisivo".

Altroconsumo annuncia class action contro la Rai L'associazione "Altroconsumo" - che ha raccolto 5.000 firme a sostegno della petizione per la sospensione del canone Rai - ha annunciato l'avvio di una class action contro la Rai "per mancata fornitura del servizio pubblico d'informazione con lo stop ai talk show". "Gli utenti pagano il canone per poter fruire del servizio d'informazione - si legge in una nota dell'associazione dei consumatori - servizio che è stato sospeso arbitrariamente per decisione del Cda Rai e che invece può essere fornito dalle emittenti private, dopo la bocciatura del Tar Lazio del provvedimento Agcom per Sky, La7 e Mediaset". "Con la class action Altroconsumo chiede il risarcimento del danno subito dagli utenti che pur pagando il canone non possono fruire del servizio pubblico d'informazione - si spiega - sono oltre 5000 gli aderenti alla petizione per la sospensione del pagamento del canone tv su www.altroconsumo.it a sostegno della richiesta di Altroconsumo di ripristino dei programmi d'informazione e in difesa dell'articolo 21 della Costituzione: dalla petizione ora si passa alla class action".

Oggi, dalle 14 in poi, presidio davanti alla sede della commissione parlamentare di Vigilanza contro la "censura ai talk show della Rai. "Vigiliamo sulla Vigilanza" è il titolo dato all'iniziativa promossa dai comitati "Bobi - Boicotta il Biscione", "Articolo 21", "Onda viola" e "Popolo viola". Al sit-in davanti alla Vigilanza ci saranno anche rappresentanti dell'Italia dei valori: "Saremo lì a manifestare per la ripresa dei programmi d`informazione politica", annuncia il senatore dipietrista Stefano Pedica.

A San Macuto è stato ascoltato oggi in audizione il direttore generale della Rai, Mauro Masi, che ieri ha avuto mandato dal cda di acquisire le "valutazioni di competenza" della Vigilanza in materia di par condicio - dopo la pronuncia del Tar del Lazio che ha portato all'annullamento del regolamento per le tv private - e aveva scritto alla commissione affinchè assuma "le eventuali determinazioni" legate alla sua funzione di indirizzo.

16 marzo 2010

 

 

 

2010-03-11

Traffici e maneggi della banda dei "matti"

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

Anche senza calcolare le spiegazioni balbettate dall’ormai leggendario Milioni, sull’argomento si erano cimentati in molti. Nell’ordine, Vincenzo Piso, coordinatore del Pdl Lazio, Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl nazionale, Alfredo Pallone, il vice di Piso, l’avvocato Grazia Volo, chiamata in soccorso. Ma niente. Nessuno è riuscito laddove Berlusconi ha deciso, a dieci giorni dal fattaccio, di cimentarsi in prima persona. Missione: spiegare che se gli elettori del Pdl a Roma non troveranno il simbolo del loro partito sulla scheda elettorale "nessuna responsabilità è riconducibile ai nostri dirigenti a cui è stato impedito di presentare le liste".

Un’impresa titanica se anche il Giornale il 28 febbraio titolava: "Un partito di matti. La mancata presentazione della lista in tempo utile è il grottesco risultato degli equilibrismi per accontentare gli ex Fi e An". Altro che forza dei fatti. Ci vuole Berlusconi che dica: "Questa è la verità perché la dico io". Con tanto di attacchi ai radicali. E alla giudice, Anna Argento, già denunciata per "abuso d’ufficio". "Ai nostri delegati ha detto persino che per lei tutte le liste sono uguali", dice disgustato il premier. "Ma se nemmeno sapevo che erano del Pdl", replica lei: "Sono solo intervenuta a spiegare che ormai dovevano essere considerati in ritardo e non potevano rimettersi in fila con gli altri come se niente fosse, ma non ho mai impedito loro di consegnare alcunché", spiega tornando sul passaggio decisivo.

LA SCENA MADRE Per fotografare bene la scena bisogna fare un passo indietro. Giorgio Polesi, l’altro mancato-presentatore della lista Pdl, è in fila. Gerardo De Rosa, presentatore della lista del Psi, lo vede che maneggia i documenti contenuti nella famosa scatola. E si mette a riprenderlo con il telefonino. Nel frattempo arriva Milioni (di cui non a caso nella ricostruzione del premier non si cita l’orario di ingresso al tribunale) con altri documenti sotto braccio. Ai carabinieri viene fatto notare che sta succedendo qualcosa di irregolare. È in quel momento che Milioni e Polesi si allontano, abbandonando la scatola davanti alla stanza 23. Quando tornano trovano il Psi Di Tommaso e il radicale Sabatinelli stesi in terra: "Ma il passaggio non era impedito". È la "gazzarra" che Anna Argento e il suo collega Durante intervengono a sedare. Nella ricostruzione di Berlusconi quest’ultimo avrebbe assicurato al prefetto di Roma che "tutto sarebbe stato sanato a seguito di un ricorso". "Mi sembra difficile che possa aver detto così", osserva Anna Argento: "Avrà detto: si può fare ricorso".

Comunque, cosa stesse realmente accadendo sabato 27 febbraio in quei minuti decisivi lo racconta ancora l’esito del secondo tentativo. Quando Polesi e Milioni, l’8 marzo, scortati dal quartier generale del Pdl romano, ritornano in tribunale per presentare la lista in virtù del decreto Berlusconi. La scatola abbandonata nel corridoio l’hanno custodita i carabinieri: dentro ci sono le firme raccolte per presentare la lista. Mancano invece i documenti che Milioni stava portando, fuori tempo massimo, al suo collega in fila. Compreso l’atto principale. Quando Polesi entra in tribunale il 27 febbraio dunque non sono ancora le 12 ma la "documentazione è incompleta", come ha annotato Anna Argento bocciando per la seconda volta la lista presentata in virtù del decreto. "Avevo chiesto di essere esonerata, è stato il presidente del tribunale a chiedermi con un atto formale di andare avanti, confermando il mio operato", spiega che lei che, pur "amareggiata", assicura di aver fatto come sempre il suo lavoro "secondo coscienza". Non importa, il Giornale di famiglia l’ha già ritratta come "toga rossa". Berlusconi pure. Lei si dice "serena": "Però certo non mi farò prendere a calci restando inerme", medita la querela.

11 marzo 2010

 

 

 

Regione Lazio alla Consulta: "Stop al dl"

Sospendere in via cautelare il decreto legge "salva-liste": la richiesta è contenuta nel ricorso che la Regione Lazio ha stamane depositato alla Corte Costituzionale per sostenere l'illegittimità del provvedimento varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri.

La Consulta - secondo quanto si è appreso - dovrebbe riunirsi la prossima settimana per decidere se sospendere o meno il decreto. L'udienza non è stata ancora fissata ma il presidente della Corte, Francesco Amirante, potrebbe farlo tra oggi e domani.

 

11 marzo 2010

 

 

 

Berlusconi si scatena: "Nessun errore dei nostri, colpa dei radicali e dei magistrati". Bersani: è un agitatore. E Fini non va in piazza

di Ninni Andriolotutti gli articoli dell'autore

Tutti peccatori, tranne i suoi. Dirigenti e funzionari Pdl - giura Berlusconi - "non hanno responsabilità" nel caos elettorale che, pure, gli è costato un crollo di popolarità senza precedenti. Silvio-Wolf corre a risolvere i problemi del Lazio e cambia le carte in tavola nella speranza di raddrizzare la barca in vista del 28 marzo. "Rinvio del voto? Non l’ho mai pensato" - assicura, dopo la bocciatura bis dei suoi candidati a Roma. Sostegno "doppio" alla lista Polverini, quindi. Nel mirino, manco a dirlo, giudici amministrativi e di Tribunale che hanno fatto "errori marchiani", radicali che si sdraiano per terra facendo "gazzarra" e sinistra in genere "antidemocratica e meschina" che vuol correre da sola come se l’Italia fosse l’Unione sovietica. E, assieme, quei cattivoni dei giornalisti che hanno "disinformato" raccontando le cose all’incontrario e gettando croci addosso a quei poveri cristi romani di ex An e ex Fi che presentano candidature da 16 anni e che non sono certo pivellini alle prime armi. E ci dev’essere una ragione, quindi, se su 93 liste Pdl solo due sono rimaste impigliate nelle maglie dei "cavilli" e degli esami "occhiuti" che, al contrario, hanno graziato le irregolarità della sinistra.

COMPLOTTO ANTI PDL Insomma, così par di capire, il complotto anti-Silvio si concentra su Lazio e Lombardia per provocare un danno d’immagine tale da punire tutto il Pdl. Gli uomini del male hanno fatto i conti senza l’oste, però. Perché "gettando il cuore oltre l’ostacolo, lasciando ai legali i ricorsi, presentando i nostri programmi e scendendo in piazza per difendere la libertà di voto - assicura il Cavaliere - noi prevarremo ugualmente". Il "no" di Fini al maxi raduno del 20 marzo? Il Cavaliere preferisce non incendiare le polveri. "È o no la terza carica dello Stato?". Conferenza stampa in via dell’Umiltà, quartier generale Pdl. L’operazione "fuochi d’artificio" per la riscossa azzurra parte da qui. Ma Berlusconi non ha la cera adatta, scuro in volto, sorriso ostentato, nervoso e scomposto quando deve fronteggiare "il provocatore" Carlomagno che lo interrompe ripetutamente. Siede da solo dietro il lungo tavolo della presidenza e legge "con pignoleria" la sua verità sul "sorpruso" subito nel Lazio. Un obiettivo sopra tutti: dimostrare agli elettori delusi che "non è vero che è incapace di governare un Paese chi non riesce a presentare una lista". A Roma non c’è stata "imperizia", in sostanza. Si è impedito, al contrario "anche violentemente di far presentare il Pdl". Altro che "pasticci", "improvvisazione", "flop" del decreto salva liste che il premier si ostina a dichiarare "assolutamente costituzionale". Altro che buco nell’acqua di avvocati e costituzionalisti amici chiamati a dare una qualche veste giuridica alle prove muscolari di Silvio.

La verità, secondo il premier - bocciato da giudici amministrativi e corti d’appello - è che non si può giocare una partita di calcio "se l’arbitro amico dell’altra squadra chiude la tua negli spogliatoi". E tra i direttori di gara messi all’indice il "presidente Durante" e la "dottoressa Argento" dell'ufficio elettorale del Tribunale di Roma. E, assieme, il Tar del Lazio che ha bocciato il ricorso azzurro con "rilievi privi di pregio". I cittadini "sono stanchi delle carte bollate", ammette Berlusconi. Poi, però, si getta a capofitto nella lunga ricostruzione "documentata" di ciò che accadde a Roma il 27 febbraio. Primo: la lista Pdl non è stata manomessa, la documentazione era "assolutamente regolare". Secondo: i delegati Pdl sono arrivati in tempo. Terzo: hanno subito la gazzarra radicale e i giudici li hanno esclusi inspiegabilmente. Quarto: le assicurazioni che tutto sarebbe stato sistemato sono state disattese. "La gara vede i nostri avversari con un vantaggio indebito - ammette Berlusconi - Ma noi vinceremo lo stesso".

11 marzo 2010

 

 

2010-03-09

Pdl, doppio ko nel Lazio: dopo il Tar la lista bocciata anche dall'Ufficio elettorale. Pannella: rinvio voto. Bersani: "Basta pasticci". Il premier pensa alla piazza

Un'altra bocciatura, l'ennesima, per la lista Pdl della provincia di Roma. Ieri il Tar ha respinto il ricorso del partito di Berlusconi, oggi l'Ufficio elettorale circoscrizionale, dopo una lunga riunione, ha deciso di respingere nuovamente la lista. E pensare che il decreto varato la settimana scorsa dal governo era stato pensato prorpio per permettere al Pdl di ripresentare la lista lunedì, cosa che è puntualmente avvenuta. Ma l'Ufficio ha deciso di respingere la domanda.

Il Pd aveva annunciato il ricorso al Tar nel caso in cui la lista fosse stata ammessa, contando sul fatto che i giudici amministrativi "non potranno smentire se stessi dopo qualche giorno". Tutto ora dipende perciò dall'orientamento che esprimerà il Consiglio di Stato, a cui il Pdl ricorrerà, come ampiamente annuciato, contro la decisione del Tar. Gli avvocati del Pd hanno consegnato all'ufficio elettorale circoscrizionale l'ordinanza del Tar del Lazio con cui è stata respinta ieri la richiesta di sospensiva avanzata dal Pdl in merito alla lista provinciale di Roma.

Pdl in piazza il 20 marzo Durante un vertice nel pomeriggio con Alemanno, Polverni e i coordinatori Pdl a palazzo Grazioli, il premier ha spronato i suoi a impegnarsi nella campagna elettorale a prescindere dal responso dei giudici. Il Cavaliere, spiegano alcune fonti, è però deciso a spiegare agli elettori la posizione del Popolo delle libertà. Domani una conferenza stampa e il 20 marzo una grande manifestazione per spiegare che "la sinistra della burocrazia, delle carte bollate e dei giudici non vincerà".

Il messaggio "Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. È un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia". È questo un passaggio del video messaggio che il premier ha indirizzato ai Promotori della Libertà. Prima le liste non accolte in tribunale, "poi il Tribunale Amministrativo ha completato l'opera". Così Berlusconi, si lamenta della "duplice ingiustizia" subita dal Pdl a Roma sottolineando che il Tar ha respinto "non solo il nostro ricorso, ma anche l'invito che il Presidente della Repubblica aveva lanciato con una propria lettera, affinchè il diritto di voto, attivo e passivo fosse garantito nei confronti di tutti i contendenti, compresa la maggiore forza politica in Italia: il Popolo della Libertà". Le elezioni del 28 e 29 marzo "ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio", continua il premier nel vidoe messaggio. Berlusconi ha aggiunto di confidare nei Promotori della Libertà per sostenere la campagna elettorale: "Non abbiate timore, sfidate a viso aperto l'arroganza della sinistra: impegnatevi, datevi da fare, scendete in campo, sensibilizzate le forze sane del Paese e convincete tutti a schierarsi dalla parte del buongoverno, dalla parte della democrazia, dalla parte della libertà".

Per la manifestazione, esattamente una settimana dopo quella del Pd il 13 marzo, il Popolo della Libertà ha già chiesto al Comune di Roma la disponibilità di una piazza tra San Giovanni, piazza del Popolo e Bocca della verità. Alla manifestazione, alla quale potrebbero partecipare anche tutti i candidati del centrodestra nelle tredici regioni chiamate al voto, il presidente del Consiglio si rivolgerà direttamente a tutti i cittadini italiani. "Ora è il momento di concentrarci sulla campagna elettorale", ha detto Berlusconi, spronando i big del Pd ad andare avanti con forza lasciando da parte divisioni interne e polemiche. Secondo fonti Pdl, l'ipotesi di rinvio del voto sarebbe stata scartata. "Polverini correrà comunque", anche senza lista Pdl nella provincia di Roma: questo il senso dell'incontro di oggi a palazzo Grazioli. "La possibilità di un rinvio del voto",spiega una fonte del Pdl, "non viene quasi considerata, più probabile invece che Polverini corra anche senza la lista Pdl". La candidata del centrodestra, intanto, dopo la decisione del Tribunale ha detto: "Io continuo la mia campagna elettorale. C'è una coalizione ampia che mi sostiene".

 

Quirinale: ricostruzioni fantasiose "Si continuano a leggere su alcuni giornali e agenzie di stampa, con ripercussioni anche nel dibattito politico-istituzionale, ricostruzioni per tanti aspetti inconsistenti, se non fantasiose, dell'incontro svoltosi nella sera del 4 marzo al Quirinale". Lo si legge in una nota diffusa dal Quirinale dove viene precisato che "il Presidente della Repubblica, nella risposta a due cittadini pubblicata sabato scorso sul sito web del Quirinale, ha esposto i termini corretti degli eventi e delle relative problematiche, proprio per non alterare la serena e consapevole valutazione della intera vicenda".

Tar conferma riammissione Formigoni Il Tar della Lombardia ha confermato oggi, decidendo nel merito, la riammissione della lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni per le elezioni regionali. La Quarta sezione, presidente-relatore, dottor Adriano Leo - è scritto in un comunicato del Tar Lombardia - ha accolto i ricorsi e annullato gli atti impugnati, dichiarando "ammessa" la lista. "Non abbiamo fatto alcun discorso sul decreto del governo e la nostra decisione prescinde da quel decreto", ha spiegato il presidente della quarta sezione del Tar della Lombardia, Adriano Leo, alle parti dopo aver dichiarato la riammissione della lista di Roberto Formigoni alle elezioni regionali. "Ancora non ho nemmeno voluto leggere la copia del decreto", ha aggiunto Leo, spiegando alle parti che la decisione odierna del Tar della Lombardia prescinde dal decreto 'salva-listè del governo emanato nei giorni scorsi.

 

Pannella: rinviare il voto di un mese La pensa diversamente Pannella, che ha proposto di rinviare le elezioni regionali a fine aprile "per poter consentire un minimo di campagna elettorale, spostando di trenta giorni la consultazione così da mettere a posto questo "casino" in cui si sono messi tutti quanti". Pannella ha parlato a margine dell'assemblea dei Radicali. "Chiediamo solo - ha detto Pannella - che siano regolarizzate e normalizzate le elezioni, che altrimenti successivamente verrebbero annullate con un grave scandalo dalla giustizia italiana o dalla giurisprudenza internazionale". Pannella, durante il suo intervento ha chiarito che la candidatura di Emma Bonino non sarà ritirata: "Dico no all'Aventino - ha detto - anche perchè non mi sembra che il ritiro sia tecnicamente possibile". "Con i bari non si gioca", e "non si può far finta che nulla sia accaduto": ma allo stesso tempo "non si può gettare la spugna" e "salire sull'Aventino", aveva detto poco prima la Bonino, lasciando ogni decisione all'assemblea dei radicali che si concluderà nel pomeriggio. Alle 17 anche Bersani sarà all'assemblea dei radicali.

Bersani: "Siamo di fronte a degli apprendisti stregoni. Si dimostra che le divisioni e le forzature del Pdl hanno prodotto e stanno producendo solo inutili strappi alle regole e molta confusione", dice il segretario del Pd, dopo la decisione del Tribunale di Roma. Bersani ha rifiutato l'ipotesi di rinvio delle elezioni regionali nel Lazio. "Ho capito tutti gli scenari. Ma io sono per andare davanti agli elettori. Andiamo sicuri, andiamo a votare, andiamo col popolo, andiamo a vincere. La falla della confusione, del pasticcio è tutta di là", ha detto intervenendo all'assemblea nazionale dei Radicali al teatro dei Comici alla presenza della candidata del centrosinistra Emma Bonino. "È evidente che loro hanno imbrogliato. Il governo porta una responsabilità. Si sono fatti regole su misura, ma pare abbiano sbagliato pure la misura. Non sono stati capaci di farsi il vestito", ha aggiunto. "Il governo dei fatti è diventato il governo dei fatti suoi e i problemi della gente non emergono". "Berlusconi - ha affermato Bersani - non può più indicare il futuro ma questo non promette bene per il presente. È troppo forte per essere finito, ma è finito per essere forte". In questa fase, denuncia il leader democratico, c'è "il rischio di scosse al sistema democratico, già indebolito, e può portare discredito alla politica". Per Bersani negli ultimi tempi "si è molto accelerato l'impulso ad usare il consenso, finchè si ha, per cambiare le regole in corso d'opera".

Sul dl salva liste è durissimo l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che parla di "massacro delle istituzioni" e considera il decreto a rischio costituzionalità perché "interviene su una materia di competenza delle regioni" cosa che "la Costituzione vieta". Quanto al rinvio del voto, per l'ex presidente della Consulta Valerio Onida per il quale, se anche il Consiglio di Stato sospendesse la pronuncia del Tar comunque l'esito del voto sarebbe "sub judice" perché "il giudizio di merito sarà comunque dopo il voto".

Epifani sabato in piazza "Il decreto ci preoccupa e un decreto, in campagna elettorale, non si era mai visto". È il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, nel corso della conferenza stampa di presentazione dello sciopero generale del 12 marzo prossimo, a commentare il decreto interpretativo del governo sulle elezioni regionali. "Per questo parteciperò alla manifestazione di sabato perchè condivido gli obiettivi. C'è un filo rosso che lega il rispetto delle regole dei diritti dei lavoratori e quello delle regole della nostra democrazia". "La democrazia, infatti, si sostanzia anche nelle sue regole; vale per i diritti del lavoro, per un sindacato e vale anche per la

democrazia".

Bersani: il governo si dia una calmata Intanto il Pd invita il Governo a non aumentare il caos, "si calmassero un attimo perché temo che ogni passo ulteriori porti ancora più confusione". Il segretario del Pd invita quindi la maggioranza a "riposarsi un attimo" e a "non aggiungere altro caos, cerchiamo di occuparci per una volta dei problemi della gente". "Per l'amor di dio, sarebbe un altro pasticcio", dice Bersani a proposito dell'ipotesi di rinvio. "Stanno sommando turbamento a turbamento -afferma bersani-. sommano pasticci a pasticci. Chiedo al centrodestra di raffreddare la testa, di riposarsi un attimo e non avanzare ipotesi, come vedo fare ad alcuni ministri. raffreddino la testa, perchè c'è una scadenza elettorale con delle operazioni di validazione in corso".

"Non ci sono dubbi per nessuno che la manifestazione di sabato è sotto il segno della piena responsabilità del governo", aggiunge Bersani rispondendo ai giornalisti che gli chiedono se il leader Idv Antonio Di Pietro saprà evitare di trasformare la manifestazione di sabato in una protesta contro il Quirinale. "Le dichiarazioni di oggi sono molto positive", chiosa poi Bersani commentando le affermazioni in mattinata di Di Pietro. "Non mi aspetto che Berlusconi cambi opinione. A noi ci ha sempre e solo insultati, quindi per me pensare che cambi atteggiamento per cercare una soluzione è un periodo del terzo, anzi del quarto tipo", conclude il leader Pd.

Farefuturo parla di pasticci "Ma non chiamatela politica. Dategli almeno un altro nome, meglio se inventato: chiamatela "pasticcia" o magari "raffazzona", o anche "rabbercia". Insomma, dategli il nome che volete ma vi prego non chiamatela "politica"": questo l'appello del direttore Filippo Rossi su Ffwebmagazine, il periodico online di FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, a proposito del "caos liste". "Perchè - spiega - lo spettacolo di questi giorni, di queste ore, di faldoni, carte bollate, decreti, azzeccagarbugli, circolari, firme, controfirme, telefonate, liste vere, liste finte, urla, manifestazioni, dichiarazioni, accuse infondate e di scuse mai arrivate, responsabili irresponsabili, non può assomigliare nemmeno da lontano all'arte magnifica di governare la città. Quel che è successo - continua l'articolo - è segno evidente della debolezza di una politica che non ha più coscienza di sè, di una politica che non sa più chi è e, d'altra parte, non si pone nemmeno il problema di scoprirlo. Una politica che si muove come un naufrago in mezzo all'oceano, in preda ai venti e alle onde; che si muove nel deserto senza bussola e senza acqua. Senza meta e senza futuro". "Insomma - conclude l'articolo - chiamatela con un altro nome per cercare di salvare il salvabile, perchè quella che si arrabatta senza altri obiettivi se non la salvezza individuale non può chiamarsi davvero politica, azione intrinsecamente collettiva; e perchè altrimenti può cominciare a venire il dubbio che l'anti-politica sempre più diffusa nella società sia in realtà desiderio profondo di politica, quella vera. Quella che si può chiamare col suo nome, senza possibilità di sbagliare".

09 marzo 2010

 

 

 

 

 

Il Colle non commenta il Tar. "La Carta unisce gli italiani"

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Quanto fosse "interpretativo" il decreto che il presidente della Repubblica ha firmato venerdì scorso e quanto quelle norme non mettessero in discussione il giudizio di merito lasciato interamente ai magistrati, lo si è verificato con la sentenza di ieri sera del Tar.

I giudici hanno preso la loro decisione in totale autonomia, com’è giusto che sia. Ora sono attese altre sentenze stando alle prossime scadenze e ai ricorsi già annunciati e ad altri che è prevedibile, nella situazione che si è andata creando, seguiranno.

Dal Quirinale nessun commento. In una situazione del genere non c’è altro che il silenzioso rispetto di un giudizio. Aspettare la fine dell’iter. Questa la via da seguire.Resta la constatazione nei fatti della massima autonomia lasciata alla magistratura dal decreto che il governo aveva presentato a Napolitano "sotto la sua responsabilità", come prevede l’ articolo 77 della Costituzione. E che il presidente aveva firmato, dopo un braccio di ferro senza precedenti sul testo, e solo dopo averne ravvisato la necessità e l’urgenza ma anche la mancanza di "evidenti vizi di incostituzionalità". Nella lettera di spiegazioni, inviata a due cittadini per tutti gli altri che a lui si erano rivolti via web, il Capo dello Stato aveva però lamentato l’assenza di proposte per un’altra soluzione, comunque legislativa, che potesse "essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura". Il che può significare che vizi e dubbi ce ne possono sempre essere.

Migliaia di messaggi Attraverso il web il Colle ha aperto un filo diretto con i cittadini. Alle 17 di ieri erano 6.800 quelli che avevano scritto a Napolitano. Due terzi contro la sua decisione, un terzo a favore. La maggioranza, comunque, dialoganti. "E’ stato utile ed è servito quello strumento. Ho preferito una comunicazione diretta con argomenti che rispondessero alle vere domande dei cittadini senza intermediazioni perché con la gente bisogna parlare". Ma gli italiani hanno capito il messaggio del presidente? "Non faccio sondaggi" è la battuta di Napolitano che rimanda a quell’etica della responsabilità che altrove è difficile da rintracciare. Innanzitutto tra chi i sondaggi li cavalca e li usa come strumenti di lotta politica. Nella mattinata, dedicata all’8 marzo, Napolitano aveva scelto di non entrare esplicitamente nella polemiche che ha accompagnato la firma al decreto. La giornata era stata intitolata "alle donne di domani".

Ai giovani Dunque uno sguardo al futuro sulle basi del passato. A cominciare dalla Costituzione che è il collante che tiene unito il Paese "al di là di ogni differenza di modi di pensare e di posizioni politiche " anche in un momento in cui "abbiamo bisogno di speranza e fiducia". Ha parlato di coraggio il presidente, di quello necessario a chi vuole essere in pace con la propria coscienza. Parla ai ragazzi ma la sottolineatura che "una democrazia rispettabile è proprio il luogo nel quale per essere buoni cittadini non bisogna esercitare nessun atto di coraggio" può anche riferirsi alle vicende di questi giorni e alle sue scelte difficili. C’è poi la questione del buon esempio che può contribuire alle nuove generazioni di realizzarsi moralmente. L’esempio deve venire "non solo dalle famiglie ma da tutti coloro che occupano posizioni di rilievo nella società civile e nello Stato".

09 marzo 2010

 

 

 

Bersani: "Rinvio voto? Basta pasticci". Lista Pdl Lazio, stasera il verdetto dell'Ufficio elettorale. Pannella propone rinvio di un mese

Resta nel caos la vicenda delle liste del Pdl dopo che il Tar ha bocciato il ricorso del partito per la lista provinciale nel Lazio. Per oggi è atteso il responso dell'ufficio elettorale di Roma sulla ri-presentazione della lista Pdl avvenuta ieri grazie al decreto del governo. La decisione, attesa per le 18, non è ancora arrivata: l'esame si è protratto, il verdetto dovrebbe arrivare intorno alle 20.

Il Pdl pensa al ricorso al Consiglio di Stato ma c'è anche chi pensa ad un rinvio del voto, ipotesi che il Pd boccia. Bisogna evitare altri pasticci dice il segretario Pierluigi Bersani, ed evitare "altri caos".

Il Pd ha già annunciato il ricorso al Tar nel caso in cui la lista venga ammessa, contando sul fatto che i giudici amministrativi "non potranno smentire se stessi dopo qualche giorno". Tutto ora dipende perciò dall'orientamento che esprimerà il Consiglio di Stato, a cui il Pdl ricorrerà, come ampiamente annuciato, contro la decisione del Tar. Gli avvocati del Pd hanno consegnato all'ufficio elettorale circoscrizionale l'ordinanza del Tar del Lazio con cui è stata respinta ieri la richiesta di sospensiva avanzata dal Pdl in merito alla lista provinciale di Roma.

Tar conferma riammissione Formigoni Il Tar della Lombardia ha confermato oggi, decidendo nel merito, la riammissione della lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni per le elezioni regionali. La Quarta sezione, presidente-relatore, dottor Adriano Leo - è scritto in un comunicato del Tar Lombardia - ha accolto i ricorsi e annullato gli atti impugnati, dichiarando "ammessa" la lista. "Non abbiamo fatto alcun discorso sul decreto del governo e la nostra decisione prescinde da quel decreto", ha spiegato il presidente della quarta sezione del Tar della Lombardia, Adriano Leo, alle parti dopo aver dichiarato la riammissione della lista di Roberto Formigoni alle elezioni regionali. "Ancora non ho nemmeno voluto leggere la copia del decreto", ha aggiunto Leo, spiegando alle parti che la decisione odierna del Tar della Lombardia prescinde dal decreto 'salva-listè del governo emanato nei giorni scorsi.

Vertice a palazzo Grazioli I coordinatori del Pdl Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini sono a palazzo Grazioli per un vertice con il premier Berlusconi sul nodo delle liste regionali del Lazio. Partecipano all'incontro Renata Polverini, candidata del centrodestra alla presidenza della regione Lazio, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e Vincenzo Piso, coordinatore regionale del Popolo della libertà.

Il premier avrebbe spronato i suoi a impegnarsi nella campagna elettorale a prescindere dal responso dei giudici. Il Cavaliere, spiegano alcune fonti, è però deciso a spiegare agli elettori la posizione del Popolo delle libertà. Il Cavaliere, raccontano, sarebbe intenzionato a spiegare quanto accaduto in una conferenza stampa che dovrebbe tenersi giovedì prossimo. Previsto inoltre anche un evento elettorale con la Polverini la prossima settimana. "Ora è il momento di concentrarci sulla campagna elettorale", ha detto Berlusconi, spronando i big del Pd ad andare avanti con forza lasciando da parte divisioni interne e polemiche. Secondo fonto Pdl, l'ipotesi di rinvio del voto sarebbe stata scartata. "Polverini correrà comunque", anche senza

lista Pdl nella provincia di Roma: questo il senso dell'incontro di oggi a palazzo Grazioli. "La possibilità di un rinvio del voto", spiega una fonte del Pdl, "non viene quasi considerata, più probabile invece che Polverini corra anche senza la lista Pdl", nell'eventualità che stasera il tribunale la bocci di nuovo.

Pannella: rinviare il voto di un mese La pensa diversamente Pannella, che ha proposto di rinviare le elezioni regionali a fine aprile "per poter consentire un minimo di campagna elettorale, spostando di trenta giorni la consultazione così da mettere a posto questo "casino" in cui si sono messi tutti quanti". Pannella ha parlato a margine dell'assemblea dei Radicali. "Chiediamo solo - ha detto Pannella - che siano regolarizzate e normalizzate le elezioni, che altrimenti successivamente verrebbero annullate con un grave scandalo dalla giustizia italiana o dalla giurisprudenza internazionale". Pannella, durante il suo intervento ha chiarito che la candidatura di Emma Bonino non sarà ritirata: "Dico no all'Aventino - ha detto - anche perchè non mi sembra che il ritiro sia tecnicamente possibile". "Con i bari non si gioca", e "non si può far finta che nulla sia accaduto": ma allo stesso tempo "non si può gettare la spugna" e "salire sull'Aventino", aveva detto poco prima la Bonino, lasciando ogni decisione all'assemblea dei radicali che si concluderà nel pomeriggio. Alle 17 anche Bersani sarà all'assemblea dei radicali.

Bersani ai radicali: no, andiamo a vincere Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani dice "no" ad un'ipotesi di rinvio delle elezioni regionali nel Lazio. "Ho capito tutti gli scenari. Ma io sono per andare davanti agli elettori. Andiamo sicuri, andiamo a votare, andiamo col popolo, andiamo a vincere. La falla della confusione, del pasticcio è tutta di là", ha detto intervenendo all'assemblea nazionale dei Radicali al teatro dei Comici alla presenza della candidata del centrosinistra Emma Bonino. "È evidente che loro hanno imbrogliato. Il governo porta una responsabilità. Si sono fatti regole su misura, ma pare abbiano sbagliato pure la misura. Non sono stati capaci di farsi il vestito", ha aggiunto. "Il governo dei fatti è diventato il governo dei fatti suoi e i problemi della gente non emergono". "Berlusconi - ha affermato Bersani - non può più indicare il futuro ma questo non promette bene per il presente. È troppo forte per essere finito, ma è finito per essere forte". In questa fase, denuncia il leader democratico, c'è "il rischio di scosse al sistema democratico, già indebolito, e può portare discredito alla politica". Per Bersani negli ultimi tempi "si è molto accelerato l'impulso ad usare il consenso, finchè si ha, per cambiare le regole in corso d'opera".

Sul dl salva liste è durissimo l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che parla di "massacro delle istituzioni" e considera il decreto a rischio costituzionalità perché "interviene su una materia di competenza delle regioni" cosa che "la Costituzione vieta". Quanto al rinvio del voto, per l'ex presidente della Consulta Valerio Onida per il quale, se anche il Consiglio di Stato sospendesse la pronuncia del Tar comunque l'esito del voto sarebbe "sub judice" perché "il giudizio di merito sarà comunque dopo il voto".

Epifani sabato in piazza "Il decreto ci preoccupa e un decreto, in campagna elettorale, non si era mai visto". È il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, nel corso della conferenza stampa di presentazione dello sciopero generale del 12 marzo prossimo, a commentare il decreto interpretativo del governo sulle elezioni regionali. "Per questo parteciperò alla manifestazione di sabato perchè condivido gli obiettivi. C'è un filo rosso che lega il rispetto delle regole dei diritti dei lavoratori e quello delle regole della nostra democrazia". "La democrazia, infatti, si sostanzia anche nelle sue regole; vale per i diritti del lavoro, per un sindacato e vale anche per la

democrazia".

Bersani: il governo si dia una calmata Intanto il Pd invita il Governo a non aumentare il caos, "si calmassero un attimo perché temo che ogni passo ulteriori porti ancora più confusione". Il segretario del Pd invita quindi la maggioranza a "riposarsi un attimo" e a "non aggiungere altro caos, cerchiamo di occuparci per una volta dei problemi della gente". "Per l'amor di dio, sarebbe un altro pasticcio", dice Bersani a proposito dell'ipotesi di rinvio. "Stanno sommando turbamento a turbamento -afferma bersani-. sommano pasticci a pasticci. Chiedo al centrodestra di raffreddare la testa, di riposarsi un attimo e non avanzare ipotesi, come vedo fare ad alcuni ministri. raffreddino la testa, perchè c'è una scadenza elettorale con delle operazioni di validazione in corso".

"Non ci sono dubbi per nessuno che la manifestazione di sabato è sotto il segno della piena responsabilità del governo", aggiunge Bersani rispondendo ai giornalisti che gli chiedono se il leader Idv Antonio Di Pietro saprà evitare di trasformare la manifestazione di sabato in una protesta contro il Quirinale. "Le dichiarazioni di oggi sono molto positive", chiosa poi Bersani commentando le affermazioni in mattinata di Di Pietro. "Non mi aspetto che Berlusconi cambi opinione. A noi ci ha sempre e solo insultati, quindi per me pensare che cambi atteggiamento per cercare una soluzione è un periodo del terzo, anzi del quarto tipo", conclude il leader Pd.

Farefuturo parla di pasticci "Ma non chiamatela politica. Dategli almeno un altro nome, meglio se inventato: chiamatela "pasticcia" o magari "raffazzona", o anche "rabbercia". Insomma, dategli il nome che volete ma vi prego non chiamatela "politica"": questo l'appello del direttore Filippo Rossi su Ffwebmagazine, il periodico online di FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, a proposito del "caos liste". "Perchè - spiega - lo spettacolo di questi giorni, di queste ore, di faldoni, carte bollate, decreti, azzeccagarbugli, circolari, firme, controfirme, telefonate, liste vere, liste finte, urla, manifestazioni, dichiarazioni, accuse infondate e di scuse mai arrivate, responsabili irresponsabili, non può assomigliare nemmeno da lontano all'arte magnifica di governare la città. Quel che è successo - continua l'articolo - è segno evidente della debolezza di una politica che non ha più coscienza di sè, di una politica che non sa più chi è e, d'altra parte, non si pone nemmeno il problema di scoprirlo. Una politica che si muove come un naufrago in mezzo all'oceano, in preda ai venti e alle onde; che si muove nel deserto senza bussola e senza acqua. Senza meta e senza futuro". "Insomma - conclude l'articolo - chiamatela con un altro nome per cercare di salvare il salvabile, perchè quella che si arrabatta senza altri obiettivi se non la salvezza individuale non può chiamarsi davvero politica, azione intrinsecamente collettiva; e perchè altrimenti può cominciare a venire il dubbio che l'anti-politica sempre più diffusa nella società sia in realtà desiderio profondo di politica, quella vera. Quella che si può chiamare col suo nome, senza possibilità di sbagliare".

09 marzo 2010

 

 

 

 

Pd e Idv, torna il sereno: sabato in piazza insieme nonostante le divisioni sul Quirinale

Dopo la tensione dei giorni scorsi, sembra tornare il sereno tra il Pd e l'Idv che sabato manifesteranno a piazza del Popolo insieme a tutti i partiti dell'opposizione, tranne l'Udc. Un appello comune e gli aspetti organizzativi dell'iniziativa sono stati messi a punto in una riunione, in corso oggi pomeriggio nella sede del Pd.

La riunione era affollata come non si vedeva dai tempi dell'Unione: i dirigenti del Pd Maurizio Migliavacca e Nico Stumpo, il segretario laziale dell'Idv Stefano Pedica, esponenti di Sel, del Partito Socialista e della Federazione della Sinistra, e anche rappresentanti dei Radicali che domani, nell'assemblea nazionale, decideranno ufficialmente se partecipare alla manifestazione.

Le parole d'ordine della manifestazione, che comincerà alle 14 a piazza del Popolo, saranno democrazia, legalità e lavoro e la protesta contro il dl salva-liste si coniugherà con la denuncia dell'inadeguatezza del governo di fronte alla crisi economica. Chi ha partecipato alla riunione parla di concordia dei partecipanti sullo scopo dell'iniziativa "senza nessun distinguo da parte dell'Italia dei Valori, che ha preso coscienza che il governo è l'unico responsabile del dl-truffa".

Nei giorni scorsi, e anche fino a stamattina, le tensioni per gli attacchi dell'Idv a Napolitano avevano messo in dubbio la manifestazione comune prevista per sabato. Molti nella riunione del coordinamento Pd che si è tenuta ieri sera avevano messo in guardia dal rischio di una piazza egemonizzata dagli slogan dei dipietristi contro il Quirinale. Il vicesegretario del partito, Enrico Letta, aveva parlato apertamente della possibilità di non aderire alla manifestazione"Dobbiamo stare uniti però se quella sarà una piazza contro Napolitano, non sarà la nostra". E il veltroniano Giorgio Tonini: "Guai se il Pd si smarca dalla difesa di Napolitano. Noi ricordiamo tutti il precedente di piazza Navona con gli insulti al capo dello Stato: il Pd in una piazza così non può starci. Se Di Pietro vuole portare alla manifestazione cartelli, insegne e parole contro Napolitano, noi in quella piazza non ci saremo".

Le parole del capogruppo Idv, Massimo Donadi, avevano segnato una importante apertura: "Ora è il momento dell'unità delle opposizioni, perchè questo governo ha passato il segno. Non possiamo farci trovare divisi, ma dobbiamo essere uniti in parlamento e nelle piazze". E tuttavia le parole di Di Pietro, che anche oggi ha paragonato napolitano a Ponzio Pilato, avevano contribuito ad alimentare la tensione".

In piazza non ci sarà l'Udc di Casini: "Oggi la piazza è un aiuto a Berlusconi" e gli "atteggiamenti di Di Pietro finiscono per essere solo funzionali a chi è palesemente dalla parte del torto come Berlusconi. Questo è un Paese che, ancora una volta, si divide in modo lacerante mentre i problemi degli italiani sono completamente fuori dalla campagna elettorale".

"La sentenza del Tar dimostra che le ragioni per scendere in piazza sabato ci sono tutte. Il vulnus portato dal governo è confermato così come la nostra decisione di manifestare sabato a Roma", dice il coordinatore della segreteria nazionale del Pd Maurizio Migliavacca conferma la mobilitazione del Pd a Piazza del Popolo dopo la decisione del

Tar del Lazio di escludere la lista Pdl dalla corsa elettorale.

"Saremo presenti alla manifestazione di sabato 13 per difendere la democrazia e la legalità nel nostro paese, ma troviamo un errore che nella riunione organizzativa convocata oggi dal Pd non siano state coinvolte le realtà associative, il Popolo Viola e tutte quelle realtà sociali che si sono mobilitate per la difesa della Costituzione e della democrazia". Lo ha dichiarato il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli. "Una riunione classica fra partiti - spiega - non è sufficiente a rappresentare un intero mondo civile e sociale che dopo l'approvazione del decreto 'salva listè si è mobilitato e si sta mobilitando". "Abbiamo suggerito che tra le parole d'ordine della manifestazione ci fosse anche l'ambiente perchè in tutti i paesi d'Europa lo sviluppo e i nuovi posti di lavoro si stanno creando attraverso il binomio ecologia e economia - conclude Bonelli -. Ci spiace che le altre forze politiche non condividano questo nostro suggerimento".

08 marzo 2010

 

 

 

Restiamo uniti

di Andrea Camilleritutti gli articoli dell'autore

I lettori de "l’Unità" sono una categoria speciale all’interno dell’enorme folla dei lettori di Andrea Camilleri. Lo hanno conosciuto non solo come il padre del commissario Montalbano, come l’autore di decine di romanzi storici e di saggi, ma anche come "lo chef" che, fino al maggio scorso, assieme a Saverio Lodato, ha servito quotidianamente un piatto di riflessioni, spesso amare, su quanto accadeva nel nostro paese. Poi lo chef ottantaquattrenne ha preso un periodo di riposo. L’ha interrotto ieri, come spiega nelle righe che seguono, per dare ai lettori de l’Unità una ricetta contro i freddi di questo interminabile inverno.

 

Ieri sera sono intervenuto alla presentazione del libro "Un inverno italiano", edito da Chiarelettere, che ho scritto insieme a Saverio Lodato e in cui abbiamo raccolto le nostre rubriche per "l’Unità". L’ho fatto perché, tra i vari sconvolgimenti atmosferici con i quali siamo ormai costretti a fare i conti, c’è un fatto certo che mi atterrisce: quest’inverno italiano dura ormai da troppo tempo.

Forse, visto che a queste elezioni amministrative si è finito col dare, da parte di Berlusconi, ancora una volta il significato di un referendum sulla sua persona, mi pare che sarebbe la volta buona, non dico per provocare la fine dell’inverno ma, almeno, una pausa del diluvio.

E mi auguro che l’opposizione non finisca ancora una volta col perdere non tanto per fattori esterni, quanto per polemiche interne. Si era visto in questi giorni, soprattutto all’indomani del decreto, un certo suo ricompattamento. Ma subito dopo è arrivata una doccia fredda, come se non bastasse la doccia dell’inverno.

La prima avvisaglia è stata la voce del possibile ritiro dei radicali. Sarebbe, a mio avviso, una scorrettezza gravissima pari, forse, alle scorrettezze del Pdl (e quante siano state ce lo dice anche la sentenza di ieri del Tar del Lazio) che il decreto ha tentato di sanare. In parole povere, il ritiro di Emma Bonino significherebbe negare il voto all’intera opposizione di sinistra.

Pregherei poi tantissimo quelli del Partito democratico di non enfatizzare troppo le dichiarazioni di Di Pietro il quale, spesso e volentieri, sembra perdere il senso e il significato di alcune parole. Detto tra parentesi, le trovo meno calibrate di quando faceva il pubblico ministero.

L’importante è trovarsi tutti uniti e cercare di battere Berlusconi con la vera arma della democrazia che è il voto popolare. Mi sembra che la manifestazione di sabato prossimo, alla quale purtroppo ancora una volta potrò essere presente solo in spirito, possa essere una cartina di tornasole per saggiare la vera compatta volontà dell’opposizione di dare una prima vera spallata a questo governo.

E al suo leader che riesce ogni giorno di più a dividere un Paese che, invece, avrebbe necessità assoluta di unità. Quell’unità per la quale ogni giorno il nostro capo dello Stato Giorgio Napolitano è costretto a fare gli straordinari.

09 marzo 2010

 

 

 

 

Guazzabuglio giuridico, elezioni a rischio rinvio

Un guazzabuglio giuridico su cui i costituzionalisti si dividono e i cui effetti sono tutti da valutare ma che in extrema ratio possono far rischiare l' annullamento o lo slittamento delle elezioni in Lombardia e Lazio, le due regioni in cui è aperta la contesa sulle liste.

Le ricadute del decreto legge 'salva-listè dovranno essere misurate sulle decisioni che i Tribunali amministrativi regionali adotteranno (nel merito, essendo già note le decisioni sulle "sospensive") in prima battuta, il Consiglio di Stato in appello, e la Corte Costituzionale sulla legittimità di un decreto che, visti i tempi, sarà convertito in legge solo dopo l'appuntamento elettorale di fine marzo.

"Non c'è dubbio che qualsiasi decisione venisse presa dalla giustizia amministrativa per effetto del decreto legge, senza che questo sia poi convertito dal Parlamento, il risultato delle elezioni rischia di essere vanificato", spiega Massimo Siclari, professore di diritto costituzionale all'Università di Roma Tre. In Lombardia, tuttavia, il Tar ha deciso, in via cautelare, di riammettere la lista di Formigoni senza "l'aiutino" del decreto legge, dunque basandosi su una precedente giurisprudenza amministrativa (ribadita dal dl di venerdì scorso) sulle irregolarità meramente formali. Resterà da vedere se la decisione sarà confermata anche nel merito e in appello, ma fintanto che in Lombardia la lista Formigoni sarà riammessa o esclusa non in forza del decreto legge, le elezioni dipenderanno in tutto e per tutto dai tempi della giustizia amministrativa.

Più complessa la situazione nel Lazio. Il Tar, in via cautelare, ha deciso di non riammettere la lista del Pdl, sostenendo l'inapplicabilità del decreto legge in una materia già regolata da una norma elettorale regionale. Ora il Consiglio di Stato, sempre in sede di sospensiva, potrebbe ribaltare la decisione dei giudici di primo grado. Ma la parola definitiva arriverà solo dalla decisione di merito che il Tar del Lazio ha preannunciato per maggio, ad elezioni concluse, e rispetto alla quale l'ultima parola è dei giudici supremi amministrativi di Palazzo Spada.

In attesa del verdetto finale, il governo potrebbe anche decidere di rinviare le elezioni nelle regioni della discordia, ma la scelta sarebbe politicamente assai onerosa. In una situazione di per sè già caotica, si inserisce la chiamata in causa della Corte Costituzionale, alla quale ha fatto ricorso la Regione Lazio contro il decreto 'salva-listè e contro cui hanno preannunciato altrettanto anche Piemonte e Toscana. Gli atti non sono ancora arrivati a Palazzo della Consulta dove però, in base alla legge La Loggia del 2003, è possibile chiedere la sospensiva dell'atto impugnato prima della decisione di merito.

In questo caso la Corte Costituzionale potrebbe anche sospendere, entro un mese, il dl 'salva-listè. I tempi, però, fanno notare a Palazzo della Consulta, sono troppo ristretti e molto probabilmente la Corte si troverà a dover decidere dopo il 28 marzo. In questa guerra a colpi di ricorsi e contro-riscorsi, il peso di qualsiasi decisione politica sarà preminente anche in caso di una non eventuale conversione in legge del decreto 'salva-listè: se i Tar o il Consiglio di Stato delibereranno sulla base di un dl che poi verrà fatto 'morirè, allora tutto sarà da rifare. Almeno in quelle regioni in cui il guazzabuglio sembra lontano dal definirsi.

I precedenti <Nel 2001 le regionali in Molise furono annullate dal Tar, e si tornò a votare l'anno dopo. Nel 2005 quelle della Basilicata furono rinviate, a tre giorni dal voto, perchè una sentenza amministrativa aveva riammesso una lista prima esclusa. Sono questi gli ultimi precedenti di interventi della magistratura per vicende legate alla presentazione delle liste. Ed è quello che potrebbe succedere anche nel Lazio, dove il ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar sulla riammissione della lista della Pdl potrebbe portare o ad un suo rinvio; o, addirittura, ad un suo annullamento, ma dopo il 28 e il 29 marzo.

Il primo marzo 2001 i giudici del Tar di Campobasso, ritennero fondata la denuncia di irregolarità nelle elezioni che si erano svolte nell' aprile del 2000. A vincere era stato Giovanni Di Stasi (Ds). In particolare, era stata ammessa al voto una lista dei verdi e dei Comunisti Italiani che non avevano l'autentica delle firme di presentazione. Il consiglio di Stato, nel giugno del 2001 confermò la sentenza, precisando che "la partecipazione delle liste che avrebbero dovute essere escluse ha inciso sull' esito elettorale".

Il consiglio regionale venne quindi sciolto e la nuova consultazione si tenne l'11 novembre 2001, e a vincere questa volta fu Di Iorio, (Fi). A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate, nell'aprile 2005, di due settimane. Questo perchè la decisione del Consiglio di Stato di riammettere la lista era giunta a ridosso del voto, e non aveva permesso ai candidati di svolgere la campagna elettorale.

08 marzo 2010

 

 

 

Napolitano: "Esclusione del Pdl non era sostenibile, il decreto l'unica soluzione"

Il presidente della Repubblica ha deciso di rendere note le ragioni della sua firma al decreto interpretativo varato ieri sera dal governo sul tema delle liste elettorali. Napolitano ha scelto di rispondere sul sito del Quirinale a due delle tante lettere di cittadini ricevute in queste ore, che pubblichiamo integralmente prima della risposta del presidente.

"Signor Presidente della Repubblica, le chiedo di non firmare il decreto interpretativo proposto dal governo in quanto in un paese democratico le regole non possono essere cambiate in corso d’opera e a piacimento del governo, ma devono essere rispettate da tutte le componenti politiche e sociali per la loro importanza per la democrazia e la vita sociale dei cittadini italiani.

Confidando nella sua serenità e capacità di giudizio per il bene del Paese e nel suo alto rispetto per la nostra Costituzione. Cordiali saluti".

Alessandro Magni

"Signor Presidente Napolitano, sono a chiederle di fare tutto quello che lei può per lasciarci la possibilità di votare in Lombardia chi riteniamo che ci possa rappresentare. Se così non fosse, sarebbe un grave attentato al diritto di voto".

In fede

M. Cristina Varenna

La risposta di Napolitano:

"Egregio signor Magni, gentile signora Varenna, ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto. Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici.

Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall’ufficio competente costituito presso la corte d’appello di Milano. Erano in gioco due interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi.

Non si può negare che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico. Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell’opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere – neppure in Lombardia – "per abbandono dell’avversario" o "a tavolino". E si era anche da più parti parlato della necessità di una "soluzione politica": senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso.

Una soluzione che fosse cioè "frutto di un accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni? Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all’autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall’altra parte.

Ma in ogni caso – questo è il punto che mi preme sottolineare – la "soluzione politica", ovvero l’intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal punto ristretti – dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano – che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge.

Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell’interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione – comunque inevitabilmente legislativa – potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura.

La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E’ bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri".

Cordialmente

Giorgio Napolitano

06 marzo 2010

 

2010-03-05

Caos liste, parte in ritardo il Cdm per il decreto "salva Formigoni". Bersani: solo un trucco, opposizione dura

Alle fine, poco prima delle 22, il Consiglio dei ministri ha varato il decreto "interpretativo" per riammettere le liste Pdl del Lazio e il listino di Formigoni alle regionali di fine marzo. Slitatto più volte, poi partito con oltre un'ora di ritardo, il Cdm alla fine si è riunito verso le 21 e ha varato la toppa agli errori commessi dal centrodestra. Berlusconi si è detto "soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni al fine di garantire a tutti il diritto di voto".

"Le norme vigenti non sono modificate, ma si è data una interpretazione autentica, affinchè il Tar possa applicare la legge in modo corretto secondo l'interpretazione che il legislatore, in questo caso il governo, dà alla legge. È lasciata al Tar la decisione se le contestazioni siano fondate oppure no e se la richiesta di riammissione delle liste è accoglibile oppure no", ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, al termine del Consiglio dei Ministri che ha varato il decreto interpretativo sul voto alle regionali. Maroni ha anche aggiunto che stasera stessa il Quirinale esaminerà il decreto che domani sarà in gazzetta ufficiale. Sempre se non ci saranno "obiezioni" da parte del Capo dello Stato, ha ammesso il titolare del Viminale. "Non è il governo a decidere, perchè sarà il Tar a decidere sull'ammissione o meno dei ricorsi. Il governo si è limitato a dire qual è l'interpretazione corretta delle norme". ha ribadito Maroni, facendo un esempio di norma "da interpretare" come il caso del cancelliere che "non può rifiutarsi di ricevere i contrassegni e le liste anche se li ritiene irregolari e fuori dei termini, ovvero in ritardo". Con il provvedimento di questa sera, ha detto ancora Maroni, "si può decidere serenamente se i ricorsi possono essere accolti o no. Nessuna - lo ripeto - modifica legislativa".

Il decreto potrebbe entrare in vigore già domani, giorno in cui il Tar lombardo dovrà pronunciarsi sulla sospensiva chiesta da Formigoni. Mentre per lunedì il Tar del Lazio dovrà pronunciarsi sul ricorso del pdl romano.

"Sono in Consiglio dei Ministri dove stiamo facendo un decreto legge interpretativo delle norme che attengono alle elezioni regionali in modo che speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia", ha detto il premier intorno alle 21, intervenuto telefonicamente alla convention del Pdl organizzata in un teatro a Bari per presentare le liste che sostengono il candidato del centrodestra in Puglia, Rocco Palese.

La bozza del decreto Nella bozza del decreto interpretativo, pubblicata dall'agenzia Dire, si legge che "nella verifica delle liste, la veridicità delle firme e la regolarità della loro autenticazione non sono inficiate dalla presenza di irregolarità meramente formali, quali la mancanza o non leggibilità del timbro della autorità autenticante, dei dati afferenti alla sua qualifica, della data, del luogo". Il comma in questione risolverebbe dunque la questione della esclusione della lista Formigoni in lombardia. Per quanto riguarda il Pdl del Lazio, nel decreto si stabilisce che "il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste dei candidati è assicurato con il comprovato ingresso nei locali del competente tribunale o corte di appello, entro l'orario previsto, dei delegati incaricati della presentazione delle liste; e che, quando, nonostante il rispetto della citata condizione e la volontà di procedere alla presentazione delle liste e della documentazione relativa, per qualunque motivo non è comunque intervenuta l'effettiva consegna delle liste alla cancelleria, i delegati possono espletare le formalità di consegna senza ritardo e comunque non oltre 24 ore dalla scadenza del termine".

E qui sta la mossa furbetta del governo. Nell'articolo 2, infatti, si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall'accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale. Una norma transitoria stabilirebbe poi che - unicamente per quanto riguarda le regionali in Lazio e Lombardia - la partenza delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto.

Nella bozza si legge che "la straordinaria necessità e urgenza" del provvedimento è data "per consentire il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle regioni a statuto ordinario fissate per il 28 e 29 marzo 2010". E per assicurare "il "favor electionis" secondo i principi di cui agli articoli 1 e 48 della costituzione".

Nella premessa si legge ancora che si ravvisa anche "l'esigenza di assicurare l'esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo costituzionalmente tutelati a garanzia dei fondamentali valori di coesione sociale, presupposto di un sereno e pieno svolgimento delle competizioni elettorali".

L'esame del Quirinale Il testo del decreto, come ha ammesso Maroni, è stato concordato con il Quirinale. Che ora dovrà valutare se si tratti, come richiesto dal Colle, di un decreto meramente interpretativo o di uno stravolgimento delle regole elettorali. Secondo leindiscrezioni Napolitano potrebbe dare il via libera al decreto.

 

Il Pd fa muro Pierluigi Bersani preannuncia "una ferma opposizione" del Pd di fronte al decreto interpretativo che il governo si accinge a varare e ribadisce tutte le ragioni del no che va riptendo fin da ieri. "È evidente - ha detto il leader del Pd - che il governo vuole ovviare con il decreto ad obiezioni di tipo costituzionale, come sarebbe stato con un decreto cosiddetto innovativo. Usano il decreto interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio; ma il trucco c'è e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo". "Se decidono così - conclude - potranno aspettarsi solo una ferma opposizione".

Molti nel Pd protestano duramente, da Rosy Bindi a Ignazio Marino a tutta l'area Franceschini. Il presidente della provincia di Roma Zingaretti parla di "momento buio per la vita democratica italiana", ed esprime la solidarietà "a chi rispetta le regole, a chi paga le multe, a chi versa correttamente le tasse, a chi si ferma al rosso. Insomma esprimo la mia solidarietà alle persone perbene".

Pare che il vertice del Pd abbia colto con una certa sorpresa l'apertura del Quirinale a un decreto interpretativo. Già prima del varo del decreto i toni di D'Alema erano stati prudenti: ."Vedremo di cosa si tratta. Per quel che si capisce il governo ha rinunciato a cambiare la normativa in corso d'opera, che sarebbe stata una cosa gravissima. Bisognerà vedere che cosa si intende per decreto interpretativo".

"Questo è un vero e proprio golpe contro il quale occorre opporsi con una chiamata alle armi democratiche", ha detto il leader dell'Idv Di Pietro. "Infatti, scenderemo in piazza con una grande mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche", ha preannunciato. Questo, ha insistito, "è l'ennesimo provvedimento ad hoc, fatto a uso e consumo dei soliti noti, che calpesta regole, diritti e Costituzione. Truccano le carte mentre si è in corsa con un decreto che definiscono impropriamente "interpretativo", al solo scopo di ingannare gli italiani, ma in realtà è una vera e propria truffa". Di fatto, ha aggiunto, "fanno una legge per rendere lecito tutto ciò che fino a ora era illecito. Operazione degna dei peggiori regimi: non c'è più il senso del limite nè del diritto".

"Penso che il consiglio dei ministri straordinario si convochi per esaminare i dati sulla disoccupazione di oggi, la cassa integrazione che aumenta in modo vertiginoso". Così il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, a margine di una iniziativa elettorale a Bologna, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto un commento sul consiglio dei ministri straordinario convocato per la serata. "Questi sono i problemi di cui si deve occupare il consiglio dei ministri - ha rincarato - e non quelli della presentazione delle liste, di cui si occupano i partiti".

 

Intanto la Polverini tira il fiato: ieri sera, poco dopo la conclusione della manifestazione del Pdl in piazza Farnese a Roma (alcune centinaia di persone in piazze, insieme alla Polverini, ad Alemanno, Gasparri e Cicchitto), la Corte d'Appello di Roma ha reso noto che il listino della candidata è stato riammesso alle elezioni. La presentazione del listino mancava di una procura, ovvero la firma di uno dei due presentatori, il vice coordinatore regionale del Pdl Alfredo Pallone. La firma mancante è stata integrata nel ricorso presentato ieri mattina. Sempre secondo quanto si apprende dalla Corte d'appello la decisione è stata motivata in un provvedimento di quattro pagine che sarà pubblicato domani.

Domani il Tar lombardo decide su Formigoni Il Tar di Milano si riunirà domattina alle 9:30 in camera di consiglio per discutere sulla richiesta di sospensiva del provvedimento con cui la Corte d'appello ha bocciato la lista "Per la Lombardia" guidata da Roberto Formigoni, a causa di irregolarità nella raccolta delle firme. La decisione di merito sul ricorso di Formigoni è attesa per lunedì.

La procura di Milano ha archiviato oggi l'indagine avviata in seguito alla presentazione di un esposto presentato da parte dei Radicali contro ignoti, che ipotizzava il reato di falso ideologico nella vicenda che ha visto respinta la presentazione della lista di Roberto Formigoni, per mancanza del numero necessario di firme valide. Il procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati ha fatto sapere che ha già archiviato tutto, ritenendo che non sia stato integrato il reato di falso ideologico ipotizzato dai radicali.

05 marzo 2010

 

 

 

 

 

Caos liste, Berlusconi vede Napolitano. Dubbi del Colle sul decreto

Silvio Berlusconi sale al Quirinale con un ipotesi di decreto per riaprire i termini di ammissione delle liste per le regionali, ma Giorgio Napolitano lo stoppa. Resta perciò ancora in alto mare, dopo un'ora di colloquio tra il premier ed il Capo dello Stato, la vicenda delle liste in Lazio e Lombardia e salta all'ultimo momento un consiglio dei ministri, mai convocato ufficialmente anche se ai titolari dei vari dicasteri era stata chiesta la disponibilità a partecipare ieri sera alle 22 ad una riunione del governo; riunione che è slittata ad oggi pomeriggio, alle 18.

Dal Colle, ufficialmente un 'no comment', anche se trapelano da fonti della maggioranza il no del Capo dello Stato allo strumento del decreto e le sue perplessità sul mancato accordo con le opposizioni su un tema così delicato. Il presidente del Consiglio, dopo una lunga riunione a Palazzo Chigi è rimasto da solo nel palazzo, nella notte, continuando a lavorare nel suo studio. Chi ha avuto modo di sentirlo lo descrive amareggiato e pessimista.

L'incontro al Quirinale "è andato decisamente male", avrebbe confidato ai suoi, pur ribadendo la volontà di trovare delle soluzioni per sbloccare la situazione, come ad esempio la messa a punto di un nuovo decreto interpretativo delle norme sulla presentazione delle liste. Un provvedimento al vaglio dei tecnici, che potrebbe essere esaminato nel pomeriggio dal Cdm.

 

Ma la strada del provvedimento d'urgenza proprio non piace al Capo dello Stato, e rischierebbe di portare ad un muro contro

muro tra governo e Colle. Tanto che in molti, nel Pdl, consigliano di confidare nella sentenza del Tar per rimettere le cose a posto e ripresentare le liste messe al momento fuori gioco.

Napolitano aveva già manifestato i suoi dubbi sulla possibilità di un decreto legge. "Preoccupato seguo gli sviluppi e attendo le decisioni della magistratura prima di esaminare la situazione", aveva detto il presidente della Repubblica lasciando Bruxelles, dove si trovava in visita. "Una soluzione politica? Non lo so, non ne ho idea. Se qualcuno mi spiega cos'è la soluzione politica e da parte di chi e su che cosa la esaminerò", aveva aggiunto, confermando il giudizio non lusinghiero sulla vicenda: "un pasticcio".

Il premier Berlusconi, riunito fino a tarda sera a Palazzo Chigi con diversi ministri, nell'ufficio di presidenza del Pdl del pomeriggio, aveva illustrato l'idea di parlare a Napolitano di un decreto per far slittare i termini di chiusura delle liste e, in subordine, della possibilità di far slittare per decreto il voto in Lazio e Lombardia di quindici giorni.

"Il Popolo della libertà è stato vittima di un supruso grave - aveva detto Berlusconi - I nostri uomini sono stati trattati come incapaci mentre invece c'è stata malafede da parte di altri e un atteggiamento di alcuni magistrati eccessivamente rigido e fiscale".

Intanto la Polverini tira il fiato: ieri sera, poco dopo la conclusione della manifestazione del Pdl in piazza Farnese a Roma (alcune centinaia di persone in piazze, insieme alla Polverini, ad Alemanno, Gasparri e Cicchitto), la Corte d'Appello di Roma ha reso noto che il listino della candidata è stato riammesso alle elezioni. La presentazione del listino mancava di una procura, ovvero la firma di uno dei due presentatori, il vice coordinatore regionale del Pdl Alfredo Pallone. La firma mancante è stata integrata nel ricorso presentato ieri mattina. Sempre secondo quanto si apprende dalla Corte d'appello la decisione è stata motivata in un provvedimento di quattro pagine che sarà pubblicato domani.

"Nel pomeriggio Napolitano aveva manifestato pubblicamente le sue perplessità: "Ancora non c'è nulla di definito, in alcun modo. La situazione è molto fluida, quando arriverò a Roma stasera, vedrò" aveva detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a proposito dei problemi sulla presentazione delle liste per le elezioni regionali. È possibile una soluzione politica? "Se qualcuno mi spiega cos'è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò" ha risposto.

Il no del Pd "Lo dico perchè si capisca: sia chiaro che qualsiasi intervento di urgenza sulla materia elettorale in corso d'opera sarebbe totalemente inaccettabile", dice pier luigi bersani dal palco della città della scienza di Napoli. "Calma e sangue freddo- dice il leader del Pd rivolto al Pdl- perchè ne girano troppe". A chi parla di "accordi" tra il Pd e il Pdl, di scambi con il voto a Bologna, Bersani replica a muso duro: "Non stiamo facendo niente. Sto dicendo in tutte le lingue che siccome abbiamo delle regole, e c'è chi deve presidiarle, con ben cinque passaggi istituzionali possibili, lasciamo lavorare chi deve lavorare. Noi siamo interessati a un ordinato svolgimento delle elezioni, ma lasciamo lavorare gli organi di garanzia". "Il nervosismo del centrodestra è alle stelle - conclude Bersan - mettono in giro voci di accordi più o meno taciti che non esistono. La nostra posizione è chiara"

E Luigi Zanda, chiama in causa Maroni: "L'altro ieri il ministro dell'interno, competente in materia elettorale, affermava che "non si possono cambiare le regole, non c'è spazio per fare un provvedimento d'urgenza da parte del governo". Appena dieci giorni fa, sempre Maroni, aveva dichiarato che "a un mese dalle elezioni non si può cambiare la legge elettorale". Oggi, invece, sembra che Berlusconi voglia riunire nottetempo il cdm per emanare addirittura un decreto legge. Spero che questa ipotesi non sia vera. Ma se lo fosse, salterebbero due principi fondamentali di uno stato di diritto. Salterebbe la divisione dei poteri perchè il provvedimento del governo verrebbe emanato per correggere una decisione giudiziaria. Ma salterebbero anche le garanzie procedurali per le elezioni perchè un decreto legge sarebbe nè più nè meno di una legge elettorale su misura per una coalizione".

Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori, dice no a qualunque ipotesi di decreto o di rinvio delle elezioni: "Basta con le leggi ad personam. Aspettiamo la decisione dei magistrati senza fare da sponda a chi vuole piegare la legge a uso e consumo proprio. Fare un decreto legge ex post, addirittura riguardo alla legge elettorale, ci sembrerebbe davvero un golpe". Diversa la posizione del segretario Udc, Lorenzo Cesa: "È molto difficile pensare a uno spostamento delle elezioni. Se invece governo e maggioranza volessero assumersi l'onere di adottare un provvedimento, un decreto, riteniamo di poterlo valutare positivamente, non faremo opposizione".

Molto netta la posizione di Emma Bonino: "In queste ore sento parlare di decreto, ma io non voglio accordi, non voglio soluzioni aumma aumma. Sento parlare di appelli ma quelli di avere elezioni regolari sono diritti indisponibili. Non chiedere il rispetto delle leggi è da autolesionisti. Chi non lo chiede sono i prepotenti perchè a loro non servono. Ma agli altri servono".

Il Pdl dunque ha scelto di bipassare la via dei ricorsi, che pure è stata percorsa fin ora. In mattinata sono stati presentati al Tar della Lombardia due ricorsi, uno da parte di Roberto Formigoni e uno dalla lista Pdl lombarda sulla non ammissibilità di oltre 500 firme a sostegno del listino del governatore. La decisione del Tar è attesa per martedì, ma è possibile che il tar lombardo convochi una camera di consiglio straordinaria entro fine settimana per accelerare la pratica. In caso di risposta negativa Formigoni ha annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato. Per domani è attesa la presentazione del ricorso al Tar della lista Pdl del Lazio.

Un'inchiesta a Milano sulle firme Pdl La procura di Milano aprirà un'inchiesta sulle firme raccolte dal Pdl a sostegno della lista di Formigoni. Si tratta di un atto dovuto in seguito all'esposto presentato dai radicali. Con la denuncia viene richiesta anche una perizia calligrafica. Toccherà alla magistratura verificare eventuali irregolarità in ordine a reati di falso in atto pubblico e

falsità ideologica. L'esposto, finito sul tavolo dell'aggiunto di turno Armando Spataro, sarà dato domani all'aggiunto Edmondo

Bruti Liberati, responsabile del dipartimento pubblica amministrazione.

Formigoni attacca i giudici Intanto Formigoni attacca la Corte d'Appello di Milano che ha bocciato il suo listino: "Abbiamo riscontrato comportamenti dell'ufficio centrale regionale presso la corte d'appello di gravissima irregolarità", ha detto in una conferenza stampa. Secondo Formigoni, l'ufficio centrale regionale ha accolto le liste e il listino del centrodestra e "quindi, compiendo un'irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali che era improponibile ai sensi della legge". Formigoni ha quindi spiegato che l'ufficio centrale ha dato agli esponenti della lista Bonino-Pannella "la disponibilità delle nostre liste lasciandole nelle loro mani per 12 ore. Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti". Formigoni ha quindi sottolineato che solo dopo il controllo fatto dai radicali l'ufficio centrale ha riscontrato le irregolarità nelle liste.

Il presidente della Lombardia ha quindi spiegato che con i legali "stiamo valutando le denunce da presentare alla procura della repubblica. Per ora abbiamo riscontrato violazioni di legge indiscutibili ma per ora possiamo dire che interverremo contro ignoti". "Ciò che è certo - ha proseguito - è che siamo di fronte a una manovra organizzata e ordita da più soggetti per recare nocumento al centrodestra della Lombardia". Formigoni haconclsuo affermando che in seguito ai controlli effettuati "anche la lista di Penati merita una verifica, perché a nostro giudizio non può essere ammessa".

L'ipotesi di "scambio" con Bologna Non mancano dure repliche all'ipotesi del Pdl di un rinvio del voto in Lombardia e Lazio in cambio di accorpamento con le comunali di Bologna, da tenersi tra aprile e giugno. Un'ipotesi respinta da Franco Grillini dell'Idv: "Com'è noto il centrodestra ha detto no a una legge per far votare Bologna in giugno ed evitare un lungo commissariamento. Ora a causa del caos delle liste per le regionali in Lazio e in Lombardia si avanza da destra l'ipotesi di uno scambio per il rinvio a giugno del voto che sarebbe comprensivo anche del voto per Bologna che improvvisamente e magicamente si potrebbe fare. Si tratta di una proposta inaccettabile e offensiva". D'accordo la deputata e portavoce di Prodi Sandra Zampa: "Sono profondamente indignata e sbalordita. Gli stessi che qualche giorno fa hanno impedito che fosse individuata una soluzione per consentire ai bolognesi di tornare al più presto alle urne, oggi cercano una soluzione, fino ad ipotizzare un decreto legge, per le irregolarità anche gravi nella presentazione delle liste del Pdl". "Voglio capire - continua la parlamentare - se in questo Paese esiste una democrazia a due velocità che punisce chi è onesto e premia chi non lo è. A Bologna, per due giorni di ritardo delle dimissioni del sindaco, il governo ha negato ai cittadini il diritto dell'esercizio del voto e ha imposto oltre un anno di commissariamento. Per il Lazio e la Lombardia, invece, si cercano soluzioni. Cicchitto ha dichiarato che Bologna è una città come le altre - ha ricordato - Adesso allora dicano con chiarezza ai bolognesi e agli italiani che invece Lazio e Lombardia sono regioni diverse da tutte le altre. È inaccettabile".

05 marzo 2010

 

 

 

Polverini in piazza Farnese: forfait di Silvio, pochi militanti e qualche saluto romano

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

"Come può uno scoglio arginare il mare... Anche se non voglio torno già a volare", canta dal palco di piazza Farnese la candidata alla Regione Lazio, mentre la Corte d’appello sta per decidere che il suo "listino" è riammesso (la notizia arriverà in serata) e a palazzo Grazioli si studia una "leggina" per salvare anche la lista del Pdl a Roma.

Ha la voce un po’ roca per la pioggia e per la "maratona oratoria" che la vede impegnata da giorni in difesa della lista-fantasma. Ma è tale la gioia dopo la catastrofe che l’aveva travolta che nella piazza convocata per la riscossa intona scanzonata le "discese ardite" e le "risalite" (non meno ardite) del Popolo della Libertà. A darle manforte Alemanno, Giorgia Meloni, Cicchitto, Fazzone, che - a riparo dai pasticci di Milioni - guida la lista di Latina, Gasparri (che sotto il palco discute con il responsabile degli Italiani nel Mondo del senatore che dovrà prendere il posto di Di Girolamo).

"Renata-Renata", scandiscono i suoi sostenitori. "Avevano detto piazza vuota e invece l’abbiamo riempita", si compiace. Anche se poi mentre dal palco lei invoca a ripetizione "democrazia", tra la folla di quelli che hanno risposto all’appello scattano, come un riflesso, le braccia tese. E poi i cori da stadio: "Non ne possiamo più di giudici fai-da-te, voglio votare a Roma, viva la libertà".

Nel momento clou saranno un migliaio in tutto. Piazza Farnese non è molto grande. Ma qualcuno ci è arrivato anche da Tivoli: "Stiamo qui per Cacciotti, il nostro candidato". "Io voglio votare Cangemi", recita la maglietta di Brunangela, 59 anni: "Mi ha trovato una casa".

Elettori fedeli, amici, devoti. Qualche militante convinto. E un po’ "inc...": "Magari è stato un errore ma non lo dobbiamo pagare noi elettori". Una piccola schiera di ultras tassisti, nel cuore i giorni della rivolta, quando misero a ferro e fuoco la città: "Siamo già tutti mobilitati per Renata, se non ci sarebbe stata lei a mediare con Veltroni...", spiega Pietro Marinelli, tassista Ugl, tendenza al braccio teso anche lui. Per il resto la piazza è in mano alla curva giallo rossa del "Popolo di Roma", tutta votata ad Alemanno. E al suo candidato "Pietro Di Paolo", detto "cappuccino". Quello per cui il sindaco - secondo voci da lui smentite - ha fatto pressing sul malcapitato Milioni, mandandolo in confusione.

"Silvio-Silvio", prova a far intonare dal palco Beatrice Lorenzin, portavoce di Polverini ed ex giovane azzurra. Anche se Silvio atteso non si fa vedere. Macché. "Pietro-Pietro", insistono loro. E poi: "Alemanno-sindaco-de-Roma", cantano a consolarsi ancora con la vittoria di due anni fa. E poi: "Chi non salta comunista è". Anche nella variante contro i "radicali". Si va dal coretto: "E Bonino sei un aborto". Allo striscione: "Polverini la vera cura per i radicali liberi".

Da giorni sono loro che tengono accesa la "fiamma" del Pdl romano. A guidarli, uno che di curve se ne intende, Giuliano Castellino, ex Movimento politico, oggi "Popolo di Roma", "corrente movimentista che fa riferimento ad Alemanno". Alle sue spalle campeggia lo striscione: "Rivoluzione in corso". Qualcuno si fa prendere dalla foga del momento: "Qui se non votamo noi, non vota nessuno, la guerra è guerra, io so pronto a tutto anche alla morte". La candidata però ha già sciolto le righe: "Adesso via, andiamo tutti a fare campagna elettorale". Arriva la leggina, la rivoluzione - per fortuna - può attendere.

04 marzo 2010

 

 

 

Il sogno infranto dell'imperatore del Pirellone

di Oreste Pivettatutti gli articoli dell'autore

Alla consultazione on line sul nome da attribuire al grattacielo nuova sede della Regione qualcuno suggerì "il Formigone", in assonanza con il vicino Pirellone, quello di Ponti e di Nervi, ma anche perché di fronte a una simile esibizione di strapotere alle volte ci si può difendere solo con l’ironia: il presidentissimo quel grattacielo se l’è voluto, tappa del suo trionfale cammino, i monti della Lombardia in vetrocemento secondo gli agiografi, qualcosa di fronte al quale l’Eur o i palazzoni piacentiniani, neo imperiali, saranno l’architettura di un regime, ma tutto sommato un’architettura sobria. La beffa sarebbe se il Formigoni dovesse disertarlo, il governatore bocciato dall’imperfezione di qualche firma, come perdere il derby che sta dominando beccando due gol all’ultimo minuto del recupero. Non sarà così. Troverà un arbitro che gli regalerà un altro minuto e un rigore. Ma intanto qualche brivido lo sta avvertendo e comunque la brutta figura la patisce, come patisce il confronto con quelli del Lazio e deve patire il sogghigno del Bossi.

Vent’anni di governo (se venisse rieletto) dovrebbero sembrare troppi (e lo sono per tutti) a chiunque di buon senso. Molti costituzionalisti lo avevano avvisato che la sua rielezione eventuale sarebbe stata invalidata per rispetto della legge che prevede solo due mandati: lui sarebbe al quarto, ma diamogli per buono il primo quando fu eletto dal consiglio regionale. Vuole il primato: un ventennio, come quello passato e funesto. Dai tempi del liceo al Manzoni di Lecco (dove è nato nel 1947), compagno di scuola del futuro Castelli, lui il "regime" se l’è costruito con pazienza e con determinazione, dall’ufficio di via Copernico, dove alla guida di Cl predicava amore e solidarietà. Figlio benerito di don Giussani, coltivò fin da ragazzo un’idea un po’ militaresca della sua missione: voleva la falange e mise in piedi la Compagnia delle Opere, una straordinaria macchina per affari d’ogni genere, raccomandando "obbedienza, povertà e verginità", confondendo in un unico calderone chiesa e partito (all’inizio la Dc).

E’andato molto in là nella sua impresa: non c’è angolo della sanità in cui non abbia sistemato uno dei suoi soldati, non c’è appalto che la Compagnia delle opere non annusi. Qualche incidente è sembrato frenarlo: questioni di rifiuti, di benzina, di inquinamento. Ha un assessore arrestato in diretta tv (Prosperini), Rosanna Gariboldi, moglie del suo aiutante di campo (Abelli, vicecoordinatore nazionale del Pdl) nei guai per gli affari in combutta con il re delle bonifiche ambientali, Giuseppe Grossi, ciellino doc. Ma lui, immarcescibile, continua. Europarlamentare, deputato, senatore in attesa di ministero alla sua altezza, ha sempre preferito la Lombardia: guai a perdere le radici. Berlusconi gli ha fatto ingoiare il rospo: si è ritrovato nella lista l’igienista dentale del capo.

04 marzo 2010

 

 

 

 

 

Perina: "E' solo la punta dell'iceberg, il Partito è senza classe dirigente"

di Susanna Turcotutti gli articoli dell'autore

Il caos sulle liste ha fatto emergere la punta dell’iceberg: a questo punto nessuno può negare che l’iceberg esista. Il Pdl deve essere ancora costruito. E sconsiglio di farsi tentare da predellini bis". Flavia Perina, deputata finiana, ha pubblicato ieri sul giornale che dirige, il Secolo d’Italia, un corsivetto anonimo intitolato: Sturmtruppen. Dove si spiega che il partito-caserma porta dritto dritto allo scatafascio sulla presentazione delle liste: "Altro che esercito del bene".

I dirigenti del Pdl somigliano alle Sturmtruppen?

"Ho cercato di dare voce allo sconcerto degli elettori del Pdl".

Sono gli effetti del partito-caserma?

"Magari il Pdl fosse un partito caserma: lo schema sarebbe comunque da superare, ma almeno ci sarebbe un minimo di ordine e di logica. Uno direbbe andate lì, e si andrebbe lì".

Qui uno dice andate lì…

"E non si riesce nemmeno a presentare le liste come si deve".

E’ piaciuta l’idea delle Sturmtruppen?

"Ci hanno scritto in tanti, spiegando che si deve voltare pagina: non solo gestire l’esistente, ma costruire una classe dirigente che superi la logica dei singoli potentati".

Del caos delle liste hanno responsabilità solo i dirigenti locali oppure anche i coordinatori del partito?

"In senso lato, una responsabilità ce l’hanno: perché già nella costruzione delle liste si evidenziava uno sfilacciamento generale che andava affrontato. Si doveva superare la logica del 70-30 e cercare anche i profili di merito dei candidati. Invece, non si è andati oltre la sommatoria di entourages".

C’entra l’idea che poi tanto è Berlusconi che porta i voti?

"Certo. C’è chi proprio per questo non si applica. O anche chi sostiene che dovremmo essere un mero comitato elettorale. Serve un partito che agisca. Senza una struttura che faccia da camera di compensazione, si alimenta l’arrembaggio di gruppi e gruppetti".

Ingovernabili sembrano anche le faide, ormai in chiaro, tra ex An e ex Fi…

"Il vero discrimine che vedo è tra chi crede nella politica ed è capace di farla, e chi no. Dopodiché, questa vicenda delle liste obbliga tutti a riflettere sul grado di maturità del partito: che è insufficiente, per Berlusconi come per Fini. Dopo le elezioni questi problemi andranno affrontati".

Con un bel congresso?

"Una riflessione collettiva sarebbe importante. Ci sono tanti strumenti per farla. L’unico che di certo non va bene è quello di chi pensa "mi alzo la mattina e vi dico che cosa si fa"".

E lei crede che Berlusconi avrà voglia di fare una riflessione collettiva?

"Comunque lo schema non potrà essere quello di un Predellino bis. Già il primo non è stato sufficiente a elaborare lo schema di un partito che funzioni. Non credo che ora andrebbe meglio".

Berlusconi si lamenta, non ne può più degli attacchi di Fini.

"Nei confronti di Fini ormai c’è un pregiudizio. Il ddl anticorruzione ne è un esempio clamoroso: quando Fini proponeva di estendere i casi di ineleggibilità, tutti si lamentavano. Quando la stessa proposta è stata fatta dalla Lega, non ci si è lamentati più. Bisognerebbe prescindere da chi parla".

Lei ritiene possibile una scissione?

"Non ne vedo in giro l’intenzione, né il desiderio".

Meglio l’esercito del bene?

"Berlusconi continua a pensare che il problema partito possa essere saltato, tirando fuori altre cose. Invece bisogna far funzionare il Pdl. Poi, farà tutti gli eserciti collaterali che desidera".

04 marzo 2010

 

 

 

 

La tregua elettorale Berlusconi-Fini/Analisi

di Ninni Andriolotutti gli articoli dell'autore

Che nel pieno della "crisi di nervi" che investe il Pdl Berlusconi e Fini concordino di riunire "insieme" i parlamentari del Lazio la dice lunga sulla preoccupazione che agita i due avversari-cofondatori. L’incontro, organizzato in tutta fretta, dovrà servire a inviare un messaggio preciso dal sapore pre elettorale ad un elettorato alquanto smarrito: basta rinfacciarsi gli stracci e tirarseli addosso tra ex Fi, ex An e reprobi finiani.

Tregua, di qui al 28 marzo, quindi? Si vedrà da subito se l’operazione "salviamo il salvabile" reggerà, e se lo scontro tra Berlusconi e Fini segnerà una pausa. Il dato di fatto, però - stando a oggi - è che "se il Pdl perde, perdono tutti e due", e anche battendo su questo Renata Polverini è riuscita a "riannodare un filo di dialogo". In qualche modo, anzi, lo ha preteso. La speranza di Berlusconi è che il Tar o il Consiglio di Stato rimettano in campo le liste Pdl escluse in Lazio e Lombardia, e che la corte d’Appello di Roma promuova in extremis il listino della Polverini. Questo mentre torna in campo l’ipotesi di una leggina salva liste della quale hanno discusso ieri Berlusconi, La Russa, Verdini e Bondi (non è possibile, avrebbe detto in sostanza Berlusconi "non garantire i voti di milioni di cittadini").

Nell’attesa, però, il premier promette di partecipare oggi alla maratona di piazza Farnese promossa dell’ex leader Ugl. Manifestare "è un diritto previsto dalla Costituzione", ricorda da Bruxelles il Capo dello Stato. Secondo Napolitano, tuttavia, le sentenze "vanno lette per intero" e le regole vanno sempre rispettate. Decisamente poco soddisfatto il Presidente per questo scorcio di campagna elettorale. "Un bel pasticcio - commenta - sono abbastanza preoccupato".

E a leggere l’appello alla "prova di forza della piazza", lanciato in vista della visita del premier a Piazza Farnese dalla finiana Polverini, o la dichiarazione dei vertici laziali Pdl che gridano al "grave vulnus democratico" della bocciatura delle liste in Lazio e Lombardia, o il leghista Calderoli che sente "puzza di bruciato" e annuncia un summit Berlusconi-Bossi, o La Russa che proclama il "pronti a tutto se saremo esclusi", si nota che il centrodestra, da ieri, parla una lingua unica: quella indicata dal premier. Che, dopo aver messo da parte la rabbia per "i pasticcioni", i "dilettanti" e i "cretini" che hanno gettato nel ridicolo Pdl e governo- rendendo concreto il rischio astensioni - ha deciso di far leva sull’orgoglio di partito per recuperare. E per dare corpo alla sua campagna sulla "scelta di campo tra la destra del fare e la sinistra del disfattismo". Far leva sul Pdl "vittima del complotto delle toghe e del Pd", questo il tasto su cui batterà Berlusconi per cercare di "trasformare in forza", riversandone la colpa su altri, la "sciatteria" mostrata dal suo partito. Senza contare che il richiamo alla piazza dovrà servire anche per ammonire i giudici amministrativi che diranno l’ultima parola sulle liste Pdl.

Quello che sta accadendo è ormai sotto gli occhi di tutti - avverte il portavoce Pdl, Daniele Capezzone - La cosiddetta battaglia per la legalità sta diventando un pretesto selettivo per far fuori il Pdl, e solo il Pdl". E il premier, che sta seguendo personalmente l’iter dei ricorsi, assistito dall’onnipresente Ghedini, è certo che l’avvertimento della piazza verrà ascoltato anche dai giudici amministrativi. "Solo mettendoci la sua faccia sarà possibile venirne fuori e invertire i pronostici delle urne", spiegano dal Pdl. I conti dentro il partito? Si faranno dopo le regionali, perché è chiaro a tutti che in un Pdl così, che non piace né a Fini né a Berlusconi - che tra loro si piacciono sempre meno - non si potrà andare avanti a lungo. Guai però a "svendere la ditta" prima del voto facendo un grosso favore al Pd, all’Udc e alla Lega.

Dopo, poi, ci sarò sempre tempo per i richiami ai nuovi predellini. La tentazione di rovesciare il tavolo Berlusconi l’ha accarezzata anche in questi giorni, per farsi protagonista assoluto e giocare in proprio la partita elettorale. Ma l’azzardo è pericoloso, e a rendersene conto è lo stesso Cavaliere. "Ogni racconto sul Pdl sembra ridursi allo scontro di bande di potere - commenta il direttore di FareFuturo on line, Filippo Rossi - O al confronto tra gruppi conservativi che si difendono l`un l`altro, sognando un mondo (e un partito) bloccato e irrigidito come se fosse proprietà privata".

04 marzo 2010

 

2010-03-03

Caos-liste, a Milano fuori Formigoni. Nel Lazio respinto ricorso Pdl. Polverini: domani prova di forza in piazza

Continua il caos liste nel centrodestra. La Corte d'Appello di Milano non ha ammesso la 'Lista per la Lombardia' di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde, respingendo così il ricorso presentato dalla stessa lista contro il precedente provvedimento di esclusione. Dunque, il candidato del Pdl è escluso dalla competizione: senza listino non può essere votato. Non solo. La Corte d'appello di Roma ha bocciato anche il ricorso - il secondo - presentato dal Pdl dopo l'esclusione della propria lista di Roma e provincia, a causa di un ritardo nella presentazione.

Ora il Pdl andrà al Tar. "Prendiamo atto della decisione dei giudici. Adesso il Pdl farà ricorso al Tar. Lì, siamo fiduciosi che le cose andranno diversamente". Così Renata Polverini, candidata Pdl alla Regione Lazio, ha commentato il rigetto da parte della Corte d'Appello. E ha aggiunto: "La maratona oratoria non è una manifestazione di popolo. Ma siccome vogliono la prova di forza

della piazza, domani alle 17 glieIa daremo". Il procedimento ha tempi rapidi: nel ricorso sicuramente verrà chiesta una cautelare provvisoria e ciò comporterà una decisione provvisoria e d'urgenza del Tar in composizione monocratica. Decide in sostanza il presidente della sezione e il suo decreto è operativo e può essere impugnato davanti al Consiglio di Stato.

Insorge il sottosegretario della presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti: "Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?". Gli fa eco Cicchitto: "I ricorsi respinti sia della lista Formigoni, sia di quella provinciale del PdL del Lazio per Renata Polverini insieme all'accettazione della lista di disturbo a Cota in Piemonte, dimostrano che queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio. Mi auguro comunque che le liste sia della Lombardia sia del Lazio possano essere recuperate ad altro livello di giurisdizione. C'è sempre la fiducia che esista un giudice a Berlino".

Intanto il ministro Ignazio La Russa prima del verdetto aveva minacciato: "Non vorrei fare la parte dell'eversivo ma lo dico chiaro e tondo: noi attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto''.

Napolitano "Che pasticcio...". Con queste parole Giorgio Napolitano ha risposto alla richiesta di commentare l'intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle elezioni regionali. Il presidente della Repubblica lo ha detto a Bruxelles, dove si trova in visita, dopo l'incontro con i vertici delle istituzioni europee. Il capo dello Stato non ha aggiunto nulla,

ma a quanto si apprende la linea del Quirinale rimane quella fissata nei giorni scorsi da una nota ufficiale, in cui si afferma che la competenza sulla questione è della magistratura.

Il PdL le prova tutte e ha fatto appello sia a Emma Bonino che al Pd per risolvere la situazione incresciosa. "Non mi si chieda ora solidarietà per sanare violazioni pacchiane di leggi che nessuno, a parte noi, ha combattuto finora", dice in una intervista alla Stampa, la candidata del centrosinistra alla Regione Lazio. "Non mi rallegro dell'assenza della principale lista opposta alla mia - sostiene la Bonino - così come non mi rallegro dell'assenza delle altre nostre liste escluse in tutta Italia. Sulla lista del Pdl è diverso perché semplicemente non c'è e non so cosa si inventeranno". Cosa è successo? La Bonino un'idea ce l'ha: "È un insieme di sciatteria, di senso di impunità e probabilmente una lite di fondo sui candidati fino all'ultimo... È indubbio che c'è molta confusione e delusione nel Pdl, il partito del fare si riduce al partito del fare male".

Bersani: rispettare le regole

Risponde picche all'ipotesi del Pdl anche Pier Luigi Bersani che commenta: "Una leggina per riammettere le liste bocciate? Voglio credere che non ci pensino neanche". "Il partito del predellino alla prima curva è sbandato", aggiunge il leader Pd che chiede al Pdl di non tentare "scorciatoie" e di affidarsi alle decisioni "della magistratura e degli organi competenti"."Vorrei chiarire - ha detto Bersani parlando con i cronisti - che noi non abbiamo festeggiato, perchè questi episodi creano turbamento nell'elettorato". "Tuttavia il Pdl dia la colpa a se stesso, per le sue divisioni, e si affidi alle regole del gioco che implicano il rispetto delle decisioni della magistratura e degli organismi competenti; a questo si rassegnino". "Non credo che siano stati dilettanti, è più facile che ci siano stati problemi sulle liste. Il centrodestra comunque non alzi i toni, perchè l'unico responsabile è lui". Ai giornalisti che gli chiedevano se questa situazione configuri un danno per gli elettori del centrodestra, Bersani ha replicato: "Questi inciampi creano dei turbamenti, però l'elettore ha modo di compensare. E poi - ha concluso - la responsabilità di questo turbamento è di chi non è stato nelle regole". E su Schifani aggiunge: "Chiunque, comprese le alte cariche dello Stato, devono affidarsi alla legge e a procedure che hanno cinque o sei passaggi di garanzia".

Maroni: nessun decreto

Anche la Lega non cela un certo piacere nel vedere gli alleati in difficoltà: da un lato il leader Umberto Bossi è chiaro ("Sono dilettanti allo sbaraglio"), dall'altro il ministro degli Interni Maroni chiude la porta a ogni ipotesi di provvedimento ad hoc per salvare le liste della destra in difficoltà. "Non si possono cambiare le regole, non c'è spazio per fare un provvedimento d'urgenza da parte del governo" per sanare i "pasticci" nella presentazione dei listini per le regionali.

03 marzo 2010

 

 

 

 

Fini: "Affezionato al Pdl, ma così non mi piace"

Il suo futuro lo vede ancorato nel Pdl ma il partito, cosi com'è, non gli piace. Questa in sintesi la risposta di Gianfranco Fini ai giornalisti che, in occasione della presentazione del suo libro "Il futuro della liberata", gli chiedono se il suo di futuro sarà ancora con il Popolo della libertà.

"Avendo contribuito a fondarlo sono affezionato al Pdl - dice il presidente della Camera - Mi sono assunto la responsabilità di consegnare al giudizio della storia 50 anni di vita nazionale cominciando con l'Msi sino ad An. Non eravamo alla canna del gas, An aveva percentuali a due cifre, ma ci siamo presi la responsabilità di dare vita ad un nuovo soggetto politico perchè credevamo nel bipolarismo, nell'alternanza e nell'europeismo. Ma se mi chiedi - osserva Fini rivolgendosi al giornalista che gli ha posto la domanda - se il Pdl mi piace così come è adesso, la risposta credo l'abbiano capita tutti, non c'è bisogno di ripeterla".

"Il Pdl ha commesso degli errori perchè è nato da poco- aggiunge Fini-. Ha necessità di unire e omogeneizzare esperienze diverse perchè si sono mescolate tre congiunture diverse. Questa prima fase si deve considerare di rodaggio iniziale non di routine".

"Sulla magistratura mi rifaccio all'ultimo autorevole intervento del Capo dello Stato che richiamava al reciproco rispetto dei tre poteri costituiti". Fini risponde così agli studenti di un liceo classifico di Oristano che gli chiedono di commentare lo scontro in atto tra il governo e i magistrati. "Se il simbolo della giustizia è una bilancia con due piatti - ha spiegato il presidente della Camera -, vorrà pur dire qualcosa, e cioè che senza equilibrio è difficile che ci sia giustizia e reciproco rispetto".

"Dopo le regionali ha aggiunto- abbiamo due anni e mezzo senza elezioni: è un'occasione irripetibile per fare le riforme". "Chi ha responsabilità di governo - ha spiegato - a fine legislatura dovrà coniugare il verbo fare al passato, "ho fatto", e non al futuro dicendo "faremo"". "Occorre avviare al più presto una stagione di riforme condivise anche con l'opposizione. Il rischio che si corre a farle a colpi di maggioranza è quello di vederle vanificate da un eventuale referendum".

Riguardo alle riforme di cui il paese ha bisogno, il presidente della Camera ha precisato: "Non solo quelle istituzionali ma

anche economiche, sociali e del welfare".

"Parlare di integrazione degli immigrati solo in riferimento alla sicurezza non basta", ha detto ancora Fini. "Occorre pensare ai figli degli immigrati attualmente in Italia. Fra dieci anni la nostra sarà una società multietnica, che ci piaccia o no. Per questo la politica pensi ad un modello di integrazione valido, tenendo conto anche dei problemi verificatisi in paesi come il Regno Unito e la Francia".

02 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-01

Pdl Lazio, il Quirinale risponde: "Decidono i giudici". Bocciata la lista Formigoni in Lombardia. Guerra di denunce tra Pdl e radicali

Ancora tensioni e polemiche sul caso delle liste elettorali del Pdl nel Lazio. Mentre dalla Lombardia arriva un'altra notizia clamorosa: il listino di Roberto Formigoni, per decisione della Corte d'Appello di Milano, non è stato ammesso alle elezioni regionali per invalidità di oltre 500 firme.

Formigoni a rischio I giudici, dopo un controllo formale delle firme (l'unico consentito in questa sede) ha ritenuto "fondate" le "doglianze" contenute nel ricorso dei radicali. Le firme risultate non conformi sono state 514 sulle 3.935 presentate. Questo comporta che le firme valide sono 3.421, un numero inferiore da quello previsto dalla legge la quale impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione. Il ricorso dei radicali non è invece stato accolto in riferimento alla lista "Penati presidente".

Il listino, composto in Lombardia da 16 persone, è collegato direttamente al candidato presidente, che ne è capolista: si tratta di quei consiglieri che vengano eletti automaticamente insieme al governatore come premio di maggioranza. E proprio il collegamento tra listino e governatore mette a rischio, a questo punto, la stessa candidatura di Formigoni. Questa l'opinione del radicale Cappato, che dice: "Allo stato Formigoni non è più candidato". Il governatore replica: "Sono un candidato perfettamente regolare alle elezioni regionali". "Non ci sono problemi perchè tutte le firme che abbiamo presentato sono valide e non alcun dubbio che il ricorso che presenteremo sarà accolto", ha aggiunto. "Faccio una scommessa: sarò io a vincere le elezioni".

La lista Formigoni ha tempo fino a domani alle 14 per presentare ricorso. Secondo quanto si è appreso, le firme valide presentate sarebbero 3421, dunque solo 79 in meno della soglia richiesta dalla legge. Filippo Penati, candidato del Pd in Lombardia, spiega che "la legge è uguale per tutti" e ha dato mandato a un pool di giuristi di vigilare "affinchè non vengano cambiate le carte in tavola. Vigileremo perchè le regole valgano per tutti e non ci siano pressioni indebite. Se hanno i diritti per partecipare, benissimo. Ma senza cambiare le regole". "Ora non si dica che è colpa della burocrazia-aggiunge Penati-. C'erano delle regole che non si è voluto cambiare probabilmente per calcoli politici. Perchè una nuova legge elettorale regionale avrebbe dovuto introdurre il tetto dei due mandati per il presidente. Sarebbe stato sconveniente approvare una legge che introduce il limite dei due mandati con un presidente che si è candidato al quarto mandato. Così - conclude - si è lasciato le cose come prima per un calcolo politico".

Su Formigoni e sul Pdl laziale si abbatte il sarcasmo di Umberto Bossi: "Come si a sbagliare a presentare le liste elettorali?", si domanda il Senatur. "Non riesco a vedere cosa possa fare il presidente della Repubblica. Se interviene rischia di sconfinare su competenze altrui". "Nel Lazio io non ci sono, è la destra che ha sbagliato. Se avesse presentato una lista la lega avrebbe preso un sacco di voti". Ancora più caustico Casini: "Se andiamo avanti così, il Pdl la prossima volta chiamerà Bertolaso a presentare le liste...". E D'Alema dice:"Mi sembra una vicenda allarmante, penso che chi non è neppure capace di presentare delle liste difficilmente sia bravo a governare. Quello che è successo non è un caso ma è il frutto della litigiosità interna di quei partiti". Per D'Alema "bisogna rispettare le regole. Voglio ricordare che a Bologna il governo ha impedito le elezioni perchè ha voluto applicare scrupolosamente la legge elettorale. Questo ha portato il commissario a Bologna, le regole vanno rispettate da tutti, lo stesso criterio deve essere usato -ha concluso- anche nelle altre vicende".

Guerra di denunce Pdl-radicali Torniamo al Lazio. Dopo gli appelli del centrodestra al Quirinale, il capo dello Stato in mattinata prende una posizione netta: "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque, delle forze politiche che intendono concorrervi, non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica", è la premessa del Quirinale. Tuttavia, aggiunge il Presidente della Repubblica, "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge".

Intanto, sempre in mattinata, è partita una denuncia-querela del Pdl del Lazio nei confronti dei radicali presso l'ufficio centrale regionale della Corte d'appello di Roma, che dovrebbe decidere entro le prossime 48 ore se accogliere o meno l'istanza. Si tratta di una denuncia per "violenza privata" nei confronti dei militanti radicali e per "abuso d'ufficio" nei confronti dei componenti dell'ufficio centrale circoscrizionale che avrebbero di fatto impedito "di esercitare il diritto politico di voto".

Immediata la risposta dei radicali. Diego Sabatinelli, il militante radicale presente sabato mattina presso il Tribunale di Roma per la presentazione della Lista Bonino-Pannella, ha conferito mandato all'avvocato Giuseppe Rossodivita "per sporgere denuncia per calunnia nei confronti degli esponenti del Pdl, al momento ancora ignoti, che hanno sottoscritto la denuncia per violenza privata". Analogo mandato è stato conferito all'avvocato Rossodivita da Atlantide Di Tommaso, segretario del Psi di Roma, che insieme a Sabatinelli, "con una condotta assolutamente non violenta, si sono stesi sul pavimento davanti al cordone dei carabinieri, senza con ciò impedire fisicamente ad alcuno la presentazione della lista". La denuncia verrà "depositata nei prossimi giorni, unitamente alla querela nei confronti di Renata Polverini per la diffamazione, aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato, in relazione alle dichiarazioni rilasciate domenica nel corso della manifestazione a piazza del Popolo".

Se l'ufficio centrale regionale della Corte d'Appello accoglierà l'istanza del Pdl Lazio, presentata stamani, non sarà necessario presentare istanza davanti al tribunale amministrativo regionale. Nel ricorso si sottolinea che tutta la documentazione relativa ai candidati di lista era già stata presentata alle 11.30 presso gli uffici preposti e si mette l'accento sul fatto che questa documentazione è sempre rimasta a disposizione dei suddetti uffici.

La rabbia di Alemanno Renata Polverini ha organizzato per il pomeriggio a Roma una "maratona oratoria" a sostegno delle ragioni della lista Pdl. È stato "un atto di violenza il non aver consentito al partito più forte di Roma di presentare la propria lista alle regionali", ha detto la Polverini. "Io non dubito che la lista sarà riammessa - ha aggiunto - e noi non ci dobbiamo fermare perchè andremo comunque alla guida della Regione". Il sindaco di Roma Alemanno, presente alla manifestazione, ha esortato i militanti Pdl: "Facciamo sentire la nostra voce, con rabbia, per rivendicare i diritti della città di Roma e del Lazio. Questa è la sfida che lancia questa piazza". "È accaduta -sottolinea Alemanno- una cosa stranissima, mai avvenuta: c'è stato il totale rigetto della lista Pdl, nonostante che i nostri rappresentanti fossero all'interno della zona di accoglimento prima delle 12. Facciamo in modo che gli elettori non si distraggano". "Voglio essere il sindaco di tutti -sottolinea Alemanno- ma vogliamo democrazia. Nessuno si chiuda in se stesso o nella propria rabbia. Facciamo che ci sia questa situazione di democrazia e di libertà, questa è la nostra scommessa. Perciò ci sia il massimo di mobilitazione degli elettori. Il presidente della Regione Lazio dovrà essere legittimato da tutti i cittadini ma se questo avverrà il presidente sarà Renata Polverini".

Dura la replica del Pd. "Le parole del sindaco Alemanno sono ingiustificate perchè il pasticcio lo hanno fatto loro stessi e sono soprattutto pericolose perchè istigano a reazioni fuori controllo. Sono parole che non ci saremmo mai aspettate dette da un sindaco che ha il dovere di rappresentare tutta la città", dice il coordinatore della segreteria nazionale del Pd, Maurizio Migliavacca.Silvio Berlusconi, a quanto si apprende, avrebbe condensato il suo punto di vista sul caso che sta agitando il centrodestra con un sintetico quanto pressante invito rivolto agli esponenti locali e nazionali che seguono la questione: "Risolvete il problema", sarebbe la pressante richiesta giunta dal leader Pdl.

"L'hanno fatta grossa, ora aspettino la Corte d'appello. Ma quel che è successo è evidente prova non di un problema organizzativo ma politico", dice Rosy Bindi. E ancora: "Quel che è successo a Roma, dimostra che il Pdl è in grande confusione. Non è solo questione di rapporti tra Fini e Berlusconi".

Roberto Maroni non cambia idea: "Il governo non può toccare le norme per le elezioni regionali". E ora che una "leggina" sarebbe certamente gradita al Pdl, angosciato dal non poter presentare le liste in provincia di Roma, e preoccupato anche per la lista di Formigoni, il titolare del Viminale continua a pensarla allo stesso modo. Lo avrebbe fatto presente anche oggi nel corso della riunione che si è tenuta a palazzo chigi, a margine del consiglio dei ministri. "Il governo non c'entra nulla con questa roba", è la posizione del Carroccio scandita a chiare lettere agli alleati. Tradotto: non ci sarà nessun decreto per risolvere il caso Roma o quello Formigoni. E neppure un provvedimento ministeriale.

Intanto stamani, a tempo di record, sono apparsi in molti quartieri di Roma due manifesti Pdl e della lista Polverini che denunciano l'esclusione della lista provinciale Pdl di Roma alle prossime Regionali del Lazio e che si rivolgono direttamente agli elettori esortandoli a reagire. "Non vogliono farti votare, fatti sentire" recita un manifesto che ha praticamente tappezzato la zona dell'Ostiense. Sull'altro è stato scritto: "Vogliono cancellare la democrazia. Fatti sentire". Su entrambi c'è il logo Pdl e lista Polverini e viene segnalato che alle 15 si svolgerà la "maratona oratoria" in piazza San Lorenzo in Lucina, nel centro della capitale. A quanto si è appreso da fonti Pdl sono state stampate diecimila copie di ognuno dei manifesti.

01 marzo 2010

 

 

 

 

La Bonino presenta il suo listino

Quattordici nomi, più o meno noti, del mondo accademico, politico e della società civile. La candidata alla presidenza della Regione Lazio del centrosinistra, Emma Bonino, ha presentato oggi pomeriggio alla Casina Valadier a Villa Borghese il suo listino, in cui compaiono anche due giovani under 30 e un noto ballerino, Raffaele Paganini.

I componenti del listino del presidente, sette uomini e sette donne, che rappresentano tutte le province del Lazio, sono stati presentati alla stampa dalla Bonino insieme al coordinatore del suo comitato elettorale, Riccardo Milana. Il primo ad essere stato presentato è Corrado Bibbolino, proveniente dal mondo della Sanità e direttore del dipartimento diagnostico Irccs-Inmi Lazzaro Spallanzani di Roma; la seconda Adele Conte, una studentessa di 28 anni tra le promotrici del movimento di protesta contro il mancato scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni mafiose. Terza l'ex segretaria dei Radicali italiani, Antonella Casu, 43 anni.

Dal mondo accademico proviene Alfio Cortonesi, professore ordinario di storia medioevale, mentre dall'ambientalismo "militante" la responsabile della cooperazione internazionale del Wwf Italia, Laura Ciacci, 46 anni. Presente nel listino di Emma Bonino anche Enzo De Amicis, come ha spiegato Milana, "fino a ieri presidente delle Acli di Latina"; seguito da un altro Radicale, di 38 anni, Michele De Lucia.

Tra le over 50, Marinella D'Innocenzo, "fino a due giorni fa direttore generale dell'Ares 118", l'assessore regionale alle Politiche sociali, Luigina Di Liegro, e le giornaliste Silvia Garambois, per 25 anni a l'Unità, e Bianca Maria Sarasini. Il più giovane del listino si chiama, invece, Vincenzo Iacovissi, ha 27 anni ed è il segretario regionale dei Giovani Socialisti. "Non ha bisogno di presentazioni" - ha proseguito Milana - Raffaele Paganini, ballerino e attore teatrale. Ultimo, ma non ultimo, Pier Luigi Scapicchio, docente di neuropsichiatria geriatrica della facoltà di Medicina dell'Università Cattolica.

Nel mio listino "c'è parte della storia e del futuro d'Italia", spiega la Bonino. "Ho insistito affinchè i componenti del listino provenissero da altri settori, che aiutassero a mettere in relazione istituzioni e società, che fossero un arricchimento: sembrava facile ma nei fatti non lo è stato, per questo ringrazio tutte le forze della coalizione che alla fine hanno compreso questa esigenza. Ne è venuta fuori un' ottima squadra". Secondo Bonino, "la lista del presidente serve a connotare un progetto e le persone, nel nostro progetto, sono la cosa più forte. Sono sempre stata convinta che il listino non potesse essere un duplicato dei partiti". "Andiamo - ha proseguito Bonino - dai 27 anni di Vincenzo Iacovissi ai 68 del professor Scapicchio, da Viterbo a Latina, dal mondo universitario all'ambientalismo vissuto. La componente femminile mi rende particolarmente contenta".

01 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

Ricorso respinto, fuori il Pdl

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

Il giorno dopo, nel comitato elettorale di Renata Polverini, lo stato maggiore del Pdl romano è ridotto a un fascio di nervi. Il sindaco Alemanno, terreo, in prima fila, tra Fabrizio Cicchitto e Giorgia Meloni. La candidata presidente pallida che grida contro la "burocrazia". I mancati-presentatori della lista, Alfredo Milioni e Giorgio Polesi, due vecchie volpi declassate a "incapaci", muti in un angolo per paura del linciaggio. I candidati che avevano già tappezzato i muri della capitale che si tengono a stento. La sottosegretaria Saltamartini, moglie del candidato-favorito del sindaco, che salta in piedi contro una cronista. Le facce e gli scatti sono di chi ha passato la notte in bianco. A ricostruire tra accuse incrociate la sequenza che ha portato il Pdl romano fuori dalla corsa per il Lazio. Il pacco delle firme rimasto incustodito davanti dall’ufficio elettorale, i presentatori che si sono fatti sorprendere 45 minuti dopo il termine ultimo fuori dalla zona deputata per la consegna. Vincenzo Piso, coordinatore laziale, ripete: "Allucinante". E si appiglia a due paginette con la ricostruzione dei fatti: il ricorso del Pdl. Che il tribunale di Roma ha appena respinto per ragioni oggettive: la lista non è stata presentata, il Pdl resta fuori. Seguiranno altri ricorsi, alla corte d’appello, al Tar, al consiglio di Stato. Ma non convincono nemmeno chi si accinge a presentarli. Perciò è scattato il piano "B". La drammatizzazione, la conferenza stampa convocata d’urgenza, l’appello rivolto in un crescendo al centrosinistra, ai radicali, al capo dello Stato. "Con la sua storia si adopererà per garantire il diritto di voto anche per il Pdl", lo invoca Renata Polverini. E infine la chiamata alla piazza: ieri sera in piazza del Popolo, oggi a piazza San Lorenzo in Lucina ("maratona oratoria"), infine il 4 marzo "mobilitazione generale". "Presidiate anche fisicamente il tribunale", incendia gli animi la candidata presidente. Tocca a lei prima respingere le accuse interne: "Lo sconcerto di Berlusconi non è contro nessuno". E poi alzare i toni. Gridare alla burocrazia cattiva. Contro quella "buona" di Latina, dove "le cose hanno funzionato" (e infatti Fazzone, indagato, è capolista). "La burocrazia non può soffocare la democrazia, al maggior partito del Lazio non può essere impedito l'accesso alla competizione", scandisce la candidata. "Ma c’è sempre la mia lista civica", le scappa di dire. E poi giù il coro: "Siamo di fronte a un atto di una gravità inaudita". Le accuse ai radicali, che annunciano querela. Colpevoli secondo il Pdl di non aver fatto rientrare nella "zona rossa" i due incauti "presentatori": "Ci è stato fisicamente impedito di presentare le firme da facinorosi che erano lì con uno scopo preciso", giura Renata, "sui radicali mi devo ricredere, pensavo fossero contro la burocrazia". Una drammatizzazione che contrasta con le spiegazioni comiche date dai protagonisti del "parapiglia", come lo chiama Piso. Il "m’ero andato a prendere un panino" (o "i lucidi con il simbolo") del "presentatore" Alfredo Milioni, anti-eroe del giorno, non nuovo a exploit del genere. "Dopo le leggi ad personam non vorrei un provvedimento ad listam, sarebbe un'innovazione degna di qualche altro regime", avverte la candidata del centrosinistra Emma Bonino, che reduce dallo sciopero per la legalità del processo elettorale, si toglie qualche sassolino contro chi l’ha sbeffeggiata ("Alemanno diceva che un partito le firme le deve sapere raccogliere") e ora patisce il contrappasso di una lista che "non c’è, non è stato aperto il verbale e non vedo su cosa possano basare il ricorso", spiega, mentre con Nichi Vendola lancia la campagna elettorale di Sinistra e Libertà nel Lazio. Lui ironicamente suggerisce di leggere l’accaduto come segno divino. Una di quelle "smagliature" che il sistema-Berlusconi mostra da tutte le parti. E in cui "dobbiamo inserirci per lanciare una nuova egemonia culturale".

01 marzo 2010

 

 

I nomi nelle liste: politici, Nobel e showgirl

l 28 e 29 marzo agli italiani chiamati a eleggere i nuovi governatori e consiglieri di 13 regioni non mancherà certo la possibilità di scelta: a fianco dei politici di professione, non tantissimi, ma rappresentati ai massimi livelli da ministri come Luca Zaia (Veneto) o Mara Carfagna (Campania) e dalla pattuglia dei governatori uscenti Bresso, Formigoni, Errani, Spacca, Vendola, Loiero, ci sono show girl come la calabrese Italia Caruso o registi di fama indiscussa come Tinto Brass.

Ma anche figli di vittime della camorra come Maria Torre in Campania o indagati come il pugliese Tato Greco. Un elenco che vede un premio Nobel (Dario Fo) e una astrofisica di fama mondiale come Margherita Hack, ma anche l'igienista dentale di Berlusconi la venticinquenne Nicole Minetti, e il fisioterapista del Milan Giorgio Puricelli.

Nel Lazio, dove è aperta la questione dell'ammissibiltà della lista del Pdl, figurano numerose donne, come Isabella Rauti Lidia Ravera o la giornalista Silvia Garambois, ma è l'Umbria ad avere il record "rosa", con quattro candidate governatore su sei concorrenti, tra le quali Paola Binetti (Udc).

A proposito di donne, ad appoggiare Forza Nuova nel Lazio c'è una delle rappresentanti delle mamme di Rignano Flaminio. Un capitolo a parte meritano i figli d'arte: Umberto Bossi schiera Renzo a Milano, a Roma corrono oltre alla Rauti anche Bobo Craxi e Pietro Sbardella, in Campania Angelo Gava ed Ettore Zecchino.

E poi ci sono i "ritorni", come quello di Sandra Lonardo Mastella nella "sua" Benevento e a Napoli. C'è chi ha perso la sua competizione prima di iniziare: due aspiranti consiglieri delle liste che appoggiavano Giuseppe Scopelliti in Calabria, considerate candidature "non gradite". E non ce l'ha fatta l'operaio cassintegrato della Ardo Youri Venturelli nelle Marche.

Tra i nomi molti volti già noti della politica ma anche della società civile e new entry. Per quanto riguarda i listini delle candidate alla presidenza del Lazio Emma Bonino e Renata Polverini, nella lista del centrosinistra sono presenti: Corrado Bibbolino, Antonella Casu, Aldo Cortonesi, Laura Ciacci, Enzo De Amicis, Adele Conte, Michele De Lucia, Luigina Di Liegro, Vincenzo Iacovissi, Marinella D'Innocenzo, Raffaele Paganini, Silvia Garambois, Bianca Maria Sarosini e Pierluigi Scapicchio.

Nella lista della candidata del centrodestra sono presenti: Alessandra Mandarelli, Gina Cetrone, Isabella Rauti, Roberto Carlino, Carlo De Romanis, Giancarlo Miele, Francesco Pasquali, Annalisa D'Aguanno, Pierernesto Irmici, Francesco Carducci, Lidia Nobili, Veronica Cappellaro, Rodolfo Gigli e Chiara Colosimo.

C'è molta società civile e mondo della cultura nelle due liste civiche della Bonino, con capolista scrittrice Lidia Ravera e della Polverini con capolista la giornalista Mariella Zezza. Ci sono rappresentanti della giunta uscente e conferme dell'aula della Pisana per il Pd: in testa c'è il vicepresidente della Regione Esterino Montino, il presidente del consiglio regionale Bruno Astorre, l'assessore uscente Daniela Valentini e il consigliere Giovanni Carapella.

È Bobo Craxi il capolista del Psi a Roma e a Latina. Tra le liste presentate anche una lista 'Polverini', ma in sostegno del leader di Forza Nuova Roberto Fiore, sembra destinata all'esclusine. Capolista è Fabio Polverini, odontotecnico. Capolista della lista della Federazione della Sinistra, invece, è l'astrofisica Margherita Hack.

Ecco i candidati a presidente delle 13 regioni.

PIEMONTE: 4 candidati, 32 liste. Mercedes Bresso, presidente uscente (centrosinistra); Roberto Cota, (centrodestra); Davide Bono (Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo) Renzo Rabellino, sostenuto da dieci liste di varia estrazione.

LOMBARDIA: Corrono in 7. Roberto Formigoni, presidente uscente (centrodestra), Filippo Penati (centrosinistra), Gian Marco Invernizzi (Forza Nuova), Marco Cappato (lista Bonino Pannella), Vito Crimi (Movimento di Beppe Grillo), Savino Pezzotta (Udc), Vittorio Agnoletto (Federazione della sinistra).

VENETO: Otto candidati: Luca Zaia (centrodestra), Giuseppe Bortolussi (centrosinistra); Antonio De Poli (Udc). Oltre al Movimento Beppegrillo che candida David Borrelli, e Forza Nuova con Paolo Caratossidis, c'‚ il "Partito Nasional Veneto-Panto", di Gianluca Panto, "Venetie per l'autogoverno", con Loris Palmerini, e "Veneti Indipendensa".

LIGURIA: Tre i candidati:Claudio Burlando (centrosinistra), Sandro Biasotti (centrodestra), Silvio Viale (Radicali)

EMILIA ROMAGNA: Sei candidati: Vasco Errani (centrosinistra) presidente uscente; Anna Maria Bernini (Pdl e Lega); Giovanni Favia (Movimento Beppe Grillo); Gian Luca Galletti (Udc); Michele Terra (Partito comunista dei lavoratori); Werther Casali (Lista Bonino-Pannella), ricusata, però, per mancanza di firme.

TOSCANA: Sono 5 le candidature. La 'corsà vede Enrico Rossi per il centrosinistra, Monica Faenzi sostenuta da Pdl e Lega Nord, Francesco Bosi per l'Udc, Alfonso De Virgiliis per la Lista Bonino-Pannella e Ilario Palmisani per Forza Nuova.

MARCHE: 5 candidati,: Marco Gladi (Forza Nuova); Massimo Rossi (Prc-Pdci e Sel); Erminio Marinelli (centrodestra); Gian Mario Spacca, governatore uscente (centrosinistra); Marco Perduca (Lista Bonino Pannella).

UMBRIA: Sei candidati, di cui quattro sono donne: Catiuscia Marini (Pd), Fiammetta Modena (Pdl), Paola Binetti (Udc), Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali), Luigino Ciotti (Sinistra Critica), Riccardo Donti (Forza Nuova).

LAZIO: 5 i candidati. Oltre a Emma Bonino (centrosinistra) e Renata Polverini (centrodestra), ci sono Michele Baldi (Movimento per Roma e per il Lazio), Marzia Marzoli (Rete dei cittadini) e Roberto Fiore (Forza Nuova e coalizione di liste).

CAMPANIA: Cinque i candidati: Stefano Caldoro (Pdl e Udc), Vincenzo De Luca (Pd, Verdi e Idv), Paolo Ferrero (Federazione della Sinistra), Roberto Fico (Movimento Cinque Stelle), Michele Antonio Giliberti (Forza Nuova).

BASILICATA: Sono cinque i candidati: Vito De Filippo per il centrosinistra, Nicola Pagliuca per il centrodestra, Magdi Cristiano Allam per "Io amo la Lucania", Florenzo Doino per il Partito comunista dei lavoratori, e Marco Toscano per "Sui-Generis". Da definire Maurizio Bolognetti (Radicali) che ha reso noto di aver depositato liste senza le firme necessarie.

PUGLIA: Quattro i candidati. Il presidente uscente di centrosinistra, Nichi Vendola, e il suo principale sfidante, Rocco Palese (Pdl), sono sostenuti entrambi da sei liste. Due liste sostengono Adriana Poli Bortone (Io Sud-Mpa e Udc), una lista, il Partito di Alternativa Comunista, Michele Rizzi.

CALABRIA: 4 candidati 17 liste. Il presidente uscente Agazio Loiero (centrosinistra); Giuseppe Scopelliti (centrodestra); Pippo Callipo, ex presidente di Confindustria Calabria (Io resto in Calabria, il movimento da lui fondato, Italia dei Valori e dalla lista Bonino-Pannella); Giuseppe Siclari (Partito Comunista dei lavoratori).

28 febbraio 2010

 

 

 

 

La legge è chiara: un milione di voti a rischio

di Simone Collinitutti gli articoli dell'autore

La giurisprudenza amministrativa, le procedure elettorali, le norme contenute nel decreto varato dal governo il 25 gennaio e trasmesse dalle prefetture a sindaci e questori e insomma in una parola la legge, niente di tutto questo è dalla parte del Pdl della provincia di Roma. Che alle elezioni del 2008 ha preso tra 842.939 voti (37,1% alle provinciali) e 1.029.095 voti (41,1% alle politiche). Praticamente il 7,6% dei voti incassati dal Pdl a livello nazionale. Appigli a cui aggrapparsi, in punto di diritto, non ci sono. Come spiegano avvocati e costituzionalisti che pur se eletti in Parlamento col Pd la materia la sanno trattare con distacco, non c’è ricorso che possa essere giudicato ammissibile se firme e simbolo non sono stati presentati entro il termine previsto. Che è, come si legge nella "circolare numero 8" del ministero dell’Interno, "le ore 12 di sabato 27 febbraio". E Renata Polverini ha un bel dire che "i Radicali ci hanno impedito con la violenza di consegnare le liste", visto che il fatto a cui si riferisce è, al di là del merito, posteriore alle ore 12. E se il responsabile nazionale Elezioni Pdl Ignazio Abbrigliani dice che "gli uffici non possono impedire la presentazione delle liste, dietro questo impedimento stiamo valutando azioni penalmente rilevanti", a impedire la presentazione dopo le 12 è stato un cordone di carabinieri schierato lungo l’ingresso dell’ufficio elettorale del Tribunale di Roma.

Per non parlare degli appelli che, dalla stessa candidata del Pdl nel Lazio a Gianni Alemanno, vengono rivolti a Giorgio Napolitano. "Non capisco cosa c’entri il presidente della Repubblica", scuote la testa Luigi Zanda, avvocato nonché vicepresidente del Pd al Senato. E gli appelli alla magistratura a "usare buonsenso", per dirla con Storace? "In casi come questo sono i fatti che determinano la decisione dei giudici. Se la lista elettorale c’è, è predisposta secondo le regole della legge elettorale ed è presentata nei termini fissati viene ammessa. Altrimenti, se mancano questi requisiti, non può essere accettata né dal tribunale, né dalla corte d’appello né dalla Cassazione. Nessuna giurisprudenza, nessuna dottrina da interpretare. Le regole vanno rispettate e i termini non possono essere derogati per nessuna ragione al mondo". Il Pdl annuncia mobilitazioni di piazza: "La sciatteria e il senso di onnipotenza del Pdl hanno un limite chiaro, quello della legge", chiude il discorso Zanda. E se Polverini e soci chiamano in causa Napolitano per una deroga, il costituzionalista Stefano Ceccanti fa notare che sarebbe bene che il Pdl evitasse di tirare in ballo "per errori propri" il Quirinale: "L’abolizione dello "jus dispensandi", cioè del potere del Capo dello Stato di esenzione di singoli cittadini dal rispetto delle leggi senza il consenso del Parlamento, fu una delle conquiste più importanti del costituzionalismo di alcuni secoli fa. Fin dal "Bill of Rights" inglese del 1688".

01 marzo 2010

 

 

 

2010-02-28

Regionali, caos Pdl niente lista nel Lazio

Sembra che il Pdl non avrà candidati nelle elezioni regionali del Lazio. La Corte d'Appello, chiamata a pronunciarsi sul ricorso del Pdl contro l'esclusione delle sue liste elettorali (presentate in ritardo), dichiara il "non luogo a procedere". Scadeva ieri alle 12 il termine per la presentazione dei nomi in lizza ma la lista del Pdl per il collegio di Roma sarebbe stata presentata in ritardo ed è stata esclusa dalle regionali.

La candidata del centrodestra alla Presidenza della Regione Lazio Renata Polverini terrà una conferenza stampa per annunciare quali iniziative il Comitato elettorale intende intraprendere a seguito del rigetto dell'istanza. C'è infatti la possibilità di presentare ricorso all'ufficio centrale presso la corte d' appello.

"È ovvio che un'esclusione della lista del Pdl sarebbe una violazione della democrazia sostanziale - cerca di argomentare Luca Malcotti, vice coordinatore vicario del Pdl di Roma e Lazio -. Non è che noi non abbiamo presentato la lista ma c'è stato un piccolo incidente. Ieri non ero presente, ma nel 2008 ho presentato le liste del Pdl per il Comune e i municipi di Roma, e in quel caso ho visto, pur nel rispetto totale delle regole, una certa flessibilità, essendo la procedura molto complicata. In questo caso mi pare che ci si sia attaccati a un meccanismo di dettaglio".

Ma già scoppia la bagarre nelle file del Pdl. "Non è colpa dei dirigenti locali, ma è la dimostrazione dell'incapacità complessiva del Pdl - sbotta il ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco Rotondi -. Non vorrei fare un torto ai dirigenti del Pdl del Lazio e, quindi, preciso - dice Rotondi - che l'incapacità a cui mi riferisco è un dato complessivo della gestione delle liste del Pdl in cui la vicenda romana si inquadra".

"Diciamoci le cose come stanno: questa lista non c'è, non c'è verbale". Lo ha detto la candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio Emma Bonino nel corso di un incontro con Sinistra Ecologia e Libertà in un teatro romano, riferendosi alle contestazioni avvenute ieri al tribunale di Roma culminate con la mancata consegna delle liste Pdl per la provincia di Roma.

28 febbraio 2010

 

 

 

 

Fini: "Preoccupato per Polverinini? Non posso farci niente"

"Non sono preoccupato anche perchè non posso farci niente...". Ha risposto così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ai giornalisti che gli chiedevano se fosse preoccupato per la candidata Renata Polverini dopo le notizie sul rischio di esclusione per la lista del Pdl per il collegio di Roma alle Regionali in Lazio, a causa di un ritardo nel deposito.

Fini è a Vicenza per presentare il suo libro: "Il futuro della libertà", presso l'aula magna dell'università Berica.

27 febbraio 2010

 

 

 

 

2010-02-27

Regionali, Berlusconi: contano i voti

La vittoria alle regionali si potrà stabilire "contando gli elettori", nel nostro caso avendo una "forte maggioranza di elettori rispetto alla sinistra: il numero di regioni è meno importante rispetto al risultato globale", dice Silvio Berlusconi a Torino, dove è arrivato per sostenere la candidatura di Cota. Comincia cioè ad apparecchiare la prospettiva dalla quale vedere l'esito di elezioni che gli eventi degli ultimi tempi rischiano di mettere a rischio.

Un colpo al cerchio interno del Paese e uno alla botte estera: La legge per l'elezione dei parlamentari all'estero "va assolutamente cambiata", aggiunge, rispondendo a una domanda sul caso Di Girolamo. Che dice di non aver mai conosciuto: "Di Girolamo non l'ho mai conosciuto, c'era già una pratica avviata al Senato circa le regolarità della sua elezione. Stamattina il presidente del Senato ha dichiarato di voler mettere all'ordine del giorno la ripresa della pratica, immagino quindi che ci sarà un voto sul decadimento o meno del senatore".

Sul caso Mills, intanto, ribadisce i suoi ritornelli preferiti: "È un'invenzione pura. Noi non c'entriamo nulla è una cosa inventata come tutti i processi". Berlusconi ha inoltre ricordato che i 600mila dollari oggetto del contendere "secondo il fisco inglese sono il frutto di una parcella" professionale. E a un'altra domanda sui processi replica: "Sono il campione dell'universo degli imputati".

Sulla riforma della giustizia, il premier, dice: ''La facciamo, la facciamo, adesso la facciamo; non credo che piacera' molto ai talebani che sono all'interno della magistratura''. 'La sovranita' non e' piu' nel popolo, ma e' nei pm', ha detto Berlusconi, aggiungendo "spero che i magistrati per bene aumentino sempre di più". Una 'speranza' che il premier ha esternato alla platea del Lingotto prendendo spunto da una battuta con cui ha salutato Cota: "Roberto ha un solo difetto, ha una moglie magistrato... Ma è una di quei magistrati perbene e spero aumentino sempre di più".

26 febbraio 2010

 

 

 

Vendola: "Il premier vuole depistare e parla al basso ventre"

di Pietro Spatarotutti gli articoli dell'autore

Il 30 marzo si presenterà al portone di Palazzo Chigi. Sì, se dovesse vincere le elezioni, la prima cosa che farà sarà andare a Roma a chiedere la "restituzione del maltolto". Dobbiamo riavere indietro, spiega, le risorse che ci sono state sottratte. Nichi Vendola sta combattendo a Bari una personale battaglia politica che ha risvolti nazionali. Non nasconde, mentre parla di sé e della sua sfida, la passione di chi si sente trasportato dalla voglia di aria nuova che la sua candidatura rappresenta. Qualcuno lo ha accusato di essere una specie di Berlusconi di sinistra, qualcuno si è rammaricato che non si sia piegato alle leggi della Grande Politica mandando a monte quel laboratorio pugliese nel quale si doveva sperimentare la nuova alleanza con l'Udc. Eppure, questo ragazzo di 52 anni, nato a Terlizzi e cresciuto sotto i due grandi ritratti di Yuri Gagarin e Giovanni XXIII appesi nella sua casa, omosessuale e comunista, non porta rancore. "In politica conosco i sentimenti, non i risentimenti", spiega. Lui è fatto così ed è questa sua leggerezza che forse piace, soprattutto ai giovani.

La sua campagna elettorale non è ancora nel vivo. Vendola gira la Puglia, ma sa che da oggi lo aspetta un mese infernale. "Il mio avversario Rocco Palese - dice - sì che è già a pieno regime. Il suo stile è quello di chi tira calci su tutto. Ma sa come si dice da noi? Sono calci di una mosca, non lasciano il segno". Lui per il momento si gode l'affetto che trova nelle strade, "affetto popolare di vaste dimensioni", e osserva una destra sull'orlo di una crisi di nervi. "Qui in Puglia vive con imbarazzo la propria riduzione a caserma diretta da Raffaele Fitto", spiega. Non si preoccupa più di tanto della guerra santa lanciata da Silvio Berlusconi e che nel Tavoliere avrà sicuramente uno dei suoi teatri più cruenti. "Diciamo la verità, è un cliché stantio. Fa impressione uno che parla di lotta tra bene e male e sullo sfondo si intravede l'onorevole 'ndranghetista. Il premier si rivolge al basso ventre perché vuole depistare il dibattito dalle vere questioni". Vendola ne ha a cuore una: il nucleare. "Ha visto come si comportano? Di fronte all'accelerazione nuclearista del governo tutti i candidati della destra dicono che sono favorevoli a costruire nuove centrali ma non nel loro territorio". Vede anche la "volgarità" di un governo che presenta un piano per il sud mentre interrompe i fondi Fas e tenta di togliere il controllo dai fondi comunitari. "Per la Puglia si tratta di 3 miliardi e 100 chiusi in cassaforte a Palazzo Chigi...".

La "gelatina" che sta avvolgendo i palazzi della politica e dell'economia vista da Bari è preoccupante. Perché si capisce che non si tratta di una "malattia" o di una "patologia". "Macché - dice Vendola - questa è la fisiologia del sistema paese. La rete corruttiva si è integrata organicamente nel rapporto tra politica ed economia. E' una lezione amara". Certo, soprattutto per la destra, che considera le regole un impaccio e un attentato al mercato. Che ha compiuto una specie di "apologia dell'evasione fiscale" arrivando fino alla "vergognosa vicenda dello scudo fiscale" e passando per le "emergenze da gestite con metodologie speciali". Ma anche la sinistra deve darsi una mossa. "Stiamo ancora a ragionare a valle, mentre bisogna scalare la montagna e trovare la fonte della questione morale. Che sta nel deficit dell'alternativa, nella soggezione culturale ai miti del liberismo, nella mancanza di autonomia tra pubblico e privato". Se gli si fa notare che anche lui, un comunista puro, è stato sfiorato dalle inchieste Vendola reagisce dicendo che non c'è "un modo fideistico di impermeabilizzare la macchina pubblica". "E comunque - aggiunge - la differenza è che a ogni scalfitura della moralità ho reagito con durezza. E' bastato un avviso di garanzia per azzerare la giunta". E questa è la verità.

Se si guarda a questo uomo con i capelli brizzolati, partito dalla Fgci nel 1972 e passato dentro la storia complicata del comunismo italiano, uno che oggi porta un anello al pollice perché glielo ha regalato un pescatore, ci si chiede quale sarà l'approdo del suo viaggio. C'è chi dice: vedrete, finirà nel Pd. "Il problema non è che cosa farò io da grande - risponde - Il problema è la sinistra che non ha una proposta di futuro. Bisogna lavorare intensamente per ricostruire un vocabolario dell'alternativa. Non dimentichiamo che la vittoria di Berlusconi è la vittoria del berlusconismo nella società". Quindi, pensa a un unico grande partito della sinistra? "E' un bel progetto - risponde pesando le parole - ma vedo percorsi ancora insufficienti. Il nostro obiettivo è la rifondazione globale della sinistra". Un compito mica da poco. E il Pd che ruolo avrà? Per Vendola il Pd "è ancora il luogo del caos per via della sua identità". Però..."Però dobbiamo confrontarci sull'alternativa. Io credo che non siamo lontanissimi dal capolinea del berlusconismo. E se non ci sarà una risposta forte nostra, non è detto che quella crisi produrrà un'evoluzione".

Il candidato presidente è convinto che molti dei germi della nuova sinistra stiano già nella "fabbrica di Nichi", luogo di idee e di passioni che si sta estendendo in tutta Italia. "Lì vedo azioni di civismo, lì sento il profumo di un'altra politica". L'ultima curiosità riguarda D'Alema. Dopo il voto delle primarie vi siete sentiti? "No, non ancora. Ma lui verrà a sostenermi. Credo che noi due dobbiamo parlarci guardandoci negli occhi, è quel che si fa quando ci sono rapporti antichi e le lacerazioni sono state importanti. Dobbiamo ricostruire un dialogo mai interrotto". E' un poeta, Vendola, un grande sognatore, uno che non ha ancora "elaborato la morte di Alda Merini". Ma è un poeta che ci tiene alle cose che fa. Infatti ha scelto uno slogan così: la poesia è nei fatti. Insomma: anche i poeti sanno fare, governano. Ora deve correre, lo aspettano a un'iniziativa contro la mafia. A lui che si definisce "la sinistra che vince" e il "poeta dei fatti", Alda Merini, con quel suo sguardo tenero, avrebbe dedicato questi versi: forse i sogni sono giovinezza / e peccato d'amore. Chissà.

26 febbraio 2010

 

 

 

 

Senatore indagato Fazzone capolista per Polverini

Liste elettorali chiuse in provincia di Latina. Per il consiglio regionale del Lazio scendono in campo decine di candidati, tra cui l'attuale senatore e coordinatore provinciale del partito Claudio Fazzone, capolista del Pdl e indagato. Nella stessa lista compare anche il nome del consigliere regionale uscente Romolo Del Balzo e dell'assessore del Comune di Latina Stefano Galetto, che oggi ha ufficialmente rassegnato le dimissioni per aprire la campagna elettorale.

La lista dell'Udc, a sostegno di Renata Polverini, sarà invece guidata da Aldo Forte, attuale capogruppo del partito in consiglio regionale. A seguire anche i nomi del consigliere regionale uscente Fabrizio Cirilli, oggi indipendente, e del vicesindaco del Comune di Latina Patrizia Fanti. Il nome pontino del listino della Polverini è invece quello di una donna, Gina Cetrone, delegata provinciale al marketing e promozione territoriale. In corsa nella lista del Pd anche i consiglieri uscenti Domenico Di Resta e Claudio Moscardelli.

"È fatta: non ci sono segreti né dubbi quanto all'intenzione del centrodestra di fare nel Lazio liste pulite e al di sopra di ogni sospetto. È infatti fresca fresca la notizia che il senatore Claudio Fazzone, ben noto alle cronache non proprio rosa regionali e nazionali, sarà capolista per il Pdl. Principio si giolivo ben conduce e c'è quindi da aspettarsi un futuro luminoso per il nostro territorio e per l'amministrazione regionale se, come più volte ventilato da varie fonti, dovesse finire a fare l'assessore, perché no, alla Sanità. Chissà di quali interessanti prose e per quali fini riempirebbe i fogli di carta intestata della Regione. La verità è che dietro il blabla ossessivo e parolaio della necessità di trasparenza delle liste non c'è nulla. Piuttosto che fare pulizia tra i suoi candidati il centrodestra ha preferito ossequiare i potentati locali dalle amicizie dubbie e dai metodi clientelari. Chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere. Ma chiacchiere pericolose". Lo dichiara in una nota Enzo Foschi, consigliere regionale Pd.

26 febbraio 2010

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2010-03-28

Per le elezioni regionali, alle 19 affluenza in calo del 7%

27 marzo 2010

Regionali, 41 milioni al voto alle 12 affluenza in calo del 3%

"Dai nostri archivi"

Amministrative e provinciali: affluenza in calo

Amato: "La macchina elettorale sta funzionando"

Regioni, 41 milioni di italiani al voto

Al voto in Iraq 6 elettori su 10 Maliki avanti in metà province

Europee, in Italia affluenza in calo: 66,46 0x0p+0lle 02.00

Alle 19 arriva il secondo bilancio dell'affluenza alle elezioni regionali. A metà circa delle rilevazioni (2.534 comuni su 5.068) arrivate al Viminale, la percentuale di elettori alle urne si attesta intorno al 35,11%, in calo di poco meno di 7 punti rispetto alle

regionali del 2005. Il primo dato delle 12 registrava una partecipazione poco superiore al 10% in nove regioni (le altre quattro elaborano autonomamente i dati). Meno elettori rispetto a cinque anni fa nelle regioni in bilico come Piemonte (-6,2%), Puglia (dove si registra il 30,26% contro il 37%) e Liguria (-6%) e in Lazio, dove si sfidano Emma Bonino e Renata Polverini: qui il calo dell'affluenza è stato quasi del 10 per cento. Mentre alle 19 in Toscana l'affluenza è stata del 33,4% degli aventi diritto (il dato è diffuso direttamente dalla Regione Toscana, sul proprio sito internet, e non rientra nella media nazionale fornita dal ministero dell'Interno).

 

La mappa. Il numero di votanti è stato più alto al Nord che al Sud: tutte le regioni settentrionali, si mantengono sopra il 10%, con l'Emilia Romagna che registra il tasso più alto pari al 12,9%, ma anche il divario più consistente (4 punti) rispetto alle precedenti regionali. Dalla Toscana in giù i votanti scendono attestandosi generalmente tra il 9 e l'8%, con la

Calabria che ha la percentuale più bassa: 6,5%.

Crollo all'Aquila. In calo l'affluenza anche alle comunali (-2,8) alle provinciali (-4 punti). Crolla l'affluenza a L'Aquila, dove si vota per rinnovare la giunta e il consiglio provinciale. Nella città colpita dal terremoto, a mezzogiorno di oggi, solo l'8,58% dei cittadini si è presentato al seggio: nelle precedenti elezioni, alla stessa ora, aveva votato quasi il 20% degli aventi diritto (il 19,41%). Il dato de L'Aquila, diffuso dal Viminale, è in linea con il calo registrato in tutta Italia. Ma rispetto alle altre province in cui si vota è particolarmente significativo: a Imperia per esempio il dato dell'affluenza delle 12 è del 10,68%, contro l'11,65% delle scorsa tornata. Anche a Viterbo si registra un calo, dal 12,20% al 9%, così come anche a Caserta che passa dall'11,40% delle scorse elezioni all'8,84% di oggi. Ma il crollo più deciso è proprio quello del L'Aquila che ha letteralmente dimezzato la percentuale di elettori che a mezzogiorno hanno messo la scheda nell'urna.

 

 

 

 

 

2010-03-27

Lettera esplosiva alla Lega, rivendicazione anarchica

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27 marzo 2010

Lettera esplosiva alla Lega, rivendicazione anarchica. La busta contenente i resti dello scoppio (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Pacco bomba alla Bocconi Il rettore: "Invito alla calma"

Pacco bomba contro Cofferati. Pista anarchica

Busta con polvere bianca recapitata alla villa di Macherio

Alitalia, l'aut aut di Bossi su Malpensa

Le condizioni di Calderoli per restare nella Cdl

 

C'è una rivendicazione di matrice anarchica, da parte del gruppo "Sorelle in armi-Nucleo Mauricio Morales/Fai", lo stesso che aveva rivendicato il tubo esplosivo alla Bocconi di Milano, per la busta esplosiva destinata al quartier generale della Lega Nord in via Bellerio a Milano e arrivata questa mattina alle Poste di piazzale Lugano, dove ha ferito un dipendente.

All'interno della busta c'erano un portafoglio, una molletta da bucato, due fili elettrici e della polvere pirica. Il portafoglio era avvolto da un volantino: nel foglio si legge la frase "Nei Cie si stupra", in riferimento ai fatti avvenuti a Milano in agosto, dopo la denuncia di una presunta violenza sessuale subita da una ragazza (le indagini sono in corso). Nel volantino si legge: "Maroni complice di questi fatti, ci faremo sentire ancora".

"Esprimiamo solidarietà e affetto all'impiegato delle Poste che è rimasto ferito nello scoppio - ha detto il ministro Roberto Calderoli (Lega nord) - e nel contempo ricordiamo che il clima di odio aizzato da molti contro la Lega porta a frutti avvelenati, così come ha portato a frutti avvelenati con l'attacco a Berlusconi". "Ma non sarà Giove tonante - ha concluso Calderoli - a far tremare il popolo e tantomeno la Lega. Nessuna provocazione, nessun attacco ci faranno recedere dalla nostra via, che è la via delle riforme e del cambiamento democratico".

"Siamo solidali con il dipendente degli uffici postali rimasto ferito questa mattina, mentre svolgeva il suo lavoro, dalla lettera esplosiva indirizzata alla Lega Nord. Vorrei rivolgere un ultimo appello affinché il clima di questi giorni, già deteriorato, non degeneri ulteriormente. Appare chiaro che si vuole colpire e intimidire un movimento politico che riesce a interpretare la profonda esigenza di rinnovamento espressa dal popolo, in cui è profondamente radicato".

Anche il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia, candidato governatore in Veneto, ha commentato la notizia della lettera esplosiva, indirizzata alla sede della Lega nord di via Bellerio, che è esplosa questa mattina all'alba tra le mani di un dipendente di un ufficio postale di Milano mentre smistava la corrispondenza.

Una busta contenente minacce al premier, Silvio Berlusconi, e ad altri esponenti del Pdl è stata invece recapitata a Linate (Milano). Ne hanno dato notizia i carabinieri precisando che la busta, di quelle imbottite, e che conteneva anche un proiettile, è stata scoperta ieri nel centro meccanizzato postale, i cui dipendenti hanno subito avvisato il 112.

"Farai la fine del topo", c'era scritto sotto il nome del presidente del Consiglio, che era anche il destinatario della lettera, indirizzata a Villa S.Martino, ad Arcore (Milano).

 

 

 

 

Elezioni, guida al voto

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10 marzo 2010

Regionali

Sono 13 le regioni italiane chiamate alle urne per rinnovare Governatore e consiglio regionale. I seggi accoglieranno gli elettori, muniti di documento d'identità e tessera elettorale, dalle ore 8 alle ore 20 di domenica 28 marzo e dalle ore 7 alle ore 15 del successivo lunedì 29 marzo. Alle chiusura delle operazioni di voto, seguirà lo scrutinio. Ai votanti - elettori maggiorenni alla data delle consultazioni - verrà consegnata una sola scheda, che contiene sia il nome del candidato alla presidenza sia le liste provinciali. La preferenza si esprime tracciando un segno sul candidato prescelto. Si può votare anche solo la lista provinciale. In questo caso, il voto si estende automaticamente al candidato presidente ad essa collegato. Alle elezioni regionali, è ammesso il voto disgiunto, mentre non è ammesso il turno di ballottaggio. Diventa presidente della Regione chi ottiene più voti (elezione diretta). Per la composizione del consiglio regionale, invece, l'80% dei seggi viene attribuito con un meccanismo proporzionale con voto di preferenza, mentre il restante 20% con un metodo maggioritario plurinominale.

 

(Clicca sull'immagine per vedere il dettaglio della scheda)

Provinciali

Il 28 e 29 marzo si vota il rinnovo di 4 presidenti della Provincia e relativi consigli provinciali. Si tratta di rinnovare le amministrazioni di Imperia, L'Aquila, Caserta, e Viterbo. Le urne resteranno aperte per chi ha compiuto 18 anni alla data delle elezioni dalle ore 8 alle ore 20 di domenica 28 marzo e dalle ore 7 alle ore 15 del successivo lunedì 29 marzo. Ai votanti, muniti di documento d'identità e tessera elettorale, sarà consegnata una sola scheda, che contiene il nome del candidato presidente e quello del consigliere provinciale. L'elettore può votare solo la lista. In questo caso il voto andrà anche ai due candidati, come pure se si mette il segno su entrambi nomi. Si può votare solo il candidato presidente (la preferenza andrà solo a lui), mentre non è ammesso il voto disgiunto. Non ci sono neanche preferenze perché la Provincia è divisa in collegi, con ognuno un suo candidato. Se uno dei candidati non ottiene il 50% più uno dei voti validi, per i 2 candidati più votati si aprono le porte del ballottaggio. Il secondo turno è previsto per domenica 11 aprile dalle ore 8 alle ore 22 e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì successivo. Al ballottaggio è sufficiente tracciare un segno nel rettangolo che riporta il nome del candidato prescelto.

 

(Clicca sull'immagine per vedere il dettaglio della scheda)

Comunali

Il 28 e 29 marzo si vota il rinnovo di molte amministrazioni comunali, tra cui 9 comuni capoluoghi. Gli organi da rinnovare sono sindaco e consiglio comunale. Possono votare tutti i cittadini che nel giorno delle votazioni hanno compiuto 18 anni, portando con se documento d'identità e tessera elettorale. Per i comuni con più di 15mila abitanti, si può votare una lista. In questo caso, il voto va anche al candidato sindaco collegato, così come tracciando due segni: sulla lista e sul rettangolo con il nome del candidato sindaco. Si può votare anche solo il candidato sindaco ed esprimere il voto di preferenza per il futuro consigliere comunale, scrivendo il cognome a destra della lista collegata. E' ammesso il voto disgiunto. Diventa primo cittadino chi raggiunge il 50% + uno dei voti validi. Altrimenti, si va al ballottaggio, che si terrà domenica 11 aprile dalle ore 8 alle ore 22 e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì successivo. Al ballottaggio è sufficiente tracciare un segno nel rettangolo che riporta il nome del candidato prescelto. Modalità di voto diverse per i comuni con meno di 15mila abitanti, dove, in particolare, non è ammesso il voto disgiunto e il turno di ballottaggio.

 

La scheda azzura per le elezioni comunali nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti - (Clicca sull'immagine per vedere il dettaglio della scheda)

 

La scheda azzura per le elezioni comunali nei comuni con popolazione sino ai 15.000 abitanti

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10 marzo 2010

 

 

 

Berlusconi: "Anche in caso di sconfitta non cambia nulla"

di Celestina Dominelli

26 marzo 2010

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Sky Tg24 ( Roberto Monaldo / LaPresse)

"Dai nostri archivi"

Le frecciatine di Bossi agli alleati del Pdl: "Non ci pieghiamo a nessuno"

Tabacci: "Il vento della Francia colpirà anche Berlusconi e il Pdl"

Berlusconi su Fini: "Nel Pdl decide la maggioranza"

Galli: "Elettorato vicino alla Lega, in Lombardia superiamo il Pdl"

La manifestazione del Pdl: istruzioni per l'uso

 

"Se il centro-destra dovesse perdere le elezioni regionali non cambia nulla perché noi abbiamo un mandato per una legislatura e governeremo cinque anni". Il Cavaliere resta convinto che il Pdl prevarrà nella prossima tornata elettorale, ma preferisce non fare numeri e si limita a dire che "ogni regione in più conquistata da noi è da considerarsi un successo. La vera vittoria – chiarisce Berlusconi intervistato da Skytg 24 – è avere la maggioranza dei cittadini amministrata da noi". Poi, dai microfoni di Studioaperto, auspica un nuovo clima politico per arrivare a delle riforme che siano condivise ma sarebbe necessario che la sinistra cambiasse atteggiamento.

Sulle regionali, però, il premier non fornisce stime né indica le regioni a cui il Pdl vuole dare priorità. Certo è, aggiunge ancora il Cavaliere, una larga affermazione sarebbe importante. Perché, aggiunge Berlusconi, "le regioni "rosse" quando arriva un provvedimento del governo si chiudono a riccio".

Poi, sul futuro del partito del predellino, non si sbilancia. Chi sarà il successore di Berlusconi alla guida del Pdl? "Non sono io a indicare chi mi succederà. Sarà il partito, attraverso un grande congresso, a portare avanti dei nomi sui quali si farà una scelta con primarie o in altro modo".

Berlusconi preferisce per ora concentrarsi sulla consultazione di domenica e coglie l'occasione per lanciare una stoccata all'ex alleato Pier Ferdinando Casini che "si è comportato molto male" in questa campagna elettorale, ha avuto "un comportamento schizofrenico" andando a destra e a sinistra a secondo delle poltrone e degli assessorati". In alcune regioni "contro il mio parere", ha affermato il presidente del Consiglio, c'è stata una alleanza tra Pdl e Udc, "io mi sono piegato alla maggioranza del nostro ufficio di presidenza ma stiamo tornando alla politica dell'opportunismo e della convenienza, che è il peggio del peggio. Gli elettori cattolici non daranno il voto all'Udc".

Il Cavaliere non risparmia ovviamente un nuovo attacco alla sinistra che "vuole reintrodurre l'Ici e mettere le tasse sui risparmi, Bot e Cct. Vogliono la patrimoniale a partire dai piccoli appartamenti e addirittura vogliono abolire la moneta, vietando i pagamenti in contanti dai 100 euro in su, sarebbe uno stato di polizia tributaria. La sinistra, rimarca il presidente del Consiglio, "vuole spalancare le frontiere in Italia, vogliono un'Italia multietnica per far entrare il numero maggiore possibile di extra-comunitari per cambiare la bilancia tra la maggioranza dei moderati e la sinistra che finora è minoranza".

Infine il tasto caldo del rapporto con la Lega. Il premier ribadisce quanto detto nei giorni scorsi: nessun timore per un possibile sorpasso del Carroccio in alcune regioni del Nord. "È un'ipotesi che non esiste nei nostri sondaggi. Bossi è un alleato fedele. E non ho nessuna preoccupazione sul fatto che la Lega possa irrobustirsi. In Lombardia c'è ancora una grande differenza tra noi e loro". Ma il rischio di un sorpasso è davvero dietro l'angolo.

26 marzo 2010

 

 

2010-03-25

Marcegaglia critica la campagna elettorale: "Violenta e priva di interesse per il paese"

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25 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Elkann e Squinzi nella squadra di Marcegaglia

Marcegaglia: "Politica disattenta all'economia reale in un 2010 ancora difficile"

Marcegaglia: stop alle liti, politica lontana dal paese

Tremonti: sgravi fiscali al Sud Marcegaglia: tagli alla spesa

Confindustria, plebiscito per Emma Marcegaglia: "Subito la riforma dei contratti"

"Una campagna elettorale violenta e su temi di nessun interesse per il paese reale". Boccia senza indugio il dibattito politico pre-elettorale la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, tracciando il bilancio del primo biennio della sua presidenza e presentando alla giunta di viale dell'Astronomia il programma per il prossimo biennio. Una denuncia quella della presidente degli industriali, che viene da lontano, "da mesi", precisa. "Tengo a sottolineare che in questi due anni difficilissimi - ha affermato Marcegaglia - grazie anche al senso di responsabilità delle imprese, il paese ha tenuto la propria coesione sociale e noi abbiamo tenuto insieme il nostro sistema associativo, anzi siamo cresciuti con i tassi più alti degli ultimi 10 anni, soprattutto grazie all'azione delle nostre associazioni territoriali e di categoria, che sono state capaci di stare vicino alle imprese". Al comportamento dell' industria, ha proseguito, non ha però corrisposto, soprattutto in questi ultimi mesi, "un clima all'interno del mondo politico e istituzionale altrettanto responsabile". Sono la "distrazione dai temi veri della competitività dell'economia" e il "conflitto perenne trale istituzioni" le spine nel fianco della presidenza di Confindustria.

Subito le riforme

Marcegaglia ha poi ribadito quelli che sono i passi da compiere per rilanciare il sistema paese: soprattutto le riforme, dal fisco - con la riduzione dell'Irap - fino ad una "drastica" semplificazione burocratica, perchè l'inefficienza dello Stato resta"il problema più grave". Senza questi correttivi, il rischio è che la crescita, nei prossimi anni, sia molto bassa, senza capacità di creare nuova occupazione "e con debiti pubblici" che, a causa della crisi, sono cresciuti molto.

Occorrono quindi, per Marcegaglia, "cambiamento, riforme, coraggio, capacità di guardare avanti. Tutte cose che nel nostro paese mancano ormai da decenni". Nel concreto, la presidente degli industriali indica come prioritarie la riforma fiscale, quella del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, le infrastrutture, l'istruzione tecnica, la ricerca e l'innovazione, energia e ambiente (risparmio energetico, nucleare e fonti rinnovabili), il Mezzogiorno, con un forte impegno per la legalità, e una cabina di regia per i fondi strutturali. Infine, nell'ambito della riforma e dello snellimento della macchina burocratica della Pubblica amministrazione, Marcegaglia torna a denunciare la questione dei ritardati pagamenti alle imprese. "Uno scandalo nazionale che non siamo ad oggi riusciti a correggere, e che rientra nel tema del pessimo funzionamento della stessa PA".

 

 

 

Troppo spazio al Pdl, l'Agcom multa Tg1 e Tg5

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25 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Calabrò: "Su Trani polverone mediatico, ma pressioni senza effetto"

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Berlusconi indagato a Trani "Un'inchiesta grottesca" Rai conferma stop a talk-show

Calabrò (Agcom): "La riforma della par condicio non è più rinviabile"

Calabrò (Agcom): "La riforma della par condicio non è più rinviabile"

 

La Commissione Servizi e Prodotti dell'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, presieduta da Corrado Calabrò, relatori Magri e Sortino, alla luce dei dati di monitoraggio dell'ultimo periodo (14 - 20 marzo), ha rilevato il perdurare di un forte squilibrio informativo tra Pdl e Pd, e una marginale presenza di altre forze politiche, in particolare delle nuove liste che si sono presentate alle elezioni, in violazione del richiamo già rivolto alle emittenti ad attuare il riequilibrio dell'informazione nei notiziari. La Commissione - si legge in una nota - ha pertanto comminato, all'unanimità, una sanzione di 100.000 euro al Tg1 e al Tg5, che presentavano il maggiore squilibrio, ed ha, nel contempo, rivolto un richiamo a tutte le emittenti ad attuare un immediato riequilibrio dell'informazione entro la chiusura della campagna elettorale.

La Rai, da parte sua, ritiene "insussistente il presupposto della sanzione" da 100mila euro comminata dall'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni al Tg1 per uno squilibrio informativo a favore del Pdl e perciò "impugnerà il provvedimento dell'Agcom nelle sedi competenti". Lo scrive in una nota viale Mazzini in cui si afferma che "la Rai sulla base dei dati dell'Osservatorio di Pavia, che misura i tempi dedicati ai soggetti politici, rileva che c'é un sostanziale equilibrio nel pieno rispetto delle regole vigenti per le campagne elettorali".

25 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-23

Berlusconi rilancia su riforma delle aliquote e presidenzialismo

23 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Fisco, Berlusconi: "Riforma nel 2010? Spero di sì"

Riforme, Bossi a Berlusconi: "Prima c'è il federalismo"

Berlusconi: riforma fiscale con due sole aliquote

Berlusconi promette "in tre anni la rivoluzione liberale"

Napolitano chiede di fermare "le contrapposizioni" Il premier: sconfessato il Csm

 

La riforma sulle aliquote entrerà in vigore entro il 2013. Lo conferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un'intervista alla Stampa. "Certamente sì - ha risposto Berlusconi - dovremo graduarla, come è logico, in relazione all'andamento della situazione economica. Ma io sono convinto che una riforma delle aliquote sia anche uno strumento fondamentale per favorire la ripresa. Certo, non metteremo in pericolo la stabilità dei conti pubblici".

Riforma della giustizia e presidenzialismo

Confermata anche l'intenzione di realizzare la riforma della giustizia "subito dopo le elezioni". Per Berlusconi si tratta di "un'emergenza per il Paese". La campagna elettorale, ha detto Berlusconi a Unomattina, è stata "snaturata" perché "il partito delle procure è intervenuto pesantemente in campo e ha dettato tutti i temi e tempi della campagna elettorale". Sempre per quanto riguarda le riforme, resta sul tavolo l'ipotesi presidenzialismo: "È una delle cose che vedremo se vale la pena di fare - ha detto - così come vedremo se andare verso l'elezione diretta del Capo dello Stato o del premier. A me sembra, sinceramente, che sarebbe un arricchimento della nostra vita democratica". Sul tema della successione, Berlusconi ritiene "offensivo parlare di futuro con un leader che è in piena forma e con un indice di apprezzamento al 62 per cento".

La "democrazia assoluta" nel Popolo della libertà

"Il popolo della libertà si chiama proprio così perchè è fatto dalla gente, è nato dal basso. È un partito assolutamente democratico che assume ogni decisione non da parte di un monarca, che sarei io, come indicato da qualcuno. È esattamente il contrario". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una intervista a 'Unomattinà su Rai 1. "All'interno del partito abbiamo un forma di democrazia assoluta che abbiamo applicato in questo primo anno di lavoro - aggiunge il premier - Qualcuno dice che il partito è da migliorare. Certo tutto si può migliorare ma io sono assolutamente contento e soddisfatto degli organi che ci siamo dati e del modo in cui hanno lavorato quest'anno e penso che potranno lavorare ancora meglio del futuro".

23 marzo 2010

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2010-03-20

Nessun rinvio delle elezioni regionali nel Lazio

20 marzo 2010

Nessun rinvio delle elezioni regionali nel Lazio. Nella foto Vittorio Sgarbi

La Regione Lazio ha respinto la richiesta di rinvio delle elezioni regionali avanzata da Vittorio Sgarbi sulla base dell'applicazione del decreto salva-liste. A quanto si apprende la valutazione dei tecnici della Regione è che, riducendo i giorni di campagna elettorale garantiti da 15 a 6, il provvedimento consente di fare rientrare l'ammissione della lista Rete liberal Sgarbi nei tempi consentiti. Il vicepresidente del Lazio, Esterino Montino, ha convocato una conferenza stampa nella sede della Regione proprio per motivare la decisione e spiegare i suoi effetti.

Ancora un no alla lista del Pdl

La quinta sezione del Consiglio di Stato, inoltre, ha respinto l'appello presentato dal Pdl contro la decisione del Tar del Lazio di mercoledì scorso che ha respinto la richiesta di sospendere il provvedimento di mancata ammissione della lista del Pdl provinciale di Roma. La decisione di oggi del consiglio di Stato è l'ottava bocciatura della richiesta di ammissione alla competizione elettorale da parte della lista del Pdl.

20 marzo 2010

 

 

 

 

 

Berlusconi chiede tre anni

"per la rivoluzione liberale"

20 marzo 2010

Il Pdl scende in piazza a Roma. I due cortei verso San Giovanni

"Dai nostri archivi"

Un federalismo ad personam

La manifestazione del Pdl: istruzioni per l'uso

"Tutto pronto" per il Pdl in piazza sabato

Berlusconi favorevole al rinvio del voto nel Lazio

Berlusconi sul caos liste dà la colpa a radicali e giudici

Sulle note della canzone "Meno male che Silvio c'è" si è chiuso in piazza San Giovanni il comizio di Silvio Berlusconi a conclusione della manifestazione nazionale del Pdl con i tredici candidati governatori del centrodestra.

"Viva la Lega, viva il Popolo della libertà", è stato l'ultimo passaggio di Berlusconi. In precedenza aveva detto, rivolgendosi alla piazza: "Dovreste vedervi da qui, siete uno spettacolo straordinario". "Siamo qui per reagire a due mesi di attacchi ingiusti e offensivi della sinistra e dei suoi giudici" ha detto il premier dal palco.

Il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, ha detto che il numero di partecipanti

"ha superato abbondantemente un milione di presenze". "Siamo tanti, siamo tantissimi siamo le donne e gli uomini che amani la libertà e vogliono restare liberi" aveva esordito Silvio Berlusconi: "Evviva, evviva, evviva", "un grande, grande, grande abbraccio a tutti grazie di essere qui e benvenuti a Roma".

Tre anni alla fine della legislatura. Tre anni "decisivi" per portare a termine la "rivoluzione liberale" che comprende le riforme delle istituzioni, della giustizia, del fisco e persino la vittoria su una malattia come il cancro. Silvio Berlusconi, dal palco di piazza San Giovanni, è tornato sul tema delle riforme. "Ci aspettano tre anni di lavoro: tre anni nei quali uscendo via via dalla crisi attueremo le grandi riforme", ha detto. "Le riforme istituzionali, dalla riduzione del numero dei parlamentari, all'elezione diretta del premier o del presidente della Repubblica; la grande, grande, grande riforma della giustizia; la profonda riforma e l'ammodernamento del sistema fiscale, la questione del federalismo". "Continueremo - ha aggiunto - con la stessa determinazione la lotta contro la mafia e la criminalità organizzata. Vogliamo dare più sicurezza per i cittadini, vogliamo arrivare ad avere meno tasse, meno burocrazia, più infrastrutture e più verde". Vogliamo anche vincere il cancro che colpisce ogni anno 250mila italiani e che riguarda quasi due milioni di nostri cittadini. Dobbiamo affrontare questi tre anni forti di un pieno mandato dagli italiani".

I due mega cortei erano partiti da due diversi punti della città: il serpentone partito dall'Anagnina era guidato dai candidati governatori del centrodestra a esclusione di Renata Polverini, l'aspirante governatrice del Lazio che ha guidato il corteo partito dal Circo Massimo. Sulle note di "Tu che mai preso il cuor", dedicata a Silvio Berlusconi, la piazza si è popolato. Presente anche il cantante preferito dal premier, Mariano Apicella. Tante le bandiere del Pdl.

Clima festoso, si sono alternati alcuni cantanti con pezzi sempre rivolti al premier come "The best" di Tina Turner. Negli striscioni Emma Bonino e Michele Santoro tra i bersagli preferiti.

 

 

 

Il premier rilancia sulle riforme: Quirinale con elezione diretta

19 marzo 2010

Il premier rilancia sulle riforme: Quirinale con elezione diretta

"Dai nostri archivi"

Spinta sulle riforme per l'elezione diretta del premier

Berlusconi rilancia il presidenzialismo, ma pensa alla giustizia

150 anni Italia Napolitano scrive a Berlusconi: "Serve chiarimento"

Berlusconi favorevole al rinvio del voto nel Lazio

Avanza il disgelo premier-Colle

Silvio Berlusconi torna ad inserire

l'elezione diretta del presidente della Repubblica nella serie di riforme istituzionali alle quali porre mano nel tratto di legislatura che si apre dopo il test elettorale amministrativo. Il presidente del consiglio ha introdotto questo argomento (come ha fatto nei giorni scorsi), premettendo un "magari" alla

elezione diretta del capo dello Stato, segno che il dibattito si deve ancora aprire ufficialmente, ma che la questione è sul tappeto, almeno secondo la maggioranza. Berlusconi ha poi citato anche la riduzione del numero dei parlamentari come un'altra possibile riforma istituzionale da compiere dopo le elezioni regionali.

19 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-17

Alfano attacca il Csm

sull'inchiesta Agcom-Rai

"Violata la Costituzione"

16 marzo 2010

Alfano attacca il Csm sull'inchiesta Agcom-Rai "Violata la Costituzione"

"Dai nostri archivi"

Berlusconi indagato a Trani "Un'inchiesta grottesca" Rai conferma stop a talk-show

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

Minzolini si difende in video: non sarò un direttore dimezzato

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

È sempre alta tensione tra il premier Silvio Berlusconi e "una parte della magistratura". E in serata il duro scontro istituzionale in atto viene alimentata anche dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che accusa il Csm di "violare la Costituzione".

Al centro delle polemiche l'indagine della procura di Trani che vede indagati lo stesso premier per concussione e minacce, il direttore del Tg1 Augusto Minzolinie il consigliere di Agcom Giancarlo Innocenzi sulle presunte pressioni esercitate dal Presidente del Consiglio per fermare le trasmissioni televisive "Annozero", "Parla con me" e "Ballarò".

Il muro contro muro tra Alfano e il Csm

Il Csm, su richiesta di molti consiglieri, ha affidato alla Sesta commissione l'incarico di verificare eventuali interferenze dell'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in Procura a Trani. L'obiettivo di questa iniziativa, ha spiegato il vicepresidente Nicola Mancino, è ribadire "i confini tra ispezione e indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione, ma ci vuole rispetto per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura requirente". In serata la presa di posizione di Alfano: "L'iniziativa del Csm di aprire una pratica contro un'ispezione disposta in base all'art. 107 della Costituzione, in relazione ai fatti che stanno accadendo a Trani, è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri".

L'arrivo degli ispettori e il "catenaccio" del pm Ruggiero

Nel pomeriggio sono arrivati gli ispettori inviati dal Guardasigilli per accertare, tra l'altro, se ci siano responsabilità della Procura nella fuga di notizie relative all'inchiesta. "Gli ispettori - ha detto a questo proposito il ministro - hanno cominciato a lavorare senza interferire nell'inchiesta per contribuire all'accertamento di quanto accaduto principalmente in riferimento alla presenza di talpe, che ci auguriamo vengano immediatamente individuate e punite".

Una missione iniziata non nel migliore dei modi. Il pubblico ministero di Trani, Michele Ruggiero, nei corridoi della procura generale di Bari (assieme al procuratore Carlo Maria Capristo) in attesa di essere ascoltato dai due ispettori del ministero della Giustizia guidati da Arcibaldo Miller, aveva dichiarato: "L'indagine è sotto segreto istruttorio", quindi "tutto quello che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori". Poco dopo le 21, dopo circa due ore di colloquio, Ruggiero ha commentato: "È stata un'audizione molto corretta, si è svolta nella massima correttezza".

Berlusconi: "I magistrati impediscono al governo di lavorare"

Per il premier "la reiterata azione della magistratura" nei suoi confronti ha un obiettivo preciso. Ovvero quello di "sottrarre molto tempo all'attività di governo e c'è da chiedersi - dice in un'intervista a Studio aperto - se una delle finalità sia proprio impedire di far lavorare il presidente del Consiglio". Le ultime inchieste, sottolinea ancora il Cavaliere, "confermano l'esigenza di una riforma radicale della giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

Non c'è rischio astensione, sostiene il premier

Il premier comunque non vede, per le prossime elezioni, il rischio astensione. "Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra che è sempre più scoperto, e sempre più pericoloso: oltre a insultare e a demonizzare l'avversario cercano anche di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare, ma io sono sicuro che tutti i moderati, tutti i riformisti, reagiranno a quella tendenza e andranno in massa alle urne per difendere la legalità e la democrazia". Il Pdl - ha fatto sapere il premier - andrà in piazza il 20 marzo per difendere il diritto di voto ma anche quello alla privacy. "Andremo in piazza, non lo facciamo mai ma - ribadisce il premier - come si dice a Roma "quando ci vuole ci vuole", per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per reclamare la nostra libertà di parlare al telefono e non essere spiati".

Bersani: "Ci interessano i problemi degli italiani"

Al premier replicano il leader del Pd Pierluigi Bersani e Antonio Di Pietro. "Berlusconi deve capire che noi non ci occupiamo delle questioni giudiziarie - afferma Bersani -. Stiamo cercando di fare politica e di occuparci dei problemi degli italiani. Quindi smetta di alzare polveroni e si concentri anche lui sulle cose che contano". Di Pietro invece accusa: "Tutti sanno che la magistratura si interessa a Berlusconi solo perchè il presidente del Consiglio, con pesanti ingerenze e abusi di potere, si intromette in affari e compiti che non gli competono. Sono storie squallide che in una democrazia, degna di questo nome, non dovrebbero accadere".

Santoro sentito in Procura a Trani

Intanto questa mattina a Trani i pm che indagano sulla vicenda hanno ascoltato, come persona informata sui fatti, Michele Santoro. Al termine dell'audizione il giornalista non ha voluto fare dichiarazioni sulla deposizione rilasciata ai magistrati. "Non posso fornire alcun elemento - ha spiegato Santoro -, non si possono dare informazioni sul contenuto del colloquio avuto con i magistrati". Poi però sulle pressioni che ci sarebbero state per fermare la sua trasmissione il giornalista ha detto: "credo che siano pressioni di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi, basta leggere i giornali e le dichiarazioni pubbliche fatte dal presidente del Consiglio, e non solo, per comprendere quale sia stata la pressione politica esercitata nei confronti della nostra trasmissione perchè non andasse in onda". Il conduttore di Annozero sta inoltre valutando se costituirsi parte civile nel procedimento in corso a Trani sulle presunte pressioni esercitate dal premier.

16 marzo 2010

 

 

 

 

Berlusconi indagato a Trani

"Un'inchiesta grottesca"

Rai conferma stop a talk-show

15 marzo 2010

Berlusconi: "A Trani inchiesta grottesco-mediatica

"Dai nostri archivi"

Alfano attacca il Csm sull'inchiesta Agcom-Rai "Violata la Costituzione"

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

Minzolini si difende in video: non sarò un direttore dimezzato

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, è formalmente indagato dalla procura di Trani nell'inchiesta Rai-Agcom, con il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Lo si è appreso a Trani da fonti vicine alle indagini. È quindi questo il contenuto della risposta che la procura di Trani ha fornito all'istanza presentata stamani dai legali del premier, Filiberto Palumbo e Niccolò Ghedini, che chiedevano se il premier fosse indagato.

I reati oggetto di approfondimento, per quanto riguarda il capo del governo, da parte dei magistratidella procura pugliese sono la concussione e la "violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario " (articoli 317 e 338 del Codice penale), reati compiuti ai danni dell'istituzione del Garante per le Comunicazioni, l'Agcom. Nei confronti di Innocenzi la procura ipotizza il reato di favoreggiamento personale (art.378 del Codice penale), in relazione alle dichiarazioni fatte nel corso di un'audizione dinanzi agli investigatori in cui avrebbe negato di aver ricevuto pressioni da Berlusconi per chiudere Annozero.

Quanto al direttore del Tg1, infine, è indagato per violazione dell'articolo 379 bis del Codice penale: rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale. Minzolini non avrebbe osservato il divieto imposto dal pubblico ministero, Michele Ruggiero, di non rivelare a terzi il contenuto dell'interrogatorio a cui fu sottoposto a Trani il 17 dicembre 2009 nell'ambito delle indagini sulle carte di credito American Express.

"Se davvero a Trani si prospetta nei confronti del presidente Berlusconi la concussione e la violenza o minaccia a corpo politico, amministrativo o giudiziario - ha commentato in serata Ghedini - si è fuori da ogni logica e in una situazione giuridicamente inconcepibile e intollerabile".

Continua, quindi, a tenere banco l'inchiesta della procura di Trani. Le indagini riguardano presunte pressioni da parte del premier Berlusconi su Giancarlo Innocenzi, commissario Agcom nominato dal centrodestra, per bloccare alcune trasmissioni tv a lui scomode, come Annozero di Michele Santoro. Il premier, che in mattinata ha chiesto tramite i suoi avvocati di sapere se è indagato, ha detto di essere "scandalizzato". "A Trani - ha detto in un'intervista al Gr1 - ci sono state palesi violazioni di legge: è una iniziativa grottesca" che tuttavia "non mi preoccupa affatto" poichè "sono intervenuto a destra e a manca" contro i processi in tv e le mie sono "posizioni non soltanto lecite ma doverose".

A far discutere sia politici che magistrati è poi la decisione del ministro della Giustizia Angelino Alfano di inviare a Trani. La maggioranza dei consiglieri, sia laici che togati, del Csm ha infatti chiesto di accertare se vi siano delle interferenze nelle indagini in corso che riguardano "personaggi politici di rilievo nazionale", chiaro riferimento al premier.

Intanto il cda della Rai, nonostante la recente decisione del Tar del Lazio, ha confermato lo stop ai talk show politici. La decisione è stata presa a maggioranza (cinque voti contro il ripristino dei programmi e quattro a favore). La decisione è stata aspramente criticata dall'opposizione. Soprattutto alla luce della pronuncia del Tar che, accogliendo il ricorso di Sky e Telecom Italia, ha chiesto lo stop al regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella parte che blocca i talk show in periodo elettorale nelle tv private nazionali.

Il cda di viale Mazzini ha contemporaneamente dato mandato al direttore generale, Mauro Masi di acquisire al più presto dalla Commissione Parlamentare per l'Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi le valutazioni di competenza, cui la Rai dovrà adeguarsi. La decisione è stata duramente criticata dai membri nominati dall'opposizione che hanno invece sostenuto le ragioni della ripresa dei talk show: "Esprimiamo il nostro voto contrario - scrivono i consiglieri Rodolfo De Laurentiis, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten a conclusione del Cda - perché si tratta di una decisione dilatoria che non sana la forzatura di interpretazione del regolamento compiuta quando a maggioranza fu decisa la sospensione di quattro trasmissioni di approfondimento".

Il presidente della Rai, Paolo Garimberti si è detto amareggiato per l'esito della riunione del Cda di oggi. Amareggiato, "per la divisione" evidente in seno al Consiglio, e "per la mancata ripresa dei talk show". Garimberti si era già detto favorevole a riprendere le trasmissioni sospese e ritiene abbastanza frustrante che si sia ancora appesi su questa vicenda, con il tempo che non gioca a favore. Il presidente Rai auspicava che la lettera del presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò, recapitata oggi, potesse sbloccare la situazione.

Soddisfatta dalla decisione del cda Rai la maggioranza. A giudizio di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, "la decisione del Consiglio di amministrazione Rai è corretta sia nel metodo (nel riconoscere che, allo stato, un regolamento c'è, ed è quello, peraltro positivo, approvato dalla Commissione di vigilanza) sia nel merito".

IL PUNTO / La fase finale di un conflitto da cui tutti usciranno sconfitti (di Stefano Folli)

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

La riapertura dei talk politici: polemica Zavoli-Garimberti

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

15 marzo 2010

 

 

 

La fase finale di un conflitto da cui tutti usciranno sconfitti

16 marzo 2010

Si pensava che la campagna per regionali sarebbe stata avvelenata. Nessuno però immaginava quanto. Ora sappiamo di trovarci in un corto circuito a causa del quale le istituzioni rischiano il collasso. Sarebbe la degna conclusione di lunghi anni in cui il conflitto fra magistratura e potere politico (berlusconiano) si è fatto sempre più crudo, senza produrre mai una soluzione, ma solo ulteriori motivi di scontro e di logoramento. Fino alla marea d'intercettazioni con relative fughe di notizie che stanno sommergendo ogni parvenza di dibattito civile.

Berlusconi, che poche settimane fa aveva definito "talebani" i magistrati, una provocazione che non sembra avergli portato fortuna, oggi subisce i morsi della procura di Trani. Indagato per concussione e minacce, lapidato per l'ennesima volta sul piano mediatico, costretto a descrivere, per difendersi, il paradosso del suo naufragio: "È o no un diritto del presidente del Consiglio parlare al telefono con chiunque senza essere intercettato anche surrettiziamente?".

In questa frase detta al Gr1 c'è il senso perverso di tutto quello che accade. Il premier, che è anche un parlamentare, ha ragione nel rivendicare il suo diritto. Ma il solo fatto che sia costretto a farlo, mentre gli sta piombando sul capo l'ennesima tegola giudiziaria, dimostra la sua debolezza, anzi la sua impotenza. Certo, in nessun altro paese europeo e occidentale sarebbe possibile il caso di un capo di governo messo alla berlina per le sue conversazioni telefoniche finite sui giornali prima ancora che da esse i magistrati di una remota procura fossero in grado di ricavare un'ipotesi di reato. Ma forse in nessuno di quei paesi il governo si sarebbe dedicato per anni a una guerra contro la magistratura condotta con gli anatemi pubblici e con il vittimismo, senza mai una realistica strategia di riconciliazione.

Ora la prospettiva più probabile è che tutti gli attori di questo dramma un po' assurdo escano sconfitti, sullo sfondo di un panorama di macerie. Tutti: Berlusconi, l'opposizione e la stessa magistratura.

Primo. Il presidente del Consiglio è esposto all'ennesimo danno d'immagine. Che si aggiunge a tutti gli altri. Se pure le sue telefonate non configurano reati, come è plausibile, resta l'impressione di un costume malsano. Peggio, resta l'idea di un premier che vorrebbe liquidare i suoi nemici, in questo caso Santoro e "Annozero", ma riesce solo a danneggiare se stesso: incapace di imporre le sue direttive e scrutato dal "grande fratello" elettronico. E tutto questo a pochi giorni da elezioni che non promettono niente di buono al centrodestra (salvo il partito di Bossi nel Nord). È una fotografia impietosa ma veritiera di questa fase del "berlusconismo".

Secondo. L'opposizione ricaverà dalla vicenda qualche vantaggio elettorale. Ma confermerà di essere incapace di una linea autonoma. Berlusconi continua a essere l'alfa e l'omega della politica italiana e la magistratura è il suo nemico mortale. L'opposizione politica si limita a camminare nel solco tracciato dalle procure. Il che, è ovvio, non serve a costruire un'alternativa. Ci si limita a contrapporre una piazza all'altra.

Terzo. Anche la magistratura rischia di uscire sconfitta dalla guerra dei vent'anni. E' riuscita a logorare Berlusconi, ma ha logorato anche se stessa. Soprattutto ha perso credibilità agli occhi dei cittadini, alimentando i peggiori sospetti sugli interventi "a orologeria". Una vittoria di Pirro: ci vorrà tempo per ritrovare il prestigio perduto.

 

 

 

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

14 marzo 2010

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata". Il premier oggi alla festa per i 90 anni di Don Verzé (Foto AP)

"Dai nostri archivi"

Berlusconi indagato a Trani "Un'inchiesta grottesca" Rai conferma stop a talk-show

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Alfano attacca il Csm sull'inchiesta Agcom-Rai "Violata la Costituzione"

Minzolini si difende in video: non sarò un direttore dimezzato

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Al palazzo di giustizia di Trani, epicentro della nuova polemica politica nata dalle intercettazioni delle telefonate fra Silvio Berlusconi, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini e il membro dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, è tutto fermo per la pausa domenicale. In attesa di sviluppi, il botta e risposta si rincorre fra Di Pietro che rivendica di essere "temuto" dal premier e il centrodestra che lo addita come "responsabile del clima di odio" che domina il paese.

Il presidente del Consiglio, in realtà, ci tiene a rimarcare la propria distanza dal problema. Oggi è a Milano, a festeggiare i 90 anni di Don Verzé, il fondatore del San Raffaele, e si gode la pausa: "Oggi è una bellissima giornata - ha spiegato -. Sembra che siamo lontani dall'atmosfera avvelenata in cui siamo stati costretti a stare soprattutto negli ultimi giorni" a causa del caos-liste e della nuova inchiesta che arriva dalla Puglia. "Tengo o' core into o' zucchero", ha chiosato con incerto accento partenopeo.

A rafforzare il buonumore del premier c'è anche il caldo elogio ricevuto dal festeggiato, Don Verzé, che ha definito il premier un "personaggio storico nato nella fede cristiana. Lo conosco da anni - ha aggiunto il fondatore del San Raffaele - da quando era giovane: prima come cantautore di crociera, poi imprenditore, e ora come politico di fama mondiale".

Talk politici: polemica Zavoli - Garimberti

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

14 marzo 2010

 

 

 

 

 

Talk politici: polemica Zavoli - Garimberti

"Dai nostri archivi"

INFORMAZIONE NEGATA / Prego prima lei, e il talk show tace

Elezioni regionali: conduttori Rai in rivolta sulle regole tv

Rai, nominato il nuovo cda

Lotta tra governo e opposizionesul filo della par condicio

Berlusconi indagato a Trani "Un'inchiesta grottesca" Rai conferma stop a talk-show

Il presidente della vigilanza Rai in vista del cda di domani

Basta con "gli errori veri e finti, i diritti calpestati e declamati", che hanno fatto perdere al paese "gran parte del tempo che gli spettava per misurarsi con le proprie idee sulle prossime elezioni". L'auspicio è del presidente della commissione di vigilanza Rai, Sergio Zavoli, che in vista del cda in programma per domani a Viale Mazzini chiede alla Tv di Stato di riaprire i talk show della politica. "Il consiglio di amministrazione - spiega Zavoli - ha il prestigio, il senno e il dovere di fare la prima mossa, con i propri margini di autonomia".

I primi commenti in arrivo dal board Rai, però, non tutt'altro che entusiasti, a partire dalla replica del presidente Paolo Garimberti. "È evidente che sono favorevole alla ripresa delle trasmissioni di approfondimento - ha detto -, ma la commissione di vigilianza avrebbe dovuto e potuto fare la sua parte: convocarsi urgentemente, come ha fatto il cda, per modificare il regolamento applicativo della par condicio". Sulla stessa lunghezza d'onda Giovanna Bianchi Clerici, consigliera in quota Lega Nord: "Il problema è il regolamento - ricorda -; comunque ne parleremo, e sentiremo anche un parere legale per muoverci nel più rigoroso rispetto delle regole come abbiamo sempre fatto".

 

 

 

2010-03-11

Il "pasticcio" delle liste

costa tre punti al Pdl

di Roberto D'Alimonte

Giovedí 11 Marzo 2010

Il Lazio è sempre stata una regione in bilico tra centrodestra e centrosinistra. La differenza tra vittoria e sconfitta può quindi dipendere da fenomeni o eventi che in altre regioni, come quelle del Nord-est o della ex zona rossa, avrebbero scarsa incidenza. In Lazio tutto conta. Per questo era lecito aspettarsi che il pasticcio sulla lista elettorale del Pdl a Roma potesse essere l'elemento decisivo in una competizione che sulla carta era fino ad ora piuttosto equilibrata. E così pare che sia alla luce dei dati del sondaggio Ipsos-Sole 24 Ore. La presenza o meno della lista Pdl nella provincia di Roma costerebbe tre punti alla Polverini, e forse la vittoria. Infatti con la lista Pdl il sondaggio Ipsos dà la Bonino in vantaggio di due punti, 50,5 % contro 48,5%, ma il distacco sale a cinque punti (52,0 % a 47,0 %) senza la lista Pdl.

La spiegazione di questa differenza è da cercare nel voto alle liste. Come era lecito attendersi l'assenza della lista del Pdl, secondo la stima Ipsos, produrrebbe due effetti. Il primo è la crescita di tutte le altre liste della coalizione che appoggia la Polverini e in particolare della sua lista personale. L'Udc passerebbe dal 4,5% al 7,5 %, la Destra di Storace dal 2,5% al 4,2% e la lista Renata Polverini dal 4,8% 16,0%. Ma queste liste non riuscirebbero a catturare tutti i voti in libera uscita dal Pdl nella provincia di Roma. Secondo il sondaggio Ipsos il Pdl varrebbe il 35,1% se fosse presente in tutto il Lazio e solo il 14% se fosse escluso a Roma. La maggior parte dei suoi elettori romani voterebbero le altre liste del centrodestra ma una parte non andrebbe a votare e questi sono molto probabilmente i voti che fanno la differenza in più a favore della Bonino. D'altra parte è una questione di puro buon senso che la lista del Pdl abbia un effetto di traino sul voto alla Polverini. È molto poco plausibile immaginare che una coalizione senza la lista del suo maggior partito possa convogliare sulla sua candidata presidente gli stessi voti su cui potrebbe contare se fosse al completo. Il merito del sondaggio Ipsos è quello di permetterci di stimare per la prima volta questo effetto.

Un altro merito di questo sondaggio è quello di far luce – in un momento di grande confusione – sull'atteggiamento degli elettori della Polverini e del Pdl nei confronti del pasticcio delle liste. La sorpresa è che il 51% degli elettori della Polverini e il 45% degli elettori del Pdl ritengono che "le leggi e le regole devono essere uguali per tutti e se ci sono irregolarità le liste devono essere escluse". Va da sé che queste percentuali sono ancora più altre fra gli elettori della Bonino e tra quelli del Pd, ma questa non è una novità. La novità è che siano così alte nello schieramento che subisce il danno derivante dalla mancata presentazione delle liste. Sulla base di questi dati la conclusione che se ne deve trarre è che una parte consistente dell'elettorato di centrodestra non è in sintonia con le posizioni intransigenti che su questo tema sono state sposate da Berlusconi. L'idea che la democrazia sia in pericolo nel caso in cui la lista del Pdl non fosse riammessa non è condivisa da una larga maggioranza dell'elettorato del centrodestra. Il rispetto delle regole conta anche in questo schieramento, o almeno in una sua parte non marginale.

È possibile che il "pasticciaccio" abbia già prodotto in parte degli effetti sulle intenzioni di voto. Infatti aldilà delle differenze legate alla presenza o meno della lista del Pdl a Roma il fatto è che la Bonino è davanti alla Polverini con o senza questa lista. Ma questo vantaggio potrebbe anche non essere collegato al "pasticciaccio". Altri dati di questo sondaggio dimostrano che la Bonino è una candidata competitiva. Se c'è un settore dell'elettorato dove dovrebbe essere in difficoltà è quello del voto cattolico. E invece anche qui si scopre che il giudizio che ne danno i "cattolici impegnati" (quelli che vanno a messa regolarmente e fanno volontariato nelle associazioni cattoliche o in parrocchia) e i "praticanti assidui" (i cattolici che vanno a messa tutte le domeniche) è addirittura più positivo di quello che danno alla Polverini. Certo, un giudizio positivo non è un voto. Eppure tra i "praticanti assidui" il 37% dice di votare per la Bonino e il 30% per la Polverini. Sono dati che vanno presi con le pinze ma sono indicativi della forza della candidatura della Bonino. Per questo non sorprende che sia davanti, anche se di poco.

In ogni caso la partita resta aperta. La volatilità dell'lettorato è tale che anche se mancano solo due settimane al voto le cose potrebbero ancora cambiare. Come si è detto, il Lazio è sempre appartenuto alla categoria delle regioni contendibili. Qui la vittoria si è sempre giocata sul filo di lana ovvero con distacchi contenuti. Nel 1995 Badaloni, candidato del centrosinistra, vinse per soli 5.376 voti. Finì 48,1 contro 48,0. Cinque anni dopo ha vinto il centrodestra. Storace, candidato della Casa delle libertà, prevalse con il 51,3 % contro il 46,0% del suo avversario. Poi nelle elezioni del 2005 ci fu di nuovo l'alternanza. Vinse Marrazzo, candidato del centrosinistra, che riuscì a battere Storace che cercava un secondo mandato. Finì 50,7% per Marrazzo contro il 47,4% del presidente uscente.

Quelle del 2005 furono elezioni particolari. Infatti a livello di voti alle liste (parte proporzionale) la coalizione che sosteneva Storace ottenne più voti di quella che sosteneva Marrazzo: 48,5 % contro 47,4 %. Il candidato del centrosinistra vinse perché riuscì a catalizzare su di sé una quota rilevante di elettori che scelsero di votare solo per i candidati presidenti e non per una lista di partito.È una opzione consentita dal sistema elettorale. Quasi mezzo milione di elettori – il 14, 8 - l'hanno esercitata e il 9% di loro ha votato Marrazzo contro il 4,1% che ha votato Storace. In questa speciale classifica del "voto personale", contrapposto al "voto di partito" o al "voto di preferenza", il Lazio occupa il quarto posto a livello nazionale dopo Lombardia, Piemonte e Veneto (dati del 2005). Da questo punto di vista (ma non solo) il Lazio è più simile alle regioni del Nord che a quelle del Sud. È su questo terreno che si giocherà una parte importante della partita tra la Bonino e la Polverini. Con o senza lista Pdl.

Giovedí 11 Marzo 2010

 

 

 

La Regione Lazio ricorre alla Consulta sul "salva-liste"

di Celestina Dominelli

11 marzo 2010

La Regione Lazio ricorre alla Consulta sul "salva-liste"

"Dai nostri archivi"

La regione Lazio ricorre alla Consulta contro il "salva-liste"

Il Tar del Lazio respinge il ricorso per la lista Pdl in provincia di Roma

Il Tar Lazio respinge la sospensiva, anche il Piemonte fa ricorso contro il governo

Berlusconi avanti: giusto il decreto

Fuori la lista del Pdl a Roma Berlusconi raduna la piazza Il Pd: "Apprendisti stregoni"

Sospendere in via cautelare il decreto legge "salva-liste": la richiesta è contenuta nel ricorso che la Regione Lazio ha depositato questa mattina alla Corte Costituzionale per sostenere l'illegittimità del provvedimento varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. La Consulta - secondo quanto si è appreso - dovrebbe riunirsi la prossima settimana per decidere se sospendere o meno il decreto. L'udienza non è stata ancora fissata ma il presidente della Corte, Francesco Amirante, potrebbe farlo tra oggi e domani.

Insomma, la vicenda, già ingarbugliata, si complica ulterioremente. Anche se il premier Silvio Berlusconi il suo verdetto l'ha già emesso: "Non c'è stato alcuno sbaglio da parte dei rappresentanti del partito: è stato un atteggiamento inaccettabile da parte dell'ufficio circoscrizionale". Che avrebbe dovuto accettare la lista del Pdl e non l'ha fatto, a detta del Cavaliere. Sicuro che, davanti al nuovo ricorso, "non potranno darci torto".

Perché quella del Pdl è ormai una estenuante battaglia di carte bollate. La prossima puntata si celebrerà sabato, quando il Consiglio di Stato discuterà il ricorso del Pdl contro l'esclusione decretata dal Tar del Lazio.

La difesa del Pdl punta il dito contro quella parte dell'ordinanza in cui si sostiene l'inapplicabilità del decreto legge salva liste al Lazio, dove la materia elettorale è disciplinata da una legge interna. Secondo il ricorso pidiellino, infatti, l'ordinanza "è assolutamente irragionevole, erronea e illegittima". Anche perché, spiegano i legali del Pdl, "avendo riscontrato l'incompetenza della norma statale, il Tar avrebbe potuto eventualmente sollevare questione di legittimità costituzionale" e, nel frattempo, "sospendere i provvedimenti impugnati e ammettere, seppur in via provvisoria, il Pdl alle prossime elezioni regionali". I delegati poi, spiega il ricorso, "sono stati penalizzati per disordini creati da soggetti estranei". In pratica, la stessa versione illustrata ieri dal Cavaliere in conferenza stampa.

Sabato, quindi, i giudici di Palazzo Spada dovranno valutare la difesa del Pdl e non è escluso che chiamino in causa la Consulta per sbrogliare la matassa. Sostenendo magari che il decreto legge ha sì un difetto di costituzionalità, ma va applicato fino alla pronuncia della Corte costituzionale. La guerra giudiziaria, dunque, sembra ancora lontana da una conclusione. Anche perché, nel frattempo, il Pdl ha depositato un ricorso contro lo stop deciso dall'ufficio centrale circoscrizionale alla lista presentata lunedì sfruttando la riapertura concessa dal decreto salva-liste.

È questo un canale parallelo che, almeno in linea teorica, non si interseca con quello della giustizia amministrativa. È però evidente che la bocciatura del Tar ha influito moltissimo sulla decisione dell'ufficio centrale circoscrizionale. Il quale, nel respingere la lista del Pdl, ha ripreso diversi passaggi dell'ordinanza. Berlusconi e i suoi, però, non si sono dati per vinti e hanno presentato ricorso all'ufficio centrale regionale che ha 48 ore di tempo per pronunciarsi.

I giudici di primo grado sostengono che dentro il plico consegnato lunedì non c'erano alcuni documenti essenziali. Sarà assai difficile per il Pdl convincere del contrario i tre magistrati dell'appello.

11 marzo 2010

 

 

 

 

CAMPAGNA ELETTORALE / Il buon senso si è smarrito nel labirinto buio delle risse

di Stefano Folli

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11 Marzo 2010

Il buon senso si è smarrito nel labirinto buio delle risse . Nella foto Silvio Berlusconi

Siamo piombati nel pieno della campagna elettorale. S'intende, nel modo peggiore possibile. L'idea che nelle prossime settimane il confronto politico si svolga, con tutta l'asprezza possibile, interno al ridicolo "pasticcio" delle liste e alle sue conseguenze è piuttosto scorante. Si dirà che l'opposizione non ha dimostrato "fair play" verso le disavventure del centrodestra, ed è anche vero. Ma non si può negare che susciti qualche perplessità l'immagine di un presidente del Consiglio che scende in campo in prima persona contro i magistrati e l'ufficio elettorale di Roma per rivendicare un diritto compromesso non da oscuri complotti, ma da errori unilaterali (negati) ed evidenti inadempienze.

Si era detto nei giorni scorsi che il "pasticcio" andava risolto facendo ricorso al buon senso. In fondo il Quirinale, nel momento in cui ha firmato, non senza sofferenza, un discutibile decreto interpretativo visto come il male minore, si è appellato proprio al buon senso. Sarebbe stato meglio, a quel punto, che anche il premier restasse fedele allo stesso principio. Tanto più che il caso realmente grave per i suoi effetti (il rigetto delle liste in Lombardia) era stato sanato grazie al decreto. Il caso del Lazio è minore, considerando che Renata Polverini è in grado di competere con la sua lista personale. Aver voluto scegliere proprio questo terreno per eccitare gli animi e avviare la campagna, è un'iniziativa di cui si capirà la logica solo la sera del 29 marzo, quando si conteranno i voti e si vedrà chi ha saputo parlare meglio al paese.

Per il momento bisogna dire che lo spettacolo complessivo non è stato edificante. Dalla classe politica ci si aspetta qualcosa di più e di meglio. Dallo stesso presidente del Consiglio ci si attenderebbe qualcosa di meglio che una conferenza stampa all'insegna del vittimismo e dell'insofferenza, con tanto di battibecco con un "contestatore". E tutto per negare il pasticcio che peraltro è sotto gli occhi di tutti e che lo stesso Berlusconi aveva ammesso a caldo, parlando dei protagonisti della vicenda come di una "massa di deficienti".

Ora invece siamo alle manifestazioni di piazza. È chiaro che il premier ha scelto questo terreno per avviare lo scontro elettorale. Nonostante il decreto, nonostante il gesto di Napolitano diretto, con ogni evidenza, a evitare l'inasprimento della tensione. Se la sinistra ha mancato di "fair play", il meno che si possa dire è che la maggioranza ha fatto di peggio. Una volta risolto il caso della Lombardia, il Lazio meritava ben altra sobrietà. Come sempre dovrebbe essere quando è in gioco il delicato capitolo delle regole. Ossia quel complesso di vincoli e condizionamenti che scandiscono la vita quotidiana del comune cittadino, spesso in misura eccessiva. L'enfasi con cui la classe politica si occupa delle proprie omissioni, per minimizzarle, è davvero uno sforzo degno di miglior causa.

Anche per questo si avverte in giro un certo disorientamento, a seguito della "pochade" delle liste. E non stupisce che i sondaggi, a cominciare da quello Ipsos-Sole 24 Ore sul Lazio, indichino una parziale disaffezione, una scarsa motivazione da parte dell'opinione pubblica. Berlusconi ritiene di poter risollevare gli indici aumentando il tasso di aggressività della campagna. In altre occasioni ha avuto ragione. Ma stavolta, persino più che in passato, dovrà spogliarsi dei panni di capo del governo per indossare quelli di capo fazione. E non è detto che la fortuna sia sempre dalla sua parte.

11 Marzo 2010

 

 

Bersani: "Stop ai ricorsi"

10 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Berlusconi sul caos liste dà la colpa a radicali e giudici

Fuori la lista del Pdl a Roma Berlusconi raduna la piazza Il Pd: "Apprendisti stregoni"

I NODI DELLA POLITICA / Lo stallo del Pd e l'eterna sindrome della diversità

Prodi e Bersani critici sul Pil ma per il Pdl la ripresa ci sarà

Berlusconi e il Pd, botta e risposta sulle tasse

 

Quella presentata stamattina dal presidente del Consiglio Berlusconi "è una ricostruzione fantasiosa". Parte all'attacco il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, nel corso di una conferenza stampa nella sede del partito, di replica alle affermazioni del premier sulla verità del Pdl sul "caos liste" nella provincia di Roma. "Quello che doveva essere il governo del fare - ha aggiunto - è finito per essere il governo del fare confusione".

"A questo punto il centrodestra - ha detto Bersani - rinunci a proseguire nei suoi ricorsi. Noi d'accordo con il candidato Penati siamo pronti a fermare il ricorso in Lombardia. È ora di creare un clima in cui finalmente si possa parlare delle cose che interessano ai cittadini".

Per Bersani, comunque, "avrebbero dovuto riconoscere l'errore, esercitare i vari gradi di giudizio ed eventualmente rivolgersi all'opposizione. Non è successo. Confermo: ho avuto una sola telefonata da Gianni Letta 15 minuti prima di entrare in Consiglio dei ministri, una telefonata in cui gentilmente mi illustrava i contenuti del dl, ricevendo la mia contrarietà".

Bersani ha anche ricordato che ci sono altri precedenti di esclusioni di liste, come l'Udc a Trento e nel Molise, dove una giunta di centrosinistra si dimise per una imprecisione sui documenti. "Non ci chiedano di essere conniventi per risolvere i loro problemi, bisogna rimettersi alle valutazioni degli organismi giurisdizionali". Noi, ha detto Bersani, "non l'abbiamo cercata questa situazione e non l'abbiamo mai voluta ma non ci si può chiedere connivenza per strappare le regole solo per qualcuno, le regole vengono prima di tutto".

Il leader del Pd ha osservato che in Italia "si é ribaltato il sistema per cui diventa un problema se l'opposizione va in piazza, mentre se lo fa il governo, e con i toni che ha usato oggi Berlusconi, con attacchi violenti alle istituzioni dello Stato, non lo é. Ci siamo assuefatti?". In ogni caso, aggiunge il segretario del Pd, "noi siamo un'opposizione di governo ma non in pantofole. Certo non può essere il governo a metter su gli anfibi".

Antonio Di Pietro, ha detto Bersani, non attaccherà il presidente Napolitano alla manifestazione di sabato prossimo, perchè ha sottoscritto assieme al Pd una piattaforma che attribuisce al solo governo la responsabilità del decretosalva-liste. (N.Co.)

10 marzo 2010

 

 

 

Marcegaglia: stop alle liti, politica lontana dal paese

di Nicoletta Picchio

Giovedí 11 Marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Marcegaglia: "Politica disattenta all'economia reale in un 2010 ancora difficile"

Marcegaglia: "Sugli utili proposta complicata"

Tremonti: sgravi fiscali al Sud Marcegaglia: tagli alla spesa

Emma Marcegaglia: "Non accorpare le date di referendum e elezioni è uno spreco inaccettabile"

Marcegaglia: base industriale a rischio tagli

Delusione. Preoccupazione. Di fronte a una politica assorbita dalle polemiche e dal caos delle liste elettorali, dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia arriva un richiamo a mettere da parte inutili discussioni e ad occuparsi dei problemi reali del paese, innanzitutto di come ricominciare a crescere.

"A pochi giorni dalle elezioni non si sente minimamente parlare di programmi, di crisi, di economia, di sviluppo. Dei problemi delle imprese e soprattutto, di quelli dei lavoratori e dell'occupazione", ha detto ieri sera la Marcegaglia, ai microfoni del Tg2. Un'intervista fatta proprio per lanciare "un richiamo forte alla politica" e sollecitarla a "concentrarsi sui temi che interessano le persone". L'analisi della presidente di Confindustria è che il momento più duro della crisi sia alle spalle, ma che si prospetta una ripresa lenta e difficile, con un 2010 ancora in salita. Non basta certo un aumento dell'1,1% di Pil per superare crolli di fatturato e ordini che sono arrivati anche al 50 per cento.

Quindi bisogna cambiare passo. Dare risposte ad imprese e lavoratori. "Siamo preoccupati e delusi perché l'economia italiana va ancora male ed è necessario ed urgente prendere decisioni per tornare a crescere".

È vero, ha ripetuto ieri sera la Marcegaglia, che esiste un problema di conti pubblici. E la presidente degli industriali ha sottolineato l'importanza del rigore: "Ciò che sta succedendo in Grecia – ha detto – dimostra che è importante avere un equilibrio nei conti pubblici. E per l'Italia lo è ancora di più".

Ma non basta. Bisogna anche puntare allo sviluppo, "con scelte chiare". Primo passo necessario, tagliare la spesa pubblica improduttiva: "È ancora molta", denuncia la Marcegaglia. È una delle condizioni necessarie per trovare i soldi da utilizzare per ridurre le tasse a imprese e lavoratori e rilanciare gli investimenti. "Sono le aziende e il mondo del lavoro a sostenere questo paese".

Si possono ottenere risparmi, ha aggiunto, anche semplificando la burocrazia. L'importante è "trovare risorse anche per investire in ricerca, innovazione, formazione e scuola, infrastrutture". Gli imprenditori, ha sottolineato la presidente, stanno facendo la propria parte, con senso di responsabilità. L'Italia non ha avuto pacchetti di stimoli: "Abbiamo lavorato su ammortizzatori sociali e sul credito".

Infine un riferimento al Fondo monetario europeo: per la Marcegaglia è "un'iniziativa utile" anche se gli effetti si vedranno più avanti. E la Ue "non deve essere solo quella dell'euro", ma deve dimostrare anche unità politica.

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Giovedí 11 Marzo 2010

 

 

 

 

 

Sanate le irregolarità formali

6 Marzo 2010

"Dai nostri archivi"

CAPO III. Procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative

Il Dl 180 su università e ricerca

Il testo del decreto legge n. 180

Il testo del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137

Misure speciali per i rifiuti

Decreto legge recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione

ARTICOLO 1

Interpretazione autentica

degli articoli 9 e 10 della legge

17 febbraio 1968 n. 108

1.Il primo comma dell'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, si interpreta nel senso che il rispetto dei termini orari di presentazioni delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste muniti della prescritta documentazione hanno fatto ingresso nei locali del Tribunale o della Corte d'appello. La presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale o della Corte d'appello dei delegati può essere provata con ogni mezzo idoneo.

2.Il terzo comma dell'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968 n. 108 si interpreta nel senso che le firme si considerano valide anche se l'autenticazione non risulti corredata da tutti gli elementi richiesti dall'articolo 21, comma 2, ultima parte, del decreto del presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, purché tali dati siano comunque desumibili in modo univoco da altri elementi presenti nella documentazione prodotta. In particolare, la regolarità dell'autenticazione delle firme non è comunque inficiata dalla presenza di un'irregolarità meramente formale quale la mancanza o la non leggibilità del timbro dell'autorità autenticante, del luogo di autenticazione nonché della qualità dell'autorità autenticante.

3.Il quinto comma dell'articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, si interpreta nel senso che le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell'ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso ufficio. Contro le decisioni di ammissione può essere proposto esclusivamente ricorso al giudice amministrativo solo da chi vi abbia interesse. Contro le decisioni di eliminazioni di liste di candidati oppure di singoli candidati è invece ammesso ricorso allo stesso ufficio centrale regionale, che può essere presentato, entro 24 ore dalla comunicazione, solo dai delegati della lista alla quale la decisione si riferisce.

4.Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle operazioni e ad ogni altra attività relative alle elezioni regionali, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legge. Ai fini dell'applicazione del comma 1 la presentazione delle liste può essere effettuata dalle ore 8 alle ore 16 del primo giorno non festivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

ARTICOLO 2

Norma di coordinamento

del procedimento elettorale

1. Limitatamente alle consultazioni per il rinnovo degli organi delle regioni a statuto ordinario fissate per il 28 e 29 marzo 2010, l'affissione del manifesto recante le liste e le candidature ammesse deve avvenire a cura dei sindaci, non oltre il sesto giorno antecedente la data della votazione.

ARTICOLO 3

Entrata in vigore

Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale" della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

6 Marzo 2010

 

2010-03-09

LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO

 

Fuori la lista del Pdl a Roma

Berlusconi raduna la piazza

Il Pd: "Apprendisti stregoni"

di Celestina Dominelli

9 marzo 2010

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (ANSA)

"Dai nostri archivi"

Berlusconi avanti: giusto il decreto

Il Tar del Lazio respinge il ricorso per la lista Pdl in provincia di Roma

Annunciata l'ammissione della lista civica Polverini Attesa per listino e lista Pdl

Dl salvaliste, "Berlusconi forza la legge elettorale" (Le Figaro)

Il Pdl cerca l'antidoto alla batosta: "Fermare i furbi"

 

L'ufficio centrale circoscrizionale del tribunale di Roma non ha accettato la presentazione della lista provinciale del Pdl per le prossime elezioni regionali. Una conferma dell'esclusione, quindi, dopo il pronunciamento del Tar del Lazio e dopo che lunedì i vertici regionali del partito avevano presentato la lista per le elezioni di fine marzo e la documentazione elettorale sfruttando la sponda concessa dal decreto varato venerdì. "Stiamo lavorando per predisporre l'appello al Consiglio di Stato", hanno subito fatto sapere gli avvocati del Pdl.

Intanto Silvio Berlusconi annuncia "una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà." Il presidente del Consiglio lo dice in un nuovo video messaggio che ha indirizzato ai Promotori della Libertà. "Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. È un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto", afferma il premier.

La manifestazione, alla quale dovrebbero prendere parte tutti i candidati del centrodestra nelle tredici regioni chiamate al voto, potrebbe tenersi a Roma il prossimo 20 marzo. Quanto all'ipotesi di rinvio del voto semplicemente non esiste, non era sul tavolo e non se ne è parlato, hanno riferito fonti del Pdl al termine del vertice.

Proprio dall'opposizione era arrivata in giornata la proposta, rilanciata dalla candidata del Lazio, Emma Bonino nel corso dell'assemblea dei candidati, di un rinvio delle elezioni. "Sarebbe l'esito più serio, semplice e comprensibile", ha detto l'ex ministro. Che ha parlato davanti al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Il leader dei democratici, però, per il momento non accoglie la proposta. "È evidente che hanno imbrogliato, il governo è l'unico responsabile e nel farsi le regole su misura hanno anche sbagliato la misura, come un sarto che non fa bene il suo lavoro. Voi avete posto un problema di legalità ma sul rinvio generale io mantengo la riserva". Bersani, dopo la decisione del tribunale di Roma, che ha stabilito la non ammissione della lista del Pdl Lazio attacca: "Siamo di fronte a degli apprendisti stregoni. Si dimostra che le divisioni e le forzature del Pdl hanno prodotto e stanno producendo solo inutili strappi alle regole e molta confusione".

Oggi, intanto, il Tar della Lombardia ha confermato la riammissione del listino di Roberto Formigoni. La sentenza di merito ribadisce dunque l'orientamento emerso nell'udienza cautelare di sabato scorso, quando i giudici milanesi avevano accolto la richiesta di sospensiva dei legali di Formigoni contro l'ordinanza della Corte di appello di Milano.

È possibile, però, che la vicenda giudiziaria non si fermi qui. Perché il Pd potrebbe impugnare la sentenza davanti al Consiglio di stato. "Non abbiamo nessun problema – ha detto stamattina Formigoni -. Noto soltanto che Penati aveva detto che non avrebbe fatto ricorso: se poi lo fa è una scelta sua. Adesso dedichiamoci a illustrare i programmi ai cittadini".

 

 

 

 

 

 

In attesa del verdetto romano

Berlusconi boccia il rinvio del voto

di Celestina Dominelli

9 marzo 2010

Il tribunale amministrativo regionale del Lazio (ANSA)

"Dai nostri archivi"

Il Tar del Lazio respinge il ricorso per la lista Pdl in provincia di Roma

Il Tar Lazio respinge la sospensiva, anche il Piemonte fa ricorso contro il governo

Tar della Lombardia riammette la lista Formigoni alle regionali

Berlusconi avanti: giusto il decreto

Formigoni escluso dal voto Respinto il ricorso Pdl a Roma

 

Il Pdl attende a breve il verdetto dell'ufficio centrale circoscrizionale dove ieri i vertici regionali del partito hanno presentato la lista e la documentazione elettorale sfruttando la sponda concessa dal decreto varato venerdì.

Intanto il premier Silvio Berlusconi ha riunito nel pomeriggio a Palazzo Grazioli, con la candita del Pdl, Renata Polverini, i tre coordinatori del partito, il responsabile regionale, Vincenzo Piso, e il sindaco Gianni Alemanno. Il Cavaliere avrebbe ribadito ai suoi la necessità di andare avanti con la campagna elettorale, a prescindere dalle decisioni dei giudici. Una campagna che sarà tutta improntata all'attacco per rispondere punto su punto alle critiche dell'opposizione. Un conto è il percorso giudiziario, è il ragionamento del premier, che prevede, come prossima tappa, il ricorso al Consiglio di stato. Un altro è la campagna elettorale che non va tralasciata e che ora, dopo gli strali del centro-sinistra, va impostata come una guerra a tutto campo.

Proprio dall'opposizione, però arriva la proposta, rilanciata dalla candidata del Lazio, Emma Bonino nel corso dell'assemblea dei candidati, di un rinvio delle elezioni. "Sarebbe l'esito più serio, semplice e comprensibile", ha detto l'ex ministro. Che ha parlato davanti al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Il leader dei democratici, però, per il momento non accoglie la proposta. "È evidente che hanno imbrogliato, il governo è l'unico responsabile e nel farsi le regole su misura hanno anche sbagliato la misura, come un sarto che non fa bene il suo lavoro. Voi avete posto un problema di legalità ma sul rinvio generale io mantengo la riserva".

Oggi, intanto, il Tar della Lombardia ha confermato la riammissione del listino di Roberto Formigoni. La sentenza di merito ribadisce dunque l'orientamento emerso nell'udienza cautelare di sabato scorso, quando i giudici milanesi avevano accolto la richiesta di sospensiva dei legali di Formigoni contro l'ordinanza della Corte di appello di Milano.

È possibile, però, che la vicenda giudiziaria non si fermi qui. Perché il Pd potrebbe a questo punto impugnare la sentenza davanti al Consiglio di stato. "Non abbiamo nessun problema – ha detto stamattina Formigoni -. Noto soltanto che Penati aveva detto che non avrebbe fatto ricorso: se poi lo fa è una scelta sua. Adesso dedichiamoci a illustrare i programmi ai cittadini".

L'attenzione, adesso, è tutta puntata ora sull'ufficio centrale circoscrizionale. I magistrati dovevano pronunciarsi entro le 18, ma il verdetto è slittato alle 20 perché, come ha spiegato la presidente dell'ufficio, Anna Argento, "non è ancora stato completato l'esame della documentazione". L'ufficio dovrà verificare, come stabilisce l'articolo 10 della legge 108 del 1968, la regolarità delle candidature e delle sottoscrizioni. Un iter scadenzato dalla legge, ma il cui esito è difficilmente prevedibile. Perché sul pronunciamento dei tre magistrati, che compongono l'ufficio, pende la netta bocciatura formulata ieri dal Tar del Lazio. Che non ha solo riconosciuto l'inapplicabilità del decreto, ma ha anche sottolineato il mancato rispetto da parte dei delegati del Pdl delle condizioni sancite dallo stesso provvedimento: cioè l'assenza della "prescritta documentazione", pur essendo presenti dentro il tribunale.

 

 

 

 

IL VOTO E L'ECONOMIA / Cercasi leadership per un paese di gente seria

di Alberto Orioli

9 marzo 2010

C'è una repubblica costituzionale fondata sul lavoro e una materiale fondata sulle chiacchiere. Ai cittadini - come ha ricordato il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano - preme la prima. Sopra ogni cosa preoccupa il lavoro, risorsa che la crisi ha reso ancora più scarsa aumentando le file dei disoccupati. È questo che interessa agli italiani: sapere quando ripartirà davvero l'economia e arriverà la ripresa. La conferma viene dai sondaggi che Sole 24 Ore e Ipsos stanno conducendo nelle regioni al centro della contesa elettorale. E stavolta statistica e senso comune vanno a braccetto.

Non è la situazione politica a preoccupare se, ad esempio, in Piemonte solo il 25% dice di considerarla un problema grave (è poco di più, il 28%, il dato su scala nazionale) contro il 73% che ritiene problema urgente l'occupazione, da associare a un altro 22% che teme per l'economia in generale.

Non interessano le contorsioni interne ai partiti, le camarille di potere che hanno portato al ritardo nella presentazione delle liste del Pdl a Roma e in Lombardia (o quelle che hanno dilaniato per mesi il Pd). Quel grottesco ritardo sulle liste – che ancora adesso richiederebbe almeno delle scuse "politiche" agli elettori tutti – al centro di una difficile correzione di rotta che imbarazza le istituzioni, ha creato una ferita al sistema democratico. È stata prontamente suturata con uno dei cerotti di cui in genere abbonda la cassetta di pronto soccorso della repubblica delle chiacchiere. Una scelta che tuttavia non sembra del tutto impermeabile ai dardi dei Tar e si vedrà se sarà in grado di reggere l'eventuale sindacato di costituzionalità da parte della Consulta. E c'è voluta l'autorevolezza di Napolitano, fatto a segno di strali ingiusti, per evitare il peggio.

Si sarebbe potuta scegliere - come ha ricordato Giuliano Amato domenica su queste colonne - la strada del rinvio dei termini e riaprire i giochi per la presentazione delle liste; o spostare la data delle elezioni. In ogni caso sarebbe stata una forzatura, necessaria perché un paese dove le elezioni si svolgono senza il maggior partito non è certo democratico e si iscrive d'ufficio - per la sbadataggine o la mariuoleria di certi presentatori di liste - nel novero dei paesucoli senza storia.

Una qualunque delle strade prospettabili avrebbe in ogni caso significato per l'elettorato il male minore. Tutti hanno capito: l'opposizione che non avrebbe avuto senso vincere senza avversario; la maggioranza che non avrebbe avuto senso mettere il paese a ferro e fuoco per la mancata partecipazione al confronto.

Il "dilemma democratico" – che ora finisce al vaglio della Consulta – era questo: e ancora una volta la politica, l'esercizio nobile della gestione del bene comune, avrà abdicato agli avvocati la sua missione in nome di una ben più prosaica volontà di sopravvivenza.

E mentre la tenzone si fa sempre più di carta, il paese chiede soluzioni vere. Che sono quelle legate all'economia, a una ripresa ancora frammentaria e ritardata, alle infrastrutture carenti - freno allo sviluppo di tutto il territorio -, alle riforme che non arrivano e invece servirebbero a dare slancio alle forze migliori del paese.

Come sono, ad esempio, gli industriosi animatori del Club dei 15, il meglio dei distretti italiani, di cui parliamo in prima e a pagina 16: sono un caso di eccellenza, che ha saputo spesso resistere alla crisi ed è replicabile.

È questo il paese di cui la politica non parla perchè persa nelle fumisterie di schieramento. Un'altra prova? Ancora dal sondaggio piemontese: la Tav, la sofferta tratta ad alta velocità Torino-Lione, è ormai obiettivo più che condiviso anche nella sinistra (del resto il 76% dei cittadini della regione lo considera un beneficio). A questo dunque deve guardare chi chiede consenso. Alla competizione sui grandi temi di modernizzazione del paese.

E nemmeno gridare sempre e solo all'emergenza democratica è una strada proficua. È auspicabile che lo comprenda anche il Pd cui alcuni vorrebbero imporre – da spalti d'inchiosto o da tribune web – la soluzione del tirare la corda al massimo della resistenza.

Una volta che la corda fosse spezzata, si avrebbe solo un paese diviso in due, ferito e smarrito: Berlusconi a gridare al golpe comunista, i regicidi a cantare vittoria senza i voti per renderla verosimile. Gli italiani a guardare il triste spettacolo. Nessuno paga il biglietto per questo genere di repliche.

9 marzo 2010

 

 

 

Linea dura del Pd: ora piazza e ricorsi

di Lina Palmerini

9 Marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Berlusconi avanti: giusto il decreto

Il Tar del Lazio respinge il ricorso per la lista Pdl in provincia di Roma

Il caso del listino Formigoni visto da Corsaro (Pdl) e Martina (Pd)

IL PUNTO / Il sofferto "sì" del Quirinale lascia ferite politiche e istituzionali

IL PUNTO / Per ora il tema della campagna è il rispetto delle regole

ROMA - "Qualsiasi strada". E, cioè, i tribunali, la piazza, l'ostruzionismo in parlamento. Pierluigi Bersani diceva così ieri ai suoi che ha riunito di nuovo alla sede del Pd. Il segretario sa che la vittoria del Tar è solo una tappa, che dopo c'è il Consiglio di stato e anche un possibile rinvio del voto. E sa anche che il centro-destra, a questo punto, spera nell'ammissione da parte del tribunale di Roma di una lista-fotocopia ma il Pd, che ha già presentato una diffida, è pronto a ricorrere al Tar se la lista oggi sarà accettata. Bersani non vuole commentare tutti questi scenari possibili ma la strada è tracciata per ognuno di questi. E ieri lo diceva ai suoi: "Faremo tutti i ricorsi necessari per via giurisdizionale. Tutti. E poi andremo in piazza sabato perché le nostre ragioni escono rafforzate dal pronunciamento del Tar e gireremo l'Italia in pullman per far conoscere ai cittadini il pasticcio fatto dal centro-destra". Insomma, una battaglia a tutto campo, politica e in punta di diritto. La macchina si è già messa in moto. Filippo Penati ha già annunciato la contro-mossa in Lombardia. "Se venisse confermata la volontà del Pdl di ricorrere al Consiglio di stato contro la sentenza del Tar del Lazio, è evidente che tale circostanza farebbe venire meno le ultime perplessità che mi rimangono per fare lo stesso in Lombardia". E da Roma, c'è attesa per la riunione convocata dai radicali per oggi che ha all'ordine del giorno la decisione se ritirarsi o no dalla gara elettorale. Ma è difficile, a questo punto, una rinuncia anche se i radicali hanno sempre riservato colpi di scena. "I giudici vadano avanti e decida chi deve decidere", diceva la candidata Emma Bonino.

Anche domenica sera, nel coordinamento convocato a Roma dal segretario, si è esclusa l'ipotesi di una rinuncia della Bonino mentre sono state esplorate tutte le strade ed è stata decisa la linea dura a colpi di ricorsi, mobilitazione e battaglia parlamentare. Non c'era ancora il pronunciamento del Tar e teneva ancora banco il conflitto contro il Quirinale scatenato da Di Pietro. Alcuni, tra cui Franco Marini, Umberto Ranieri ed Enrico Morando si sono scagliati contro l'ex Pm chiedendo che il Pd organizzasse una manifestazione pro-Napolitano. Ma l'idea non è passata. Così come sono state messe a tacere alcune voci critiche contro la lettera del capo dello stato che secondo alcuni si era spinto troppo oltre.

Si attenuano le tensioni con Di Pietro concordando insieme la piattaforma per la manifestazione. Una paginetta con le ragioni della piazza siglata anche dall'ex pm per evitare che la protesta pieghi anche su Giorgio Napolitano. Bersani ha avuto un altro colloquio con il leader dell'Idv che, ieri, infatti, ha abbandonato i toni duri. E oggi da Roma partiranno due pullman di deputati Pd: uno diretto a Sud, l'altro a Nord per spiegare il "pasticcio" del governo. "Ma della sentenza del Tar che dà prevalenza alla potestà regionale, cosa dice la Lega federalista?", si chiedeva Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd. È chiaro che questo sarà uno degli argomenti politici per mettere in difficoltà la maggioranza e creare divisioni. La battuta migliore è di Enrico Letta: "Dopo la sentenza del Tar, il premier convocherà un Cdm per abolirlo?".

9 Marzo 2010

 

 

 

Vendola in testa di quattro punti

di Roberto D'Alimonte

9 Marzo 2010

Nichi Vendola (Olycom)

"Dai nostri archivi"

Salta l'intesa Pdl-Udc in Puglia, ma Casini prende le distanze da Bersani

CRISI DI UN PROGETTO C'era una volta il Partito democratico

CAOS SUI CANDIDATI / Il Pd pugliese balla la taranta

Per il Pd il rebus della scelta di campo

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese

N ichi Vendola fu la grande sorpresa delle elezioni regionali del 2005. Quando scese in campo pochi pensavano che un esponente di Rifondazione comunista avrebbe potuto diventare presidente della regione Puglia. Invece prima prevalse su Francesco Boccia nelle primarie della coalizione di centro-sinistra e poi – evento ancora più inatteso – sconfisse Raffaele Fitto che era il presidente uscente e che nelle elezioni regionali del 2000 aveva battuto il candidato del centro-sinistra con un distacco superiore ai dieci punti percentuali. Sono passati cinque anni e il copione potrebbe ripetersi. Anzi, in parte si è già ripetuto perché di nuovo il Pd ha voluto le primarie per bloccare la ricandidatura di Vendola e di nuovo ha ripresentato in campo quel Boccia che Vendola aveva già sconfitto nel 2005. E di nuovo Vendola ha vinto, anzi stravinto. Adesso manca l'ultimo atto. A giudicare dai dati del sondaggio Ipsos-Il Sole 24 Ore Vendola ha buone possibilità di farcela anche questa volta. Nella stima delle intenzioni di voto il suo vantaggio sul candidato del Pdl, Rocco Palese, è di quattro punti percentuali. Non sono molti ma neanche pochi. Soprattutto c'è da dire che questo dato si inserisce in un quadro complessivamente più favorevole a Vendola che a Palese.

Dei due candidati maggiori il presidente uscente è decisamente quello che gode di una maggiore notorietà. Tutti lo conoscono mentre solo il 69% degli elettori del Pdl dice di conoscere Rocco Palese. Anche la terza candidata, Adriana Poli Bortone, è più conosciuta di Palese. Questo deficit di riconoscibilità si accompagna ad un minor gradimento relativo. Il 56% degli elettori ha dichiarato di gradire Vendola come presidente della regione. Per Palese il dato è il 22 per cento. Anche in questo caso la Poli Bortone è messa meglio del candidato del Pdl visto che il 33% le dà un punteggio positivo. Scomponendo questi dati in base alle intenzioni di voto si coglie un'altra differenza interessante tra i due candidati maggiori. Vendola, che non va dimenticato è un esponente di un partito di sinistra, ha un gradimento molto elevato e quasi unanime tra gli elettori del Pd (93%) mentre tra gli elettori del Pdl Palese si ferma al 65. Ancora più interessante è constatare come il 43% degli elettori della Poli Bortone dica di gradire Vendola contro il 22% che si esprime a favore di Palese. Questa per Vendola rappresenterebbe un'opportunità se dovesse prevalere la logica del voto utile. Il sistema maggioritario tende a polarizzare la competizione sui due candidati con possibilità di vittoria. Per questo i consensi alla Poli Bortone sono scesi dall'inizio della campagna elettorale e per questo potrebbero esserci altre defezioni.

E poi ci sono i cattolici. Tra quelli impegnati, che vanno a messa tutte le domeniche e fanno volontariato, il 55% dà un giudizio molto positivo su un candidato di sinistra e omosessuale. E lo stesso vale tra i cattolici praticanti assidui. Insomma all'elettorato cattolico il presidente uscente decisamente piace. E anche questo spiega la sua capacità di catturare voti moderati a dispetto della sua collocazione politica di sinistra.

È chiaro che grado di conoscenza e livello di gradimento sono collegati. Palese sconta sicuramente il fatto di essere meno conosciuto e quindi anche per questo meno gradito. Ciò non toglie però che tutto questo ha dei riflessi sul voto, sebbene non sono deducibili meccanicamente. Infatti partendo da questi dati ci dovremmo aspettare che il distacco tra Vendola e Palese fosse maggiore. E invece è solo di quattro punti. È evidente che nelle elezioni pugliesi, così come nelle altre regioni, contano anche altri fattori. Infatti, da una parte ci sono i candidati locali e dall'altra i partiti e gli schieramenti nazionali. Come candidato Vendola gode di un chiaro vantaggio competitivo sul suo avversario per quello che è e per come viene percepito. Un candidato diverso che piace a sinistra come a destra, ai cattolici e ai non credenti.

Ma è anche il candidato di uno schieramento che in Puglia e nel resto del paese è in difficoltà dopo le elezioni politiche del 2008. Allora il Pdl ottenne da solo il 45,6% dei voti contro il 31% del Pd. A livello di schieramenti finì che Pdl, Udc e Mpa arrivarono al 55,3% dei voti contro il il 38.6% di Pd, Idv e Sinistra arcobaleno. Alle elezioni europee del 2009 per il centro-sinistra è andata un po' meglio: Pd, Idv, Sinistra e libertà, Prc e i radicali sono arrivati al 42,4 per cento. Ma Pdl e la Destra da soli hanno preso il 46,3% e l'Udc il 9,1 per cento.

Dal 2008 in poi la tendenza è stata favorevole al centro-destra. Proprio per questo motivo la stima Ipsos sulle intenzioni di voto ai partiti è interessante. Sembra indicare una inversione che in parte può essere dovuta all' effetto Vendola ma potrebbe anche essere il risultato di un mutamento del clima di opinione. A livello di voto alle liste il vantaggio della coalizione che sostiene Vendola oggi è minimo – 46,3% contro 43,9 – e la percentuale di astenuti, indecisi eccetera è molto alta visto che arriva al 45,7% degli intervistati. Ma l'inversione di tendenza rispetto al passato recente resta significativa. Anche per questo motivo le chance di Vendola sono buone.

Resta da fare una ultima osservazione alla luce dei dati di questo sondaggio. Come sarebbero andate le cose se la Poli Bortone fosse stata la candidata unica del centrodestra appoggiata anche dall'Udc ? Va da sé che è impossibile prevedere con certezza l'esito di una sfida Vendola-Poli Bortone ma una cosa è sicura Vendola deve ringraziare Fitto per aver convinto Berlusconi a recedere dalla sua intenzione di candidare la Poli Bortone sotto la bandiera del Pdl. Se vincerà lo dovrà anche a questo.

9 Marzo 2010

 

 

 

Napolitano parla della disoccupazione "priorità" e del gap uomo-donna da superare

8 marzo 2010

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

Napolitano: "In Afghanistan serve un ulteriore sforzo comune"

Napolitano ricorda Pertini: lottò contro la piaga della corruzione"

Sicurezza, Napolitano: "Chi mi critica non comprende la Costituzione"

Napolitano, segnali di aggravamento della crisi

"Al di là di ogni differenza di modi di pensare e di posizioni politiche, è profonda tra le italiane e gli italiani la condivisione di quel patrimoni di valori e principi che si racchiude nella Costituzione repubblicana a coronamento di una lunga e travagliata esperienza storica". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano celebrando al Quirinale la festa internazionale della donna. Tra questi valori ci sono "l'impegno civile, la solidarietà, il rispetto della legalità", "valori fondanti del nostro vivere civile".

Disoccupazione al centro dell'attenzione del Governo. "La disoccupazione continua a crescere e il tema del lavoro deve essere al centro dell'attività del Governo. Lo ha ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla cerimonia al Quirinale, "Per le donne di domani" in occasione dell'8 marzo. Le "perdite di posti di lavoro e disoccupazione devono rappresentare in generale in questo momento una delle principali preoccupazione del nostro Paese e ragione di impegno prioritario per le nostre classi dirigenti". Importante, ha detto il capo dello Stato, che a livello di Governo e di opposizione si continui a riflettere su misure idonee per conciliare maternità, famiglia e lavoro.

Incompleta parità per le donne. Il presidente sottolinea che tutt'oggi le donne sono "ingiustamente" in una condizione di "incompleta parità" e si rischia, come è accaduto in passato, un vero e proprio "spreco di talenti e di risorse". Bisogna scongiurare il rischio, ha detto Napolitano, "che questa ricchezza di risorse umane venga dissipata". Spesso nelle difficoltà delle donne di raggiungere i massimi gradi delle carriere "pesano anche le persistenti resistenze maschili" e quelli che in passato erano "veri e propri divieti" per l'accesso a determinate professioni sono comunque rimasti sotto altra forma: "Accanto alle preclusioni imposte da norme e regolamenti c'è, non meno impervia - osserva il capo dello Stato - anche la barriera invisibile delle convenzioni sociali" per sconfiggere le quali "molto possono fare anche parenti e insegnanti". Scopo della manifestazione quello di sollecitare un impegno collettivo affinché le bambine e le ragazze di oggi abbiano un domani tutte le opportunità che meritano, senza preclusioni di sorta.

 

Sacrifici e coraggio non richiesti da una democrazia rispettabile. Napolitano ha anche sottolineato che "in un contesto degradato, in situazioni di diffusa illegalità essere ragazzi e ragazze perbene richiede talvolta sacrifici e coraggio", un coraggio che "è bello che ci sia" ma che al tempo stesso non dovrebbe essere richiesto in una "democrazia rispettabile".

Onorificenze a chi contribuisce a rimuovere pregiudizi gravosi. Nel corso della manifestazione alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, saranno conferite onorificenze dell'ordine al Merito della Repubblica a 5 donne che hanno contribuito a rimuovere i gravosi pregiudizi culturali esistenti tramite le loro scelte professionali. Per la prima volta anche la consegna dell'Alfiere della Repubblica, attestato di Napolitano a 5 ragazze e bambine che, in vari campi, hanno dato esempi positivi alle loro coetanee. Con l'occasione anche la consegna della megaglia d'oro al valore civile al marito di Marcella Monini, la donna che perse la vita nel 2008, a Torrette di Fano (Pesaro-Urbino), nel tentativo di salvare i figli che stavano annegando. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, e il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, premieranno i vincitori del concorso "Donne per le donne" , giunto alla terza edizione, promosso dal ministero dell'Istruzione, con l'Alto patronato della Presidenza. (N.Co.)

8 marzo 2010

 

 

 

 

Dl salvaliste, "Berlusconi forza la legge elettorale" (Le Figaro)

di Elysa Fazzino

8 MARZO 2010

"Dai nostri archivi"

VISTI DA LONTANO / Il decreto elettorale alza la tensione in Italia

Berlusconi avanti: giusto il decreto

Il decreto salvaliste continua a suscitare l'attenzione della stampa straniera. "Silvio Berlusconi forza la legge elettorale" titola oggi Le Figaro, con un richiamo sulla homepage del suo sito internet. Ma pur sottolineando la forzatura, la corrispondenza del quotidiano conservatore francese fa notare che gli errori formali rischiavano di privare 12 milioni di elettori di un candidato del partito di maggioranza.

"Per sbloccare il pasticcio elettorale nel quale i suoi candidati si sono smarriti, Silvio Berlusconi ha deciso di imporsi", scrive il corrispondente da Roma Richard Heuzé. "Senza consultare l'opposizione e contro il parere del capo dello Stato, il presidente del Consiglio ha decretato la riapertura dei termini di deposito delle liste per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo prossimi. Questo atto autoritario mette fine a un grottesco pasticcio ("imbroglio" in francese) che durava da otto giorni".

"Questo decreto – continua Le Figaro – non modifica l'attuale legge elettorale. Non rinvia la data delle elezioni né le annulla. Tre ipotesi prese in considerazione nel corso della settimana". Nel ricapitolare i problemi delle liste a Milano e a Roma, Heuzé spiega che per le liste di Roberto Formigoni mancavano dei bolli, mentre nel Lazio racconta questa versione dei fatti: il funzionario del Pdl, scrive, "non ha potuto far registrare la sua lista in tempo. Si trovava all'interno dei locali della commissione elettorale, ma i socialisti e i radicali, sbarrandogli la strada, non gli avrebbero permesso di raggiungere in tempo l'ufficio".

Questi "errori formali", si legge ancora su Le Figaro, rischiavano di privare dodici milioni di elettori (nove milioni in Lombardia e tre milioni nel Lazio) di un candidato del partito di maggioranza alle elezioni. L'articolo osserva che l'opposizione è "furibonda", mentre il governo ha perso tre punti in una settimana. "Due elettori della maggioranza su dieci dichiarano di non avere più fiducia" nell'esecutivo. La stessa Lega Nord ha parlato di dilettantismo sconcertante" del partito di Berlusconi.

Di tutt'altro tono la corrispondenza di Miguel Mora su El Pais. "Il popolo viola estende la sua protesta pacifica a tutta l'Italia" titola il quotidiano spagnolo. "Il movimento – si legge nel sommario - chiama a difendere la democrazia dopo il ‘decretazo' di Berlusconi. Il Corriere della Sera rivela che il primo ministro ha trattato ‘brutalmente' il capo dello Stato. La popolarità del governo cala di quattro punti e arriva al punto più basso".

Migliaia di giovani con abiti viola – riferisce Mora - hanno manifestato a Napoli, Roma, Firenze, Arezzo, Sassari, Reggio Calabria, Bari Pistoia, Messina, Pescara e altre città. Hanno letto messaggi messi sulle pagine del movimento (ilpopoloviola.it) attraverso Facebook e Twitter "per unire la protesta della rete e della piazza". Il popolo viola – aggiunge - si è unito alla manifestazione di sabato prossimo convocata dal centrosinistra.

Sul ruolo del capo dello Stato, l'articolo fa notare che, a parte Antonio Di Pietro, il centrosinistra "discolpa" il presidente ricordando che la politica è l'arte del possibile e che non aveva altra opzione che firmare per evitare "situazioni di violenza". Il corrispondente definisce "impressionante" la ricostruzione dell'incontro al Quirinale tra Berlusconi e il presidente Roberto Napolitano.

El Pais critica la linea seguita dall'opposizione: "La fragilità dell'opposizione esime Napolitano. Il centrosinistra ancora una volta ha dato mostra della sua profonda debolezza e della sua mancanza di visione". Se – argomenta Mora - avesse concordato con Berlusconi una soluzione politica del pasticcio, provocato dal partito di maggioranza ma dannoso anche per l'opposizione, sarebbe uscita rafforzata.

"In ogni caso", commenta il quotidiano spagnolo , "il gran perdente in questa storia di abuso di potere e generale inettitudine politica, nella quale non ci sono innocenti, è Berlusconi". La popolarità del suo governo è scesa al 39%, "il punto più basso della legislatura".

Il giornale spagnolo lascia poi spazio alle critiche del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky: su La Repubblica il giurista sostiene che non si tratta di un decreto interpretativo. Il provvedimento "ritocca la normativa esistente" e viola i principi di uguaglianza e imparzialità poiché cambia le regole del gioco elettorale in piena campagna.

Sui siti del Nouvel Observateur e del New York Times la vicenda è seguita oggi con lanci d'agenzia. Una Reuters, intitolata sul Nyt "L'opposizione italiana protesta per il secondo giorno di fila", sottolinea il calo di popolarità del governo, ma conclude che, nonostante questi problemi, la maggioranza dovrebbe avere buoni risultati. L'articolo della Reuters cita Renato Mannheimer, secondo il quale l'indebolimento della popolarità del governo non si è tradotto in un rafforzamento dell'opposizione di centrosinistra, ma ha invece diffuso un senso di disillusione nei confronti della classe politica.

Da segnalare, inoltre, sul sito dello spagnolo Abc, un'intervista ad Antonio Di Pietro ("Il governo italiano si preoccupa solo dei problemi giudiziari di Berlusconi").

Su Les Echos, un commento di Dominique Moïsi, intitolato "Berlusconi e le derive italiane", prende di mira le leggi sull'immunità (non viene però citato il dl salva liste). Moïsi lancia l'allarme per "la deriva dello Stato di diritto in un Paese che è stato tra i membri fondatori della costruzione europea. "L'Unione europea dovrà intervenire un giorno in Italia per salvarla dal fallimento dello Stato di diritto?", si domanda. La deriva italiana infatti è "una minaccia per l'insieme dell'Unione europea". La forza di Berlusconi in Italia è "l'assenza di un'alternativa credibile", con un'opposizione "profondamente divisa".

8 MARZO 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-05

Via libera del governo

al decreto per le regionali

5 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Via libera del governo al decreto per le regionali

Frenata sul decreto per le liste dopo il vertice al Quirinale

Cdm alle 18 per superare il caos delle liste Pdl No di Bersani al rinvio del voto

Caos per le liste regionali del Pdl in Lazio e Lombardia

Formigoni escluso dal voto Respinto il ricorso Pdl a Roma

In un Consiglio dei ministri durato appena mezz'ora, ma rinviato più volte nel corso del pomeriggio, è stato approvato l'atteso decreto interpretativo per cercare di superare il caos delle liste del Pdl in Lazio e Lombardia. Il provvedimento è stato dettato dalla "straordinaria necessità e urgenza", "per consentire il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle regioni a statuto ordinario fissate per il 28 e 29 marzo 2010".

Il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, ha spiegato il ministro dell'Interno Roberto Maroni in una conferenza stampa al termine della seduta dell'Esecutivo, è un decreto legge "di interpetazione autentica" di alcune disposizioni del procedimento elettorale. "Sono norme interpretative - ha aggiunto il responsabile del Viminale - quindi senza alcuna modifica alla legge elettorale, alle procedure elettorali, in corso, nessuna riapertura dei termini. Mettiamo a disposizione della magistratura amministrativa uno strumento per l'interpretazione della legge. Non è il governo che decide queste cose, l'unico organo che può decidere è il Tar". Maroni ha detto di aver sentito di "la presidenza della Repubblica che si è riservata di valutare il contenuto del decreto stasera stessa, e penso che domani sarà pubblicato in Gazzetta".

Dopo le voci che si erano rincorse per tutto il pomeriggio, mentre era in corso il Consiglio dei ministri, il premier Silvio Berlusconi ha confermato con una telefonata alla convention in Puglia l'orientamento dell'esecutivo: "Stiamo facendo un decreto legge interpretativo delle norme che attengono alle elezioni regionali. Speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia".

Il comunicato di fine seduta segnala che il Cdm si è appositamente riunito in via d'urgenza, approvando un decreto-legge che mira a consentire lo svolgimento regolare delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario, fissate per il 28 e 29 marzo prossimi. Viene ribadita e sottolineata la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo. per questo, spiega la nota di palazzo Chigi, il Consiglio ha condiviso l'esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali. "A questo fine, pertanto, il decreto-legge detta alcuni criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell`Ufficio centrale

regional".

Nel corso della giornata sono circolate diverse bozze del provvedimento. Il testo varato è il risultato di un lungo lavoro di mediazione per risolvere l'impasse della mancata presentazione delle liste in Lombardia e Lazio. La più accreditata prevedeva che il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste dei candidati sia assicurato dalla presenza dei delegati nei locali del competente tribunale o corte d'appello entro l'orario stabilito. E anche se non fosse intervenuta l'effettiva consegna i delegati possono espletare le formalità non oltre 24 ore dalla scadenza del termine. La documentazione, poi, può essere verificata anche in un secondo momento, per la parte relativa a timbri e vidimazioni. Al Tar, poi, possono ricorrere le liste non ammesse, mentre per quelle ammesse sulle quali è stato fatto ricorso ci si può rivolgere al tribunale amministrativo solo dopo il voto.

Il governo si è dunque orientato verso un decreto-legge meramente interpretativo, e quindi non innovativo, della normativa vigente, accantonando la soluzione prospettata ieri sera al capo dello Stato.

5 marzo 2010

 

 

 

 

 

Nessun intervento legislativo senza il concorso dell'opposizione

5 marzo 2010

Ormai è evidente che la risposta al problema delle liste elettorali verrà solo dal tribunale amministrativo. Tuttavia un primo risultato è già evidente. Autorevoli esponenti del Popolo della libertà hanno smesso di usare i toni aggressivi e persino minacciosi della prima ora, quando rivendicavano un presunto diritto di non rispettare i criteri della legalità. Gli stessi criteri, peraltro, a cui sono tenuti tutti i cittadini nella vita di ogni giorno. Si sono stemperate le voci che denunciavano presunti "complotti" e fantomatici "golpe" della magistratura. Così le manifestazioni, quando ci sono, appaiono di profilo minore. Si riconosce ormai che il pasticcio è imputabile per intero agli emissari del Pdl, nonché a oscuri giochi di potere.

È un primo passo. Dalla vicenda si esce innanzitutto con un atteggiamento sobrio e con un alto livello di rispetto istituzionale. Non è un caso se Berlusconi, a differenza di alcuni suoi collaboratori, si sia astenuto dal soffiare sul fuoco e abbia scoraggiato il ricorso alla piazza. Proprio perché la questione è seria, essa va affrontata con la cautela che ci si attende dal capo del governo.

Al crocevia di tutti i passaggi c'è il Quirinale. Non perché sia responsabilità di Napolitano sbrogliare la matassa, come si pretendeva nei giorni scorsi negli ambienti della maggioranza. Ma per la semplice ragione che nessuna via d'uscita, che non sia la mera attesa della pronuncia dei tribunali, può fare a meno dei buoni uffici del presidente della Repubblica.

Berlusconi lo ha compreso talmente bene che la giornata di ieri è vissuta a Palazzo Chigi intorno all'attesa per l'incontro con il capo dello stato. Questi è l'unico che può – se vuole e se ricorrono le condizioni – riannodare i fili spezzati e raccogliere il consenso dell'opposizione su di un'ipotesi realmente "bipartisan". Fino al rinvio tecnico delle elezioni? Al momento non c'è questa ipotesi. E non a caso i radicali hanno rilanciato: semmai il rinvio deve riguardare tutte le regioni, non solo Lombardia e Lazio. Proposta estrema e clamorosa che pure sembra a molti la più "costituzionale". Ma naturalmente non è di questo che si sta parlando oggi. La verità è che il premier ha bisogno del Quirinale come mai dall'inizio della legislatura. Sembrano remoti i tempi in cui si parlava di conflitti istituzionali e di resa dei conti. Proprio il caos di questi giorni dimostra invece i limiti politici del governo e suggerisce un maggiore senso della misura.

Il dato è che Napolitano non ha alcuna voglia di essere risucchiato nel "pasticcio" creato dal centrodestra e lo ha fatto capire con chiarezza. Del resto, sono pendenti i vari ricorsi al Tar. Il presidente ha lasciato, come è ovvio, all'esecutivo il compito di indicare una rotta. Ma nessuna soluzione di tipo legislativo, a cominciare dal decreto, è possibile se manca un'intesa preliminare tra le maggiori forze presenti in Parlamento. In materia elettorale non si scherza ed è impensabile che la maggioranza legiferi da sola, tanto più che il testo dovrà essere controfirmato dal Quirinale. Sotto questo aspetto il colloquio di ieri sera è stato piuttosto esplicito.

Il problema rimane dunque aperto, soprattutto per la Lombardia. La domanda è: fino a che punto l'opposizione dirà "no"? Finora il Pd di Bersani si è attenuto alla linea intransigente. Ma forse non tutte le carte sono sul tavolo. E se l'opposizione alla fine contribuirà a risolvere la crisi, è chiaro che vorrà far pagare qualche prezzo a Berlusconi.

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Frenata sul decreto per le liste

dopo il vertice al Quirinale

4 marzo 2010

Cdm straordinario alle 22. Riammessa la lista Polverini

"Dai nostri archivi"

Elezioni, il premier si appella al Colle

Formigoni escluso dal voto Respinto il ricorso Pdl a Roma

"Rinviamo le elezioni", cantano vittoria i radicali 'guastafeste'

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I dubbi del Colle frenano la soluzione politica per fare rientrare in gioco le liste elettorali del Pdl, escluse nel Lazio e in Lombardia in vista delle regionali di fine marzo. Questa la ragione del rinvio del Consiglio dei ministri straordinario convocato, anche se non ufficialmente (era stata chiesta la disponibiltà ai titolari dei dicasteri), alle 22 di giovedì. Il governo si è riunito fino a tarda sera per esplorare le strade alternative percorribili.

Riepiloghiamo. Il premier Silvio Berlusconi è entrato al Quirinale alle 20,40 per incontrare il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di ritorno dalla visita ufficiale in Belgio, e proporgli una "soluzione politica" (decreto o legge) al caos delle liste del Pdl. Il capo del governo ha lasciato il Colle dopo sessanta minuti e al termine si è appreso che il Consiglio dei ministri non si sarebbe svolto. Con il premier, da Napolitano, anche il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.

Secondo le prime indiscrezioni Berlusconi avrebbe presentato a Napolitano un decreto legge con nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste elettorali. In sostanza una quasi riedizione dell'unico precedente analogo in materia. Nel 1995 il governo, allora presieduto da Lamberto Dini, con un decreto legge prorogò di 56 ore i termini per la presentazione delle liste, proprio per le regionali. Il decreto fu varato il 29 marzo dal Consiglio dei ministri pochi minuti prima della scadenza dei termini. Non quindi, a termini ormai scaduti e a pronunciamenti della magistratura già avvenuti, come avverrebbe oggi. A controfirmare il decreto fu l'allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.

Secondo quanto riferito in ambienti parlamentari, il premier non avrebbe convinto il capo dello Stato. Fonti del Quirinale hanno risposto con un secco no comment alla domanda su come fossero state accolte le proposte di Berlusconi. Proposte che, si diceva, contemplano il ricorso al decreto legge, che potrebbe rinviare il voto nel Lazio e in Lombardia. In alternativa si è pensato anche a una legge ordinaria che riaprirebbe i termini di presentazione delle liste. Resta dunque tuttora in bilico la situazione per la lista del Pdl nella provincia di Roma e per quella del governatore Formigoni in Lombardia. Si attendono gli esiti dei ricorsi al Tar.

L'incognita, a questo punto, è proprio la linea del Quirinale. "Ancora non c'è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma stasera, vedrò" aveva detto detto a caldo, piuttosto irritato, Napolitano, di rientro da Bruxelles. È possibile una soluzione politica? "Se qualcuno mi spiega cos'è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò" aveva risposto l'inquilino del Colle. Che si era comunque detto "preoccupato" e "attento" nel seguire gli sviluppi. "Attendo le decisioni della magistratura prima di esaminare la situazione".

Nell'ufficio di presidenza del Pdl del pomeriggio, Berlusconi aveva illustrato l'idea di parlare a Napolitano di un decreto per far slittare i termini di chiusura delle liste e, in subordine, della possibilità di far slittare per decreto il voto in Lazio e Lombardia di quindici giorni. "Il Popolo della libertà è stato vittima di un sopruso grave - aveva spiegato il premier -. I nostri uomini sono stati trattati come incapaci mentre invece c'è stata malafede da parte di altri e un atteggiamento di alcuni magistrati eccessivamente rigido e fiscale".

In serata, intanto, era arrivata la notizia che la Corte d'appello di Roma ha accolto il ricorso presentato dal Pdl contro l'esclusione del listino di Renata Polverini. La candidata del centro-destra torna dunque in corsa per la presidenza della Regione Lazio. La sua lista era stata esclusa in un primo momento per l'assenza della firma di uno dei due delegati, il vice coordinatore regionale del Pdl, Alfredo Pallone. Insieme al ricorso è stato quindi presentata una integrazione che completava la documentazione mancante. Domani la corte depositerà le motivazioni del provvedimento.

Dall'opposizione secco no all'ipotesi della cosiddetta soluzione politica. "Elucubrazioni" che hanno "poco fondamento", ha commentato nel pomeriggio il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, rispondendo a una domanda dei giornalisti a Napoli, a margine di una manifestazione elettorale dei candidati del centrosinistra alla presidenza delle regioni del Sud. Per poi aggiungere: "Qualsiasi intervento d'urgenza in materia elettorale in corso d'opera sarebbe totalmente inaccettabile. Abbiamo cinque gradi di giudizio lasciamoli lavorare. Non si permettano di fare minacce, perchè se la sono cercata da soli".

Vanno avanti, nel frattempo, le polemiche. Il presidente del XIX Municipio di Roma, Alfredo Milioni, l'uomo indicato come il responsabile della mancata presentazione della lista del Pdl per le regionali a Roma e provincia è uscito in serata dall'ufficio passi di Palazzo Chigi e conversando con alcuni cronisti ha annunciato che "le vendette vanno consumate fredde". Milioni non ha spiegato le ragioni del suo ingresso nella sede del governo, ma si è limitato ad affermare di avere intenzione di fare il capro espiatorio. "Quando sarà tempo, convocherò una conferenza stampa, perché le vendette vanno consumate fredde". Un unico sassolino dalla scarpa, anche se grosso, Milioni però se lo è tolto. "Qualcuno - dice - ha scritto che ho pensato al suicidio. Semmai mi può aver attraversato la mente l'idea di sparare a qualcuno, ma mai a me stesso. Io non mi suicidio, amo troppo la vita".

Intanto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni ha sferrato un duro attacco alla Corte d'appello e ha dichiarato che le firme valide sarebbero insufficienti anche per la lista Penati, a cui fa capo il Pd. Sul fronte opposto, l'eurodeputato Marco Cappato, per conto della Lista Bonino Pannella, ha reso noto di aver presentato, insieme con Lorenzo Lipparini dell'associazione radicale Enzo Tortora, alla procura della Repubblica di Milano una integrazione dell'esposto fatto nelle scorse settimane sulle presunte irregolarità nella raccolta delle firme per la Lista Formigoni. Cappato sostiene che le "irregolarità" sulla presentazione delle liste in Lombardia "riguardano anche le coalizioni di Penati e Pezzotta" e quindi, dice sono "elezioni da annullare se non si vuole continuare nell'illegalità". (a cura di Alberto Annicchiarico)

IL PUNTO / Nessun intervento legislativo senza il concorso dell'opposizione (di Stefano Folli)

Milioni e Polesi pasticcioni Sbagliano data nel ricorso Pdl

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IL PUNTO / Dopo il pasticcio: il Quirinale e i nodi da riannodare (di Stefano Folli)

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4 marzo 2010

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"Io, giovane radicale, vi spiego

come ho inguaiato Formigoni"

di Andrea Franceschi

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3 marzo 2010

"Io, giovane radicale, vi spiego come ho incastrato Formigoni"

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Annunciata l'ammissione della lista civica Polverini Attesa per listino e lista Pdl

Ventotto anni, una laurea in comunicazione politica e due anni al Parlamento europeo al fianco di Pannella e Cappato. Questo il curriculum di Lorenzo Lipparini, il giovane radicale che ha messo i bastoni tra le ruote a Roberto Formigoni e a tutto il Pdl lombardo, presentando un esposto all'ufficio centrale regionale per contestare l'irregolarità delle firme presentate dal Pdl (ma anche dal Pd e dall'Udc) per le regionali lombarde. Una denuncia che ha portato all'esclusione del listino collegato al governatore in corsa per il quarto mandato.

Lipparini come vi è venuto il sospetto che qualcosa non andava per il verso giusto?

È bastato leggere gli articoli di giornale. A pochi giorni dalla scadenza dei termini per presentare le liste non c'era accordo sui nomi. Le pedine sono state piazzate all'ultimo minuto. Era materialmente impossibile per chiunque, anche a un grosso partito come il Pdl, trovare il tempo di presentare le firme autenticate a norma di legge nei tempi.

E quindi?

Domenica 28 febbraio abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti in base alla legge 241 del 1990. Ci siamo messi a spulciare non solo le liste del Pdl, ma anche quelle del Pd e dell'Udc. In tutte c'era qualcosa che non andava ma, anche tenendo conto degli errori, loro raggiungevano comunque il livello minimo di firme valide. In quelle del Pdl le irregolarità spuntavano come funghi. Sospettiamo addirittura che molte firme siano state falsificate. Per questo abbiamo fatto un esposto alla procura di Milano.

Sono davvero tanto sprovveduti nel Pdl?

Si vede che hanno fatto le cose all'ultimo secondo. La posta in gioco era molto alta: in Lombardia Formigoni ha sempre stravinto e chi è nel listino ha praticamente la certezza di essere eletto.

Ora non tanto visto che rischiano l'esclusione. In questo modo gli elettori del Pdl, che in Lombardia sono la maggioranza, rischiano di non poter votare chi vogliono. Le regole sono sacrosante, ma non le sembra che siano la democrazia e i diritti a rimetterci in tutta questa vicenda?

Antidemocratico è chi non rispetta la legge. Le regole sono la base dello Stato di diritto. Tutti hanno l'obbligo di rispettarle. A partire da chi governa il Paese.

IL PUNTO / Dopo il pasticcio: il Quirinale e i nodi da riannodare (di Stefano Folli)

Sull'esclusione delle liste il Pdl pensa a una "soluzione politica"

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SONDAGGIO / Giusto consentire comunque alle liste Pdl di partecipare alle regionali?

3 marzo 2010

2010-03-03

Formigoni escluso dal voto

Respinto il ricorso Pdl a Roma

3 marzo 2010

Renata Polverini e Roberto Formigoni (Ansa)

"Dai nostri archivi"

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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ricevuto in serata il ministro Ignazio La Russa e Denis Verdini, entrambi coordinatori nazionali del Pdl, a Palazzo Grazioli. Al centro dell'incontro la clamorosa esclusione delle principali liste del centrodestra in Lazio e Lombardia.

La lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni regionali del prossimo 28 marzo per decisione della Corte d'Appello di Milano che ha rigettato il ricorso dei delegati che ne chiedevano la riammissione. A rafforzare lo stato di caos e tensione nel primo partito del centro-destra e del paese si è aggiunto, quasi in contemporanea (alle 17,35 la notizia da Milano, alle 18 quella dalla capitale) un verdetto analogo nel Lazio: "La lista Pdl Roma è fuori dalle elezioni. Il ricorso è stato respinto", ha dichiarato a metà pomeriggio il coordinatore regionale, Vincenzo Piso.

"Dagli atti a disposizione della Corte d'appello è emerso che alle 12 non c'era nessuno della Pdl in sala e che alle 12:30 tutto è stato chiuso", ha reso noto in serata la Corte d'Appello di Roma. "Prendiamo atto della decisione dei giudici - ha commentato la candidata presidente Renata Polverini - adesso il Pdl farà ricorso al Tar. Lì siamo fiduciosi che le cose andranno diversamente". Più tardi, in piazza Farnese Polverini ha annunciato: "Domami alle 17 qui saremo tantissimi, daremo la prova di forza della piazza".

Tornando a Milano, la lista del governatore lombardo è fuori dalla competizione elettorale, almeno per ora, in quanto sono state riscontrate delle irregolarità in una parte delle firme raccolte. A questo punto non resta che il ricorso al Tar, come ha confermato l'assessore regionale Massimo Corsaro, che ha atteso il verdetto al tribunale di Milano. "Chiediamo che venga fatta una verifica su tutte le liste", ha poi detto il presidente della Regione Lombardia in una conferenza stampa. "Eravamo convinti delle nostre buone ragioni e dichiariamo la nostra sorpresa. Lavoriamo per presentare ricorso al Tar domani".

"Comunque vada a finire, quanto accaduto ha messo in discussione l'autorevolezza e la credibilità di un'intera classe dirigente che ruota attorno a Formigoni e che ha governato in tutti questi anni la lombardia. Una crisi di autorevolezza e credibilità che non potrà essere facilmente cancellata". Così Filippo Penati, candidato del Pd alla presidenza della regione Lombardia, a proposito della vicenda legata alle firme presentate dal Pdl per il listino a sostegno della candidatura di Formigoni e respinte dalla Corte d'appello.

La decisione della Corte d'Appello di Milano arriva in seguito al ricorso presentato dai rappresentanti della lista "Per la Lombardia" che era stata esclusa con una delibera del primo marzo 2010 in seguito alla valutazione delle firme depositate dopo il ricorso di Lorenzo Lipparini, delegato della lista Bonino-Pannella che aveva denunciato delle irregolarità delle firme raccolte. La Corte d'Appello, nel riesaminare la presentazione della lista, ha preso atto del fatto che i delegati hanno consegnato 3.935 firme di cui 514 "autenticate in modo ritenuto irregolare".

I giudici Domenico Bonaretti, Valter Colombo e Vincenzo Barbuto hanno sottolineato inoltre che la lista andava presentata entro una data fissata per legge e che il numero delle firme doveva essere a quella data superiore a 3.500; inoltre, non c'è possibilità di depositare successivamente nuova documentazione. L'esercizio dei diritti di partecipazione democratica "non può che svolgersi nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge", hanno scritto i giudici di Milano.

 

Il Pdl reagisce alla batosta: "Bisogna fermare i furbi" (di C. Dominelli)

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3 marzo 2010

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Il Pdl cerca l'antidoto alla

batosta: "Fermare i furbi"

di Celestina Dominelli

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3 marzo 2010

Nel Pdl nervi tesi in attesa dei verdetti

"Dai nostri archivi"

Caos per le liste regionali del Pdl in Lazio e Lombardia

Formigoni escluso dal voto Respinto il ricorso Pdl a Roma

Annunciata l'ammissione della lista civica Polverini Attesa per listino e lista Pdl

IL PUNTO / Per ora il tema della campagna è il rispetto delle regole

Resa dei conti nel Pdl romano

 

La doppia batosta per il Pdl è arrivata quasi in contemporanea. Perché sia a Roma che a Milano la corsa del partito del premier, Silvio Berlusconi, è stata per il momento stoppata. Nella capitale, infatti, l'ufficio centrale regionale ha respinto il ricorso presentato dal Pdl confermando l'esclusione della lista provinciale. Stesso esito anche a Milano dove è arrivato il nuovo stop, dopo quello di due giorni fa, per il listino del governatore, Roberto Formigoni. A nulla, dunque, sono serviti i tentativi dei legali assoldati dal candidato presidente per dimostrare che le irregolarità legate a 514 firme (sulle 3.935 presentate a sostegno del listino) erano irrilevanti. I giudici non hanno accolto le argomentazioni illustrate nel ricorso.

La prossima tappa ora è il Tar cui il Pdl si rivolgerà per tentare di far ribaltare i due verdetti

"Per noi non è una sorpresa", ma ora "confidiamo nella decisione del Tar", è il commento del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Che ora dovrà forse chiarire il senso delle parole affidate stamattina a un'intervista. "Se ci impediscono siamo pronti a tutto". Lui, nella partita lombarda ci ha messo la faccia tanto che ieri era a Milano, in fila con Guido Podestà, coordinatore regionale del partito, a presentare il ricorso per la riammissione del listino del governatore Formigoni.

Insomma, il giorno dopo lo stop alla lista regionale di Renata Polverini, il clima dentro il Pdl è sempre più teso e a nulla servono i tentativi di serrare le file, a Milano come a Roma, per non alimentare ancora le voci di un partito in preda a un preoccupante caos organizzativo, se non lacerato e allo sbando. D'altro canto, per capire che aria tira, basta sentire il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, che certo non le manda a dire: "Gli ulteriori interventi sulle liste Polverini mettono in evidenza un autentico accanimento, dal significato gravissimo. I ricorsi respinti sia della lista Formigoni, sia di quella provinciale del PdL del Lazio per Renata Polverini insieme all'accettazione della lista di disturbo a Cota in Piemonte, dimostrano che queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio. Mi auguro comunque che le liste sia della Lombardia sia del Lazio possano essere recuperate ad altro livello di giurisdizione".

Troppi gli errori, che hanno fatto infuriare anche Silvio Berlusconi, molti i colpi di testa dei capi locali impegnati a difendere i propri orticelli. Senza contare che le due anime del Pdl - ex Forza Italia da una parte, ex Alleanza nazionale dall'altra - appaiono in queste ore più lontane che mai, tutte protese a ricacciare dall'altra parte la palla delle colpe. Intanto la Lega si gode la figuraccia degli alleati ricordando a ogni piè sospinto la propria diversità.

"Da noi sulle liste ci si dorme sopra", è stato il commento canzonatorio del ministro Roberto Calderoli. Frecciatine che sono state accolte con forte disappunto dagli azzurri, assai irritati dalle lezioni "elettorali" dal Carroccio. "La Lega - ha ribattuto La Russa in un'intervista a Repubblica - ci aveva garantito 500 firme a sostegno del listino di Roberto Formigoni. Invece si sono presentati alle due di notte con 300 firme di cui solo 30 autenticate". In serata, però, dopo la notizia dell'esclusione di Formigoni il ministro lumbard lancia una sponda agli alleati: "Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi e poi decideremo perchè serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino".

Il Pdl dovrà quindi rivolgersi alla giustizia amministrativa per tentare di salvare la partita. A Milano la corsa di Formigoni doveva essere una tranquilla passeggiata verso il quarto mandato e invece ora il governatore rischia di rimanere fermo sulla linea di partenza. A Roma, invece, ci sono in ballo gli 80mila consensi che sarebbero in grado di raccogliere i 41 nomi al momento esclusi. In entrambe le piazze, però, c'è soprattutto in gioco la credibilità dell'intero partito. Per il quale la consultazione di fine marzo avrebbe dovuto rappresentare il banco di prova vincente dopo la fusione di An e Forza Italia di un anno fa. Ora, invece, il test elettorale rischia di trasformarsi in un redde rationem generale che potrebbe lasciare parecchie vittime sul campo di battaglia.

3 marzo 2010

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2010-03-01

Caos per le liste regionali

del Pdl in Lazio e Lombardia

1° marzo 2010

Renata Polverini

"Dai nostri archivi"

Il radicale Sabatinelli: "Cercano un capro espiatorio"

Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

Il Pdl annuncia ricorso

Tra ballerini e show girl, le liste di Lazio e Lombardia

Il comunicato del Quirinale

Irregolarità su oltre 514 firme. È stato accolto dalla Corte d'Appello del tribunale di Milano il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella per l'esclusione della Lista per la Lombardia, guidata da Roberto Formigoni, e a cui fa capo il Pdl, dalle elezioni regionali. La non ammissione, se confermata, farebbe cadere anche le liste provinciali di tutta la regione collegate (compresa la Lega Nord) alla lista del condidato presidente, il cosiddetto listino. La lista de La Destra è già stata dichiarata inammissibile per alcune irregolarità.

Quanto al Pdl e alla lista Formigoni ci sono 24 ore per per presentare ricorso in opposizione alla deliberazione dell'Ufficio centrale Regionale. Basterebbe, secondo l'avvocato Luca Giuliante (che ha depositato sabato scorso 4mila firme autenticate), il riconoscimento della correttezza di appena 79 delle firme contestate. L'imperativo categorico è arrivare, insomma, entro le 14,19 di martedì 2 marzo. La formale istanza di rivalutazione dell'ammissione della Lista Per la Lombardia e della Lista Penati Presidente, che ha come capolista Filippo Penati (a cui fa capo il Pd), era stata depositata questa mattina alle 8,30 dal delegato della Lista Bonino-Pannella, Lorenzo Lipparini, accompagnato da Marco Cappato (candidato alla presidenza della Regione Lombardia). Il ricorso dei radicali non è stato accolto in riferimento alla lista di Penati.

Formigoni: "Vincerò le elezioni e l'opposizione ingoierà gli insulti"

Di avviso totalmente opposto sulla controversa vicenda il presidente della Lombardia. "Sono un candidato perfettamente regolare alle elezioni del 27 e 28 marzo", ha detto Formigoni a margine di una conferenza stampa sull'inquinamento del fiume Lambro. Di più: "Faccio una scommessa: vincerò io le elezioni e le opposizioni dovranno ingoiare tutti gli insulti. Ribadisco - ha aggiunto Formigoni - che non ci sono problemi perché tutte le liste che abbiamo presentato sono valide" e ha mostrato una serie di sentenze del consiglio di Stato che, ha spiegato, "dichiara non necessari i timbri e gli orpelli a cui qualche opposizione ha fatto ricorso". Quindi - ha aggiunto - "non ho alcun dubbio che il ricorso che noi presenteremo sarà accolto e quindi posso dire che le opposizioni che si sono sbizzarrite in insulti vari se li ringoieranno tutti dal primo all'ultimo".

Per adesso resta il fatto che i giudici della Corte d'appello di Milano dopo un controllo formale delle firme (l'unico consentito in questa sede) ha ritenuto "fondate" le "doglianze" contenute nel ricorso dei radicali. Le firme risultate non conformi sono state 514 sulle 3.935 presentate. Questo comporta che le firme valide sono 3.421, un numero inferiore da quello previsto dalla legge la quale impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5 mila. In particolare le irregolarità riguardano la "mancanza di timbri sui moduli", mancanza di data dell'autenticazione e "mancanza del luogo dell'autenticazione".

Sul sito elettorale del tre volte presidente della Regione Lombardia, intanto, campeggia l'annuncio dell'incontro pubblico di questa sera. "Vi aspetto tutti all'importante incontro di al Palalido di Milano dal titolo " Per il bene di tutti" , organizzato dalla Compagnia delle Opere – annuncia Roberto Formigoni anche su Facebook – . Manca ormai un mese al voto e ho bisogno di ciascuno di voi: dobbiamo far sapere a tutti quanto abbiamo fatto e quanto abbiamo intenzione di fare".

A Roma la denuncia del Pdl contro i radicali e l'Ufficio elettorale

La lista provinciale del Pdl di Roma, alla fine, non è stata presentata, e dopo l'altolà di ieri al ricorso presentato all'Ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale, e lo stop del Quirinale (chiamato in causa dalla candidata Renata Polverini e daGianni Alemanno), secondo il quale l'intervento "spetta alle sedi giudiziarie", ora il Pdl è tornato alla carica con un nuovo ricorso, stavolta in Corte d'appello ma soprattutto accompagnandolo con una denuncia-querela depositata alla Procura di Roma dall'avvocato Grazia Volo. Le ipotesisono violenza privata compiuta dai rappresentanti di lista radicali, per aver impedito ai delegati Pdl di completare la consegna delle liste, e abuso d'ufficio per i componenti dell'Ufficio elettorale, che avrebbero applicato al momento della presentazione delle liste delle "prassi mai viste" e dei "metodi basati sull'arbitrio". Immediatamente sono scattate la controdenuncia, stavolta per calunnia, da parte dei radicali, e una querela per diffamazione nei confronti di Polverini: "Escludo qualsiasi violenza da parte dei radicali, non siamo squadristi. Chi deve decidere lo faccia nel rispetto della legge", ha detto la rivale Emma Bonino.

Pezzotta critica Brunetta: "La semplificazione andava fatta prima"

"Il Pdl faccia i suoi ricorsi. Io preferisco una competizione dove si cerca di ottenere voto per voto. Però noi abbiamo rispettato le regole e la legge vale per tutti". Così il candidato alla presidenza della Regione Lombardia, Savino Pezzotta (Udc), commenta l'esclusione della candidatura di Roberto Formigoni per mancanza di firme. "Invito il ministro Brunetta - ha aggiunto Pezzotta - che continua a parlare di semplificazione della burocrazia di riflettere su quanto è successo in Lombardia e nel Lazio: ciò dimostra che la semplificazione doveva farla prima. Adesso però la legge va rispettata".

"Se andiamo avanti così il Pdl la prossima volta chiamerà Bertolaso a presentare le liste. Non riesco a capire perchè è così difficile presentare le liste". Con questa battuta il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, commenta le ultime esclusione da alcune liste di centrodestra della Regionali di Lazio e di Lombardia. "Io sono per la competitività perché tutti i candidati a partire da Formigoni possono essere sottoposti al giudizio dei propri elettori - ha detto Casini parlando al circolo della stampa dove è in corso la presentazione delle liste dell'Udc alle Regionali lombarde - ma siamo con molta serenità per rispetto delle regole. La prima questione morale - ha detto Casini- è applicare le norme in modo serio per tutti. Sul piano politico mi auguro che Formigoni possa dimostrare la regolarità delle firme e partecipare alla competizione elettorale insieme a noi perchè a noi piace competere e non squalificare gli avversari".

1° marzo 2010

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Resa dei conti nel Pdl romano

di Celestina Dominelli

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1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

Il Pdl annuncia ricorso

Elezioni regionali: la lettera di Alemanno al presidente Napolitano

Il comunicato del Quirinale

Il radicale Sabatinelli: "Cercano un capro espiatorio"

Lo dice quasi a denti stretti: "Sono obbligato a essere ottimista perché sarebbe una catastrofe per la democrazia a Roma se il principale partito non fosse rappresentato". Ma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sa bene che il rischio di una esclusione della lista del Pdl romano dalla competizione elettorale si va facendo di ora in ora più consistente. Anche l'appello al capo dello Stato, lanciato dallo stesso Alemanno e dalla candidata presidente, Renata Polverini, è caduto nel vuoto.

Il Quirinale ha risposto come ci si aspettava. Facendo sua la preoccupazione per l'esclusione della lista, ma rispedendo "alle competenti sedi giudiziarie" ogni possibile decisione. La palla ora passa dunque all'ufficio centrale circoscrizionale che dovrà decidere del ricorso presentato dal Pdl.

Dentro il partito romano, però, è già cominciata la resa dei conti e il rimpallo delle responsabilità. Al centro della guerra c'è Alfredo Milioni, il rappresentante di lista, un veterano di materia elettorale, a detta di chi lo conosce, con un passato nel Psi e poi in Forza Italia. Ma non nuovo a colpi di testa in prossimità del voto. Sulla sua buona fede, quindi, non tutti sono pronti a mettere la mano sul fuoco.

Perché c'è chi vede nella "disattenzione" di Milioni, legatissimo a Gianni Sammarco, deputato del Pdl ma soprattutto uomo forte di Forza Italia sul territorio, un tentativo di sabotaggio degli ex azzurri ai danni della Polverini, sponsorizzata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Insomma, una sorta di vendetta nei confronti di una candidatura imposta dall'alto e da An agli ex forzisti. Che si difendono attaccando invece il coordinatore regionale del Pdl, Vincenzo Piso, ex aennino, reo di aver lasciato una pratica così delicata nelle mani di Milioni, la cui fedeltà alla causa non appare così granitica.

Insomma, la guerra interna sta montando con grave disappunto del premier, Silvio Berlusconi, che ha smentito le ricostruzioni di quanti indicavano in un suo intervento last minute sulle liste la causa dell'esclusione, ma certo non pensava di trovarsi con una grana in più da risolvere. Il problema è stato affrontato in una riunione ristretta a Palazzo Chigi tra lo stesso Cavaliere, Maroni, Letta e il sindaco Alemanno. Per il momento non ci saranno leggi ad hoc, ma si attenderà l'esito del ricorso. Poi arriveranno le decisioni e dentro il partito romano, potrebbe saltare più di qualche testa.

1 marzo 2010

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Il radicale Sabatinelli:

"Cercano un capro espiatorio"

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1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Il Pdl annuncia ricorso

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri (Pd)

Alla Polverini le proposte per il rilancio delle imprese del Lazio

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese

Candidata del Pdl in Lazio

Il candidato della lista Bonino: "Il Pdl non vuole affrontare la verità dei fatti, si cerca di sviare l'attenzione degli elettori. Solo loro possono sapere perché è avvenuto quel pasticcio"

"La parola passa agli avvocati e alla magistratura". È indignato Diego Sabatinelli, il candidato della lista Bonino-Pannella, denunciato, con altri rappresentanti della lista radicale, per violenza privata dal momento che avrebbe impedito fisicamente il deposito dei documenti della lista provinciale romana del Pdl. C'è anche un'altra denuncia per abuso di ufficio presentata dal Pdl nei confronti dello stesso ufficio centrale, per non aver consentito il deposito.

"Non c'è stato alcun tipo di violenza – ha detto Diego Sabatinelli al Sole24ore.com – nessuno ha toccato, ma nemmeno sfiorato esponenti del Pdl, nessuno ha impedito loro di entrare". Sottolinea che "ci sono testimoni e prove filmate a disposizione".

Sabatinelli ha affidato all'avvocato dei radicali Giuseppe Rossodivita l'incarico per la presentazione di una denuncia, al momento "contro ignoti", in attesa di conoscere i nomi dei firmatari dell'accusa di violenza privata. Analogo mandato è stato conferito all'avvocato Rossodivita da Atlantide Di Tommaso, segretario del Psi di Roma, che insieme a Sabatinelli, "con una condotta assolutamente non violenta, si è steso sul pavimento davanti al cordone dei carabinieri, senza con ciò impedire fisicamente ad alcuno la presentazione della lista". Insieme sarà presentata una querela per diffamazione nei confronti della candidata a Governatore del Lazio del Pdl, Renata Polverini, aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato.

Per Sabatinelli l'obiettivo dell'operazione del Pdl è semplice: "Il fatto politico è che stanno cercando un capro espiatorio per non affrontare la verità dei fatti, con un tentativo di sviare l'attenzione degli elettori. Solo gli esponenti del Pdl possono sapere perché è avvenuto quel pasticcio, perché il deposito della documentazione non è stato effettuato nei tempi previsti dalla legge". Una verità dei fatti, dice Sabatinelli, che dovrebbe essere "resa nota al popolo del Pdl che si dovrebbe interrogare sull'accaduto". Sabatinelli si affida ora alla magistratura. "Ai magistrati - dice - spetta l'accertamento dei fatti".

La candidata a governatore del Lazio Emma Bonino, intanto, accusa il Pdl di essere in stato di confusione e giudica "inaccettabile far passare Sabatinelli e Atlantide Di Tommaso come squadristi che hanno impedito a Milioni (delegato del Pdl incaricato di presentare la lista, ndr) di entrare. Questo la dice lunga sullo stato di confusione, sconcerto e disperazione in cui si trova il Pdl". La speranza della Bonino è che ora non si facciano provvedimenti "ad listam".

In campo scende anche l'avvocato Alessandro Gerardi, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani. "Nascondere le proprie evidenti inadeguatezze e incapacità organizzative gridando al complotto e paventando improbabili golpe e colpi di stato, fa davvero sorridere". Per l'avvocato "aggiungere poi che il delegato del Pdl non è riuscito a depositare la lista perché impedito fisicamente dalla violenza esercitata nei suoi confronti dal candidato della Lista Bonino-Pannella, Diego Sabatinelli, oltre a essere altrettanto ridicolo, è anche falso. La verità è che la lista non è stata presentata perché il delegato del Pdl, Alfredo Milioni, dopo essere uscito, si è ripresentato negli uffici della Corte d'appello portando con sé ulteriore documentazione da depositare, e tutto questo non già dopo qualche minuto, come detto da qualcuno, ma circa un'ora dopo la scadenza del termine per la presentazione della lista, quindi abbondantemente fuori tempo massimo".

Per Gerardi, dunque, "più che di violenza, minacce, golpe e colpi di stato sarebbe quindi più onesto parlare di sbadataggine, approssimazione, incapacità e inettitudine. E comunque preoccupa sapere che per alcuni esponenti del centrodestra il rispetto delle regole e delle procedure è considerato al pari di un comportamento eversivo".

1 marzo 2010

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Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

1 marzo 2010

Lista del Pdl esclusa dalle regionali, Polverini si appella a Napolitano

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri

Tra ballerini e showgirl, le liste di Lazio e Lombardia

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese (di V. Del Giudice)

"Dai nostri archivi"

Il comunicato del Quirinale

Il Pdl annuncia ricorso

Candidata del Pdl in Lazio

Alla Polverini le proposte per il rilancio delle imprese del Lazio

Aut aut di Casini per le Regionali: "Stop alla Lega, o accordo a rischio nel Lazio"

 

Sul caso Lazio scoppiato nella competizione elettorale la competenza spetta alle sedi giudiziarie. Ha risposto così, con un comunicato del Quirinale, Il Capo dello Stato all'appello mosso dalla candidata del Pdl Renata Polverini, dopo la mancata presentazione nei tempi utili della lista provinciale romana con i candidati del Pdl.

"La preoccupazione di una piena rappresentanza - nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque - delle forze politiche che intendono concorrervi - ha scritto il Capo dello Stato - non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica. Ma spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge".

La lista provinciale romana dei candidati Pdl resta, per ora, fuori dalla competizione elettorale per le regionali del Lazio, scatenando una sequenza di polemiche in un clamoroso "tutti contro tutti". L'inghippo di sabato, quando i rappresentanti del Popolo della libertà avevano lasciato scadere il termine per il deposito delle candidature, rimane identico dopo il primo ricorso all'ufficio elettorale del tribunale romano (respinto), in attesa di una nuova impugnazione all'Ufficio centrale regionale del Lazio presso la Corte d'Appello, che verrà presentato per ottenere la riammissione.

Renata Polverini rischia dunque di correre senza il sostegno della sua lista in provincia di Roma, aprendo nuovi e imprevedibili scenari nella gara alla poltrona di governatore del Lazio. Vincenzo Piso, coordinatore del Pdl laziale, duramente attaccato anche dal ministro per l'attuazione del programma, Gianfranco Rotondi – che gli ha dato dell'"incapace" - cerca di rilanciare annunciando per giovedì prossimo "una grande mobilitazione di popolo contro chi vuole escludere il nostro partito dalle elezioni regionali", e tacciando in risposta Rotondi come "indegno del suo ruolo".

Contro il lavaggio in pubblico dei panni sporchi irrompe anche Alessandra Mussolini, definendo "gravi le dichiarazioni di autorevoli esponenti del Pdl", alludendo a "risentimenti personali per il mancato posticino in lista" e ricordando che "è la sinistra l'avversario dei cittadini del Lazio". Anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha scritto al presidente della Repubblica, fa proclami d'ottimismo ("Sono convinto che Renata Polverini vincerà comunque") e lancia accuse ("Questa situazione non può cancellare la democrazia") da un presidio in piazza del Popolo organizzato per protestare contro "l'esclusione del Pdl alle prossime elezioni regionali".

La portavoce della Polverini, Beatrice Lorenzin, invece si scaglia contro i competitor, obiettivo Emma Bonino e Marco Pannella, da sempre "paladini della democrazie e della nonviolenza, ma che ora cercano di impedire il corretto svolgimento della competizione elettorale ricorrendo al più gretto burocratismo e facendo finta di non vedere gli atteggiamenti violenti che hanno impedito ai rappresentanti del Pdl di depositare la lista per Roma". Concetto ripreso in serata dalla Polverini, che davanti a 200 sostenitori, tra cui il ministro Giorgia Meloni, accusa i "radicali o qualche altra forza della sinistra, che altro modo che non avevano per vincere le elezioni, che ci hanno impedito con la violenza di consegnare le liste". "Ora, dico ai radicali, scendano in piazza con noi per difendere la democrazia".

Accuse a cui la Bonino neppure risponde, spostando il focus: "Il problema non mi pare questo, la Polverini è in campo, ci sono liste che la sostengono – ha detto la candidata del centrosinistra – Mi sono battuta, mi batto e mi batterò perchè la legge sia uguale per tutti. Noi andremo avanti nella campagna elettorale parlando ai cittadini, dei loro temi, dell'urgenza della legalità, dello stato di diritto, dei problemi sociali, dello sviluppo del Lazio".

Il vice-capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda, commentando l'appello a Giorgio Napolitano fatto da Polverini e Alemanno rimanda al mittente l'iniziativa: "Non capisco cosa c'entri il presidente della Repubblica. In casi come questo sono i fatti che determinano la decisione dei giudici. Se la lista elettorale c'è, è predisposta secondo le regole della legge elettorale ed è presentata nei termini fissati viene ammessa. Altrimenti, se mancano questi requisiti, non può essere accettata né dal tribunale, né dalla corte d'Appello né dalla Cassazione". Concetto ripreso da Pierferdinando Casini, che non capisce "come si possa evocare un intervento del Capo dello Stato in materia di procedure elettorali, che sono regolate da leggi e norme precise". "Occorre - prosegue - mantenere la calma e non perdere il senso della misura, perchè la campagna elettorale è ancora lunga e sono convinto che Renata Polverini abbia molte possibilità di vincere la sua sfida per la Regione". (A.Gal.)

Il comunicato del Quirinale

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri

Tra ballerini e showgirl, le liste di Lazio e Lombardia

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese (di V. Del Giudice)

Lista Io-Sud bloccata a Foggia

Le elezioni regione per regione

1 marzo 2010

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Il comunicato del Quirinale

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1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

Il Pdl annuncia ricorso

Alla Polverini le proposte per il rilancio delle imprese del Lazio

Candidata del Pdl in Lazio

Aut aut di Casini per le Regionali: "Stop alla Lega, o accordo a rischio nel Lazio"

Il Quirinale interviene nella polemica sulla mancata presentazione della lista provinciale romana del Pdl, dopo l'appello di Renata Polverini, candidata a Governatore della regione nelle file del centro-destra. Il Pdl ha lasciato lasciato scadere il termine per il deposito delle candidature. Il primo ricorso all'ufficio elettorale del tribunale romano è stato respinto. Ora si attende una nuova impugnazione all'Ufficio centrale regionale del Lazio presso la Corte d'Appello, che verrà presentato per ottenere la riammissione.

La nota del Quirinale si intitola "A proposito della competizione elettorale regionale". "La preoccupazione di una piena rappresentanza - nella competizione elettorale regionale in Lazio come dovunque - delle forze politiche che intendono concorrervi - si legge nel testo diffuso dal Colle - non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica. Ma spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge".

1 marzo 2010

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ra ballerini e show girl, le liste di Lazio e Lombardia

di Celestina Dominelli

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26 febbraio 2010

Tra ballerini e show girl, le liste di Lazio e Lombardia

"Dai nostri archivi"

Pdl escluso dalle regionali, Napolitano: "La verifica delle liste spetta alle sedi giudiziarie"

Le liste del Pdl

Le elezioni regione per regione - Lombardia

Le elezioni regione per regione - Umbria

Le liste del Pd

Alla fine la quadratura del cerchio per i listini di Lombardia e Lazio è arrivata. Non senza parecchi mal di pancia, soprattutto in casa del Pdl. Solo oggi, infatti, il centro-destra è riuscito a mettere a punto la rosa laziale dei 14 che arriveranno direttamente in Consiglio con la Polverini in caso di vittoria. Sull'elenco ha infatti pesato l'intervento del premier, Silvio Berlusconi, che ha sparigliato le carte e ottenuto l'inserimento nella lista di Francesco Pasquali, coordinatore nazionale dei giovani del Pdl, e della sua compagna Veronica Cappellaro, consigliere nel II municipio di Roma. Tra le donne compaiono poi i nomi di Isabella Rauti, moglie del sindaco di Roma Alemanno e capo del dipartimento del ministero delle Pari opportunità, e di Alessandra Mandarelli, portata dalla Polverini e già assessore nella giunta Marrazzo fino al 2007. All'Udc, invece, vanno tre posti e non quattro con Francesco Carducci, Rodolfo Gigli e Roberto Carlino. Tre nomi difesi con i denti dalla stessa Polverini che ha puntato i piedi davanti ai maggiorenti del Pdl che avrebbero voluto assegnare ai centristi solo due tessere.

In Lombardia, invece, gli ex forzisti hanno dovuto abbozzare. Perché, malgrado i malumori espressi da più parti, nel listino blindato di Formigoni hanno trovato posto Nicole Minetti, l'igienista dentale di Berlusconi, con un passato da show-girl televisiva, Giorgio Puricelli, fisioterapista del Milan (entrambi nella parte alta del listino) e Francesco Magnano, il geometra di Arcore. Alla Lega sono andate invece sei caselle e la promessa della vicepresidenza ad Andrea Gibelli e, sembra, anche di sei assessorati.

Sull'altro fronte, l'ex presidente Pd della provincia di Milano, Filippo Penati, schiera nella parte alta del listino un'operaia, Rosanna Dalla Valle, e una precaria di Alitalia, Maruska Piredda. Ma c'è anche l'ex campione di ciclismo, Gianni Bugno e Sabina Siniscalchi, direttrice della fondazione culturale di Banca Etica. Come pure alcune vecchie conoscenze della politica: Alberto Grancini, già assessore nella giunta di Penati e Marco Cipriano, vicepresidente uscente del consiglio regionale.

Nel Lazio, invece, tiene banco la polemica dei piccoli partiti che lamentano di essere stati esclusi dalla lista del presidente. Alla fine, nel listino bloccato, spicca il nome del ballerino Raffaele Paganini, del direttore generale del 118, Marinella D'Innocenzo, e di Luigina Di Liegro, assessore regionale alle politiche sociali. E ci sono anche due radicali della prima ora, Michele De Lucia e Antonella Casu. Anche in casa dei democratici, però, non mancano gli strascichi. Perché, un attimo dopo la definizione delle candidature, il presidente dell'assemblea regionale del Pd, Fabio Melilli, ha rassegnato le sue dimissioni. Il motivo? La scelta del Pd di candidare solo esponenti del partito romano, tagliando fuori completamente le province.

Le Liste del Pd

Le Liste del Pdl

Le alleanze e le economie regione per regione

26 febbraio 2010

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Le liste del Pd

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26 febbraio 2010

Lazio: la lista del presidente Emma Bonino

1) Emma Bonino

2) Corrado Bibbolino

3) Adele Conte

4) Antonella Casu

5) Alfio Cortonesi

6) Laura Ciacci

7) Enzo De Amicis

8) Michele De Lucia

9) Marinella D'Innocenzo

10) Luigina Di Liegro

11) Silvia Giuseppina Garambois

12) Vincenzo Iacovissi

13) Raffaele Paganini

14) Bianca Maria Sarasini

15) Pier Luigi Scapicchio

Lombardia: la lista del presidente Filippo Penati

1) Filippo Penati

2) Rosanna Dalla Valle

3) Maruska Piredda

4) Roberto Bruni

5) Gianni Bugno

6) Sabina Siniscalchi

7) Luigi Ponti

8) Anna Varisco

9) Pierluigi Mottinelli

10) Marco Cipriano

11) Sergio Graffeo

12) Benedetta Graziano

13) Joseph Negreanu

14) Alberto Grancini

15) Eugenia Giulia Grechi

16) Mauro Fanti

26 febbraio 2010

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Le liste del Pdl

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26 febbraio 2010

Lazio: la lista del presidente Renata Polverini

1) Renata Polverini

2) Alessandra Mandarelli

3) Gina Cetrone

4) Isabella Rauti

5) Roberto Carlino

6) Carlo De Romanis

7) Giancarlo Miele

8) Francesco Pasquali

9) Annalisa D'Aguanno

10) Pier Ernesto Irmici

11) Francesco Carducci

12) Lidia Nobili

13) Veronica Cappellaro

14) Rodolfo Gigli

15) Chiara Colosimo

Lombardia: la lista del presidente Roberto Formigoni

1) Roberto Formigoni

2) Paolo Puccitelli Valentini

3) Doriano Riparbelli

4) Roberto Alboni

5) Nicole Minetti

6) Giorgio Puricelli

7) Andrea Angelo Gibelli

8) Cesare Bossetti

9) Francesco Magnano

10) Marco Lionello Pagnoncelli

11) Pietro Macconi

12) Giorgio Enrico Mattinzoli

13) Monica Rizzi

14) Giulio Achille De Capitani

15) Luciano Bresciani

16) Mario Cavallin

26 febbraio 2010

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2010-02-28

Lista del Pdl esclusa dalle regionali,

Polverini si appella a Napolitano

28 febbraio 2010

Lista del Pdl esclusa dalle regionali, Polverini si appella a Napolitano

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri

Tra ballerini e showgirl, le liste di Lazio e Lombardia

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese (di V. Del Giudice)

"Dai nostri archivi"

Il Pdl annuncia ricorso

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri (Pd)

Tra ballerini e show girl, le liste di Lazio e Lombardia

Ore decisive per Di Girolamo

Le liste del Pdl

Sono per ora escluse le liste elettorali del Pdl nel Lazio. È stata infatti respinta l'istanza del Pdl laziale all'ufficio elettorale per motivare il ritardo del deposito di ieri della lista provinciale di Roma. Il Pdl presenterà ora ricorso d'appello all'Ufficio centrale regionale del Lazio presso la Corte d'Appello per ottenere la riammissione.

"Chiamo il Capo dello Stato con un appello a garantire" che gli elettori possano trovare la lista del Pdl sulle schede elettorali per le regionali nella Provincia di Roma. Lo ha detto il candidato del Pdl Renata Polverini che ha aggiunto: "Credo che per la sua storia personale, il Presidente Napolitano si adopererà per garantirlo".

Alemanno: "Il centrosinistra dovrebbe riflettere"

"Credo che il centrosinistra dovrebbe riflettere sull'opportunità di avere delle elezioni regionali così falsate dalla mancanza del Pdl". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a margine della conferenza stampa indetta presso il comitato elettorale della candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini.

Quello dell'impossibilità di presentare le liste del Pdl per Roma e Provincia, secondo Alemanno "è un problema burocratico che genera anche un problema politico. A prescindere dagli schieramenti politici, come sindaco di Roma io chiedo soltanto che i romani si possano esprimere avendo tutte le liste a disposizione, non escludendo il più importante partito della Capitale".

La versione del Pdl. "Parapiglia e caos, ci hanno impedito di presentare le liste"

"Gli uffici non possono impedire la presentazione delle liste. Dietro questo impedimento stiamo valutando azioni penalmente rilevanti e non ci fermeremo finchè non avremo avuto giustizia". Lo ha detto il responsabile nazionale dell'ufficio elettorale Pdl, Ignazio Abbrigliani. Nel corso di una conferenza stampa indetta presso il comitato elettorale della candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini, è stato distribuito un documento in cui si riepilogano le vicende di ieri: "Intorno alle 11 e 25 i nostri delegati di lista, Giorgio Polesi e Alfredo Milioni, entravano nel tribunale di piazzale Clodio per consegnare agli uffici preposti la documentazione e la connessa lista provinciale di Roma del Pdl - si legge nella nota -. Intorno alle 12 e 35 Milioni si è avvicinato a Polesi per dargli il cambio all'interno dell'area delimitata e a quel punto alcuni soggetti che erano all'interno della stessa, urlando in maniera scomposta e invocando non meglio precisati brogli, creavano un forte clima di tensione e confusione".

"Al seguito del parapiglia - continua la nota - i nostri due rappresentanti, venivano a trovarsi per pochi minuti al di fuori dell'area circoscritta. Il caos venutosi a creare determinava l'intervento del presidente della Commissione elettorale il quale dava indicazione alle forze dell'ordine di bloccare l'accesso a chiunque. Nel contempo, alcune persone, rappresentanti di liste contrapposte politicamente al Pdl, si sdraiavano per terra per impedire ai nostri rappresentanti di rientrare all'interno dell'area preposta per la presentazione delle liste. La documentazione, rimasta nel suo originale posizionamento sotto la visione delle forze dell'ordine nella serata di ieri - conclude il documento - è stata recuperata, sigillata e consegnata al comando dei carabinieri del tribunale di piazzale Clodio".

28 febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

"Ho le prove del ritardo del Pdl a Roma", dice il senatore Gasbarri (Pd)

di Andrea Franceschi

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27 febbraio 2010

Il senatore del Partito democratico Mario Gasbarri

"Dai nostri archivi"

Lista del Pdl esclusa dalle regionali, Polverini si appella a Napolitano

Il Pdl annuncia ricorso

Ore decisive per Di Girolamo

Il Pdl rischia di essere escluso dalle consultazioni elettorali nel collegio di Roma. Le liste per le regionali avrebbero dovuto essere presentate improrogabilmente entro le ore 12, come previsto dalla legge ma, denuncia il senatore del Partito democratico Mario Gasbarri, "due ore dopo lo scatolone con le firme si trovava abbandonato nei corridoi del Tribunale di Roma. Precisamente davanti alla stanza 23 della palazzina A, dove hanno sede gli uffici della Corte d'Appello che è competente per tutte le pratiche elettorali".

Senatore, ci racconti come è andata.

Nel primo pomeriggio sono andato in tribunale. Ho parcheggiato in piazzale Clodio. Sono entrato qualificandomi come senatore e ho raggiunto gli uffici della Corte d'Appello dove si presentano le liste. Appena arrivato ho notato questo scatolone aperto, lasciato proprio davanti all'ingresso della stanza 23. Mi sono avvicinato e ho visto che dentro c'erano i moduli per la presentazione delle liste elettorali. Allora ho scattato un paio di foto con il mio cellulare.

Che ore erano?

Erano esattamente le 14 e 5 minuti. Se le schede erano in corridoio, vuol dire una sola cosa: non erano state presentate in tempo. Il Pdl non ha rispettato la legge elettorale e, nella provincia di Roma, i cittadini non potranno votarlo.

Ha delle prove che erano effettivamente le 14?

Si ho scattato due foto con il mio telefonino. In una sono inquadrati i moduli dentro lo scatolone. In un'altra c'è accanto il mio orologio che segna esattamente le 14 e 5 minuti. Se non dovesse bastare, ho un antifurto satellitare che può provare che la mia auto è stata parcheggiata poco prima delle 14. In ogni caso mi hanno riferito che un funzionario di Corte d'Appello ha detto che alle 12 non era ancora stata presentata alcuna lista.

Ha visto qualche esponente del Pdl?

Non saprei dire se erano avvocati o politici, di certo posso dire di aver visto molte facce tirate. E hanno ragione, sono stato sindaco di Monteflavio, in provincia di Roma, dal 1976 al 1992 e di elezioni ne ho viste parecchie. So bene che i termini sono tassativi: chi sgarra è fuori.

Che cosa può essere successo?

Secondo quello che ho sentito, sembra che ci siano state irregolarità nei lucidi dei simboli che ogni lista deve presentare (vanno sui manifesti e sulle schede elettorali, ndr.). Oppure qualche disguido sulle firme...

 

Ma il Pdl annuncia ricorso

27 febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

In Puglia è testa a testa tra Vendola e Palese

dal nostro inviato Vincenzo Del Giudice

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228 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

Le elezioni regione per regione - Puglia

Vendola stravince le primarie del Pd in Puglia superando il 75% dei consensi

Vince il "doppio forno" di Casini, in Puglia a rischio la leadership Bersani-D'Alema

La Regione Puglia regolarizza in extremis 8mila precari

Regionali in Puglia, il Pd cerca un candidato centrista

 

Bari – Se la giocano sul filo di lana, almeno stando agli ultimi sondaggi. Nichi Vendola, governatore uscente, eRocco Palese Rocco Palese, candidato governatore per il centrodestra, sono appaiati oltre il 40% dei voti. Distante l'altra candidata, Adriana Poli Bortone, che guida una lista "Io sud" appoggiata dall'Udc di Pierferdinando Casini. Le elezioni regionali pugliesi del 28 e 29 marzo sono considerate un test elettorale nazionale per le forze che si contendono la guida politica della regione. La Puglia, infatti, è l'unica regione italiana governata da un politico come Nichi Vendola, leader di quella sinistra radicale (sinistra ecologia e libertà), che qui è riuscita a spaccare in maniera forse irreversibile quel Partito Democratico che aveva in Massimo D'Alema il suo punto di riferimento. Infatti, sono sempre di più le sezioni e i circoli del Pd che stanno passando in questi giorni armi e bagagli sotto le insegne di Vendola. Così come molti candidati del centrosinistra che si sono riversati nelle liste vicino al Governatore uscente, spostando sempre più a sinistra l'asse del centrosinistra pugliese. Addirittura, si è creato un movimento di "moderati" di sinistra, quasi tutti di estrazione cattolica ex Margherita, che voterà per Vendola.

In queste elezioni, a destra si decidono anche i destini di personaggi come Raffaele Fitto, ministro dei Rapporti con le Regioni, che in Puglia è stato anche Governatore. In caso di sconfitta, ipotesi tutt'altro che fantasiosa, Fitto rischierebbe un declassamento nella gerarchia berlusconiana.

Adriana Poli BortoneAnche perché è stato lui ad opporsi alla candidatura a governatrice per il centrodestra Adriana Poli Bortone, che corre con l'appoggio dell'Udc ma di fatto sottrae voti al bacino elettorale moderato.

Nelle liste presentate, si nota il ritorno di Cosimo Mele, l'ex deputato Udc espulso dal partito di Casini dopo la famosa notte di sesso e cocaina con una prostituta nella capitale. Mele corre con Adriana Poli Bortone. In tutto saranno mille i candidati presenti nelle quindici liste presentate ieri e solo settanta si siederanno sui banchi del consiglio regionale.

Il test regionale pugliese non potrà non tenere conto anche del voto amministrativo che riguarderà 47 comuni, alcuni dei quali (Altamura, Andria) molto popolosi. In questa competizione, spicca la presenza della show gilr Gabriella Carlucci (Pdl), candidata alla poltrona di primo cittadino di Margherita di Savoia, la città delle terme della provincia di Foggia.

228 febbraio 2010

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